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Autore: Shily    01/07/2017    2 recensioni
“Mi sei mancata.”
“È un po’ tardi, non trovi?”
Fred deglutí davanti a quelle parole, “Non è mai troppo tardi, ricordi? Me lo disse qualcuno un po’ di tempo fa,” cercó di stemperare la tensione con un sorriso, avvicinandosi a lei.
“Sbagliava, alcune volte lo è.”
[...]
“Pensi spesso a lui?” gli chiese e, nel momento esatto in cui incontrò gli occhi del cognato, così simili ai suoi, seppe già la risposta.
“Ogni giorno,” ammise, “E tu?”
“Più di quanto vorrei, anche troppo.”
“Non è mai troppo,” le labbra gli si piegarono in uno strano sorriso, quasi malinconico.
Prima non avrebbe mai pensato di associare un aggettivo come quello al sorriso di uno dei gemelli Weasley. Ma prima era tutta un’altra cosa, si rese conto.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Fred aveva sempre saputo

 

«'Un semplice incantesimo ed entrerete in un sogno a occhi aperti lungo

trenta minuti, di alta qualità e assolutamente realistico, facile da inserire in

una tìpica lezione scolastica e virtualmente inintercettabile (gli effetti collaterali

includono espressione vacua e rivolo di bava). Vietata la vendita ai

minori di sedici anni'. Sai» commentò Hermione guardando Harry, «questa

è davvero magia straordinaria!»

«Per quello che hai detto, Hermione» intervenne una voce alle sue spalle,

«puoi averne uno gratis».

Un sorridente Fred apparve davanti a loro, indossando un completo color

magenta in magnifico contrasto con i suoi capelli fiammeggianti.

(Harry Potter e il Principe mezzosangue)

 

 

Hermione si rigiró la boccetta rosa tra le mani, mentre alle sue spalle Harry si allontanava attirato dalla voce di Ron.

“Anche se, detto tra noi, non credo che ne avresti bisogno,” la voce di Fred, ancora vicino a lei, la fece sobbalzare. 

“Pensavo dovessi andare a dare una mano ai clienti,” si limitò a dire, alludendo a un ragazzino non poco più grande di tredici anni che, poco prima, aveva rischiato di trasformare il suo amico in un asino mischiando alcuni dei prodotti in esposizione.

“C’è George,” si strinse nelle spalle, “Lui pensa ai ragazzini che non sanno leggere le etichette in cui viene espressamente detto di non mischiare più prodotti insieme, e io a te,” ammiccó in sua direzione.

“A me? E io cosa c’entro?”

“Devo assicurarmi che tu non prenda nulla di troppo illegale per un Prefetto-perfetto come te,” le rivolse un occhiolino, “O qualcosa che non ti serve,” concluse alludendo al filtro che ancora si rigirava tra le mani.

Resasi conto di quel dettaglio, Hermione buttò quasi con violenta la boccetta nel cesto in cui l’aveva trovata, facendo così trattenere una risata al ragazzo che non le toglieva gli occhi di dosso.

Con imbarazzo malcelato, cerco di dissimulare la reazione appena avuta assumendo quella che Harry e Ron avevano soprannominato “l`espressione da Prefetto" e lo fulminó con lo sguardo.

“Cosa vuoi, Fred?” chiese leggermente scontrosa.

Il ragazzo si portò una mano al cuore, fingendo un`espressione sofferta. In realtà si stava divertendo e anche tanto.

“Così mi ferisci, Hermione.”

“Che peccato,” commentó ironica, “Cercherò di sopravvivere con questo grande peso.”

“ Il Prefetto-perfetto usa dell`ironia, signore e signori. Sei una continua sorpresa, miss Granger.”

“Cosa vuoi, Fred?” chiese di nuovo, stavolta con tono diverso.

Un tono stanco e a tratti rassegnato, di chi si era fatto quella domanda per tanto, tanto tempo e non aveva trovato una risposta, rinunciando.

Quel tono, insieme all’espressione seria che assunse la ragazza, ebbero il potere di far vacillare il sorriso sornione del mago, che si lasciò andare a un sospiro.

“Mi sei mancata.”

“È un po’ tardi, non trovi?”

Fred deglutí davanti a quelle parole, “Non è mai troppo tardi, ricordi? Me lo disse qualcuno un po’ di tempo fa,” cercó di stemperare la tensione con un sorriso, avvicinandosi a lei.

“Sbagliava, alcune volte lo è.”

 

Fred Weasley quel pomeriggio stupì più di una persona all’interno del grande castello che li ospitava: entró in biblioteca senza essere costretto da nessuno, con un sorriso sulle labbra e senza mostrare segni di combattimento. 

