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Autore: lightvmischief    02/07/2017    1 recensioni
Quando due persone amano l'un l'altro, sono troppo timide per ammetterlo ma lo mostrano comunque.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SKINNY LOVE
 
 
«Ricordati di chiudere, questa volta» mi raccomandò Sally per la terza volta.
«Sì, non ti preoccupare»
Erano le 2;50 di un lunedì: tra esattamente dieci minuti avrei iniziato il mio turno alla biblioteca della mia città. Esattamente dieci minuti e avrei rivisto Alexis, la ragazza che frequentava ogni giorno la biblioteca. La ragazza di cui mi ero innamorato, la stessa ragazza alla quale oggi avrei chiesto di uscire. Dopo mesi mi ero finalmente deciso.
Quella ragazza passava le sue giornate qui dentro: la maggior parte delle volte veniva per fare i compiti, mentre, altre volte, dava ripetizioni a dei ragazzini. Poche volte si fermava per leggere i libri che prendeva in prestito alla fine della giornata, poco prima della chiusura.
Salutai Sally, la signora che si occupava del posto alla mattina, e mi avvicinai al bancone della biblioteca. Presi quattro dei libri appoggiati sul ripiano in legno e andai a posarli nel loro apposito spazio negli scaffali. Era una routine che accadeva ogni volta che qualcuno portava indietro i libri che aveva preso.
Controllai l’orologio che indossavo al polso: era ora di aprire la biblioteca. Per i primi quindici minuti continuai a rimettere a posto i libri, fino a quando sentii la porta aprirsi. Mi voltai e vidi Alexis: stava cercando di chiudere l’ombrellino nero portatile, che non sembrava l’avesse protetta molto dalla pioggia. Infatti, aveva i capelli biondi leggermente arruffati e mossi a causa dell’umidità.
«Ehi!» la salutai, non appena alzò lo sguardo.
Lei ricambiò il saluto e prese posto in uno dei tavolini posto vicino al bancone. Appoggiò l’ombrello a terra e si tolse lo zaino dalle spalle, per poi appoggiarlo sul tavolo davanti a lei. Aprì lo zaino e sbuffò.
«Non è che avreste un portatile, qui in biblioteca, da prestarmi?» mi chiese, mentre tirava fuori dalla zaino il libro di inglese.
«Certo.»
Le passai affianco e mi fiondai dietro al bancone, alla ricerca di un portatile. Non appena lo trovai, mi alzai dalla sedia e glielo appoggiai sul tavolo, concedendole un sorriso.
«Grazie mille. Mi hai salvato la vita» disse, sorridendo di rimando.
«Qualsiasi cosa per te» le risposi, facendola arrossire.
Lei riprese il suo lavoro e io ripresi il mio, ogni tanto fermandomi a osservarla; oggi indossava un maglioncino marrone ed una sciarpa color panna. Portava i capelli sciolti e aveva le ciglia colorate di nero. Al braccio sinistro aveva un orologio, mentre al polso destro aveva un elastico.
Pose lo zaino sul pavimento e guardò l’orologio; probabilmente, stava aspettando qualche ragazzino a cui dare ripetizioni.
Smisi di fissarla e mi misi a lavorare al computer della biblioteca.
Dopo un quarto d’ora, la porta si riaprì ed entrò un ragazzino sui dodici anni, con uno zainetto rosso sulle spalle.
Mi salutò e andò a sedersi al tavolo di Alexis. Il suo sguardo si incrociò con il mio e le rivolsi un sorriso, che ricambiò.
Era veramente bellissima.
Finsi un colpo di tosse e mi alzai dalla mia postazione per andare in bagno. In realtà, non avevo bisogno di andarci, avevo solo bisogno di distrarmi da lei; mi avrebbe preso per pazzo se avessi continuato a fissarla per tutto il tempo.
Oggi ero più che preso da lei; gli altri giorni non le puntavo gli occhi addosso per tutto il tempo.
Ero nervoso; volevo chiederle di uscire, certo, ma avevo anche paura di un suo rifiuto.
Dovevo distrarmi.
