Parte II
I corridoi del castello non le erano
mai sembrati così lunghi e così affollati, più volte aveva dovuto cambiare
precipitosamente strada, infilarsi in una stanza o nascondersi dietro a degli
arazzi, solo per evitare una guardia o un servitore. Ma, finalmente, poté
lasciar scivolare la ragazza sul suo letto. Il fianco ora era impregnato di
sangue fresco, persino le ferite inflittale da Lex
sanguinavano.
Lena osservò il volto pallido della
donna, incapace di credere a quello che aveva fatto. Ma, come avrebbe potuto
lasciarla lì? Come poteva ignorare quella richiesta d’aiuto? Non era una bestia
seppur nobile, era un essere umano! Beh, forse non proprio umano, ma senziente
e… no, non avrebbe potuto lasciarla nelle mani di Lex,
lui le avrebbe fatto del male, lo sapeva.
“Grazie…” Disse piano la donna,
sembrava sul punto di svenire, ma aveva stretto i denti e aveva fatto del suo
meglio per non pesare troppo su di lei, mentre lentamente, passo dopo passo,
raggiungevano la sua stanza.
Erano al sicuro lì? No, niente affatto,
ma ci sarebbe voluto del tempo prima che decidessero di frugare in camera sua
alla ricerca di un drago.
Un passo alla volta, prima di tutto
doveva cercare di evitare che morisse.
“Non ti muovere.” Le disse, sul volto
della ragazza apparve un piccolo sorriso.
“Ci provo.” Mormorò. Le labbra della
ragazza si sporcarono di sangue e Lena cercò di apprezzare che, malgrado
avesse, probabilmente, un polmone perforato, riuscisse ancora a trovare
qualcosa per cui sorridere.
Frugò tra le sue cose. Aveva libri, ampolle,
erbe, ingranaggi. Aveva passato la sua giovane vita a studiare alchimia e
meccanica, certo, il corpo umano era stato parte dei suoi studi, ma, solo in
teoria. Non aveva mai dovuto fermare un’emorragia o ricucire un tessuto
vivente.
Tornò dalla donna con una camicia che
tagliò rapidamente con un tagliacarte per farne delle bende. La ragazza aveva
chiuso gli occhi, il suo respiro si era fatto sibilante e ora vi era un piccolo
rivolo che scendeva dalle sue labbra. Sembrava che il suo corpo stesse degenerando
molto più in fretta ora che era umana.
Con apprensione osservò il volto
pallido della giovane e le sfiorò la fronte. Come temeva le stava venendo la
febbre. Quando la toccò gli occhi della giovane si spalancarono e Lena poté
vedere del terrore in essi.
“Sono io…” Disse, chiedendosi se
quello dovesse o meno essere rassicurante.
“Devi togliermi la freccia.”
Bisbigliò, allora, la sua insanguinata ospite.
“Cosa?” Lena scosse la testa. “Non
sono un medico! Posso tentare di fermare l’emorragia e…”
“La freccia ha una punta di kryptonite verde. Devi estrarla e potrò guarire. La mia
forma umana è debole… troppo debole.” Ogni parola era un’evidente sofferenza.
“Ti prego.” Supplicò di nuovo e Lena si alzò in piedi stropicciandosi le mani.
“Non ho mai…”
“Puoi farlo.” Negli occhi della donna
ora vi era forza, persino la sua voce si fece più sicura. “Mi hai sottratto
dalle mani di tuo fratello. Lena Luthor. Il tuo cuore
non è macchiato dalla nera malvagità che tocca tua madre e il suo figlio
maschio. Puoi farlo, puoi salvarmi, io credo in te, altrimenti non mi sarei
mostrata nella mia forma più fragile.” Quel lungo discorso le provocò un
attacco di tosse e Lena dovette tenerle il corpo mentre sussultava.
Quando riaprì di nuovo gli occhi la
ragazza li aveva velati. Non avrebbe resistito ancora molto.
“Va bene.” Affermò, senza sapere come
avrebbe mantenuto la promessa. “Lo farò, El.”
