Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: MadLucy    03/07/2017    1 recensioni
{same age!what if | angst | Tomarry | Grindeldore}
A Hogwarts Harry si ritrova al centro di un trio diverso rispetto a quello abituale, ovvero nelle simpatie di Tom Riddle e Albus Silente, fra i migliori studenti che la scuola abbia mai avuto, fra il serio e il faceto in competizione tra loro, e allo stesso tempo legati dal sodalizio della superiorità. Entrambi sembrano vedere in lui qualcosa che Harry non vede, qualcosa che forse non è la stessa per entrambi. Le dinamiche dell'amicizia si rivelano un gioco di strategia in cui è difficile distinguere il profitto dall'empatia, in cui le carte in tavola cambiano all'improvviso e i cui risvolti potrebbero esseri più oscuri di quanto Harry avesse potuto immaginare.
***
«Davvero, a volte mi sorprende la tua ingenuità, sai? Non ti sei mai chiesto come mai l'attenzione dei maghi più talentuosi di questa scuola graviti intorno a te? Non l'hai mai trovato strano?»
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Giocoforza.

 

 

 

 

 

Precisazioni:

-l’arco temporale della fan fiction è fine quarto anno-quinto anno-inizio sesto anno

-ovviamente i genitori di Harry non possono essere stati uccisi da Voldemort, bensì da un altro mago oscuro ingaggiato per eliminarli (già catturato o morto, nessuno di importante) visto che Lily e James erano Auror, un mestiere comunque che porta a farti dei nemici. Harry è lo stesso miracolosamente sopravvissuto e ha la cicatrice (il tentativo di ucciderlo possiamo considerarlo cattiveria gratuita);

-Grindelwald e Silente non si sono conosciuti quando quest'ultimo finisce Hogwarts, bensì nell'estate tra il terzo e il quarto anno, così in seguito si vedono durante le vacanze;

-l'omicidio dei nonni da parte di Tom è stato anticipato all'estate prima del quinto anzichè del sesto anno;

-pozioni/incantesimi citati sono del tutto inventati.

 

 

 

 

1.

Quando mancava poco alle vacanze, l'atmosfera dinamica di Hogwarts scemava, assottigliata dal profumo dei dolci sempre più carichi di cioccolata d'addio, rallentata dalle inoffensive minacce dei professori circa i pericoli che li avrebbero attesi per il ritorno. Nel dormitorio di Grifondoro c'erano già molte valigie aperte sul pavimento, gradualmente pronte a lievitare. Harry camminò tra quelle dei suoi compagni di dormitorio con qualcosa di diverso in mente. Il potere di alcune parole lo aveva stordito. Erano ancora lì, più presenti di qualsiasi altra cosa, e ancora rammentava il sentimento che aveva provato mentre ascoltava, il sentirsi benedetti da un'imbecillità assoluta, un'incapacità di reagire totalizzante, un imbambolarsi e lasciare che quella voce abitasse la sua coscienza, lo portasse dentro una storia, un'ipnotica favola -la sua stessa favola. Stava per raggiungere gli altri al banchetto, rammentando a se stesso che avrebbe dovuto sforzarsi di stare allegro e partecipare alla conversazione per non smorzare il clima di festa, quando un odore pungente gli riempì il naso. Non ci mise molto a risalire la scala del dormitorio fino a un piano superiore al suo. Sapeva che genere di atti al di fuori delle regole della scuola avevano luogo in quella camera, e preferiva cercare di risolverli con discrezione, senza coinvolgere professori, per rispetto della reciproca segretezza dei reciproci comportamenti illeciti. 

«Ehi, che succede?» esclamò preoccupato, bussando alla porta.

«Oh, Harry, entra» replicò subito una voce all'interno, con spigliatezza. Questo lo tranquillizzò. Entrò.

Albus sedeva sul letto, i fluenti capelli rossi assicurati sulla nuca con un paio di matite incrociate, ed era chino su una grossa gabbia di ferro rovesciata, tanto che per salutarlo dovette alzare gli occhi sopra le lenti degli occhiali, scivolati sul naso. 

«C'è puzza di fumo fino alla Sala Comune» lo avvertì Harry. «L'ho sentita e, insomma...» Notò che le tende scarlatte del baldacchino mancavano per metà ai piedi del letto.

«Ogni cosa sotto controllo, come vedi» sorrise Albus, «fortunatamente il fumo è tutto quel che è rimasto.» Con la bacchetta, che stava picchiettando sulle sbarre della gabbia, compì un flessuoso movimento del polso che attirò a sè un lungo filo grigio schizzato dalla porta della camera, riassorbito in pochi secondi. «Non volevo spaventarti.»

Harry scrollò le spalle, riflettendo sul fatto che non sarebbe mai potuto intervenire con qualche incantesimo di soccorso che non conoscesse anche lui. «Non mi sono spaventato più di tanto, mi fido del tuo cervello.»

«Sto cercando di creare una gabbia che permetta a Fanny di rigenerarsi senza bruciare i miei libri, ma devo lavorarci ancora su. Cosa ti ha detto il preside?» concluse Albus, assumendo un'espressione piena di tatto.

Harry stiracchiò un sorriso poco convincente. «Che non si può fare, come ogni anno.» 

Albus sospirò. Il nuovo pulcino grinzoso che Fanny era diventata dormicchiava nel palmo della sua mano, e lui lasciò stare la bacchetta per accarezzarle la testa con un polpastrello.

«Ti inviterei a casa mia volentieri, lo sai, ma purtroppo ci sono delle cause di forza maggiore che me lo impediscono.» 

Harry preferiva non indagare, ma sapeva di qualche problema familiare abbastanza grave che spesso offuscava il suo sguardo. 

«Certo, non devi fartene una colpa» si affrettò a precisare. «Non importa, davvero. Non ci avevo riposto troppe speranze.»

Gli occhi di Albus non lasciarono la presa, come se ancora non si sentissero assolti. «Ma di certo Ron può, vero?»

«Troveremo un modo di organizzarci» garantì Harry. Non c'era niente che avrebbe voluto di più che trascorrere l'estate alla Tana, ma il corso dei suoi pensieri era stato deviato irrimediabilmente altrove. «Almeno io lo troverò.»

Albus annuì. «Dovrai anche dirlo a Tom.»

Harry non capì se si trattasse di precoce Legilimanzia o semplice intuizione, ma ci azzeccava un po' troppo spesso per i suoi gusti. 

«Glie l'ho già detto» rivelò. «Ma non era sorpreso nemmeno lui.»

Tom non era sorpreso. Era già arrivato a quell'epilogo da solo, nei propri pensieri. Aveva lasciato che Harry lo ascoltasse mentre parlava di Hogwarts: e non parlava, costruiva. La sua voce completava forme come un demiurgo improvvisato, le faceva scaturire dal proprio sguardo vitreo, che già scrutava la nostalgia. Harry si era fatto regalare quella nostalgia più bella della sua, e si rendeva conto che non avrebbe mai perso il suo effetto, e ne era felice, perchè la convessità che la mancanza imprimeva nella sua voce gli pareva più dolce dell'esaudimento stesso di quel desiderio. L'assenza che aveva subito non era sofferenza, era semplicemente un modo diverso di programmare un essere umano, e lo aveva complicato. 

«Prova a parlargli comunque» proseguì Albus, soprassedendo con un sorriso alle riflessioni che lo distraevano. «Poche consolazioni sono più dolci al mondo che incontrare qualcuno che ti capisce. E a tal proposito, presto avrò bisogno dei tuoi consigli. Così come tu ti fidi del mio cervello, io mi fido del tuo cuore.» 

