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Autore: Mr Apricot    07/07/2017    0 recensioni
Un fratello maggiore un po' rude ma molto protettivo...due amiche completamente matte...un ex tanto dolce quanto confusionario...che succederà mai?!
Ps sì ragazzuoli! Sono tornato XD con un'altra delle mie storie contorte XD quindi mettetevi comodi e preparatevi psicologicamente! Un abbraccio!
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Matthew
 
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Alex
 
 
 
Ex...
 
 
“Come sarebbe a dire che non vuoi più stare con me?!”, urlò Thomas preso alla sprovvista.
 
“C’è che è una cazzata andare avanti così!, gli risposi. “E poi è già da più di una settimana che non stiamo più assieme, e non certo perché l’ho voluto io!”, aggiunsi scoccando la mi freccia velenosa.
 
“E questo cosa vorrebbe dire!?”, fece lui con tono canzonatorio.
 
“Vorrebbe dire che mi sono rotto il cazzo dei tuoi continui colpi bassi!”, gli urlai. “Dici che mi ami e quando ho bisogno non ci sei mai, ma poi tu ti puoi mettere a fare l’incompreso dal mondo per ogni singola stronzata!”, cominciai a mitraglia. Se la dovevo dire tutta la cosa, l'avrei detta senza risparmiargli nulla. “In cinque anni sei sempre stato tu a mollarmi, a volere pause di riflessione e poi sei sempre tornato senza mai darmi una cazzo di spiegazione, ma solo promettendo che sarebbe stato tutto meglio!”
 
“Cos’è?! Adesso vuoi metterti a rinfacciarmi tutto per caso!?”, fece lui.
 
“Esattamente!”, precisai. “Dato che questa è l’ultima volta che ti voglio vedere!”, precisai con tutta la rabbia e il disprezzo che provavo in quel momento.
 
“Vedi di darti una calmata adesso...”, fece lui facendo un passo verso di me.
 
“Non provare a toccarmi...”, sibilai allontanandomi da lui. “O giuro che ti spacco la faccia.”
 
Rimase lì lì bloccato a metà del suo gesto, mentre sul suo viso comparve un’espressione di stupore. Finalmente mi stava ascoltando.
“Ne-ne saresti capace?”, domandò mentre una lacrima gli scese giù da una guancia.
 
“Adesso sì”, risposi, senza farmi impietosire minimamente da quella scena.
 
“Quindi mi vuoi veramente lasciare, tu, questa volta?”
 
“Sì.”
 
*****
 
“Matthew!”, mi fece improvvisamente Jasmine, una mia amica di università, nel mentre in cui il ragazzo del bar ci servì i nostri caffè. 
“Grazie”, gli feci accennando un sorriso e prendendo le due tazzine per andarci a sistemare ad un tavolino.
“Che c’è?”, domandai poi alla mia amica.
“Hai presente che ti avevo detto che domani sera ci sarà anche una mia amica al cinema?”, fece lei.
“Sì...?”, domandai non capendo.
“Beh”, fece lei con un sorriso a trentadue denti. “Mi ha chiesto se poteva portare un ragazzo che ha conosciuto all’università, e indovina? Mi ha detto che è gay!!!!”, urlacchio salendo di qualche ottava e battendo le mani tutta eccitata.
 
Rimasi ad osservarla alquanto shockato, nel mentre che mandai giù un sorso del mio caffè. Da quando le ragazze era così felici di beccare gli unici ragazzi gay in circolazione? Io avrei bestemmiato in tutte le lingue...
 
*****
 
Nei giorni che seguirono cercai di riprendermi e di concentrarmi su altre cose.
Anche se in certi momenti comunque mi veniva lo sconforto per quello che avevo fatto.
Continuavo a ricevere messaggi da parte di Thomas, che però non avevo la forza di leggere ed eliminavo automaticamente.
 
Mi domandai se magari non reagendo così, avrei mai vissuto le mie giornate in modo migliore.
Però cercai di ricordare a me stesso i motivi per i quali ero arrivato a prendere questa decisione...
 
*****
 
“Mi chiamo Thomas”, prese improvvisamente l’iniziativa il ragazzo che era venuto con l’amica di Jasmine. 
“Matthew”, risposi, stringendogli la mano.
Notai l’occhiata maliziosa che mi lanciò Jasmine, senza farsi vedere dagli altri.
La risposi con un’occhiataccia.
“Ma è carino!”, mimò lei con le labbra.
 
*****
 
Era come se una parte della mia vita fosse stata improvvisamente amputata. Dicono che chiusa una porta si apre un portone, ma era difficile pensarlo quando vivevi in un piccolo paesino.
 
