Videogiochi > Resident Evil
Segui la storia  |       
Autore: Scythe_Master_Branwen    07/07/2017    0 recensioni
Sono passati tre anni dal matrimonio tra Chris Redfield e Jill Valentine, quando Chris è costretto a ripartire in missione (Resident Evil 6) dopo un lungo periodo di congedo. Qualche mese dopo il suo ritorno, tuttavia, decide di tornare sul campo.
Nel frattempo, una talpa all'interno dell' B.S.A.A. mette a repentaglio la riuscita della missione di Chris, mettendolo in un pericolo mortale dal quale solo Jill potrà salvarlo.
Disclaimer: Jill Valentine e Chris Redfield, così come gli altri personaggi qui presenti sono di proprietà di Shinji Mikami e della CAPCOM. Questa storia è stata scritta semplicemente per la passione che ho per la saga di Resident Evil e per l'amore che provo per Jill e Chris, pertanto non ha fine di lucro e il Copyright si ritiene inviolato. Questa storia, così come i personaggi di Garrison e di Damian (comparirà in uno dei prossimi capitoli), sono, tuttavia, di mia invenzione, pertanto non è possibile fare riferimento a questo racconto o a questi personaggi in altre storie, a meno che non mi venga richiesto o io non dia specificatamente il mio permesso.
Inoltre, avverto che, a parte il primo capitolo, il resto della storia è ambientato dopo Resident Evil 6
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Redfield, Jill Valentine, Leon Scott Kennedy, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sullo schermo apparve una spia rossa lampeggiante, mentre il satellite continuava a trasmettere le riprese video in diretta -Signore, il chip si sta per sovraccaricare! Rischiamo di perdere il controllo dell’R-040- la voce dell’operatore era allarmata.
L’R-040 o come l’aveva ribattezzato, “Tyrant Alpha”, era stato bersagliato da una pioggia di granate e, approfittando della cortina di fumo venutasi a creare a seguito delle esplosioni, aveva fatto un balzo su una delle pareti della gola senza essere visto, ma la potenza dei colpi subiti stava mandando in tilt il chip di controllo installato nel cranio della creatura; pochi istanti dopo, infatti, l’R-040 aveva attaccato Jill Valentine, disobbedendo ai suoi precedenti ordini.
Sbatté le mani guantate sul tavolo -Ordinategli di ritornare immediatamente qui!- disse con rabbia. Se avesse perso il controllo della bestia in quel momento, il suo intero piano di vendetta sarebbe andato in fumo -Rapporto su WS-01- ordinò -Sta per rientrare alla base, signore- rispose uno dei suoi uomini spostando l’inquadratura del satellite su di una figura incappucciata che guidava una Jeep con Chris Redfield seduto dietro, ancora privo di sensi -E Ada Wong?- chiese -Arrivata qualche minuto fa, signore. La sta aspettando nel suo studio-

Ada era seduta su una sedia imbottita al piano superiore dell’enorme sala che fungeva da studio privato, guardando le enormi vetrate al fondo della stanza su cui aveva iniziato a battere una pioggia leggera.
Le mani le tremavano. Aveva allungato la durata della sua missione “ufficiale” per poter avvertire Leon del pericolo che la B.S.A.A. correva e la cosa aveva messo a rischio l’operazione che l’uomo per cui lavorava aveva messo in piedi.
Non sapeva niente su di lui, se non il fatto che disponeva di molte risorse, sia economiche che militari, che voleva distruggere la B.S.A.A., partendo da Chris Redfield e che aveva il pallino per le armi biologiche.
Sentì la pesante porta di legno al piano di sotto aprirsi con un lieve cigolio, poi dei passi salire la gradinata di pietra e infine un lieve fruscio quando il lungo impermeabile dell’uomo toccò il pavimento. Un lampo illuminò la stanza, proiettando la sua ombra su di lei e sull’elaborata scrivania in legno che aveva di fronte -Signore, è per me un piacere poterle comunicare che...- iniziò a dire nel modo più servizievole che conosceva -Silenzio- la voce di lui era graffiante, roca e riusciva a creare una certa tensione in chiunque. L’uomo andò a sedersi con calma all’altro capo del tavolo, aggiustandosi gli occhiali scuri sul naso, come faceva sempre. Quando Ada lo aveva visto per la prima volta, era rimasta stupita dalla sua incredibile somiglianza con Albert Wesker, almeno nei modi di fare e nell’atteggiamento, oltre che nell’abbigliarsi: portava un paio di occhiali da sole scuri e un impermeabile nero identici a quelli di Wesker e, esattamente come lui, era estremamente freddo e sprezzante, decisamente borioso, con chi riteneva inferiore.
Tutto subito, aveva pensato si trattasse di una sorta di clone o di qualcuno geneticamente modificato, ma esteriormente era troppo diverso, anche se negli atteggiamenti e nella considerazione della vita altrui, era, se possibile, anche più terribile di Wesker.
