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Autore: Vago    30/06/2017    6 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Una figura si mosse rapida e silenziosa nella notte, avvolta nel suo mantello scuro che la rendeva quasi indistinguibile dai possenti alberi che regnavano tutto intorno. Il tessuto scuro faceva sì che fosse quasi irriconoscibile tra gli alti tronchi, rendendolo poco più che una macchia nella notte.
Sopra il suo cappuccio, i ponteggi più bassi di Gerala risultavano silenziosi e vuoti, illuminati fiocamente dai lampioni accesi poche ore prima che seguivano il reticolo stradale come centinaia di piccole lucciole fisse tra i lontani rami.
Una notte perfetta.
La bianca luce lunare non riusciva a raggiungere il terreno se non come un pallido ricordo di sé stessa, gettando l’ambiente e la figura nell’oscurità quasi totale.
Un pugnale lucente scivolò nella manica della figura, per essere preso dalla stretta sicura della mano sottostante. Le dita percorsero il profilo dell’impugnatura, assicurandosi una presa sicura sul ferro che la componeva.
Pochi metri più avanti, un uomo camminava velocemente sul sottobosco, come se i suoi occhi riuscissero a distinguere le forme sul terreno anche con quella poca illuminazione. La borsa che teneva stretta al petto sobbalzava al ritmo del suo passo, una banale ventiquattrore in pelle, null’altro.
La punta della sua scarpa sinistra faticò per un attimo a trovare il terreno, un’incespicazione dovuta a una radice troppo sporgente, quell’attimo bastò alla figura ammantata alle sue spalle per raggiungere l’uomo e superarlo.
L’inseguitore, quindi, si voltò verso la sua preda.
Il suo volto era piatto, affusolato ed appuntito, assolutamente non umano. Così come non erano umani la sua carnagione bianco-grigiastra, il sorriso sottile come una fessura che gli tagliava il volto da una guancia all’altra e gli occhi, piccole ferite socchiuse e spigolose.
Furono proprio le ferite posizionate al posto degli occhi e della bocca come un ghigno malefico a risplendere per una frazione di secondo di un’abbagliante luce blu, tanto intensa da costringere l’uomo ad alzare la borsa per coprirsi gli occhi da quella luce innaturale.
Pochi attimi dopo, un coltello dalla spessa lama si faceva largo tra le costole del malcapitato, trafiggendogli il cuore e costringendolo a cadere scompostamente a terra.
- Spero di non averla spaventata troppo. – disse con voce ovattata la figura, sciogliendo la salda presa sul manico dell’arma.
Alti guizzi fiammeggianti si attorcigliarono lungo l’impugnatura metallica del coltello, nascendo direttamente dal petto immobile dell’uomo e rischiarando così con la loro luce rossastra le tenebre che dominavano nel sottobosco, facendo nascere dalla sua calda luce tremolante centinaia di ombre danzanti.
La figura incappucciata riprese la sua arma non appena il metallo si fu raffreddato, riponendola nel fodero che portava appeso alla cintura. Su diresse quindi rapidamente verso il montacarichi più vicino, in modo da raggiungere il cuore pulsante di Gerala prima che un’improbabile girovago notasse il cadavere per terra ed avvertisse le autorità.
Lungo la strada, non perse l’occasione di strappare un manifesto di cattura inchiodato al tronco di un albero.
Cento monete d’oro offerte dall’attuale Giudice Maggiore per la cattura, vivo o morto, dell’uomo nelle cui vene scorre il sangue di Reis. Ricercato per sovversione, omicidio e istigazione alla rivolta.
Non era suo compito, quello. Quell’uomo non era una preda nel suo mirino.