“Kara…” Le labbra della ragazza si
arcuarono in un sorriso tirato, ma dolce. “Mi chiamo Kara.” Mormorò e poi
svenne.
“Bene, ora so anche il nome della
persona che ucciderò.” Lena strinse i pugni, poi prese un profondo respiro e
annuì. Poteva farlo, sì, poteva, no, doveva.
In fretta radunò gli oggetti che le
servivano, forbiti, il tagliacarte, per fortuna affilato, ago, filo, un bacinella
d’acqua e le bende che aveva già preparato.
Iniziò con le forbici, tagliando il
tessuto del vestito ed esponendo la pelle attorno alla ferita. Con un sussulto
d’orrore notò come la pelle fosse gonfia e rossa lungo tutto l’addome e quasi
nera attorno ai bordi della ferita. Da quanto tempo quella freccia era nel
corpo della giovane? Quanti giorni prima era stata ferita dai daxamiti?
Smise di interrogarsi e incise la
pelle, felice che la ragazza fosse svenuta.
Dieci minuti dopo le sue mani
tremavano, mentre estraeva, finalmente, la verde punta della freccia. Sembrava
fatta di pietra, una verde pietra dall’effetto tremendo, kryptonite
l’aveva chiamata la ragazza. Presa da un senso di disgusto per quell’oggetto lo
gettò lontano, in un angolo della stanza, poi, con la massima attenzione ricucì
la ferita.
Mentre finiva si rese subito conto
che il respiro della ragazza stava già migliorando. Era possibile?
Non lo sapeva. Con cura bendò
l’addome di Kara facendo attenzione a non stringere troppo, poi si alzò e
osservò lo scempio attorno a sé.
Il suo letto era macchiato di sangue,
così come il suo abito, per non parlare delle sue braccia.
Solo adesso sentì le voci che
provenivano dal cortile interno del castello. Con precauzione osservò attraverso
le finestre della stanza e notò suo fratello che sbraitava con un gruppo di
soldati.
Non aveva più molto tempo, era stata
così concentrata sul suo lavoro da dimenticare il mondo esterno.
Rapidamente si mise di nuovo
all’opera, mise due ciocchi di legno nel caminetto, ravvivando il fuoco, poi,
quando la fiamma fu abbastanza alta gettò al suo interno le pezze intrise di
sangue che aveva usato durante l’operazione. Il fuoco divorò ogni cosa, mentre
lei usava l’ultima acqua che le rimaneva per lavarsi. Si cambiò e cambiò le
lenzuola del letto, spostando la sua ospite con attenzione, impaurita di farle
male, ma troppo tesa per esitare.
Quando ebbe finito si guardò attorno,
ma prima che potesse pensare ad altro dei passi decisi si diressero verso la
sua stanza, afferrò la freccia e la gettò nel fuoco, nascondendone la punta nella
cenere, poi prese un libro e si sedette al suo scrittoio.
Un fragoroso bussare scosse la porta.
“Sorella!” Chiamò con voce irata Lex prima di precipitarsi nella stanza. Il ragazzo si
guardò attorno con occhi furibondi.
“Cosa succede, fratello?” Domandò
fingendosi perplessa. Il cuore le batteva veloce nel petto, ma non poteva
cedere ora.
“Dov’è?” Chiese allora lui aprendo
armadi, cassapanche e tirando le tende del letto a baldacchino.
“Cosa stai cercando, di grazia!”
Esclamò lei, alzandosi e fissandolo con aria esterrefatta.
“Lo sai benissimo! La porta del mio
laboratorio era aperta e solo tu oseresti entrarci forzando la serratura.” Con
disgusto afferrò uno degli ingranaggi sul tavolo agitandolo davanti a lei, come
se fosse una prova irrefutabile.
“Fammi capire, hai perso qualcosa e
credi che l’abbia preso io? Molto bene, cerca, fruga, se è una cosa piccola
posso averla nascosta ovunque… ma, se è quella
cosa, arrivata in quella cassa, qualche
giorno fa… beh…” Gli occhi del Luthor si contrassero
con rabbia, mentre lei atteggiava il volto in un sorriso. “Madre non sarà
felice se hai perso quello per cui l’hai mandata a chiamare dalla capitale.”
