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Autore: Aiqul Marnerazver    30/06/2017    0 recensioni
Nel Mondo della Magia, lì dove abitano i Mageschi, esseri con la coda che controllano la magia dei colori, un ragazzo conduce quella che sembra una vita quasi tranquilla. Ma quando una sola scelta sbagliata lo porterà a non dipendere più da sé stesso, dovrà affrontare ogni sorta di nemici per ottenere la libertà: tiranni, demoni, angeli, dèi, amori e, soprattutto, sé stesso...
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zl si guardò intorno. Era buio, non c’era nessun rumore, e in qualche modo capì di trovarsi in un sogno. Tuttavia era strano: lui si sentiva perfettamente sveglio, e sapeva che, se si fosse mosso, il buio si sarebbe dissolto. Notò che nell’oscurità galleggiavano delle sfere luminose simili a delle dense bolle di sapone, tutte di diversa forma e colore. Galleggiavano nel buio: la maggior parte erano rinchiuse in delle catene ancorate ad un grande cubo di metallo qualche metro sotto di lui, alcune invece navigavano isolate. Senza muoversi, Zl ne osservò una in particolare: era grande quanto un pugno chiuso, ed era colorata da un lato con tutte le sfumature del giallo e del verde, e dall’altro di tutte quelle del grigio e del nero. Senza fare rumore, la bolla urtò il ragazzo, rischiarando il buio con la sua luce.
“Sono ricordi” fu l’ultimo pensiero di Zl.
 
«No, smettila di chiedermelo…» disse una voce lievemente scocciata.
«La prego! Solo un minuto, poi glielo lo ridarò, promesso!»
Si trovavano in una foresta ricca di alberi, tutti con un grande tronco scuro i cui rami robusti esplodevano a poco più di due metri d’altezza da terra, somigliando vagamente ad una mano dalle tante dita rivolte verso il cielo. A terra non c’erano foglie secche, ma solo un grande prato ricco di fiori, dove tanti piccoli insetti camminavano indisturbati. Davanti a lui c’era una persona seduta a terra, coperta interamente da un mantello nero a becco d’aquila, la schiena appoggiata ad uno dei tronchi: ricordava molto un predatore a riposo, di quelli che restano sempre pronti a scattare. Stava frugando dentro uno zaino riempito di libri, quaderni e fogli disordinati.
«Per favore, solo un minuto!» chiese di nuovo.
«No, smettila, non se ne parla nemmeno» disse l’altro in tono fermo, sollevando gli occhi neri simili a dei tunnel spalancati sul buio completo.
«Dai, Maestro, una volta sola…!»
«Stiamo parlando del mio mantello, non di un giocattolo. È pieno di incantesimi, non è progettato per altri eccetto me. Non dovresti nemmeno pensare di chiedermelo, Udinski…»
«Andiamo, solo una volta, le giuro che poi la lascerò in pace!»
L’altro alzò gli occhi al cielo.
«E sia! Ma non me lo chiedere mai più, chiaro?»
«Chiarissimo!» disse Udinski scattando in piedi, euforico come non mai.
«Quanto ti odio, a volte…» borbottò l’altro, slacciando la catenella del mantello.
Demoren lo osservò, visibilmente scocciato, il mantello stretto nella mano destra. Era completamente nero, tranne per una catenella argentata e una fibbia circolare ad incastro con sopra inciso un simbolo: due cerchi consecutivi, entrambi chiusi in un cerchio, quasi come un unico tratto disegnato da un bambino. Udinski provò ad afferrarlo, ma Demoren lo bloccò.
«Stai fermo, te lo metto io. Riconosce solo me come padrone, se tu lo toccassi quando è slacciato ti scaglierebbe via» disse.
Udinski si immobilizzò, il sorriso stampato sul viso e le braccia lungo i fianchi. Demoren gli sistemò la stoffa sulle spalle, ma non chiuse la catenella e non gli mise il cappuccio.
«Sai» disse esitante, il viso improvvisamente preoccupato, «non credo che sia una buona idea. Questo mantello è un contenitore di sensazioni e sentimenti, ed è progettato per le mie emozioni. Potrebbe farti del male, non so se…»
«Ha detto di sì, prima!» ribatté Udinski, indignato. «Non si vorrà rimangiare la parola, spero!»