Noir venne svegliato a notte fonda dal latrare dei cani.
Non appena i suoi occhi si furono aperti scattò in piedi, conscio di quello che poteva perdere se si fosse attardato.
La sua mano si allungò meccanicamente sotto il letto, per prendere il grosso zaino che lì, pieno degli oggetti necessari a una fuga rapida, riposava.
Con le spesse scarpe infilate nei piedi si precipitò verso il retro della casa, inciampando su di una sedia fuori posto che, però, non frenò la sua corsa.
Dall’esterno, ora, passi umani si sovrapponevano al verso dei cani, diventati paurosamente forti e vicini.
Con un balzo felino l’uomo dai capelli neri si issò sulla sella già stretta del suo cavallo, che fino a pochi minuti prima riposava legato ad una mangiatoia di fortuna.
Con uno schiocco di redini, gli zoccoli cominciarono a battere ritmicamente sul terreno, lasciandosi alle spalle il villaggio in subbuglio.
Solo quando le verdi spighe appena nate si sostituirono alle case, l’uomo osò voltare lo sguardo alle sue spalle.
Il villaggio che lo aveva ospitato per ben dieci mesi era illuminato a giorno, un’enorme lucciola splendente nella notte. Decine di torce si muovevano nell’aria, dirigendosi nella sua direzione precedute da altrettanti cani.
L’uomo si calò il cappuccio, coprendo la lunga frangia che gli cadeva sugli occhi.
Un cane, più veloce del resto del branco, si riuscì ad avvicinare al cavallo galoppante. La sua mandibola si aprì, per poi chiudersi rapidamente sulla gamba del cavaliere.
I denti dell’animale cozzarono contro qualcosa di più duro dell’acciaio, una lancia, poi, nacque da quella superficie trafiggendo il cranio della bestia, per poi svanire lasciandola cadere priva di vita a terra.
L’uomo diede un fugace, triste sguardo alla carcassa che si era lasciato alle spalle, per poi spronare il suo destriero a correre ancor di più per scomparire nella notte.
Entrarono per un breve tratto nelle propaggini della Grande Vivente, per poi immergersi ed oltrepassare uno dei rami più bassi del Vrag settentrionale che lì scorreva, in modo da far perdere le loro tracce ai segugi che, sicuramente, erano ancora alle loro calcagna.
Non avrebbero mai smesso di inseguirli, finché avessero avuto anche una sola traccia della via che avevano percorso.

Solo dopo due giorni dopo l’uomo osò fermarsi in una radura lontana da qualsiasi forma di civiltà per riposare il corpo e la mente spossati.
Immerse le mani nell’acqua che in quell’ansa rallentava la sua corsa, portandosela al viso con un gesto deciso.
Il suo riflesso, per un attimo, comparve sulla superficie cristallina, per poi venire ferocemente cancellato dalle gocce che, compiuto il loro dovere di pulizia, ricadevano nel luogo da cui erano state prelevate.
La fronte era insolitamente rugosa per un uomo di trent’anni, caratteristica accentuata dalla lunga frangia che gettava la sua ombra su di questa. La folta e disordinata barba nera ricopriva quasi interamente la parte inferiore di quel viso, lasciando unicamente una piccola parte scoperta per permettere alle sottili labbra  di vedere la luce.
Un coltello affilato corse lungo la gola dell’uomo.



Angolo dell'Autore:

Sono in ritardo. Che strano.
Beh, almeno quel venerdì è arrivato, finalmente.
Davvero, non pensavo che le revisioni mi potessero portare via così tanto tempo. Certo, avessi considerato che preparare un paio di esami richiede buona parte della voglia di vivere di una persona, non avrei mai dato delle scadenze.
Ma non guardiamo troppo al passato.
Ho un paio di informazioni di servizio da lasciare.
Scrivendo, procedendo con questa storia, mi sono reso conto che sta uscendo strana, o, per meglio dire, diversa da quelle che ho concluso. I capitoli sono corti, quasi fossero degli episodi. Il fatto di avere tre personaggi che si muovono indipendentemente l'uno dall'altro, poi, non aiuta.
I capitoli, quindi, almeno per ora, saranno brevi. Ho bisogno di procedere ancora un po' per capire se è una condizione temporanea o più duratura, nel secondo caso, potrei anche pensare di pubblicare due capitoli a settimana o tre ogni due settimane. Ma in tutto questo c'è una quantità di forse tendente all'infinito.
Passiamo a qualcosa di più certo.
Avete appena conosciuto due dei tre personaggi di cui narrerò il fato in queste settimane. Li avete riconosciuti?
Beh, ovviamente non entrambi, dopotutto Noir non lo avevate mai incontrato... Ma l'assassino demoniaco?
Vi lascio pensare un po' a queste domande.
Intanto, ultima informazione di servizio. Come vi avevo anticipato, il Viandante sarà, finalmente per lui, un protagonista della storia, questo implicherà una quantità smodata dei capitoli X.5 a cui vi ho abituati con il Ritorno dell'Ombra.
Bene, vi ho intrattenuti fin troppo.
Al prossimo venerdì.
Vago 

   
 
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