Insinuò e Lex la afferrò per il collo, gli occhi
intrisi di sangue, la testa, completamente priva di capelli che sembrava
brillare di rosso a causa del riflesso del fuoco troppo alto per quel tiepido
pomeriggio.
“Se scopro che sei stata tu, nemmeno
il ricordo di nostro padre mi fermerà dall’ucciderti.” Lena strinse il braccio
del ragazzo, non ebbe bisogno di fingere la paura che brillò nei suoi occhi.
Lex la guardò ancora per un lungo
istante, poi la lasciò andare.
“Perché non cerchi anche sotto al
letto? Di certo, lì, un drago è facile da nascondere!” Gli urlò dietro mentre
lui usciva a passo di marcia, le spalle incassate e i pugni stretti dalla
rabbia.
Raggiunse la porta e la chiuse, il
cuore che continuava a battere veloce, si portò la mano al collo ancora
dolorante dopo la presa del fratello, ma al contempo sorrise, sorrise perché lo
aveva beffato. Lo aveva affrontato, per la prima volta in vita sua e aveva
vinto.
Tornò al baldacchino e con un poco di
difficoltà estrasse la sua malconcia ospite da sotto al letto. Poi, con uno
sbuffo la sollevò e la sistemò tra le lenzuola pulite.
“Ce la siamo vista brutta, ma direi
che il peggio è passato, non credi?” Le chiese, ma la ragazza era ancora
svenuta e lei non aspettò una risposta, invece le sfiorò la fronte e annuì. Non
scottava più come prima e il pallore mortale era già stato sostituito da un
delicato rosa che le colorava le guance.
Le bende sembravano pulite, malgrado
lo strapazzo di essere spinta sotto il letto e poi ritirata fuori.
Lena chiuse le tende del baldacchino
e tornò al suo libro, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Quando, poche ore prima, aveva deciso
di sfidare suo fratello, non immaginava che lo avrebbe fatto in un modo tanto
profondo e, soprattutto, non immaginava che le avrebbe dato tanta
soddisfazione.
Eppure, era da una vita che osservava
il fratello commettere malvagità e soprusi oh, certo, lo faceva di nascosto, ma
lei era troppo intelligente per fingere di non vedere. Ora, per la prima volta
aveva agito e aveva fatto del bene. I suoi occhi corsero verso il letto e la
figura addormentata che nascondeva. Sì, aveva fatto del bene ed era una
sensazione magnifica.
Fu tentata dal non scendere per la
cena, ma sarebbe parso sospetto, non lasciava mai che un litigio con suo
fratello le impedisse di comportarsi come al solito e non avrebbe dovuto farlo
neppure questa volta anche se il loro era stato un diverbio ben più violento e
acceso di tutti quelli passati. Così, scese e mangiò con Lex.
“Dal tuo pessimo umore, deduco che
non hai trovato quello che cercavi.” Disse nel vedere il suo volto cupo e nero.
“Lo troverò, non ti preoccupare.” Le
rispose con un sorriso che avrebbe potuto congelare l’inferno.
“Te lo auguro, madre detesta i
fallimenti.” Vide il fratello accusare il colpo e ne fu intimamente
soddisfatta. Un tempo gli aveva voluto bene, ma dalla morte del loro padre era,
pian piano, cambiato, diventando l’uomo violento e pronto a qualsiasi atrocità
per fare ciò che reputava essere la cosa giusta.
Quando tornò nella sua stanza trovò
due brillanti occhi azzurri ad aspettarla.
“Sei sveglia!” Rimarcò con un sospiro
di sollievo.
“Sì, grazie a te.” Le disse tirandosi
a sedere, neppure una piccola smorfia indicò che provasse dolore.
“Dovresti rimanere sdraiata.” Affermò
però lei e la ragazza sorrise.
“Ora sei un medico?” Domandò e Lena
fu colpita dalla sua voce allegra e divertita, così come dal bagliore nei suoi
occhi. Sorrise a sua volta affascinata da quella nuova ragazza.