“Ehi!”, la voce di mio fratello più grande Victor mi riportò improvvisamente alla realtà.
“Ehi”, gli feci, girandomi verso di lui.
“Alex, tutto bene?”, mi domandò scrutandomi un attimo.
“Sì, perchè?”, gli domandai non capendo.
“Così, non hai una bella faccia”, fece spallucce. “Volevo solo dirti che c’è quel tuo amico stupido...”, in quel momento abbozzai un piccolo sorriso, a Victor non era mai piaciuto Thomas, anche se non sapeva nulla. “... Che sta andando in giro a dire a tutta la nostra compagnia che lo hai mollato.”
A quelle parole inorridii. Era come se un paletto mi avesse trafitto il cuore, già abbastanza sanguinante e dolorante.
Guardai mio fratello senza rispondere.
“Quindi stavate davvero insieme?”, domandò lui dopo un po’.
“Sì...”, dissi con un filo di voce, senza neppure rendermene conto.
“Beh...”, fece lui visibilmente preso alla sprovvista. “Meglio così, lui non mi è mai piaciuto e il mondo è pieno di tanti bei ragazzi”, provò a dire. “Troverai di molto meglio, vedrai!”
 
*****
 
“Quindi ti interessi di letteratura?”, domandai.
Dopo il cinema eravamo andati a mangiare qualcosa, in un posto dove Jasmine incontrò un gruppo di ragazzi che conosceva, e con cui stava facendo la civettuola assieme all’amica. Morale della favola, io e l’altro ragazzo, Thomas, ce n’eravamo rimasti a chiacchierare in un angolino.
“Esatto”, fece lui con una piccola risata e lo sguardo perso. “Mi affascina il fatto che molti scrittori cerchino di esplorare i propri lati più inaccessibili attraverso le parole. Un testo può rivelare molto di più di quello che può sembrare di una persona”, mi spiegò.
Rimasi lì lì ad ascoltarlo, perso nelle sue parole, mentre cominciai a notare per la prima volta il colore dei suoi occhi...
 
*****
 
Non ce la facevo più, mi sentivo soffocare da tutta la situazione che si stava venendo a creare. Stavo pian piano implodendo, giorno dopo giorno, e di questo passo non ci sarebbe rimasto più nulla.
 
“Io...”, cominciai a dire improvvisamente nel mezzo della cena, facendomi violenza per far uscire le parole. “Stavo pensando che vorrei andare a fare l'università da Victor...”, il più lontano possibile da qui. “Se-sempre se Victor è d’accordo”, aggiunsi poi.
Vidi papà che per poco non si strozzò col boccone di pollo fritto, mentre mamma sputò il vino.
“Che intendi dire?”, domandò poi cauta mamma non appena si riprese, lanciando occhiate d’intesa a papà. “Non dovevi fare domanda qui? Hai sempre detto che non te ne volevi andare lontano da casa.”
“Sì, ma ho cambiato idea!”, risposi agitato.
“Figliolo”, intervenne papà. “Qui si sta parlando del tuo futuro, non puoi cambiare idea da un momento all’altro così dal nulla”, cercò di dire tranquillo.
“È da un sacco di tempo che ci sto pensando”, mentii spudoratamente. “Da Victor le università offrono più possibilità e servizi!”
“È vero”, intervenne improvvisamente mio fratello come se nulla fosse. Lo guardai stupito.“Potrebbe fare domanda per una borsa di studio e poi potrebbe venire a stare da me, uno dei coinquilini ha già avvisato che cambierà casa il prossimo anno.”
“E a te andrebbe bene la cosa?”, gli domandò mamma.
“Certo”, fece lui, guardandomi. “È mio fratello, gli voglio bene.”
 
*****
 
“E tu invece di che ti occupi?”, mi domandò poi.
“Ah”, feci io, riprendendomi. “Niente di così profondo”, dissi alzando le mani in segno di resa.
“Eddai...”, mi incitò lui, facendosi più vicino.
“Beh”, dissi. “Studio Storia dell’Arte, ma semplicemente perché...me la cavo a disegnare e...mi sono detto di fare qualcosa in questo ambito, anche se non so ancora dove mi porterà”, spiegai. “Non so quanto possa avere una logica”, aggiunsi poi.
“Ha il suo perché...”, fece lui. “Sarei al cospetto di un artista, quindi?”, disse poi. “Un artista bohémien che non pensa al futuro, ma vive il presente?”
Scoppiai a ridere. “Assolutamente no”, misi subito in chiaro.
 
*****
 
Non fu affatto facile convincere i miei, ma alla fine ci riuscii.
Lasciai che l’estate semplicemente passasse, con la sensazione di non vivere veramente ma di fare finta, immaginando e concentrandomi solamente su ciò che mi attendeva.
Quando finalmente arrivò il tanto atteso giorno della partenza, caricai in macchina tutte le valige, salutai mamma e papà e mi andai a sistemare sul sedile del passeggero.
“Beh”, fece Victor non appena entrò al posto di guida. “Come ti senti?”
“Emozionato”, risposi semplicemente.
“Mi fa piacere”, fece lui, inserendo la chiave nel quadro e accendendo la macchina.
“Siamo pronti per partire quindi?”, domandò poi.
“Sì”, feci io. “E...”, aggiunsi poi. “Victor, grazie. Per tutto.”
“Non c'è di che, Alex. Sono qui per questo”, disse con una lieve incurvatura delle labbra.
 