Fred Weasley quella sera sarebbe stato portato d'urgenza in infermeria da George e Lee, i quali temevano fosse sotto imperius o vittima di qualche incantesimo.

Ignaro di quello che sarebbe successo di lì a poche ore, si avvicinò a uno dei tavoli della biblioteca. Più precisamente, si avvicinò al tavolo in cui riconobbe seduta una strega dalla chioma e dalla postura familiari.

“È libero?” chiese, scontando la sedia e sedendole vicino. 

La ragazza, che fino a un attimo prima scriveva velocemente sulla pergamena sotto di sé, alzò gli occhi e assunse un espressione infastidita.

“Non ti avevo ancora risposto.”

“Ha importanza? La risposta già la sapevo,” si strinse nelle spalle con innocenza. 

Con Fred Weasley era sempre così. Lui non chiedeva, lui prendeva e basta, troppo abituato ad agire prima di pensare.

“E invece sbagli, è occupato.”

“Ah si? E da chi?” alzò un sopracciglio scettico.

“Da…da una persona, che domande.”

Hermione sbuffó, odiava non saper rispondere  a una domanda, ma ancora di più odiava il sorriso vittorioso e infantile che puntualmente nasceva sulle labbra del ragazzo quando capiva di aver vinta lui la discussione per una volta.

“Possiamo parlare?” magnanimo decise di sorvolare sull`argomento, per dedicarsi al reale motivo per cui era in biblioteca – rabbrividí al solo pensiero.

“Di cosa esattamente? Non credo ci sia qualcosa di cui parlare,” rispose orgogliosa e mantenendo un cipiglio severo.

Trattenne a stento un sospiro infastidito Fred, è ignoró quella vocina che gli suggerisca di alzarsi e lasciare la ragazza al suo studio e peggio per lei.

Uno dei due avrebbe dovuto cercare di andare in contro all’altro e quella volta, Fred lo sapeva bene, toccava a lui.

Si armó di tutta la sua pazienza – e un Hermione arrabbiata ne richiedeva tanta – e avvicinò la sedia a quella di lei.

“Hermione,” chiamò con tono dolce, “Mi dispiace.”

La ragazza, presa in contropiede da quell`affermazione, abbandonó l’espressione tesa per lasciare spazio a una sorpresa.

Orgogliosa, però, continuó a guardare la pergamena su cui poco prima stava scrivendo qualcosa.

“Davvero,” fece leva sullo schienale della sua sedia per farla voltare verso di lui, “È che non sapevo come comportarmi.”

Hermione alzò finalmente lo sguardo per incrociare il suo: dopotutto, sentire Fred Weasley chiedere scusa non era cosa da tutti i giorni. Il suo orgoglio e la sua testardaggine erano pari solo al suo senso dell`umorismo.

“Perché?” si limitò a chiedere in un sussurro.

“Non… sapevo, non…” si interruppe, “A casa era tutto diverso, c’eravamo solo noi, qui invece sono tutti pronti ad ascoltare quello che fai, guardare quello che dici, e io lo vedevo che erano tutti in attesa di una mia reazione, lo sentivo.”

Hermione abbassò gli occhi, ripensando a quello che era successo poco prima in Sala Comune: sedeva su una delle poltrone davanti al camino intenta a leggere, quando il ragazzo le era andato incontro e con discrezione aveva iniziato dapprima a infastidita per attirare la sua attenzione e successivamente ad avvicinarsi a lei per poter parlare in tranquillità. Lei, di buon grado e felice di quella vicinanza (anche se non l’avrebbe mai ammesso), aveva chiuso il libro e lo aveva messo da parte, dedicando tutta la sua attenzione alle parole del suo ragazzo. 

Il problema era nato quando George e Lee erano entrati in Sala Comune decisi a provare qualcuno dei Tiri Vispi Weasley. Fred si era improvvisamente trovato a metà, con tutti i presenti in Sala che lo guardavano e aspettavano.

Da una parte, suo fratello e il suo amico che lo aspettavano, le mani piene di scherzi e l’espressione confusa dal suo atteggiamento. Dall’altra Hermione che, irrigiditasi, aspettava anche lei una sua reazione, dopo giorni, se non settimane, in cui riuscivano a vedersi solo di sfuggita, un po’ per i compiti di lei, un po’ per le scelte di lui di non deludere il fratello e metterla quindi da parte.

Quella a cui si trovava davanti era una scelta che avrebbe decretato, non solo per lui ma anche per tutti gli studenti in Sala, ciò che si sarebbe pensato di lui da lì in poi: sarebbe stato ancora il gemello che fa scherzi, quello divertente e che non rinuncia mai a un po’ di sano divertimento, o sarebbe diventato il gemello un po’ più serio, quello che, a un Tiro Vispo Weasley, preferiva la compagnia della ragazza?