Harry aggrottò la fronte, la sua attenzione richiamata. «Oh, beh, grazie. C'è qualcosa che non mi stai dicendo?»

Gli occhi del ragazzo brillarono di composta allegria nell'aver fatto in modo che qualcun altro fosse a conoscenza dell'esistenza di quel segreto. «E che presto ti dirò, quando io per primo l'avrò capita.» 

«Affare fatto.»

Harry gestiva la complessità di Tom da una distanza di sicurezza, meno di un vetro, più di un filo d'aria. E quel pomeriggio passò come se fosse poco importante. 

 

 

 

2.

D'estate gli arrivarono due biglietti di compleanno in particolare.

Il primo era un cartoncino in carta di riso, scabro, con una sfumatura azzurrina, attraversato da linee di grafia svolazzante. Il regalo preferisco consegnartelo di persona, il gufo di famiglia è stato recentemente trasfigurato in uno scolapasta da Aberforth e non mi fido. Per ora ti faccio solo tanti auguri, Harry. Il tuo amico Albus.

Il secondo era un foglio bianco proveniente da una risma per stampante. La scrittura era rannicchiata nell'angolo in alto a destra, minuta e formicolante.

Non posso augurarti cento di questi giorni, perchè le tue condizioni non sono diverse dalle mie. Ogni anno in più è un anno in meno verso la fine dell'umiliazione. Guardali per quel che sono e non ti servirà nemmeno ignorarli. 

 

 

3.

Harry li vide da lontano, dall'uscita vicino alla serra di Erbologia, e si scusò con Ron e Hermione per raggiungerli. Stavano discutendo in maniera concitata, ma senza agitarsi. Tom era in piedi, una scarpa su una roccia sporgente dal Lago Nero; Albus era seduto contro un masso concomitante, la borsa dei libri in grembo, i capelli sciolti e sparsi sulla seta nera del mantello. Lo videro arrivare con un minuto d'anticipo e smisero di parlare pochi secondi prima che arrivasse a portata d'orecchio.

«Non c'eri a Incantesimi» esordì Harry, lasciandosi scivolare dal braccio la tracolla della sacca di stoffa fino a che cadde a terra. 

«La colpa ce l'ha soltanto una persona» replicò Albus, «e forse ora puoi anche aiutarmi a convincerla... Ma prima di questo, per caso è arrivato un gufo per me?»

«Non che io sappia.»

Lui annuì quietamente, senza riuscire a trattenere il barlume di delusione che trasparì.

«Stavamo discutendo degli incantesimi non verbali» intervenne Tom. «Silente non è d'accordo sul fatto che la corretta pronuncia silenziosa sia fondamentale.»

«Perchè non lo è» ribadì Albus, placido. «L'errore tipico è impuntarsi troppo sulla scansione delle sillabe e perdere la focalizzazione dell'obiettivo.»

Tom si voltò d'un tratto e agitò la bacchetta in un gesto corto e veemente, che fece diventare l'erba che il ragazzo stringeva sotto una mano un nugolo di vermi. «Sarà, ma riesce piuttosto bene.»

Albus se ne sbarazzò con un gesto più noncurante. «Certo, puoi continuare a difendere il tuo angusto punto di vista in base a ridotte esperienze personali, oppure iniziare a parlare per grandi numeri. Come preferisci.» 

Tom inarcò le sopracciglia e alzò la bacchetta: ma questa volta solamente per indicare Harry. «Facciamo provare Potter.»

Lui esibì i palmi delle mani, apologetico. «Mi dispiace, ma non credo di essere al vostro livello. Non ho mai fatto un incantesimo non verbale.»

«Per questo ci sei utile» insistette Tom. «Su, avanti, Schiantami.»

Harry estrasse la bacchetta dalla tasca, poco convinto. Puntò lo sguardo sul volto di Tom, e ogni traccia di intenzione di lanciargli un incantesimo si dileguò. C'era il sentore di qualcosa di inquietante che si profilava ogni volta che praticavano magia insieme, abbastanza spesso. Poi ricordò il motivo per cui il Serpeverde provava del rispetto per lui -il fatto che non lo temesse- e raccolse coraggio.

«Basta pensare la formula?» ricapitolò.

«Ricostruisci qualsiasi processo mentale ti sia abituale quando lanci l'incantesimo» precisò Tom. «Naturalmente, la formula dovrebbe essere compresa, checchè ne dica il saggio esperto.»

Albus non rispose, ma mantenne lo sguardo fisso su Harry, tra il circospetto e l'apprensivo. 

«Non abbiamo tutto il giorno, Potter» lo incalzò Tom, scendendo dal masso. «Non ti farò rimbalzare l'incantesimo addosso. Rilassati e fallo.» 

Harry abbassò un po' la bacchetta, poi la spostò più a sinistra, come se fosse una questione di mira. «Ci sto provando, ma mi sento un idiota.»

«Mettici rabbia» consigliò Tom. «Cosa faresti se al posto mio ci fosse il mago che ha ucciso i tuoi genitori?»

Era il tasto sbagliato da toccare, rovinava un po' il clima giocoso di quell'occasione, era una nota troppo stonata per un momento simile: come faceva Tom a non accorgersene, e buttarlo lì come se nulla fosse? Proprio lui, che più di tutti avrebbe dovuto capire?

«Pronuncerei l'incantesimo e basta?» rimpallò Harry tra i denti, con il solo risultato di procurargli un'espressione compiaciuta.

«Forse anche una maledizione. Ma andiamo per gradi. Devi pensarlo così intensamente da non accorgerti nemmeno di non stare parlando.»

«Sei tu che stai parlando, mi deconcentri» si spazientì Harry. Percepì il palmo arroventarsi intorno al manico della bacchetta. Forse era colpa dell'aspettativa che gli gravava addosso, o dell'esasperazione.

Tom si voltò verso Albus. «Lo vedi? La componente fonetica è pressochè essenziale-»

Ora, ordinò una voce sconosciuta nelle mente di Harry. E l'incantesimo venne sprigionato con naturalezza, senza l'accompagnamento di uno sforzo, come un interruttore.

Albus fu più rapido di Tom a proiettare lo scudo, ma, per la fretta del sortilegio di riflesso, si sbilanciò e colpì il masso con il mento.

Harry provò una fitta acuta di rimorso, gli parve quasi codardo da parte sua. «Accidenti, scusami, non so come mi è preso, non volevo... Tutto bene?»

Albus rise, raddrizzandosi e sfregando una mano sul fianco. «Bel lavoro, Harry. Più Schiantato di così non si poteva. Ma ora chiariscici questo dubbio assillante. Stavi pensando direttamente l'incantesimo o perlopiù all'incantesimo? C'è una differenza semantica sottile ma chiaramente percepibile...»

«All'incantesimo, direi» rispose Harry, scosso. «Non ho nemmeno sentito la formula in sè.»

Albus ammiccò nella sua direzione, poi ghignò con indulgenza. «Vai a giocare un po' più in là, Tom, ne riparleremo quando sarai più grande.»

Harry pensò che Tom si fosse offeso, sia per avere avuto torto sia per essersi fatto schermare da un altro. Invece no. Puntò su Harry un paio di pupille limpide, senza rancore.

«Sarebbe interessante provare a ingaggiare uno scambio di incantesimi consistenti, sai, per sperimentare quella connessione tra le nostre bacchette. Estremamente rara, nel nostro mondo.»