Demoren alzò di nuovo gli occhi al cielo, ma rimase preoccupato.
«Sei sicuro?»
«Assolutamente sì»
Il Demone esitò un’ultima volta, poi chiuse la fibbia con uno scatto. Il cappuccio si mosse a coprire il viso del ragazzo, il quale improvvisamente venne coperto da una coltre d’oscurità che lasciava visibile solo gli occhi, frutto degli incantesimi impressi nella stoffa. Udinski si agitò lievemente per assaporare meglio quel momento.
«È proprio comodo» disse «è lievemente caldo, ma non troppo come tutti gli altri. L’incantesimo d’oscurità funziona?»
«Sì» rispose Demoren, preoccupato. «Sicuro di stare bene?»
«Sì, stia tranquillo, non sento niente di…»
La voce del ragazzo si interruppe di colpo, così come il suo respiro. I suoi occhi si chiusero improvvisamente, il suo viso si spianò.
«Udinski?» chiese Demoren, confuso.
Il ragazzo non rispose. Sul suo occhio destro iniziò a brillare un cerchio, poi apparvero delle linee, mentre pian piano un simbolo si delineava sempre di più, ingigantendosi sul viso.
«Udinski!» gridò il Demone, cercando di slacciare la fibbia, ma un lampo di luce nera lo scaraventò a metri e metri di distanza, finché un albero non bloccò la sua corsa con uno schianto.
L’Esper rise, il tono felice e spensierato divenne improvvisamente feroce e crudele, il viso venne coperto ancora di più dall’ombra, i suoi occhi diventarono gelidi e inespressivi, mentre sul lato destro del viso brillava un asterisco con sopra un cuore.
 
Zl tossì violentemente.
Per un attimo non riuscì a capire dove fosse, poi finalmente alzò la testa e si guardò intorno. Era accasciato sulla riva del fiume, le gambe e la coda ancora immerse nell’acqua e il fianco dolorante. Gli sembrava che qualcuno gli avesse preso la testa a martellate, i suoi muscoli erano stanchi come se avesse nuotato per ore.
«Più o meno» disse una voce nella sua testa.
Questa volta non c’era il fumo ad impedirglielo, e Zl gridò di spavento, togliendo di scatto le gambe dall’acqua e rimettendosi in piedi. Girò su sé stesso, cercando di capire chi gli avesse parlato.
«Sono nella tua testa, idiota» ringhiò Udinski.
Zl soffocò a fatica un altro grido e guardò alla sua destra. Era sicuro che la voce provenisse da lì, eppure non c’era nessuno. Si girò di nuovo dall’altra parte, anche se sapeva che era inutile.
«Quando hai finito, avvertimi»
Zl deglutì e strinse i pugni, cercando di farsi coraggio, anche se gran parte di sé voleva girarsi di nuovo.
«C-che cosa vuoi?» provò a dire, ma la sua voce era talmente debole e acuta da sembrare il rumore della gomma strofinata al metallo.
«Ne abbiamo di lavoro da fare…» sospirò Udinski.
«Vai via» provò di nuovo Zl, ma la sua voce somigliava sempre di più ad uno squittio.
«Non ho intenzione di ripetere le cose due volte, quindi chiariamoci bene. Tu non piaci a me, io non piaccio a te, tuttavia siamo costretti a collaborare per colpa di Demoren, quindi smettila da subito di fare il bambino, perché mi irriti»
Zl non rispose, terrorizzato.
«Ora» continuò l’Esper, «gli Impelle-cosi si sono fatti catturare come degli idioti, ma sono sicuro che Vii non li ucciderà subito, perché vorrà sapere dove sei tu, o meglio, dove siamo noi»
«Non… cosa intendi con subito? Intendi che li ucciderà?»
«No, perché dovrebbe farlo?» disse Udinski, sarcastico.
«Dobbiamo aiutarli! Sai dove si trovano?» domandò Zl in preda al terrore.
«Naturalmente, ma non ti lascerò andare da loro senza prima ricevere un minimo di allenamento»
«Ma sono in pericolo!»