*****
 
“Ragazzi!”, fece irruzione improvvisamente Jasmine. “Scusate ma...i ragazzi ci hanno chiesto se per caso volevamo andare in discoteca con loro e...voi che dite, ci andiamo?”, domandò.
Le si leggeva in faccia che moriva dalla voglia di andarci, per cui, come poter infrangere i suoi sogni?
“Tranquilla, Jasmine”, risposi. “Tanto io adesso pensavo di tornarmene a casa.”
“Sicuro?”, fece lei dispiaciuta. “Ti do un passaggio allora!”
“No, no”, feci io. “Non ti preoccupare!”
“Ma non voglio farti tornare a casa da solo!”, obiettò.
“Posso accompagnarlo io”, intervenne improvvisamente Thomas.
Vidi un lampo passare attraverso gli occhi di Jasmine. “Oh...”, fece poi lei. “Okay...quindi, Matthew, ti fai accompagnare da Thomas?”
“Certo”, feci io. “Vai tranquilla!”
“Okay”, fece di nuovo. “Allora...buona serata ragazzi!”, disse lanciandomi uno sguardo malizioso.
“Ciao!”, ridacchiai.
 
*****
 
I primi giorni da Victor furono fantastici, cominciai a guardare con occhi meravigliati tutto ciò che mi circondava. Tutto, anche le cose più banali, sembravano avere un fascino tutto proprio che non ero mai riuscito a cogliere prima.
Mi beai di quella nuova aria di libertà che stavo respirando e che mi faceva sentire di nuovo vivo.
 