«Una coincidenza impressionante» concordò Albus. «Ma propongo di rimandare a quando avrò voglia di raccogliere i pezzi del vostro corpo dagli angoli del campo di Quidditch, prospettiva che ora come ora non mi alletta.»

«Potrei anche definirla semplice coincidenza, se non fosse che va ad aggiungersi a questo» mormorò Tom. 

«Tre indizi fanno una prova, non due» precisò Harry, divertito dal gioco che sapeva essere in atto.

«Avevamo detto niente serpentese» li ammonì Albus, platealmente. «Altrimenti potrei sospettare che avete qualcosa da nascondere.»

Tom assunse un'aria sarcastica e cupa al tempo stesso. «Il fatto che anch'io pensi ai miei poveri defunti quando pratico magia non è forse il nostro terzo indizio?»

Ma Harry aggiunse dei tesselli al puzzle per conto suo, come sapeva che anche Tom stava facendo, cose che non potevano essere pronunciate ad alta voce. Entrambi mezzosangue -termine tabù per Tom. Allevati da babbani in situazioni sgradevoli. Il rapporto con Hogwarts. Come avrebbero potuto non avvicinarsi, a scuola? Per lui questo era un motivo più che sufficiente, qualcosa che dall'esterno non poteva essere avvertito intuitivamente, ma che fra loro era sempre stato una specie di tacito accordo. Un incantesimo non verbale.

 

 

4.

Le lezioni predilette erano quelle di Pozioni e Storia della Magia, visto che erano con i Serpeverde, e questo permetteva una fitta circolazione di bigliettini tra Albus e Tom su qualsiasi diavoleria magica. Harry si teneva da parte, preferendo i battibecchi di Ron e Dean sul Quidditch, nonostante venissero sorpresi e puniti molto più di frequente. Quando i sopracitati bigliettini gli capitavano fra le mani come intermediario, poteva spesso scorgere schizzi a matita di acrobazie delle bacchette e frecce che illustravano i vari passaggi, che spesso loro si sbarravano con croci a vicenda, sostituendoli con lunghi paragrafi di obiezione. Molto più volentieri assisteva alle loro partite di scacchi, che si tenevano in biblioteca o in confortevoli salotti dai cuscini di velluto di cui Harry non conosceva l'esistenza nè l'ubicazione. Se non fosse che le conversazioni erudite avevano luogo anche in quella sede. 

«Non esiste forse un modo per eludere il Prior Incantatio?» chiese Tom, retorico. «Cavallo in d4.»

Albus si puntellava con entrambi i gomiti sul tavolo e sorreggeva il mento, chino sulla scacchiera. «Sicuramente c'è, ma non viene divulgato, no? Torre in h6. Altrimenti l'indice di criminalità subirebbe una considerevole impennata.» 

«Ma che senso ha questa mossa?» domandò la torre, perplessa. 

«Aspetta e vedrai» promise Albus. 

Ron osservò attentamente la scacchiera, poi annuì freneticamente. «Ma sì, ma sì! Genio! Genio!»

Harry si limitò a contemplare lo spettacolo, poco intenzionato a fare fatica. 

Tom si leccò velocemente le labbra, muovendo le lunghe dita affusolate come se fossero su una macchina da scrivere. «Però noi non siamo il governo, quindi possiamo trovarlo per diletto. Regina in b3.»

«Stai un po' attento a quello che fai, ragazzo!» protestò la regina.

«Potremmo» confermò Albus, malizioso. «Se tu accetti di aiutarmi con quell'altro incantesimo di cui ti ho parlato.»

«Il grande Albus Silente che si abbassa a chiedere aiuto... Come potrei rifiutare.» 

«E tu, non dici niente?» sussurrò Ron a una affascinata Hermione, che non si perdeva una parola dello scambio. Lei avvampò, scacciando l'osservazione.

«Oh, Ronald, sempre il solito! Cosa dovrei dire? Stanno discutendo di sperimentazione di incantesimi ad alto livello, posso solo che imparare il più possibile...»

«Ma è abbastanza contro le regole nominare così tanto magia oscura, non ti pare?» la mise alle strette Ron, puntiglioso.

Lei assunse un cipiglio battagliero. «Se la cosa ti indigna tanto, perchè non dici qualcosa tu?»

Lui improvvisamente si zittì e non ribattè, pur continuando a bofonchiare a tratti con i vicini. Nel frattempo, Harry stava intimando a Nagini -arrotolata alla sedia del suo padrone- di chiudere la bocca, una volta per tutte. Tom si girò, stizzito.

«Potter, cos'è la prima cosa che ti ho detto quando ci siamo incontrati?» lo apostrofò.

Harry alzò le spalle. «"Solo io posso dare ordini al mio serpente"?»

«Intendevo in generale "solo io posso parlare con il mio serpente".»

«É disgustoso e non è giusto che debba sorbirmela solo io. Sta dicendo che vuole mangiarsi Fanny quando tu avrai finito con Albus» protestò Harry. 

«E ha ragione, è quello che le ho promesso» confermò Tom, serafico. 

A quel punto un ragazzino mingherlino e spettinato si sporse all'interno della stanza, messo a disagio dalla presenza di Tom. «Albus, hai appena ricevuto posta. Non volevo interrompere, ma mi avevi detto che volevi essere avvisato subito...»

«Hai fatto benissimo, Elphias.» Albus scattò in piedi, mentre il suo viso s'illuminava. «Perdona questa diserzione, ma interpretala come una resa da parte mia, Tom.»

«Sarà fatto» confermò Tom pigramente, mentre fra gli scacchi scoppiava un boato di dissenso e malcontento. 

Il ragazzo si precipitò fuori, attraversò il corridoio in volata e cominciò a salire le scale verso la guferia. Sulla sua strada incrociò la professoressa McGranitt, alquanto stupita.

«Dove va così di fretta, signor Silente? Non si può correre nei corridoi, ne è consapevole.»

«Mi dispiace, professoressa, al cuore non si comanda.» Albus posò le mani sulle sue spalle, euforico, lasciandola sempre più perplessa. «La sua lezione di oggi è stata sbalorditiva, non mi complimento mai abbastanza. Scriverò uno, due rotoli di pergamena di apprezzamento, a cui aggiungerò qualche piccola idea personale che la pregherei di valutare con sincerità e risparmiando l'indulgenza da mentore. Ma ora devo proprio scappare» concluse, scoppiando di gioia e schivandola per riprendere a correre.

La professoressa voltò il capo per osservare la sua folle salita con la chioma fiammante all'aria, stupefatta, e dopo qualche istante si limitò a piegare le labbra in una smorfia intenerita.

 

 

 

 

5.

E poi c'erano i weekend a Hogsmeade, naturalmente. Per Harry e Albus erano irrinunciabili, mentre Tom si faceva pregare molto per unirsi a loro. 

«Ascolterò le tue farneticazioni soltanto a pancia piena» lo minacciò Albus, costringendolo a seguirli nel vociante convoglio diretto al paese.

«Forse i tuoi seguaci vorrebbero che tu ci andassi con loro anzichè con noi» osservò Harry. Draco Malfoy, poco più indietro, li stava fissando contrariato. 

«Interessa a qualcuno quello che vogliono?» tagliò corto Tom, senza premurarsi di negare che potessero essere definiti così. 

«Non trovi che sia un po' imbarazzante assecondare quel modo che hanno di venerarti? Lo fanno solo perchè sperano di trarre qualche vantaggio dalla tua popolarità...»

«Tutto al mondo accade per questo motivo, Potter, nel caso in cui non te ne fossi accorto.»