La fissò da dietro le lenti -Rapporto- ordinò -Ho attivato il dispositivo, come da lei richiesto, signore. Il Quartier Generale della B.S.A.A. è impossibilitato a comunicare con il mondo esterno- Ada tentò di scrollarsi di dosso la tensione che l’aveva pervasa -Gli imprevisti di cui parlavi?- la voce del suo interlocutore si fece un sussurro, quasi un sibilo -Signore, come le ho già accennato, Leon Scott Kennedy era presente e...- lui alzò una mano, interrompendola -Quello che mi chiedo è come abbia fatto l’agente Kennedy a sapere che tu eri lì- disse, appoggiando i gomiti sulla superficie di legno e incrociando le dita delle mani -Ti ha vista? No. Sei troppo abile ad infiltrarti per poterti essere esposta tanto. Ha intercettato una trasmissione? Impossibile. Avevi il comunicatore spento. Qualcuno ha fatto la spia? Monitoriamo ogni comunicazione in entrata e in uscita da questa base e sono tutti ex dipendenti dell’Umbrella Corporation qui, a nessuno verrebbe in mente di tradire la causa- finse un’espressione pensierosa -Ci sono. Tu volevi che lui sapesse che eri lì- disse infine -Magari hai pagato qualcuno perché gli dicesse della tua presenza. Meglio. Gli hai mandato un messaggio. E lo hai avvertito sull’identità di Garrison- ad Ada gelò il sangue nelle vene -Signore, non so di cosa...- lui alzò nuovamente una mano -Basta menzogne. Sai, qualcuno mi ha insegnato a non fidarmi mai totalmente di te. Ecco perché ho piazzato una microspia sul falso badge che ti abbiamo dato. Ha visto e sentito tutto ciò che hai detto e fatto- iniziò a tremare. Paura. Nemmeno Wesker le aveva mai fatto provare quella sensazione. In quel momento ne aveva tanta, invece. L’uomo fece un ghigno crudele, togliendosi gli occhiali e guardandola dritta negli occhi -Ti racconterò una storia- le disse alzandosi e avvicinandosi a lei -Da ragazzo ero poco più che un avanzo di galera. Mia madre è morta per overdose quando ero un bambino e quell’insetto che era il mio padre biologico mi tenne con sé nella topaia in cui viveva la sua esistenza di tossico e ubriacone. Almeno fino ai miei dieci anni, quando lo uccisi con la sua pistola e me ne andai, facendo la vita del ladro. Tutto questo fino al 1999. Avevo diciotto anni quando venni catturato dalla polizia mentre mi introducevo di notte in un negozio di gioielleria. Ti stupiresti di quanto valgano i diamanti al mercato nero. Era una notte di fine novembre, fredda come poche e le strade erano deserte e tutto quello che avevo addosso erano un paio di jeans strappati, un vecchio e logoro giubbotto di pelle e delle scarpe consunte e sporche. Non ero disposto a passare nemmeno un secondo della mia vita in una cella a farmi fare la predica da qualche poliziotto, così afferrai una delle pistole dei due agenti che mi avevano preso e corsi via, prima che potessero mettermi nella loro auto. Quello che aveva ancora la pistola mi sparò un paio di colpi d’avvertimento, ma io lo ignorai; corsi per circa tre isolati prima di incontrarlo. Mi stavo guardando alle spalle e così gli andai a sbattere contro. Caddi a terra e alzai lo sguardo sull’uomo in cui mi ero imbattuto. Mi rimisi in piedi e gli puntai contro la pistola, intimandogli di farsi da parte, ma lui non si mosse di un centimetro. I poliziotti arrivarono e mi avevano quasi ripreso, quando lui decise di intervenire: mi prese la pistola dalle mani, la puntò contro i due agenti e gli sparò in testa senza fare una piega, poi afferrò le manette che avevo ai polsi e le spezzò con una facilità estrema. Ero sbalordito. Gli avevo puntato contro un’arma, minacciandolo e quell’uomo aveva sparato a due agenti di polizia senza pensarci due volte e mi aveva liberato. Gli chiesi il suo nome e lui mi colpì in pieno volto, ributtandomi a terra, dicendo che dovevo dimostrare di essere degno di conoscere la sua identità, poi mi tese una mano. Mi disse che afferrando la sua mano in quel momento, avrei dovuto rinunciare alla mia vita in ogni suo aspetto, seguirlo e fare come mi diceva, ma che in cambio, avrei ottenuto il potere e le conoscenze per poter cambiare il mondo. Per poterlo controllare. Afferrai quella mano. Afferrai il cambiamento. Sentii qualcosa in lui. Determinazione. Convinzione. Volontà. Potere. Sapevo che seguire quell’uomo era la cosa giusta da fare. Lo sentivo. Quando fui di nuovo in piedi si tolse gli occhiali, mi fissò con le sue iridi rosso fuoco e mi disse il suo nome- mentre parlava, aveva fatto il giro della scrivania, sfiorandole la spalla con le dita, per poi tornare dall’altra parte, avvicinandosi ad un lungo telo nero che copriva la parete dietro alla sedia dove era seduto prima -E...come si chiamava?- domandò Ada titubante, anche se in cuor suo già conosceva la risposta. Lui sorrise. Un sorriso fiero, ma anche pieno di malinconia e nostalgia -Il suo nome- disse strappando il telo dalla sua posizione e rivelando un grande dipinto appeso sotto di esso -era Albert Wesker-

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Resident Evil / Vai alla pagina dell'autore: Scythe_Master_Branwen