“No, infatti ti ho ricucita con un
punto che, al meglio, può andare bene per rammendare una calza. Fossi in te non
lo metterei troppo alla prova.”
Kara inclinò la testa, poi abbassò la
mano verso le bende e ne disfece il nodo.
“Ehi, aspetta…” Lena si interruppe,
perché, sotto le bende vi era solo più una rosea linea. “Com’è possibile?”
Domandò, esterrefatta.
“Se la punta di quella freccia non
fosse ancora in questa stanza sarei guarita in un tempo notevolmente minore.”
Una smorfia attraversò di nuovo il viso della ragazza e Lena lanciò uno sguardo
verso il fuoco tra i cui carboni vi era ancora la venefica punta verde.
“Avrei dovuto immaginarlo… non so
neanche perché sono stupita, sei un drago degli El,
dopo tutto.” Lena scosse la testa e Kara sorrise ancora.
La giovane Luthor
sospirò poi, visto che la stanza era buia se non per il focolare ancora acceso,
prese una candela, prima che potesse accenderla però lo stoppino prese fuoco e
lei lasciò la presa spaventata. Kara si mosse rapida e afferrò il candelabro
prima che toccasse terra. Sulle labbra un sorriso felice.
“Ho di nuovo i miei poteri.” Rimarcò,
sorridendo davanti alla faccia sempre più esterrefatta di Lena.
“Certo…”
“Volevo che tu lo sapessi.” Affermò
ancora la ragazza. “Il drago è solo un’armatura, un costume, un modo per
mantenere la pace senza dover combattere per essa. Il sole di questo mondo mi
dona dei poteri, i poteri che tu credi appartenere al drago.”
“Di questo mondo?” Chiese, sconvolta
da quell’affermazione.
“Oh, sì, io e mio cugino siamo di
Krypton, un pianeta simile alla terra, ma con un sole rosso.” Lena scosse la
testa, sopraffatta da quelle straordinarie verità.
“Si può viaggiare tra i mondi?” L’implicazione
era così vasta, così importante che… “Perché mi dici queste cose? Sono segreti
che eri pronta a difendere con la tua vita quando mio fratello ti torturava.”
Kara sorrise e il cuore di Lena perse un battito, era strano essere così vicina
a lei adesso, era strano sentire quello strano sfarfallio nello stomaco ogni
volta che la ragazza sorrideva.
“Mi hai salvato la vita.” Rimarcò
lei. “Hai mostrato pietà quando ai tuoi occhi ero solo una risorsa di tuo
fratello, una bestia che avrebbe potuto dare alla tua famiglia un potere enorme
sugli altri regni.” Kara, alzò la mano e le sfiorò il viso, sembrava ignara
dell’intimità che quel gesto comportava. “Mi sono consegnata nelle tue mani e,
tu, hai sfidato tuo fratello per proteggermi. Come potrei andarmene senza
offriti come dono ciò che sembra avere per te più valore?” Con la mano indicò i
libri e i suoi strumenti. Lena era confusa, il suo cervello non era più rapido
come al solito nel comprendere le cose.
“Non capisco…” Ammise e Kara
ridacchiò, mostrando quanto fosse giovane, giovane quanto lei?
“La verità!” Spiegò, stringendosi
nelle spalle e sorridendo.
“La verità, certo.” La verità era ciò
che aveva sempre cercato nella vita quella e…
“Posso… posso offriti qualcosa di
diverso?” Chiese la ragazza notando, forse, un briciolo di delusione nel suo
tono.
“No, no, mi hai concesso fiducia e
verità, non è qualcosa che un Luthor ottiene
facilmente… anzi, non credo che nessuno, mai, lo abbia fatto.”
“Tu lo meriti.” Assicurò la donna,
poi fece un passo verso la finestra e Lena percepì un immediato senso di
perdita. Sarebbe partita e lei sarebbe rimasta di nuovo sola. Soffocò quel
sentimento scacciandolo con rabbia, era sciocco.
“Non hai paura adesso che sai che non
sei invulnerabile?” Chiese, per curiosità e forse perché voleva trattenerla
ancora un po’, parlarle ancora un poco.
La giovane sospirò.