Harry cercò di scavalcare la sua nonchalance. «Se hai un'opinione così misera di loro, tu che cosa ci guadagni dalla loro vicinanza?»

«Il potere è spesso fine di se stesso, e va preservato anche in mancanza di un obiettivo» chiarì Tom pomposo. 

Due teste fulve sopraggiunsero leste come gatti, cingendo un fianco di Albus ciascuno. 

«Ehi Albus» esclamò George -anche se magari era Fred.

«Ci è giunta voce che hai bisogno di fare rifornimento» completò Fred, o George.

«Non è proprio il nostro stile lasciare un amico nell'indigenza-»

«-ignorare un appello disperato, no, vero?»

Albus frugò nella borsa e trovò il portamonete, dal quale estrasse cinque galeoni. «Oh, sì, avete sentito bene. Sono interessato ad altri di quei Detonatori Abbindolanti, e ho bisogno anche di una nuova Piuma Autoinchiostrante. Quando si inizia ad usarle, non si può più tornare indietro.»

I gemelli Weasley si spartirono quattro galeoni, poi battibeccarono per qualche secondo con le mani per il quinto, finchè uno dei due non riuscì lesto ad intascarlo. 

«Grande, Albus, è sempre un piacere fare affari con te» esultò Fred -George- soddisfatto.

«Ti candideremo per la presidenza di questa scuola» commentò George, o comunque Fred. 

«Grazie a voi, ragazzi.»

Il trio lasciò che Fred e George li superassero e proseguissero il loro soccorso agli amici con le tasche troppo pesanti. 

«Stai facendo la loro fortuna, con i tuoi investimenti» scherzò Harry, che trovava quasi commovente la maniera in cui Albus spendesse soldi per trucchi che avrebbe potuto benissimo ricreare con la propria magia.

«L'hobby mio e di Tom e il loro non sono poi così diversi, solo che loro riescono anche a guadagnarci» sentenziò Albus, quasi sognante. «Se credi che per oggi abbia speso abbastanza, Harry, è perchè non hai ancora visto cosa farò da Mielandia. Ma quella è Luna! Ma quanto sono belli i suoi orecchini?»

Harry scambiò un'occhiata disorientata con Tom. «Che cos'ha oggi?»

«Non lo so, è tutto il giorno che ride da solo, e francamente sta diventando terrificante» sbuffò Tom, seccato, che da parte sua non aveva ancora scambiato una parola circa ciò che gli premeva. 

L'umore di Albus rimase eccellente durante tutta la loro permanenza da Mielandia. Si aggirava da un espositore verde acqua all'altro colmando i sacchetti di Cioccorane e Gelatine Tutti i gusti + 1. 

«Non c'è niente di inusuale nel fatto che delle persone vedano un capo in me, dopo quello che ho scoperto circa la mia discendenza» tornò alla carica Tom.

«Illuminaci» lo esortò Albus, soppesando un tralcio di Scarafaggi a grappolo. «Ti sembra eccessivo, Harry?»

«No, questi entro domani sono finiti» assicurò lui con un sorriso da un orecchio all'altro. 

«Non qui» sottolineò Tom, irritato.

«Va bene, tanto abbiamo finito, mancano solo i Pallini Acidi...» 

Una volta all'esterno, lontani dalla calca, Tom si decise a parlare. «Il nome di mia madre era Gaunt. Si tratta di una famosa famiglia purosangue, ormai praticamente estinta, ma che discende direttamente da Salazar Serpeverde.»

«Tante famiglie affermano cose del genere» gli fece notare Albus, senza impressionarsi.

«Puoi controllare su qualsiasi libro rechi geneologie illustri» rimbeccò rigidamente Tom, punto sul vivo dall'insinuazione. «Non è un'invenzione.» 

«Ha qualcosa a che vedere con il tuo nuovo accessorio?» 

Harry non ci aveva fatto caso. In effetti Tom aveva un anello che non gli aveva mai visto addosso prima, con una grossa pietra nera cesellata e una fascetta d'oro. Non era molto bello.

«Sì, era di mia madre. Credevo fosse una chincaglieria, ma quando ho scoperto la fama della nostra famiglia l'ho voluto indossare» si giustificò Tom. Al cenno di Albus, gli permise di guardarlo più da vicino. Il ragazzo esaminò la pietra, e nulla traspariva dai suoi lineamenti.

«In effetti sembra antico. E cosa intendi fartene, della tua nuova investitura di erede di Serpeverde?» Albus appariva ancora beffardo.

Tom invece la prendeva terribilmente sul serio. «Quello che mi spetta di diritto. Forse cercherò la Camera dei Segreti.»

«Ci sono già abbastanza segreti in Sala Grande senza pretendere di andare a cercare così in profondità» lo rabbonì Albus. 

«Magari l'ha già trovata e ci farò ammazzare tutti stanotte» propose Harry.

«Non tutti, soltanto chi è indegno dello studio della magia» sottilizzò Tom, senza traccia di umorismo.

«Magari il mostro di Serpeverde è lui ed è riuscito a scappare dalla Camera già cinque anni fa» continuò Albus, con piglio pensoso.

Tom fiutò il loro sarcasmo e tacque. Rigirò l'anello tra le dita, irrequieto.

«Vedremo, vedremo.»

 

 

 

6.

Piton guardò la pozione da lontano. Per valutarla con cura avrebbe dovuto avvicinarla agli occhi, ma non lo fece. La tenne a distanza. Era l'unica che gli fosse stata presentata a giudizio, in quanto tutte le altre mostravano macroscopicamente errori nella composizione. Albus aspettò il verdetto con un sorriso garbato, senza presunzione nè incertezza. Piton si voltò verso un banco dietro di lui, freddo e interrogativo. 

«Signor Riddle, lei cosa ne pensa?» lo consultò, atono, come se conoscesse già la risposta. Tom serrò gli occhi. Aveva controllato ogni passaggio di Albus senza spremergli nemmeno una stilla di imbarazzo.

«Manca una radice di margherita, signore» asserì. Intanto Hermione stava verificando sul manuale, e constatando che l'aspetto che avrebbe dovuto ottenere il composto, se preparato correttamente, era lo stesso della pozione di Albus. 

Piton si voltò ancora verso di lui, senza parlare, con una ironica rotazione del mento, tacitamente interpellandolo a rispondere.

«La berrei io stesso per dimostrarle che si sbaglia, ma ho tutto l'interesse nel tenere per me i miei recenti pensieri» rifiutò lo studente con eleganza.

«So contare, e manca una radice di margherita. Silente ne ha messe soltanto tre» ripetè Tom. Nessuno dei due contendenti era infastidito. Questi boicottaggi sotterranei erano stimolanti partite di scherma. 

«Non resta che una soluzione» attestò Piton, piatto. «La beva, signor Riddle. Se è così certo di quel che dice, non ha nulla da temere.»

Harry si stupì di quella decisione. Di certo non era l'unica soluzione, come era stata spacciata. Per quale motivo fomentare una rivalità simile facendo ricorso a questi giochetti? Hermione stava per aprire la bocca per sincerarsi della legittimità della situazione, ma Harry le toccò una mano per fermarla. Ormai l'auditorio voleva soltanto assistere allo spettacolo.

Tom scrutò con diffidenza lo sguardo indecifrabile dell'insegnante, poi quello benevolo di Albus. Infine guardò la fialetta. Lentamente, la prese tra le dita, la soppesò, valutandone il bagliore, e la portò alla bocca, ingoiandone le tre dita in un sorso solo.

Nessuno fiatò.