Ritornai nella sala della biblioteca e andai verso il tavolo nella sezione dei bambini – il più possibile lontano da Alexis – e presi dei libri in mano per rimetterli al loro posto.
Per un attimo rimasi a fissare la copertina di un libro, poi mi venne un’idea geniale.
Dovevo solo aspettare che Alexis e Scott – il ragazzino – facessero una pausa: subito dopo, avrei chiamato Scott con qualche scusa e gli avrei dato un biglietto da dare ad Alexis.
Sorrisi inconsciamente e finii velocemente di mettere al loro i posto quei libri.
Ero un codardo, me ne rendevo conto, ma era l’unico modo per porre fine a quel gioco di sguardi che, ormai, andava avanti da troppo tempo.
Non so come fosse successo, ma un giorno me ne innamorai e da quel giorno non feci che pensare ad altro se non a lei: mi alzavo con il pensiero che l’avrei vista, uscivo con i miei amici e pensavo a come sarebbe stato se ci fosse stata lei al loro posto, a quello che avremmo potuto fare insieme.
Lei sembrava così delicata ai miei occhi, così intelligente, gentile, dolce, così perfetta. E io volevo soltanto averla tutta per me.
«Okay, Scott, cinque minuti e poi riprendiamo» la sentii dire e, con uno scatto fulmineo, lasciai cadere i libri con un tonfo, guadagnandomi una risatina da parte sua.
A passo svelto andai al bancone e con fretta e furia scrissi la frase che mi frullava per la testa da almeno mezz’ora su un pezzo di carta. Lo piegai velocemente e lo strinsi in un pugno.
Ero impaziente; non vedevo l’ora che lo leggesse, ma allo stesso tempo teso per paura di un rifiuto.
«Scott, scusa, puoi venire un secondo? Mi mancano alcuni tuoi dati sul computer» inventai una scusa per farlo venire senza far insospettire Alexis.
«Adesso?» mi chiese lui, lasciandosi scappare un grugnito.
«Poi me ne dimentico» dissi tutto d’un fiato, quasi lanciandogli un’occhiataccia.
Si alzò e venne verso di me, strisciando i piedi con fare pigro.
«Siediti» gli ordinai, forse troppo autoritariamente.
Non gli lasciai nemmeno il tempo di aprire bocca e gli infilai velocemente il biglietto in mano.
«Devi darlo a Alexis quando avete finito» lo istruii a bassa voce.
Mi fissò per qualche secondo, come se non avesse capito.
«Ma non ti servivano i miei dati?» chiese, fortunatamente a bassa voce.
«No, era una scusa.»
«Quindi devo solo darglielo?»
«Sì e poi te ne vai.» Gli feci cenno di alzarsi e lo spinsi via per le spalle.
«Ricominciamo? Abbiamo solo questo paragrafo e poi abbiamo finito» gli disse Alexis una volta arrivato al tavolo e lui annuì.
Stavo sudando freddo e stavo andando in paranoia. Continuavo a passarmi le mani nei capelli per calmarmi ma non stava funzionando.
«Okay, abbiamo finito.» 
«Grazie, ci vediamo settimana prossima! Ah, mi ha detto Ashton di darti questo.»
Mi coprii la faccia con le mani. La prossima volta che l’avrei visto l’avrei ucciso.
«Oh, okay, grazie. Ciao!» L’ultima cosa che sentii. Poi il silenzio totale.
Sobbalzai al suono della porta aprirsi. Alzai lo sguardo e salutai la donna appena entrata, poi lasciai cadere gli occhi su Alexis: rimasi deluso quando vidi che stava guardando il telefono e il bigliettino era piegato affianco al pc.
Volevo sotterrarmi, non l’aveva neanche aperto.
Tolsi lo sguardo velocemente e mi arrabbiai con me stesso.
«Sì.»
Ero così perso nel insultarmi da solo che non mi accorsi che lei era in piedi davanti a me con il pc in mano e un sorriso sul viso.
La guardai confuso.
«Cosa?»
«Sì che vengo a prendere un caffè con te uno di questi giorni» mi disse, ridendo leggermente.
«Allora ci incontriamo qui, domani alle 16» le dissi con un sorriso da ebete sul viso.
«Non vedo l’ora.»
 

 
   
 
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