“Ho avuto paura quando la freccia non
si è fermata, quando ha penetrato il mio corpo e mi ha permesso di sentire
dolore, per la prima volta. Ho avuto paura quando ho capito che non sarei
arrivata a casa, da mia sorella, ho avuto paura quando mi hanno trovato i
soldati di tuo fratello, invece di mio cugino, per mettermi in una cassa e
portarmi dove mi hai trovato e ho avuto paura mentre Lex
Luthor mi torturava cercando di domarmi, come si doma
un cavallo, cercando di scoprire i miei segreti.” Sul viso della giovane vi era
una profonda serietà. “Ho paura ora, perché so che i daxamiti
hanno molte di quelle frecce e Kal non lo sa ancora.”
I suoi occhi si erano fissati lontano, ma ora tornarono su di lei. “Ma non ho
paura quando penso che questo mondo è fatto anche di persone buone, persone con
un cuore coraggioso e pieno d’amore per il prossimo. Quando hai posato la tua
mano su di me, quando non hai avuto timore, ma hai provato tristezza per me,
allora ho capito che forse potevo smettere di avere paura.”
Lena rimase colpita da quelle parole,
non era abituata a ricevere complimenti, non era normale per lei che le si
dicesse che il suo cuore buono fosse qualcosa di prezioso.
“Grazie.”
Kara aprì la finestra e si sporse
verso il cielo, ma prima si voltò di nuovo verso di lei, un ampio sorriso sulle
labbra.
“Potrei portarti via con me.” Propose
e Lena sentì il suo cuore fare un balzo, speranza e gioia la sommersero per un
istante, poi sospirò.
“No, ti ringrazio, ma la libertà va
conquistata. Come Luthor posso fare la differenza,
devo almeno provare.” Gli occhi di Kara brillarono a quelle parole.
“Sei una persona speciale, Lena Luthor, non lasciare che nessuno ti convinca del
contrario.”
Il cuore di Lena si scaldò e lei
sorrise, poi, in pochi passi, raggiunse la finestra, prese il volto di Kara tra
le mani e la baciò.
Percepì, nel corpo della ragazza, la
completa sorpresa che quel gesto aveva creato, poi, però, Kara la avvolse tra
le braccia e ricambiò il suo bacio.
Furono solo pochi istanti, poi Lena
si tirò indietro e ammirò il rossore sulle guance della ragazza.
“Per le tue parole.” Mormorò, un
piccolo sorriso soddisfatto sulle labbra.
Kara annuì, rossa e sorridente, poi,
davanti agli occhi sorpresi di Lena, cambiò, il suo corpo si allungò un poco e
la sua pelle si ricoprì di scaglie, mentre dalla schiena le spuntarono
splendide ali rosso scuro.
“Vola lontano dalle frecce…” Mormorò
lei e quasi le sembrò si vedere, sul volto del drago, il sorriso di Kara. Un
colpo di vento e l’essere era sparito. Lena si precipitò alla finestra e alzò
lo sguardo verso il cielo. Ormai lontano, un macchia nera passò davanti alla
luna.
Ora sapeva quello che voleva dalla vita.
La libertà non sarebbe stata difficile da ottenere, accettare la proposta di
Kara sarebbe stato semplice come un respiro, ma con il potere dei Luthor avrebbe potuto fare molto per il regno, per tutti.
Lena sospirò, non sarebbe stato
facile, poi però sorrise: aveva baciato un drago, cosa poteva esserci davanti a
lei di più impossibile?
Note: Come vi
avevo avvisato la storia si basa su di un’idea molto semplice: Lena che salva e
cura Kara per poi lasciarla volare via e guadagnare una nuova consapevolezza su
se stessa e sul suo valore.
La storia
funzionerebbe molto bene come prequel di una long, non mi dispiacerebbe se Kara
e Lena si ritrovassero qualche anno dopo… chissà, mai dire mai.
Detto questo
spero che questo capitolo vi sia comunque piaciuto.
Vi ringrazio
per i numerosi commenti alla parte I e spero di rileggere le vostre impressioni
anche rispetto a questa parte II.
Ciao ciao