Gli occhi di Tom vagarono fra la platea, meditabondi. Non sembrava essere successo nulla. Dopo una quindicina di secondi, si diffuse un vocio riguardo la vittoria di Riddle. Piton non reagì. Albus muoveva la linea della bocca, disinvolto.

Infine, Tom si soffermò su Harry, e lì ci rimase. Si avvicinò di qualche passo. 

«Davvero, a volte mi sorprende la tua ingenuità, sai? Non ti sei mai chiesto come mai l'attenzione dei maghi più talentuosi di questa scuola graviti intorno a te? Non l'hai mai trovato strano?» La voce di Tom era stentorea ed altera, quasi aggressiva. Harry boccheggiò, vergognandosi immensamente del fatto che tutti stessero prendendo visione della vicenda, ma non ebbe il tempo di rispondere alcunchè. «Il motivo è che tu sei un'eccezione in questo mondo. Che c'è qualcosa di profondamente inspiegabile e contraddittorio nel tuo essere. Perchè parli il Serpentese? Perchè sei sopravvissuto all'Anatema che Uccide? Perchè c'è così tanto potere celato in te? Qual è il disegno finale del nostro puzzle? E dove ci porterà?» Tom fece una pausa. Pareva non dare peso al fatto che l'intera classe stesse ascoltando. Harry tentò di fermarlo, ma non servì a niente. «Ho in mente grandi piani per te. Se devi proprio essere così importante, te lo ci farò diventare. Dipenderà tutto da te.»

Calò il silenzio assoluto. Ora il viso di Albus era quasi ansioso. Piton, inespressivo, pronunciò: «Basta così.»

Tom non emerse confuso da quello stato di soggiogamento, ma soltanto più adombrato. Albus vide che Harry lo stava guardando e mutò la preoccupazione in artificiosa allegria.

«Pare che tu sia l'attuale pensiero più impellente di Tom. Non ne sei onorato? Venire ancora prima della sua mirabolante genia?»

Harry si domandò perchè ancora non avvertisse alcuna paura. 

 

 

7.

Tom li incrociò entrambi dopo Cura delle Creature Magiche.

«Avete da fare questa sera?» s'informò. C'era qualcosa di sveglio, di vigile, nei movimenti dei suoi occhi. Sembrava uno appena destato da un allarme. 

«Ci inviti a fare un giro?» dedusse Albus. Faceva oscillare la cinghia della borsa di qua e di là. Era lieve, nella terra degli intoccabili, quando vivi nella tua testa e ti affacci al panorama fuori della quotidianità solo per automatismo. Harry zoppicava come un brutto piccione vicino a quella sagoma raggiante. Non riusciva a stare dietro a tanto ignoto trionfo. 

«Qualcosa del genere» confermò Tom. E poi, a Harry: «Porta il mantello. Ci vediamo qui a mezzanotte.»

Per il resto della giornata Harry fu in stallo, a rigirare quell'invito nella memoria come se potesse ancora rigettarlo. Tom stava smettendo di piacergli, e gli dispiaceva. Una volta si divertiva a fronteggiarlo, a sfidare la sua boria, a intravedere la fragilità su cui aveva costruito se stesso ed empatizzare. Ora era in atto un cambio di temperatura. Gli pareva che Tom fosse andato avanti in segreto, fingendo di tenere ancora il loro passo, ma ormai fuori dalla portata del contatto di chiunque. Ne avrebbe parlato ad Albus, se solo non fosse stato così assente: passò l'intero pomeriggio nel dormitorio a scrivere, sorrisi fugaci che scoppiavano fra le labbra, la piuma che saettava imbizzarrita, cercando di catturare il flusso dei propri pensieri.

Elphias scuoteva il capo. «Scrive alla sua ragazza, ma è inutile che sbirci. Scrivono tutto in tedesco, così noi non capiamo.»

«Sul serio?» aveva riso Harry. Non trovava affatto strano che Albus attirasse l'attenzione di qualcuno -Hermione stessa aveva avuto una sorta di cotta per lui al secondo anno- ma era Albus che non gli sembrava il tipo per queste cose. Il romanticismo smodato, gli amorucci adolescenziali.

«Io non nego nè confermo» si era limitato a dire Albus, gli occhi stellati. Harry era curioso, girellava nei dintorni di quell'onnipotenza. 

«Cosa avete da scrivere tanto?»

«Parliamo di magia.» C'era da aspettarselo. Avrebbe potuto innamorarsi soltanto di qualcuno che gli assomigliava, che potesse tenergli testa. 

«É brava come Tom?»

Albus aveva sorriso, intendendo una qualche facezia a lui preclusa. «No, è migliore di Tom. Semplicemente il migliore.»

Per mezzanotte si erano fatti trovare con il mantello sulle teste di entrambi, e avevano faticato un po' per farci stare anche Tom, e ogni tanto spicchi dei loro pantaloni balenavano tra le pieghe della stoffa. Tom li guidò, senza dare spiegazioni, tra le rampe di scale e i pianerottoli finchè Harry faticò anche a capire in che piano fossero. Tutto ciò che gli parve di riconoscere, nella penombra e attraverso lo schermo della trama del tessuto, fu la biblioteca. 

Tom finalmente si fermò e fece cenno di aprire una porta. Si trattava di un'aula deserta, senza banchi nè cattedre, ma molto spaziosa, disseminata di colonne imponenti, con una volta a crociera. Le vetrate azzurre delle finestre attribuivano alle pareti un riverbero bluastro, un po' acquatico. Anche il silenzio che vi regnava aveva un sapore sottomarino, di apnea. 

L'unico arredo era un grande specchio dalla cornice decorata, d'aspetto antiquato. 

«Prego, avvicinatevi» li esortò Tom, indicando lo specchio. «Scoprirete qualcosa di curioso.»

Harry obbedì, stranito. La superficie dello specchio era ossidata, chiazzata dagli anni, ma più vi si approssimava e più due figure si profilavano nitide accanto a lui, tanto che dovette controllare più di una volta, e tastare dietro di sè, per accertarsi che non fosse un miracolo. 

«Questi sono i miei genitori» fiatò. Come insinuare che non fossero reali? Respiravano regolarmente nel mondo etereo dello specchio, e i loro occhi erano addolciti di consapevolezza. 

Tom annuì. «Me lo aspettavo. Pare che questo specchio ci mostri quello che vogliamo vedere più di qualsiasi altra cosa.»

Harry impiegò qualche minuto prima di scuotersi dallo stato di fascinazione per chiedergli che cosa avesse visto lui.

«Una risposta ben precisa a una domanda che mi tormentava» fu la sibillina risposta.

Anche Albus si fece avanti, intrigato. «Hai scoperto qualcosa su come possa essere stato incantato? Opera dei folletti? O forse-» La voce non gli mancò, semplicemente smise di parlare. Sembrava che un'altra voce avesse cominciato a sussurrargli all'orecchio, e che tutto dovesse essere sospeso al fine di ascoltarla.

Harry vide la paura che lui stesso si stupiva di non aver mai provato sul volto di Albus. 

Forse non era quello che Albus vi aveva visto, ma quello che vi mancava -che era scomparso, un'assenza, non sofferenza, un modo diverso di programmare un essere umano, che lo complicava.

Tom strinse le labbra. «Meglio andare, adesso.»  

 

8. 

Quello specchio parve aver imprigionato tutto l'intero spettro dell'ebbrezza benefica di Albus, in ogni sua frequenza. La lettera successiva che ricevette lo lasciò in uno stato d'animo d'irrequietezza e agitazione. Harry si costrinse ad uscire dal dormitorio quando lui scrisse la precipitosa risposta, tanto intimo era il suo momento di debolezza. Quella sera non osò chiedere spiegazioni, e al mattino lo trovò soltanto insonne e più scavato dallo stesso tormento.