Fu troppo per lui, che sotto pressione non aveva mai reso: si alzò e, con un ultimo sguardo alla ragazzo e un “Mi dispiace” sussurrato, raggiunse gli altri due.

Il passo, per Hermione, dal sentirsi rifiutata l`ennesima volta all`alzarsi per togliere loro punti perché “quello che state facendo è illegale", fu breve. Brevissimo.

“E ora perché sei qui?” la voce di Hermione lo riportò al presente.

“Per chiederti scusa, no?”

“George e Lee? Si staranno chiedendo che fine hai fatto,” rispose, ferita e leggermente permalosa.

“Lo sanno,” sorrise alla vista della sorpresa negli occhi di lei, “Gli ho detto che mi dispiace ma dovevo andare dalla mia ragazza. Che volevo andare da lei.”

Hermione trattiene un sorriso, cercando di mantenere ancora un po’ l’aria ferita. 

“Perdonato?” inclinó la testa da un lato, timoroso, e a quella vista a Hermione non rimase che ridere e annuire. 

“Non è mai troppo tardi,” gli sussuró sulle labbra, la risata che ancora faticava a spegnersi. 

Fred non le diede il tempo di dire altro che, buttandosela quasi addosso, la bació.

Hermione gli posò le mani sulle spalle, facendo pressione per allontanarsi, “Ma se lo fai un’altra volta…”

“Mi affatturi, lo so,” la interruppe velocemente, tornando a baciarla.

 

“Mi dispiace, Hermione,” ammise, evitando di guardarla negli occhi. Se l’avesse fatto avrebbe visto la sua espressione ferita e allora non sarebbe più riuscito a dire nulla. “Io…”

“Tu niente,” lo interruppe bruscamente. “Non hai fatto niente, Fred, è questo il problema: sei semplicemente sparito nel nulla e io sono rimasta sola, a chiedermi come una scema se stessi bene, se ti fosse successo qualcosa,” si guardò intorno, allargando le braccia, “Direi che non è così, stai benissimo. Semplicemente non volevi.”

“Non dire così, lo sai che non è vero. È solo che sono stati mesi pienissimi: il negozio, voi che fuggite al Ministero, la mamma che quasi non ci ha parlato per mesi perché avevamo lasciato la scuola.”

“Avevi promesso.”

 

“Fred, è tardi,” sussurró Hermione, le dirà intrecciate a quelle del ragazzo che la esortava a camminare.

“Ancora poco, promesso.”

“Se ci beccano, Fred? Io sono un Prefetto, non dovrei…”

Venne interrotta da una mano che le si posó sulle labbra.

“Tranquilla, nessuno scoprirà il Prefetto-perfetto, non se ci sono io,” ammiccó in sua direzione, prima di riprende a camminare. 

Hermione lo seguì, stavolta silenziosa e ben attenta a non lasciare la sua mano: non l’avrebbe fatto per niente al mondo.

Fu solo quando si rese conto di dove il ragazzo la stessa portando, alcuni minuti dopo, che parlò: “La Torre di Astronomia? A quest’ora? Fred, sei pazzo! E poi fa freddo,” si strinse al suo fianco, rabbrividendo.

Il ragazzo, dall’alto, la guardò con una tenerezza e un calore che non pensava di poter provare per qualcuno che non fosse della sua famiglia.

La prese tra le braccia e cominció a sfregare le mani su di lei per riscaldarla.

Hermione aveva l’espressione confusa e leggermente imbronciata, mentre si faceva piccola tra le sue braccia. Il vento le scompigliava i cappelli, facendoli sembrare ancora più crespi è voluminosi del solito, e aveva la punta del naso arrossato. 

Non le era mai sembrata così bella.

“Devo parlarti di una cosa,” le disse, “È vorrei che tu ascoltassi tutto senza interrompermi, e poi potrai dirmi tutto quello che vuoi.”

Hermione annuì e lui iniziò a raccontare: le disse di come George e lui non avevano mai pensato di continuare la loro carriera scolastica dopo Hogwarts, di come un titolo di studi per quello che volevano fare loro non era importante. Loro volevano far ridere la gente, disse, e in quel momento più che mai, con Voldemort tornato e nessuno che voleva crederci, ce n’era un forte bisogno. Le espresse tutta la sua sofferenza per la politica della Umbridge, confessando che quell’idea si era fatta sempre più concreta da quando Silente se n’era andato. Che scuola era senza Albus Silente, dopotutto?