*****
 
“Quindi neppure tu hai la patente?”, domandai.
“Come sei perspicace!”, mi prese in giro.
Dopo aver lasciato il locale, ci eravamo incamminati verso casa mia, camminando lungo una strada che a quell’ora della notte era completamente deserta.
“Guarda che non sei obbligato a portarmi fino a casa!”, gli feci notare, anche perché la cosa sarebbe stata abbastanza imbarazzante.
“Sì invece”, fece lui. “Ho promesso alla tua amica che l’avrei fatto, quindi ora sei sotto la mia responsabilità!”
Scoppiai a ridere. “Tecnicamente non è vero, mica sei più grande di me!”, contestai.
“Tu quanti anni hai?”, mi chiese.
“Quasi ventuno, perché?”, domandai. Poi mi venne automaticamente la domanda dopo. “Tu quanti ne hai?”
Questa volta scoppiò lui a ridere. “Ho venticinque anni”, rispose.
“Ah...okay”, feci semplicemente.
Questa rivelazione smontò completamente i miei pensieri. Stava cominciando davvero ad attrarmi, solo che il fatto che avesse venticinque anni da un lato ne aumentava il fascino, dall’altro riduceva drasticamente le possibilità che potesse anche solo minimamente prendermi in considerazione. Insomma, ogni ragazzo gay cerca il suo uomo, e di certo uno di venticinque anni non lo cerca in un ragazzino più piccolo!
“Sconvolto?”, chiese improvvisamente, riportandomi alla realtà.
“No”, mentii spudoratamente.
Nel frattempo eravamo arrivati davanti al palazzo in cui abitavo.
“Io sono arrivato!”, annunciai. “Hai portato a termine il tuo compito con successo!”, scherzai.
Lui scoppiò a ridere. “Sì, direi di sì!”
“Bene”, dissi poi. Lo osservai facendo un bel respiro, consapevole del fatto che voleva semplicemente essere gentile, nulla di più. “Buonanotte e grazie ancora per tutto”, dissi sinceramente.
Lui rimase lì lì a guardarmi, poi si avvicinò e senza capire esattamente la dinamica della cosa, mi ritrovai le sue labbra leggere sulle mie.
“Buonanotte”, fece poi staccandosi e guardandomi con un piccolo sorriso imbarazzato.
Questa volta rimasi io ad osservarlo, sconvolto, molto sconvolto.
E senza pensarci troppo, la mia reazione poco professionale fu quella di afferrargli la camicia con entrambe le mani e di tirarlo a me per baciarlo ancora, ancora e ancora.
Eravamo davanti all’entrata del portone del mio palazzo, a baciarci, toccarci, esplorarci. Era una situazione così assurda e surreale ma bellissima allo stesso tempo.
Nel momento in cui sentii le sue mani toccare la mia pelle sotto la maglietta, mi ricordai improvvisamente di tutti i ragazzi con cui avevo provato ad uscire, e un pensiero si fece strada nella mia testa.
“Ehi”, mi staccai da lui, per riprendere fiato.
“Ehi”, fece lui con un sorriso bellissimo. Troppo bellissimo.
“Ehm...”, cominciai non sapendo bene neppure io cosa dire. “Senti...”
“Qualcosa non va?”, fece lui, aggrottando la fronte.
“Sì...cioè, lo so che mi hai baciato e poi io ho baciato te”, presi a gesticolare imbarazzato. “Perché tu comunque mi piaci, però...”, non sapevo minimamente dove arrampicarmi per spiegare questo concetto. “Io non sono uno di quei ragazzi che cerca sesso, o botte e via, quindi, cioè, se cerchi una cosa tranquilla giusto per passare la serata, non faccio al caso tuo e...mi sembrava giusto precisarlo al fine di non farti perdere tempo, ecco.”
Volevo. Semplicemente. Seppellirmi. Vivo.
O essere tirato sotto da un camion in corsa, anche quell’opzione non mi sarebbe dispiaciuta poi tanto.
Rimasi lì lì a guardarlo, aspettando una qualsiasi sua reazione, che si concretizzò in una risata.
“Oddio...”, fece lui, cercando di riprendersi. “Vediamo se ho capito giusto”, disse. “Tu in pratica mi stai dicendo che non cerchi cose occasionali, giusto?”
“Esatto...”, dissi con un filo di voce.
“Okay, e come mai ti ho dato questa impressione?”, domandò poi.
“No!”, esclamai. “Non è che me l’hai data, però visto che non lo so, ho preferito dire subito questa cosa!” Dio mio che disagio!
“Okay”, rise. “Sappi che non cercavo solo una botta e via, non nel tuo caso almeno”, precisò.
“Ah...okay”, da un lato mi sciolsi per quelle parole, dall’altro ero consapevole della mega figura di merda, quindi mi ero giocato il ragazzo in ogni caso!
“Grazie”, aggiunsi poi non sapendo bene cosa dire.
“Beh”, fece lui. “Direi che in questo caso ci si può conoscere, uscire, fare qualcosa insieme”, propose.
“Certo! Volentieri!”, mi affrettai a rispondere, forse troppo in fretta però. Stavo facendo una figura troppo patetica.
“Bene”, rispose lui. “Ma, posso farti una domanda? Sappi che non è assolutamente per offenderti ma per capire!”
“Okay”, dissi, curioso di sapere cosa voleva sapere.
“Con i tuoi ex ragazzi hai sempre esordito così o è un trattamento speciale che hai riservato solo a me?”
Ah...capii il perché della premessa. “Semplicemente non sono mai stato fidanzato”, ammisi. “Quindi non so bene come funziona...”
Come previsto, restò sorpreso. “Mai? Niente di niente? E...”, il ragionamento logico che fece dopo gli si lesse in faccia. “Hai mai baciato qualcuno prima?”
“A parte i fidanzamenti delle elementari che duravano una ricreazione e quelle relazioni che sono nate unicamente dai miei filmini mentali...No”, risposi semplicemente.
E dopo quella ennesima, imbarazzante, rivelazione volevo soltanto prendere le chiavi, aprire il portone e tornarmene a casa.
“Ti chiedo scusa allora se...”, cominciò.
“No”, lo interruppi. “Tranquillo, era quello che volevo e...sono contento che sia andata così, davvero!”
L’unica cosa che un po’ mi consolava era la consapevolezza che in quella situazione imbarazzante anche lui era nella mia stessa situazione.
Mi porcai mentalmente per non essere nato zoccola.
“Comunque sia”, disse dopo aver preso un respiro profondo. “Sappi che anche tu mi sei piaciuto, e mi stai piacendo, parecchio...e...ci terrei veramente a conoscerti e passare del tempo con te.”
“Certo”, risposi. Ormai avevo perso ogni briciolo di dignità quindi mi limitai alle risposte essenziali.
“Quindi...ti andrebbe domani di fare colazione insieme?”, propose.
“Volentieri.”
“Okay...quindi, potrei passare a prenderti qui per le...dieci andrebbe bene?”
“Va benissimo”, dissi accennando un sorriso.
“Perfetto!”, fece lui. “Buonanotte allora intanto e sogni d’oro!”, disse, avvicinandosi, ma questa volta mi diede una bacio leggero sulla guancia.
“Buonanotte”, gli augurai a mia volta.
Finché restai lì a guardarlo andare via, mi resi conto del fatto che nonostante avrei preferito mille volte essere di nuovo baciato sulla bocca, quell’ultimo bacio voleva dire qualcosa di più.
 