«La persona che mi scrive con così tanta frequenza -e di cui non ho avuto il tempo di parlarti, sebbene volessi davvero farlo- verrà qui dopodomani» rivelò infine a Harry, afflitto.

Lui si aspettava una brutta notizia riguardo alla famiglia, perciò rimase di stucco. «E questo non ti rende felice?»

«Viene qui perchè corre un grave pericolo» specificò Albus. 

«Non avrà niente da temere, a Hogwarts. Non esiste luogo più sicuro. Nessuno potrà farle del male.» Harry sperava di tranquillizzarlo, rimarcando cose che entrambi sapevano bene. 

«La situazione è più complessa di così. Il guaio in cui si trova è purtroppo in parte di sua responsabilità. Il pericolo non viene dall'esterno.» 

Harry avrebbe dovuto sentirsi spaventato dal fatto che questa ragazza aveva probabilmente commesso un atto contro la legge, però il dolore di Albus era talmente palpabile che lo allarmava di più. «E cosa credi di risolvere, facendola entrare nella scuola?» 

«Averlo vicino a me, farlo riflettere e salvarlo da se stesso, se posso.» L'uso del pronome maschile stordì Harry sul momento, ma lo recepì senza sconvolgersi. Oltre a non trovarci niente di particolarmente bizzarro, pensava che fosse quasi più logico.

«E non vuoi parlarmi di lui?» propose gentilmente. 

Albus scosse la testa, triste. «La bellezza di ciò che abbiamo vissuto ne risulterebbe corrotta, se te ne parlassi ora, con questa paura. Lo farò quando le cose si sistemeranno.»

Harry lo lasciò ai suoi pensieri, senza disturbarlo. E Albus sembrava a sua volta volersene stare per i fatti suoi, tanto che non cenò nemmeno alla Sala Grande, bensì restò in biblioteca per tutta la serata, come Hermione gli riferì. Harry si chiese se Tom fosse al corrente di quanto stava succedendo. Ma quando il giorno dopo lo vide, e decise di indagare su quanto sapesse, era lui quello che aveva qualcosa di urgente da riferirgli.

«Sarà meglio andare in un posto più appartato, Potter, non vorrei che fossimo ascoltati» spiegò, facendogli segno di seguirlo fino ad una brutta statua che Harry non riconobbe. Quando il corridoio fu deserto, Tom la spostò e si infilò nella nicchia nascosta che essa stava coprendo. Harry lo imitò. 

«Tu credi di conoscere Albus?» gli domandò a bruciapelo. Nei suoi occhi si animava quello che di più simile ad un'emozione Harry gli avesse mai visto addosso. «Beh, io credo che-»

«Non lo conosci. Tutto ciò che pensi di sapere di lui è sbagliato, o ha un'accezione diversa da quella che gli hai sempre corrisposto. Avevo un sospetto, per questo mi sono avvicinato a lui. E ci avevo visto giusto.» 

«Di cosa stai parlando?» 

«Hai presente quando sotto gli effetti dell'Intruglio Scioglipensieri ti ho chiesto se non trovassi strano che un mago come Albus avesse instaurato questo rapporto con uno studente capace ma, concedimelo, non impeccabile quanto lui, come te?»

Harry non fece il puntiglioso sul fatto che in realtà l'interrogativo comprendesse anche l'interesse di Tom stesso. «Perchè l'amicizia non si basa solamente sul quoziente intellettivo, le capacità magiche o i voti scolastici?» 

«Non pretendevo che dessi una risposta perbenista alla domanda» tagliò corto Tom. «Purtroppo devo confessarti che c'era poco di disinteressato in ciò che Albus Silente sperava di ottenere da te.» «Che cosa intendi dire?» Più quella conversazione andava avanti, meno Harry se ne sentiva persuaso. 

«Cosa sai del suo misterioso corrispondente?» rimbeccò invece Tom con una nuova domanda. 

«Che è un ragazzo... Che è esperto di incantesimi come Albus... Che è nei guai e sarà qui domani» elencò Harry, sulla difensiva, stupendosi che nulla gli suonasse nuovo, a giudicare dalla reazione.

«Tutto esatto» confermò Tom. «Però occorre fare qualche piccola precisazione. Lui e Albus sono alla ricerca di qualcosa di specifico, tre manufatti magici che una leggenda narra rendano il possessore padrone della morte.»

Il discorso aveva assunto una piega strana. Leggende? Albus era un appassionato studioso, non un fanatico. 

«Suona poco credibile, non ti pare?» lo liquidò Harry, ancora speranzoso di poter uscire indenne dall’intera storia.

«Eppure li hanno individuati tutti e tre. Il primo, la Bacchetta di Sambuco, la più potente che sia mai stata forgiata, è stata sottratta con la forza al proprietario da Gellert Grindelwald, il complice di Silente, pochi giorni fa. Il Ministero non è ancora arrivato a lui, perchè ha camuffato le tracce del proprio crimine.» Tom sembrava uno che va di fretta, che non ha tempo di soffermarsi, urgeva su ogni parola.

Harry iniziò a trovare fastidiosa persino la prossimità del suo respiro, in quello spazio ridotto. «Come fai a sapere queste cose?» 

«Ho letto le loro lettere, naturalmente» sbottò Tom, deciso a marciare lungo il filo di quel discorso senza farsi interrompere più. «E meno male che l'ho fatto. Il secondo di questi, così definiti, Doni della Morte, è la Pietra della Resurrezione... Non serve che ti spieghi quali possano essere i suoi poteri. Indirettamente grazie a quei due, ho scoperto che è riposta in questo anello.» Ticchettò sulla grezza gemma nera dell’anello che Albus aveva notato quel pomeriggio a Hogsmeade. Harry si chiese se non potesse trattarsi di una specie di scherzo. Gli appariva tutto così improvvisamente ridicolo ma articolato che o lui era diventato troppo lento per il mondo o il mondo era impazzito. 

«L'anello della tua famiglia contiene una pietra per far risorgere le persone?» riepilogò Harry, calcando ogni sillaba di forte scetticismo.

«Un anello antichissimo, appartenuto a una famiglia purosangue» specificò Tom, che trovava sempre il tempo per lamentarsi che non gli fosse stata attribuita sufficiente importanza. «Ti chiederai come possa io credere nell’esistenza di oggetti così portentosi. Arriviamo al terzo... Il Mantello dell'Invisibilità. Perfetto sotto ogni punto di vista rispetto a qualsiasi altro.»

Harry ci mise un attimo a recepire, e quando lo fece le viscere gli si ritorsero nello stomaco. 

«Non è possibile» scandì esitante.

«Non è solo possibile, possiedi la prova concreta che sia vero.» Ora che l’aveva lasciato di stucco, Tom pareva soddisfatto. «Albus, chissà, forse ha studiato le genealogie delle nostre famiglie prima di noi. Ci ha avvicinato abbastanza per accertarsi che quelli in nostro possesso fossero gli oggetti che gli interessavano... E ora ha chiamato qui il suo complice per impossessarsene.»

Più i conti tornavano, più veementemente Harry li rigettò. C’era qualche errore. Tom aveva esagerato come sempre. Magari lui non aveva nessuna pietra. E anche se fosse stato così…

«Sciocchezze. Albus è nostro amico. Ci avrebbe raccontato di questa faccenda. Non ci farebbe mai del male per prendersi dei gingilli...» Non capì perché lui stesso avesse accennato all’idea che Albus potesse far loro del male. Tom non lo rimarcò.