E alla fine le disse, leggermente timoroso, che avevano intenzione di andarsene.

Hermione per tutto il tempo lo aveva ascoltato in silenzio, e man mano che il ragazzo parlava lei da confusa era passata a timorosa, per poi diventare preoccupata.

“E noi?”

Notó uno strano luccichio negli occhi della ragazza e, stringendola a sé, strofinó dolcemente i loro nasi: “Te lo prometto,” le sussurró, prima di baciarla. 

Non tornarono nei dormitori quella notte, rimasero insieme a godersi quegli ultimi momenti insieme, ad amarsi senza esserselo mai detto. Tra di loro non ce n’era bisogno.

L’indomani pomeriggio, Hermione con le lacrime agli occhi vide Fred allontanarsi a cavallo di una scopa in compagnia del gemello.

Lui aveva promesso.

 

“ Avevi promesso,” ripeté Hermione, “E io come una sciocca ci ho creduto, ti ho aspettato. Chissà quante risate ti sarai fatto alle mie spalle.”

“Non essere sciocca,” le passó un braccio intorno alla vita, trascinandola dietro uno degli scaffali per non farsi vedere, “Lo sai benissimo che non è così. Sono qui ora, sono pronto a mantenere la mia promessa.”

“Non funziona così, Fred. Non decidi tu quando va bene o no fare una cosa, non si può sempre controllare tutto.”

“Io ci provo, Hermione, perché ti amo e non è mai troppo tardi,” senza darle il tempo di replicare, la bació con foga. 

In quel bacio c’erano tutte le parole che non si erano detti, tutte quelle che si sarebbero voluti dire in tutto quel tempo senza mai trovare il coraggio. 

Non fu un bacio dolce, uno romantico: fu quasi una battaglia. Era un bacio che sapeva di accuse e promesse infrante.

“Fred,” Hermione si staccò da lui, riprendendo fiato.

“Hermione, dove sei?” la voce di Harry, proveniente da uno degli scaffali, ebbe il potere di farli tornare alla realtà.

Con uno scatto Hermione si allontanò, sistemandosi meccanicamente i capelli.

“Devo andare,” sussurró velocemente, correndo via.

 

(2 Maggio 2009, la Tana)

 

La donna si chiuse la porta alle spalle, stringendosi tra le braccia per coprirsi.

Il vento, leggero e estivo, sembrava accarezzarle il viso, muovendole dolcemente i capelli. 

Alle sue spalle, proveniente dall`interno dell`abitazione, poteva sentire un insieme di schiamazzi e risate che le scaldarono il cuore.

Come ogni anno, avevano l’abitudine di riunirsi in quel giorno particolare, per superare insieme l’ondata di ricordi che tornava a essere presente nelle loro vite, come se fossero ancora gli stessi ragazzini che crescevano circondati da una cosa troppo grande per loro.

“Percy, finirai per farli addormentare dalla noia,” sentí dire da Ron, con un tono esageratamente alto.

La risposta di Percy venne coperta da una serie di urli e schiamazzi che i bambini emisero tutti insieme. Da fuori riuscì solo a sentire le parole “scopa" e “squadre", quasi urlate dal piccolo James.

Si guardò intorno, alla ricerca del motivo che l’aveva spinta lontana da quel calore familiare, e lo individuò seduto sotto uno degli alberi.

Con passo veloce gli si avvicinò, cercando di fare rumore nel camminare così da palesare la sua presenza ancora prima di essergli vicino.

“Ti aspettano dentro,” disse solo, rabbrividendo per una folata di vento particolarmente forte.

“Ora arrivo.”

“Dico davvero,” usò il tono che non ammetteva repliche, “Fred ti cercava, non vuole sentire ragione: vuole te.”

L’uomo si passó una mano sul volto stanco, scontandosi alcuni capelli che gli coprivano la visuale.

“Digli… digli che sono un attimo impegnato,” cercò di camuffare la voce roca.

“Vuole suo padre, George,” abbassò il tono di voce ma la voce rimase ferma, decisa. “Angelina sta cercando di distrarlo adesso, ma non durerà a lungo: è particolarmente testardo, ha preso da…” fece una pausa, respirando rumorosamente, “Da te.”

“Non da me, non ero io quello testardo. Lo sai, Hermione.”

Lei annuì, guardando nello stesso punto in cui prima guardava lui, persa nei ricordi.

 

“E se io non volessi?” chiese la ragazzina, stringendosi il libro al petto come a proteggersi, “Non hai pensato che io potrei non voler uscire con te questo sabato?”