*****
 
Dopo l’euforia iniziale però, ben presto fu come tornare alla vita di prima.
Victor mi teneva con sè, facendomi conoscere i suoi amici e all'università stavo cominciando a stringere nuove amicizie. Ma nessuno di quelli che incontravo mi attraeva minimamente, il che mi faceva riflettere...forse ero troppo esigente e non vedevo quello che mi circondava o non era veramente abbastanza?
 
*****
 
Il giorno dopo Thomas venne a prendermi alle dieci come aveva detto e andammo a fare colazione, poi in giro a camminare e tra una cosa e l’altra passarono le ore, e poi i giorni, a trovarsi e chiacchierare e passare il tempo insieme.
Mi baciava sempre sulla guancia, anche quando mi coccolava, finché non lo baciai io e fu da allora che le cose andarono avanti da dove le avevamo lasciate la prima sera.
Era estremamente aperto, gli piaceva raccontarsi come gli scrittori dei suoi libri preferiti e io giorno dopo giorno ero sempre più innamorato perso di lui.
 
*****
 
“Sei pronto?”, domandò Victor facendo irruzione con la testa in camera mia.
“No”, risposi, alzando la testa dal libro che stavo leggendo.
“Non ti va di uscire stasera?”, mi domandò.
“No, stasera no.”
“Vuoi che ci guardiamo un film?”, propose.
“Tu vai, non ti preoccupare, sono solo un po’ stanco.”
Ovviamente non si lasciò convincere da quella risposta, e sapevo che sapeva perfettamente a cosa stavo pensando. Il problema era che non aveva tutti i torti.
“Okay”, fece dopo un po’. “Come vuoi...ci vediamo più tardi se sei ancora sveglio. Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io Victor.”
 
*****
 
“Oddio!”, esclamò Thomas, sorpreso.
“Sorpresa!”, esclamai a mia volta tutto contento.
Mi ero svegliato un po’ prima del solito, nonostante fosse domenica, per preparargli la colazione. Niente di eccezionale, soltanto il suo solito caffellatte con un piccolo piattino dove avevo sistemato vari biscotti a formare un grande cuore.
“Non dovevi!”, fece lui stropicciandosi gli occhi e sistemandosi meglio sul letto.
“Non è nulla di che”, gli feci. In fondo era solo un’idea stupida che mi era venuta in mente, non particolarmente complessa poi da mettere in atto.
“No!”, disse lui. “Sul serio è stata una bellissima sorpresa e nessuno me l’aveva mai fatta prima!”
“Davvero?”, domandai, sistemandomi vicino a lui.
“Davvero”, fece lui prendendomi tra le sue braccia e guardandomi dritto negli occhi.
“Ma...con tutti i ragazzi che hai avuto...”, constatai. “Nessuno di loro lo ha mai fatto? Non ci credo!”, risi.
Con la testa andai a quelle volte in cui mi aveva parlato di loro. Come su qualsiasi altra cosa, rimanevo affascinato da come si raccontasse sotto ogni suo aspetto, anche il più intimo, anche se dovevo ammettere che tutte le volte rimanevo con una punta di invidia, ad ascoltare delle sue vecchie storie durate anni.
A me già sembrava complicato cominciarla una relazione, dal momento che non ne avevo mai avuta una, quindi mi era difficile il concetto di ‘lasciarsi’.
“Alex?”, domandai poi, riferendomi al suo primo amore, che sapevo era stato quello più importante per lui.
Rise. “No, con lui niente di tutto ciò...anche perché non abbiamo mai avuto tutta questa intimità in realtà”, disse.
“Da come ne parli sembrava di sì invece”, risposi.
“No”, fece lui. “Gli ho voluto davvero bene, ma ero un’altra persona...più immatura diciamo, e...stupidamente gli ho fatto del male”, vidi il suo sguardo perso nel vuoto incupirsi. “E credo che da allora mi odi per questo, dato che non ha più voluto vedermi.”
Mi risultava difficile anche solo immaginare che qualcuno potesse odiarlo, visto che rasentava la perfezione.
“Sono certo che ti voglia bene anche lui”, dissi stringendolo.
Lui si voltò a guardarmi con gli occhi lucidi. “Sai, è da un po’ che penso che forse...dopo tanto tempo, finalmente con te riesco di nuovo a sentirmi felice...nessuno mi ha mai fatto sentire così tanto amato in vita mia...”, vidi una lacrima scendergli lungo una guancia, e a quella scena non riuscii a non piangere.
 