«Artefatti magici di potere immenso che messi insieme ti rendono immortale? Perchè non lo trovo improbabile quanto te? E comunque, ne ho la riprova. L'incantesimo che mi ha chiesto di aiutarlo a preparare, spacciandolo per un capriccio intellettuale, ha il potere di fermare il tempo entro vasti perimetri -mettiamo, quello della scuola- per qualche minuto, sufficiente per rubare quanto devono e scappare.»

«Non posso crederci» s’impuntò Harry, inorridito da un’eventualità così assurda. Ne avrebbe parlato con Albus e lui gli avrebbe spiegato tutto… Poi ricordò che Albus non aveva molta voglia di parlare, negli ultimi giorni. In realtà, in tutte le occasioni in cui avevano chiacchierato, non gli aveva mai confidato niente di preciso su se stesso. Harry si fidava più di Albus che di Tom, ma in quella storia c’era il sapore scomodo della verità, e non sarebbe stato da lui ignorarlo. 

Tom sapeva che aveva capitolato. «Non crederci, allora. Ma ora ti dirò esattamente cosa sarebbe il caso che tu facessi per difenderti. Domani Grindelwald arriverà in questa scuola, con il permesso del preside Dippet, a mezzogiorno in punto. Circa a quell'ora, la vita all'interno del castello si paralizzerà. Ti offrirò il controincantesimo per esserne immune. Quello sarà il segnale. Dovrai nasconderti nella Stanza delle Necessità. Albus Silente verrà a cercarti, ma tu non dovrai assolutamente farti scoprire da lui. Verrò io stesso a prenderti quando tutto sarà finito.»

La sua voce aveva un’inflessione così concitata e salda allo stesso tempo che Harry si ritrovò a prendere sul serio ciò che stava dicendo. Non c’era il tempo per comportarsi in modo irrazionale e immaturo. Forse era il caso di considerare seriamente il piano. Tom aveva delle prove dalla sua parte, e Harry cos’aveva? Tanti buoni sentimenti… Tanti cattivi presentimenti.

«Cosa farai?» si limitò a domandare, preoccupato.

«Farò in modo che Grindelwald non rubi niente a nessuno» replicò Tom. «Sono l'unico in grado di farlo.»

Era vero. Harry fu ancora più in pena per chi non era stato nominato.

«Non ferirai Albus?» trovò il coraggio di pronunciare. La bellezza di Tom era piena di violenza, ed era impossibile accettare l’una escludendo l’altra. Harry desiderò che rimanesse fermo, come l’abitante di un ritratto, a costruire con lo sguardo le cose che gli mancavano -anche soltanto a modo proprio. Invece il suo volto schiuse le labbra.

«No.»

«Promettimelo.» A Harry parve di essere ancora lì, nella bolla del loro incantesimo non verbale, dove niente si frapponeva al nucleo molle e fragile della loro più intima volontà -era in quell’anfratto di debolezza che si assomigliavano, in quella frazione di rare avversità in cui erano confinati- e Harry riusciva ad avere un ascendente su di lui scavalcando il suo orgoglio. Una sincerità senza convenzioni, senza vergogna, senza ruoli. «Promettimelo, Tom.»

Tom guardò dentro di lui con serietà, come un soldato. «Ti prometto, sul mio onore, che non farò del male ad Albus.» 

Harry aveva cominciato a provare la paura a cui pensava, ma non sapeva più cosa temesse.

«Grazie.» 

 

9.

Sulla parete della stanza in cui Harry si era nascosto, come gli era stato ordinato -la Stanza delle Necessità aveva assunto l’aspetto di un ripostiglio di sedie, forse sapendo che lui avrebbe dovuto attendere a lungo- era comparso il profilo delle due ante di una grande porta. Harry s’irrigidì sulla poltrona dove stava, chiedendosi se fosse stato Albus a raggirare le difese della stanza -ma poi vide Tom. C’era anche Albus al suo fianco, ma era disarmato, e gli era stata puntata contro la sua stessa bacchetta.
«Affascinante, l'Incanto Ialino» stava dicendo Tom, colloquiale, come avrebbe fatto durante un qualsiasi pomeriggio. «Praticato sì e no tre o quattro volte nella storia della magia. Pochissimo si sa a riguardo. Solo insieme, io e te, potevamo cavarne un ragno dal buco, non è vero?»

Albus non aveva l’aria di un pericoloso traditore, ma soltanto di un adolescente confuso, uno sfarfallante commisto di vergogna e panico. Era spiumato come la sua fenice subito dopo la rigenerazione. 

«Non te lo avrei rubato, non intendevo rubare niente a nessuno» esclamò a voce alta, guardando fisso Harry negli occhi, che si sentì profondamente a disagio.

«Questo è ancora tutto da provare, amico mio» annunciò Tom, allegro in maniera sinistra. 

«Ridagli la bacchetta, ora, cosa credi che possa fare?» intervenne Harry, a cui quell’atteggiamento da guardia e ladro metteva angoscia. 

Ma Albus pensava ad altro. «Devo andare a cercare Gellert. Devo trovare Gellert prima che l’effetto dell’incantesimo termini, altrimenti sarà la fine per lui» si affannò a spiegare, articolando le parole concitato ma sgranandole, quasi non potesse permettersi fraintendimenti.

«Era abbastanza ovvio che avresti voluto occuparti tu di prendere il mantello a Harry» esordì invece Tom, flautato, con una calma goduriosa. «Non volevi rischiare che Gellert gli facesse del male per impossessarsene, conoscendo il suo temperamento. Invece io potevo essere danneggiato senza darti eccessivo rimorso, ragion per cui hai mandato il tuo ragazzo alla mia ricerca. E poi tu avevi quella piccola questione in sospeso con Harry, dico bene? una questione che preferivi risolvere in privato.»

Harry non potesse fare a meno di incrociare lo sguardo di Albus, e stavolta fu lui a sostenerlo a fatica. Tom parlò tonante, esultante, demolitore.

«Il tuo grande eroe Silente non soltanto voleva rubarti il mantello che ti ha lasciato tuo padre, ma voleva anche usare il tuo sangue per un antico, difficile incantesimo che lo avrebbe reso una perfetta pozione con poteri protettivi per chi l'avesse bevuta.» La voce liquida e gretta si infilava in ogni anfratto, in ogni fessura, in ogni piega di tessuto del mantello del pudore. «Un distillato di vero amore, insomma. Da far bere a chi? Al suo amato per cui penava tanto, indovinato. Ti avrebbe aperto le vene per salvare lui. Molto altruista, devo dire. Avresti almeno potuto evitare di predicare tanto bene, se intendevi razzolare tanto male.»

«La dose di sangue necessaria non avrebbe comportato la morte di Harry, ne sarebbe bastato un poco» sbottò Albus, afferrandosi la testa come se sperasse di sradicarla dal collo. Poi guardò ancora Harry, e la voce si fece lamentosa, supplicante. «Cerca di capire. Con quello che ha fatto, se lo trovano, lo mandano ad Azkaban. Dovevo tentare. Dovevo tentare tutto. Non posso lasciarglielo fare…»

La sferzante malizia di Tom si accanì ancora su di lui. «Si tratta di un prelievo senza rischi né conseguenze? Per questo hai aspettato una situazione così tranquilla e pacifica per proporlo, vero? Fosse stata una questione così semplice, non avresti potuto chiederglielo in qualsiasi momento in Sala Comune? Stavo dicendo, Grindelwald è venuto a cercarmi. Mi sono fatto trovare. Gli ho detto che sapevo dei Doni della Morte, che avevo indagato sul simbolo inciso sulla pietra dell'anello. Che avrei potuto tornare utile da vivo. Tu mi hai facilitato l'opera di persuasione, Albus, parlandogli di me nelle tue lettere, e descrivendomi come abilissimo nelle arti magiche. Mi sono offerto di aiutarvi, non come vostro pari, ma come ammiratore del vostro lavoro. Se tu fossi stato presente, Albus, non ci saresti cascato, mi conosci. Lui sì. I complimenti lo hanno subito reso bendisposto. Un tipetto narcisista, eh?»