“Oh, ma tu vuoi,” scrolló le spalle e le sorrise malandrino, “Anche perché non smetteró di chiedertelo fino a quando non accetterai. E so essere parecchio insistente.”

La ragazzina scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa avesse fatto di male. Il suo interlocutore, invece, interpretò quel gesto come una resa e, posandole un leggero e veloce bacio sulla guancia, corse via.

“Ci vediamo fuori al portone d’ingresso alle dieci. Io sarò lì dalle nove e mezza, così non potrai scappare,” la salutò.

Merlino, rise Hermione, usciva con Fred Weasley.

 

“Pensi spesso a lui?” gli chiese e, nel momento esatto in cui incontrò gli occhi del cognato, così simili ai suoi, seppe già la risposta.

“Ogni giorno,” ammise, “E tu?”

“Più di quanto vorrei, anche troppo.”

“Non è mai troppo,” le labbra gli si piegarono in uno strano sorriso, quasi malinconico.

Prima non avrebbe mai pensato di associare un aggettivo come quello al sorriso di uno dei gemelli Weasley. Ma prima era tutta un’altra cosa, si rese conto.

“Non gli ho mai detto che lo amavo anche io,” attirò l’attenzione dell’uomo, che si era nuovamente perso nei suoi pensieri. “Una volta lui me lo disse ma io non ho mai avuto modo di dirglielo. Non ne ho mai avuto il coraggio in realtà, poi le cose sono andate come sono andate e … non gliel’ho mai detto.”

“Sono sicuro che lo sapesse, lui non aveva bisogno di sentirtelo dire, lo vedeva. Io non gli ho mai detto quanto gli volessi bene, l’avevo sempre dato per scontato.”

Si guardarono, complici in quel dolore, e condivisero il silenzio e il ricordo. 

“Hermione, George,” si voltarono entrambi verso l’entrata della tana, dove si intravedeva Ginny  agitare le mani in loro direzione. “I bambini vogliono giocare, venite?”

Un bambino, poco più alto delle ginocchia della donna, sbucó dietro di lei agitando le manine.

“Papà, vieni? Giochiamo insieme.”

L’uomo, a quella vista, si sciolse in un sorriso e andò incontro al figlio. Hermione lo vide passarsi velocemente una mano sotto gli occhi, prima di prenderlo in braccio e entrare in casa seguito dalla sorella.

Rimasta sola sentí tutto il peso di quella conversazione finirle addosso, mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia. Una sola, non ne caddero altre, quasi volesse farsi beffe di lei.

Chiuse gli occhi e seppe che le parole di George erano vere: Fred sapeva, aveva sempre saputo, e gli era bastato.

 

“Fred, devo studiare,” si scostó dal ragazzo che cercava di trattenerla.

“Studi sempre, stai un po’ con me.”

“Non fare quell`espressione, quest’anno ci sono i …”

“Lo so, lo so. Lo dici ogni volta, ma per un pomeriggio non succede nulla,” sorrise il labbro inferiore e vide la ragazza addolcirsi.

Nessuno gli aveva mai detto di no davanti a quello sguardo e lei non sarebbe stata certo la prima, lo intuì dal modo in cui vide le spalle di lei rilassarsi e la sua fermezza diventare meno decisa.

“Ma io perché sto con te? Che ho fatto di male?”

“Ma se sei pazza di me,” quasi lo urlò, con un grande sorriso che gli andava da un orecchio all’altra.

Era il sorriso alla Fred Weasley, ed era proprio quello che l’aveva convinta, tempo prima, a uscire con lui e a lasciarsi andare per una volta.

“Shh,” lo ammoní, “Ti sentiranno tutti così!”

• “Meglio! Io voglio che tutto il mondo lo sappia. Tutti devono sapere che sei la mia ragazza,” Hermione si guardò intorno, per accertarsi che nessuno li stesse ascoltando, “Che ovviamente sei pazza di me.”

“Ovviamente,” lo interruppe lei, divertita.

“E che io sono felice,” concluse a un palmo dal suo viso, “Con te, che sei un Prefetto-perfetto anche più di Percy. Anche se mi urli contro la maggior parte delle volte e mi haiha tolto non so quanti punti solo questa settimana, nonostante il tuo essere sempre sommersa di libri noiosi e sempre troppo impegnata a preoccuparti di cosa penseranno gli altri. Sono felice e voglio urlarlo a tutto il mondo.”

La baciò e lei non trovò niente da ridire. Per un giorno avrebbe fatto uno strappo alla regola.

Stava bene, lì in quel momento, con lui che era la persona con cui mai si sarebbe immaginata dida nascondersi dietro una statua, tra risate e baci. 

Era felice.

 

 

   
 
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