«E quindi? Non è colpa mia se sono ricercati»
«Ma verranno torturati! Dobbiamo aiutarli, sono anche amici tuoi!»
Una fitta alla testa lo zittì quasi immediatamente, facendolo cadere a terra, mentre la rabbia dell’Esper gli invadeva la mente.
«Chiariamo una cosa» tuonò Udinski, «quelli NON sono miei amici. A me NON importa se vengono torturati. Francamente, se lo meriterebbero per quello che hanno fatto, sono solo dei traditori, dei bugiardi, degli ingrati, ed è solo un bene che ti stiano lontano!»
Zl si tappò le orecchie con le mani, mentre la disperazione e la paura davano forma ad una nuova rabbia dentro di sé.
«Loro non hanno fatto niente di male! Mi hanno salvato da Vii, mi hanno dato un posto dove stare, sono delle brave persone, non hai il diritto di parlare così solo perché hai fatto il doppiogiochista!»
«Io avrei fatto il doppiogiochista? Loro hanno tradito me! Loro non hanno voluto ascoltare le mie spiegazioni! Loro non mi hanno creduto! Hanno preferito consegnarmi al nemico, piuttosto che aiutarmi! Non meritano di essere considerati amici! Non meritano di restare in libertà!»
Zl si zittì, ammutolito. Improvvisamente, tutta la sua rabbia svaporò, così come gran parte della sua paura, mentre dento di sé nasceva un nuovo dubbio.
«Tu non… tu non li hai traditi?» chiese, allibito.
«No, certo che no, perché avrei dovuto? Non volevo fare nulla di male, volevo solo smettere di uccidere. È un crimine, ora? Visto come sono ridotto, direi di sì. Inoltre, anche se avessi voluto mentire, non ci sarei mai riuscito, non con quelle magie, non con quei… quei strumenti…»
Per un attimo, sia Udinski che Zl si zittirono.
«Tu mi hai sempre visto come un qualcuno che cerca di invadere la tua mente senza motivo, Zl» continuò Udinski, «Come un male, un reietto. La verità è che sono solo un disperato, e che i miei nemici più grandi sono le persone con cui hai fatto colazione ieri mattina. Non voglio farti del male, ho solo bisogno di mettere le mani sul medaglione di Demoren, e poi sarò libero. Non ti darò più fastidio. Ti aiuterò a salvare gli Impellerossa, se lo desideri, ma dovrai seguire le mie condizioni, e in cambio dovrai aiutarmi. Ti ho posseduto mentre eri incosciente, e ti ho guidato fin qui, sono stato io a salvarti, altrimenti saresti annegato. Posso renderti potente, Zl, potente come tu puoi solo immaginare, ma devi fidarti di me. Ci stai?»
Di nuovo, per qualche attimo regnò il silenzio. Poi, lentamente, Zl annuì.
 
In seguito, Zl non sarebbe mai riuscito a spiegare con esattezza che tipo di allenamento gli fece fare Udinski. Il fatto che lo facesse faticare molto, in aggiunta a tutte le volte che lo possedeva per mostrargli una tecnica, senza contare la stanchezza psicologica nell’addestrare i suoi poteri… il tutto lo aveva portato ad agire quasi in automatico: tutti i giorni si alzava ed eseguiva gli insegnamenti di Udinski, per quanto strani o pazzi sembrassero. Dopo appena due giorni, l’Esper era riuscito a guarire completamente il suo fianco, utilizzando degli incantesimi di guarigione molto più potenti di quelli di Freezer. Sapeva qual era la routine: alzarsi, allontanarsi per qualche centinaio di qyrie a passo di corsa per non farsi trovare dai Verdi, allenamento pomeridiano e caccia. Tuttavia più i giorni passavano, più i suoi ricordi diventavano vaghi e confusi, simili a nebbia. Solo un episodio brillava chiaro nella sua mente.
Era pomeriggio, si erano fermati in una piccola radura illuminata dal sole.
«Oggi» aveva detto Udinski nella sua mente, «ti insegnerò ad usare le Armi dell’Anima…»
«Finalmente!» aveva sbuffato Zl.
Anche se il suo maestro gli aveva detto più e più volte che poteva anche solo pensare una risposta, e non necessariamente pronunciarla ad alta voce, Zl non si riusciva proprio ad abituare, e continuava a rispondere come se Udinski fosse davvero lì con lui.