«Non volevo rubare niente! Volevo fermarlo!» sbraitò Albus. «Non gli avrei permesso di continuare questa follia. É troppo pericoloso per lui. Sta mettendo a rischio la sua vita. Il gioco non vale più la candela. Scapperemo via di qui e lo terrò al sicuro dalla legge. Harry, ti prego, credimi. Devo sapere dov'è lui adesso.»

«Tom, ridagli la bacchetta» ribadì Harry. Ma Tom non si mosse, come se non avesse detto niente. Aveva una sorta di sinuosa pigrizia nel passo, e nel toccarsi il mento. Questo suo rallentare ricordava una tagliola che inizia a stringersi, o un ponte levatoio che si solleva, graduale e inesorabile -un meccanismo.

«É una fortuna, che non scoprirà mai che non sei altro che un debole pronto a tradire la sua causa, non trovi?» osservò freddamente. 

Albus batte le palpebre, stolido. «Dov’è?» articolò la voce a vuoto. Tom esibì un sorrisetto furbo, senza impegno. 

«Nella Camera dei Segreti. É stato facile. É arrivato all'esatta ubicazione dell'ingresso, e una volta guadagnata la sua fiducia mi ha chiesto dove fossi, Albus, per togliere di mezzo l'ultimo ostacolo insieme. Gli ho detto che Harry è scappato con il mantello là sotto e che tu lo stavi inseguendo. E lui... Come avrebbe potuto fare a meno di raggiungerti per soccorrerti? Alla ricerca dell'amore e della gloria. Al resto ci penserà il Basilisco... Reduce da un digiuno di novecento anni circa, posso immaginare cosa sia successo.»

Mentre quelle parole -e la loro inafferrabile logica interna- prendevano forma, Harry si accorse che, nell’esatto momento in cui aveva formulato l’intenzione di volersi alzare dalla poltrona, dei grossi, robusti viticci neri erano spuntati dai braccioli ed ora gli ancoravano gomiti e polsi, caviglie comprese. Harry urlò, dimenando il collo contro lo schienale. E la compressione in atto dentro di lui agì senza sorprenderlo davvero. Fu come aprire gli occhi dopo un lungo dormiveglia sgradevole. Ora gli era concesso vedere tutto com’era senza rimorso. Una persona era appena morta, non era nemmeno diventata fredda, i corridoi erano invasi da selve di statue a riposo e Tom sembrava un dio sonnolento, quello che può concedersi di dormire quando tutto si desta grazie al suo operato. Puntò la bacchetta alla tempia di Albus, dei suoi occhi nei quali la coscienza pascolava via, malinconica e pesante come un albume unto. 

«Qual è la mente più inespugnabile del nostro secolo, come ci tenevate sempre a ricordare? Il luogo perfetto per nascondere un segreto. Bisogna ritoccare un po’ il nostro affresco. Tu hai ucciso Gellert, mio caro, sono spiacente di informarti di questa incresciosa novità. Per impossessarti dei doni da solo. Hai ucciso l'uomo che amavi per avidità e sete di potere. Esiste forse creatura più indegna?» Tom si divertiva, forse per la prima volta dopo tanto tempo.

Harry percepì l’impotenza fluire nelle vene, e l’unico modo per impedire che i viticci stringessero ancora, fino a fermargli la circolazione, fu arrendersi, rilassarsi, smettere di tirare la corta. Allentarsi, aperti alla chiusura. Sarebbe toccato a lui, poi. «Tom, cosa hai fatto.» 

Tom chiuse in mano ad Albus qualcosa di piccolo. Solo grazie ad un luccichio svincolato tra le sue dita Harry capì che era un frammento di specchio. «In questo forse riuscirai ancora a vedere qualcosa di lui. Un orecchio, o un occhio, magari» suggerì Tom con dolcezza, conciliante. Albus incontrò il suo sguardo, come un bambino amnesico, inginocchiato di fronte alla portata del dolore che stava per invaderlo.

Poi Tom si girò verso Harry. I passi che li dividevano riassunsero lo spazio che avevano condiviso l’uno nella vita dell’altro. Un’eco intrusiva, prima presagio e sussurro, che li aveva guidati al punto di partenza, senza che fosse possibile comprendere chi avesse disegnato quel piano.

Harry avvertì le lacrime gocciolare come sudore, sputi del corpo senza partecipazione emotiva, qualcosa da cui si era già staccato. Tom si chinò davanti a lui come un adulto che vuole trasmettere un senso di sicurezza. Gli passò una mano tra i capelli, quasi per sincerarsi della sua incolumità, e quando posò la punta della bacchetta contro la sua fronte lo fece con garbo.

«A te racconto una storia migliore, Harry Potter. Io ti ho salvato la vita, riesci a crederci? Abbiamo cercato di fermare Silente, lui ha lanciato una maledizione e io l'ho fermato, eroicamente, rischiando di morire. La tua vita ora mi appartiene. Mi seguirai ovunque. Tutto il sublime potere del tuo sangue lo userai per difendermi, da qui a sempre. Basterà questo piccolo cambiamento nella tua memoria per spingerti a decidere di farlo di tua spontanea volontà.»

Harry abbandonò tutto il peso dei suoi tormenti nel suo sguardo. Si sentiva come una brocca che si inclinava sempre di più, svuotandosi goccia per goccia. Trattenere la verità diventava arduo. La verità composta dall’insieme dei fotogrammi dei nostri ricordi è fluida. Un mosaico d’acqua. Quanta verità avrebbe mai potuto esserci, nei ricordi in cui guardava Tom Riddle e stiracchiava volontariamente premonizioni di comunione per il futuro?

«Non andava fatto così…» esalò.

«Ne sei sicuro, Harry? Ti ridarò i tuoi genitori. Userai la pietra. Che importanza può avere come ci siamo arrivati? Saremo esattamente dove entrambi volevamo essere.» Tom fece ritirare i viticci sfiorandoli, e gli sollevò la schiena dalla poltrona, sorreggendolo fra le braccia. «Io ho fatto il lavoro sporco, quello che tu non avresti mai avuto il coraggio di fare, e ora è tutto in discesa per te. Decidiamo noi cos’è reale, adesso.» 

«Tom…»

Harry si permise di chiudere gli occhi per continuare a camminare, dal punto di partenza verso una nuova meta, un gioco che si ripeteva, un ritorno al presagio e al sussurro -scompose il puzzle ancora una volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice: Ma in che senso Gellert non è apparso nemmeno una volta nella storia ed è morto?

Ma in che senso la Grindeldore mi ispira solo angst?

Ma in che senso tutte le mie Tomarry finiscono con soprusi e alterazioni di memoria e abusive love e io continuo a considerarlo fluff?

Vabbè, sentite. Questo same age!au mi gira per la testa da un sacco di tempo e questa è una delle sue esplicazioni, per così dire. 

Grazie per aver letto!

Lucy

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: MadLucy