 
*****
 
Con il passare del tempo, lontano da casa e dalla routine delle uscite il sabato sera con gli amici di Victor, cominciai a prendere più consapevolezza di me, chi ero, le mie potenzialità e i miei limiti. Decisi che dovevo imparare prima di tutto ad amarmi, come avrei amato un’altra persona, anziché passare i giorni alla deriva, così cominciai a sforzarmi per garantirmi una sana e varia alimentazione, esercizio fisico, momenti di svago e relax. Cominciai anche ad acquistare più autostima e sentire meno il bisogno avere a che fare per forza con altre persone.
Cominciai anche ad interessarmi veramente a chi mi stava intorno, volendo conoscere chiunque per quello che aveva dentro lui, non perché era l’amico di o stava in gruppo con...di tanto in tanto uscivo con Victor e i suoi amici, al quale però, nella maggioranza dei casi, non rivolgevo nemmeno la parola, dato che non mi interessavano minimamente come persone.
 
*****
 
“Ma...se un giorno ti chiedessi di sposarmi?”, fece improvvisamente Thomas. “Mi sposeresti?”
Quella domanda, sentita da lui, mi spiazzò completamente, anche se la risposta era alquanto facile.
“Certo che ti sposerei”, risposi.
“Bene”, sorrise lui, soddisfatto. “Allora un giorno te lo chiederò”, disse malizioso.
“Okay”, feci io, tranquillo.
“Okay”, mi fece eco.
“Ma con quel tuo amico con cui avevate litigato, alla fine avete risolto?”, domandai ricordandomi improvvisamente di un fatto strano accaduto due settimane prima.
“Sì, più o meno”, fece lui. “Non è completamente risolta la cosa.”
“Ma la risolverete no?”
“Non lo so sinceramente!”
“Ma è un tuo amico”, replicai con fare ovvio. Per me quel titolo era sacrosanto! “Cos’è successo di così catastrofico?”, domandai poi.
“Nulla...incomprensioni!”, fece lui.
“E non si possono risolvere?”, chiesi, non capendo.
“È sempre stato un tipo molto subdolo e testardo”, rispose.
“Se non ti piace come si comporta perché siete amici?”, continuai.
“Perché gli voglio comunque bene”, disse.
“E allora vale la pena che risolviate, no?”, risposi.
 
*****
 
Era già passato un anno, quando lungo i corridoi dell'università notai un paio di occhi nocciola da cui cominciai a sentirmi attratto.
Era strano come era capito, così da un momento all’altro, inaspettatamente e all’improvviso. Ma capii che era un segno.
Non importava come sarebbe andata, perché  anche il mio mondo stava comunque andando avanti...
 
*****
 
Mi misi a giocare distrattamente con un tovagliolino di carta che trovai sul tavolino del bar in cui mi ero sistemato, aspettando che le ragazze arrivassero.
Con la testa vagante non mi resi conto neppure del loro arrivo.
“Ehi!”, mi sentì improvvisamente travolgere da un paio di braccia e per poco non feci un infarto sul posto.
“Ehi...”, biascicai poco convinto, salutando Julliette.
“Cos’è quella faccia?”, fece Charlotte, subito dietro di lei.
“Ciao, Charlotte!”, la salutai deviando la domanda.
“Non so cosa sia successo”, fece Julliette. “Ma adesso le tue migliori amiche sono qui per risollevarti la vita”, disse mettendosi a sedere.
“Esatto, baby”, fece Charlotte. “Per cui vediamo di mettere da parte la tristezza perché siamo qui per divertirci!”
Le guardai un attimo.
Julliette era la classica bellezza spagnola che però, nonostante la delicatezza dei suoi lineamenti, poteva fare seriamente concorrenza ai camionisti e agli scaricatori di porto.
Charlotte invece era la classica bellezza di colore che andava in giro come voleva e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. E quando cominciava a schioccare le dita e muovere il collo a destra e sinistra, era finita.
In sostanza: due matte.
“Allora?”, fece Julliette. “Qualcuno ha qualche bella news?”
“No”, alzai le mai in segno di resa.
“Charlotte?”, domandò poi Juliette.
“Negativo”, rispose lei. “Tu invece?”
“Ho conosciuto un tipo...”, disse Juliette con una piccola risatina.
“Ma davvero?!”, esclamò Charlotte. “E com'è?”, chiese maliziosa.
“Come vuoi che sia?!”, rispose Juliette.
Carinooo!”, fece Charlotte. “Comunque sia, sono felice per te Juliette e...”, disse puntandole un dito. “Sai che voglio sapere come si evolverà la cosa!”
“Va bene!”, promise Juliette con tono innocente.
“E con Thomas come sta andando invece?”, mi domandò poi Charlotte.
Fu in quel momento credo che, senza rendermene conto, cominciai a piangere.
 