«Non ti esaltare» lo ammonì l’Esper, «non ti insegnerò ad evocare le tue»
«Perché?»
«Ci vorrebbe troppo tempo per farti padroneggiare la tua Arma come fanno gli Impellerossa. Ci metteresti un’eternità»
«Ma… ne sei sicuro? Secondo me posso riuscirci!» protestò Zl.
«Hai presente il tuo caro amico Mario?»
«Sì, e allora? Quanto ci ha messo, tre giorni?»
«No, ha impiegato quattro anni e mezzo per riuscirci»
Zl sospirò, rassegnato.
«E allora come faccio ad usare le tue? Non dovrebbero bruciarmi le mani o simili? Inoltre tu non sei qui, l’evocare Armi lontano dal corpo non ti fa male?»
«Dimentichi che sono qui mentalmente. Inoltre il mio corpo, o perlomeno ciò che ne rimane, non si rivolterà ad un dolore così piccolo, ne ha ben altri da gestire. Comunque le mie Armi ti brucerebbero solo se io non mi fidassi di te, ma io mi fido, quindi non c’è problema»
«Continui di parlare di Armi»
«Possiedo due Armi dell’Anima, per tua fortuna»
«D’accordo, allora. Come posso evocarle?»
«Tu non dovrai fare altro che afferrarle. Le evocherò io»
Zl si rilassò un pochino. I secondi passarono, ma non accadde nulla.
«Allora?» chiese, confuso.
«Non è così facile» mugugno Udinski, la voce concentrata e lievemente sofferente.
«Perché?»
«Hai la minima idea di quanto io sia malridotto? Non posso nemmeno più a rientrare nel mio corpo senza morire per il dolore, penso che anche il tuo cervellino ridotto possa comprendere la mia difficoltà nel richiamare ciò che resta della mia Anima» ringhiò Udinski.
Zl alzò gli occhi al cielo. L’Esper parlava sempre di quanto soffrisse, e dopo un po’ di tempo il ragazzo si era abituato a ignorarlo.
«Posso andare al fiume? Ho visto qualche pesce, prima…»
«No! Non ti muovere… ci sono quasi…»
Passò ancora qualche minuto senza che non accadesse nulla.
«Io vado al fiume» decretò Zl, avviandosi per la foresta che aveva imparato a conoscere.
«Maledetto quel sankari di scienziato!» esclamò Udinski in preda alla rabbia.
Il ragazzo si guardò bene dal chiedere cosa volesse dire sankari.
«Di chi parli?» chiese, interessato come non mai. L’Esper non gli permetteva mai di fare domande sul suo passato, ed era raro che si lasciasse sfuggire qualcosa.
«Del traditore che mi ha rinchiuso» sbottò Udinski, «L’ordine è partito da lui, come ogni singolo altro problema della mia vita!»
«Lavorava per la tua Gilda?» chiese il ragazzo, avido di sapere.
«Vorrai dire la sua Gilda! Ero io a lavorare per lui, quel piccolo pezzo di…»
«Com’era vivere lì?»
«Oh, è un posto magnifico» ironizzò l’altro, «finché al Genio non viene in mente di rinchiuderti sottoterra per nessuna ragione! E meno male che è considerato lo scienziato più brillante di tutti i Mondi! Gli dei dovrebbero ucciderlo per quello che ha fatto, dovrebbe essere mandato al Giudizio dei Demoni, quel traditore…»
«Perché non chiedi a Demoren di mandarcelo?» chiese Zl, confuso, «così potresti liberarti»
«Come no!» disse Udinski, «chiediamolo a Demoren, l’unico Demone bandito da Inferia! Il suo Re sarebbe felicissimo di ascoltarlo, perché no?»
«Perché non chiedi agli Dei, allora? Che ne sai, magari Dioren ti ascolterà, o simili…»
L’Esper rise in tono ancora più sarcastico.
«Oh certo, chiamiamo l’unica persona che non ci può aiutare nemmeno se lo vorrebbe!»
«Perché? Che cosa ne sai?»