*****
 
“Potrei chiederti un parere?”, domandai d’un tratto.
Sarah, una mia compagna di università, alzò la testa dal cellulare. “Dimmi.”
“Secondo te...”, cominciai, cercando di parlare il più piano possibile. “Quel ragazzo seduto nella terza fila davanti a destra, col giubbotto rosso, potrebbe essere gay?”
Notai con la coda dell’occhio il suo sguardo stupito, poi la vidi cercarlo finché non lo trovò. “Non saprei proprio dirti sinceramente, visto così...”, rispose.
“Uhm”, feci.
“Come mai?”, domandò poi.
“Così, mi piace e volevo provare ad attaccare bottone”, risposi semplicemente.
La vidi sparare letteralmente le sopracciglia verso l’alto. “Sei gay?”, domandò di getto.
“Sì!”, risposi facendole un sorriso innocente a trentadue denti.
“Okay...”, fece lei nel mentre che metabolizzava la cosa. “Quindi”, fece poi. “Di lui cosa sai? Magari ho qualche amica che lo potrebbe conoscere!”
 
*****
 
“Come sarebbe a dire che ti ha mollato?!”, esclamò Charlotte fuori di sè.
“Per messaggio, quando è partito per tornare una settimana dai suoi”, spiegai, cercando di riprendermi.
“Per quale motivo?!”, domandò Juliette. “Tra di voi mi sembrava che andasse tutto bene!”
“C’era qualcosa che non andava per caso?”, chiese Charlotte.
“No, che io sappia!”, esclamai. C’avevo pensato e ripensato tutta la notte, ma non ero riuscito a trovare un senso logico alla cosa.
Presi il telefono, andai sui messaggi dove si trovava la conversazione con Thomas e lo diedi a Juliette e Charlotte.
Ciao Matthew”, cominciò a leggere a mezza voce Juliette. “Ti devo dire una cosa che non ti farà piacere...blah, blah, blah...momenti belli insieme...sei un caro ragazzo...blah, blah, blah...Ti voglio soltanto bene...meglio così...”
“Quante stronzate...”, sibilò Charlotte amareggiata.
Le vidi scorrere sullo schermo per leggere il resto della conversazione.
“E ti ha mollato così?”, domandò Juliette. “Da un giorno all’altro?”
“Sì”, risposi, cercando di non scoppiare di nuovo a piangere.
“Ma non hai provato a parlare con lui? Chiamarlo?”, continuò Juliette.
“Non risponde”, dissi semplicemente. “Mi ha bloccato e già dopo quel messaggio diceva che non ci saremmo più sentiti!”
“Effettivamente ti ha risposto a monosillabi poi”, constatò Charlotte. “Guarda, quanto mi fa schifo la gente così...cazzo, quanti li odio!”, esclamò innervosita.
“Cazzo...”, le fece eco Juliette, persa nei suoi pensieri, guardando prima il mio telefono, ancora sul messaggio di Thomas, poi Charlotte, e poi me.
“Okay!”, fece poi. “Adesso sai cosa facciamo?”, domandò. “Innanzitutto...” disse porgendomi il telefono. “Per prima cosa, cancelli la conversazione e il numero di quel coglione, manco lo blocchi, cancelli tutto, non ti deve rimanere neppure un pezzetto della sua merda! Capito?!”
“Okay...”, risposi. Non era una cattiva idea, ed effettivamente era una cosa che avrei fatto volentieri in quel momento.
“E poi?”, domandò Charlotte.
“E poi...”, disse Juliette che stava ancora mentalmente elaborando la prossima mossa. “E poi prendiamo qualcosa per tirarci su!”
“Concordo...”, fece Charlotte, cominciando a schioccare le dita. Eccola che stava partendo anche lei. “Cameriere?!”, cominciò poi a chiamare.
“E...”, continuò Juliette. “Tu sai cosa fai poi? Cominci a vestirti da strafico e non ci pensi! E te ne trovi quanti e vuoi e...”, continuò non ancora soddisfatta. “Non versi neppure una lacrima per lui perché...non si merita nemmeno una tua lacrima, quello stronzo!”
“Ben detto!”, le diede man forte Charlotte.
 
*****
 
“Ciao”, lo salutai fermandomi davanti a lui.
“Ciao...”, mi fece lui, senza capire.
“Mi chiamo Alex e frequentiamo lo stesso corso di Economia Aziendale con la Ronald”, spiegai.
“Ah...”, fece lui. “Sì è vero”, constatò. “In effetti avevi una faccia conosciuta.”
Bene, almeno mi aveva notato.
“Sì...”, cominciai senza sapere bene cosa dire. “Diciamo che mi sono perso alcune lezioni e non ho trovato nessuno che avesse gli appunti di tutte le lezioni e...”
“Ti servono gli appunti della Ronald?”, mi fermò.
“Sì”, mentii spudoratamente.
“Okay”, fece lui. “Te li posso passare io.”
“Perfetto!”, risposi entusiasta. “Cioè...grazie mille, veramente!”
“Non c'è di che!”, rispose lui.
“Okay...allora, grazie, ancora...”, mi fermai perché non sapevo ancora il suo nome.
“Marcus”, si presentò lui con un piccolo sorriso.
“Marcus...”, ripetei.
 