«Zl» disse Udinski, «ci sono un paio di cose che non sai su di me. Primo, non sono religioso. Secondo, io e Dioren non siamo proprio quel che si dice amici, e penso che sarebbe felice di ciò che mi sta accadendo se, e qui arrivo al terzo punto, non fosse mio compagno di cella»
«Dioren è stato imprigionato con te? Ma lui è un dio! Lui non può…»
«Dei, mageschi, capre… credi che si siano fatti dei problemi morali quando ci hanno imprigionato? Inoltre, sappi che gli dei non sono poi così potenti, teoricamente non sono nemmeno dei, ma rappresentanti»
«Mi stai dicendo che tu conosci Dioren»
«Sì»
«Il dio del Mondo della Magia»
«Esattamente»
«E che lui è imprigionato con te»
«Se non mi credi chiedilo ad uno dei tuoi amici, non sapranno negartelo. In effetti provaci, voglio vedere le loro facce quando sapranno che te l’ho detto»
«Ma si può sapere chi demone era a capo della tua Gilda?»
«Non posso dire il suo nome, mi ha imposto un sigillo per non farlo. Ti basti sapere che è un maledetto genio, e che nessuno, nemmeno io, può competere con lui in furbizia. L’unica cosa che puoi sperare quando sei suo nemico è di riuscire a scappare. A quanto pare il provare a parlare della situazione, come ho fatto io, è del tutto inutile per il signor Capo degli Astequor»
«Astequor? È questo il nome della vostra Gilda?» chiese Zl, pieno di curiosità. Finalmente il famoso luogo natale di Mario aveva un nome.
«Sì, anche se chiamarla Ti-Sfrutto-Finché-Mi-Sei-Utile sarebbe più appropriato» borbottò l’Esper.
«Ma dov’è questo posto?»
«Non posso né voglio dirtelo. E comunque ora basta parlare»
«Perché? Non è che abbia di meglio da fare…»
«Sicuro? Guarda alla tua destra»
Zl si girò e guardò la sponda del fiume, dove giaceva una spada lucente. Era lunga quasi un metro e mezzo, completamente nera, il pomolo piccolo e appena accennato, l’impugnatura simile ad una colonna di marmo in miniatura, la guardia dritta e incisa per somigliare ad un ramo di un albero, la lama affilata da entrambi i lati e spessa un paio di centimetri. Zl la ammirò per dei lunghi secondi, affascinato. Poi, senza riuscire a trattenersi, la prese in mano e provò a sferrare dei fendenti all’aria. Era bilanciata in modo perfetto, l’elsa si adattava alla sua mano come nessun’altra spada aveva mai fatto, la lama fendeva l’aria con un sibilo serpentesco che non faceva che aumentare la sua euforia. Anche Udinski era felice, come se l’aver evocato la sua anima lo avesse liberato di un enorme peso, e gioiva nel provare di nuovo la sensazione di usare la propria Arma dell’Anima, anche se attraverso Zl.
Il ragazzo continuò a sferrare dei colpi agli alberi, senza curarsi dei segni che lasciava, finché non fu esausto. Si sedette sulla riva del fiume, rilassato e felice come non mai, i discorsi di prima ormai dimenticati.
«D’accordo, ora basta giocare» borbottò Udinski, anche se il tono lasciava trasparire quanta voglia avesse di riprendere in mano l’Arma. «Domani partiamo».
«Come ogni mattina» disse Zl, non capendo cosa voleva dire l’Esper. Avevano infatti mantenuto il ritmo degli Impellerossa, viaggiando tutta la mattina e allenandosi il pomeriggio.
«No, Zl» lo corresse Udinski, «domani torneremo a Verdia»
 
ANGOLO AUTRICE
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate un voto e un commento! Se non avete capito qualcosa, non esitate a chiedere.
Spero che la storia vi stia piacendo! Più andiamo avanti, più la vita di Zl si farà movimentata, per cui state attenti a non perdere nemmeno un capitolo.
Per chi se lo stesse chiedendo, sankari è un insulto in magesco antico che si adatta alla situazione in cui viene pronunciato. Se, per esempio, qualcuno facesse qualcosa di stupido, l’aggettivo sankari avrebbe il valore di sciocco. Spero di aver chiarito qualche eventuale curiosità.
   
 
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