*****
 
Parecchie schioccate di dita di Charlotte per chiamare il cameriere dopo, me ne stavo a ciondolare avanti e indietro la testa, completamente ubriaco marcio.
Sperai vivamente di non vomitare, anche se sentivo che la bocca del mio stomaco non era altrettanto d’accordo.
Mi annotai mentalmente di non arrivare mai più ad una situazione del genere.
Nel frattempo, davanti a me, Juliette aveva cominciato a fare le imitazioni e le caricature dei ragazzi con era uscita in passato, e Charlotte rideva per qualsiasi cosa.
Cominciai a ridere anch’io, anche se non sapevo bene il perché...
“Comunque sia”, biascicò poi Juliette, afferrandomi un braccio. “So che adesso ti sembrerà tutto uno schifo! Però vedrai che poi un giorno sarà tutto di nuovo bellissimo!”
Riflettei profondamente, per quanto me lo permettesse la sbronza almeno, sul significato di quelle parole, e pensai che non volevo passare i prossimi giorni da così a peggio! Insomma, non era affatto giusto! Perché non volevo stare così! Però non dovevo esserlo per forza se non volevo no?
Oddio, che intrippamento mentale...
 
*****
 
Passò circa un mese da quel giorno, mese che passai con l’aiuto di Sarah a farlo entrare nel nostro piccolo gruppo.
Con lei poi passavamo le ore in cui non c’era lui a progettare dei piani per conquistarlo, che si rivelavano sempre alquanto complessi e contorti, tanto che alla fine scoppiavamo a ridere, rimanendo sempre al punto di partenza.
Fino a quando non mi decisi di farmi coraggio.
“Ehi”, feci ad un certo punto, nel mentre in cui ci stavamo incamminando insieme verso il parcheggio dell'Università.
“Sì?”, disse lui.
“Mi chiedevo...”, cominciai vago. “Ti andrebbe di uscire? Una volta?”
“Se non è un appuntamento, volentieri”, rispose.
“Cioè?”, domandai, preso alla sprovvista.
“Sono già fidanzato”, spiegò. “Mi dispiace”, disse con una scrollata di spalle, evidentemente leggendo la delusione sulla mia faccia.
“No vabbè, tranquillo”, risposi poi, cercando di metabolizzare quell’ultima rivelazione.
 
*****
 
Diedi inizio al mio progetto a partire dal giorno, prendendo un enorme sacchetto della spazzatura e passando a setaccio tutto ciò che avevo in casa. Tutto ciò che mi aveva dato lui, finì semplicemente nella spazzatura.
Presi poi a farmi un profilo su Grindr senza avere troppe pretese, decisione che comportò tutta una serie di conseguenze e cambiamenti di cui non avevo tenuto affatto conto.
 
*****
 
Forse alla fine iscriversi ad un sito di incontri gay era la soluzione migliore. Almeno mi avrebbe evitato elucubrazioni mentali inutili sull'eventuale orientamento sessuale di un ragazzo. Oltre a indicare chiaramente i ragazzi potenzialmente disponibili, ovvio!
 
*****
 
Oltre ai maniaci e ai pervertiti, che bloccai sul nascere, mi capitò di sentire vari ragazzi, con cui solo una minima parte si riuscì a combinare un’uscita seria...uscita che ogni volta era una sorpresa. Non sapevi mai cosa aspettarti.
Una volta lui era carino in foto, ma dal vivo non lo era proprio; un’altra volta anzichè quello che si faceva passare per virile, ti ritrovavi davanti una miss mancata che sparlava su ogni singola cosa che gli capitava a tiro; altre volte era carino, ma un tipo esattamente nella norma, che non ti faceva nè caldo nè freddo; altre volte ancora ti capitava che lo strafigo di turno ti desse una possibilità, ma poi dopo averti salutato ti bloccava seduta stante...i momenti in cui amavi l’umanità!
 
*****
 
Dopo un certo tempo diventava una merda, sempre le stesse facce e sempre la stessa gente, per cui mi cancellai per qualche tempo, per poi finire per rifarmelo qualche mese dopo in un momento di noia, per poi stufarmi e ricancellarlo. E poi rifarmelo di nuovo. E così via.
 
*****
 
Era passato un annetto circa, dalla storia con Thomas, che tra l’altro non era durata neanche un mesetto, quando una sera mi squillò il telefono, e senza riconoscere il numero, risposi.
“Pronto?”, domandai.
“Pronto...”, inutile dire che riconobbi subito la voce dall’altra parte. “Sono Thomas.”
“Ciao”, mi limitai a dire tranquillamente.
“Ciao”, fece lui, circospetto. “Come stai?”
“Bene”, risposi. “Tu?”
“Tutto bene, grazie!”, disse.
“Bene...”, inutile dire che non mi sarei minimamente sforzato di mandare avanti la conversazione.
“Per il resto?”, domandò. “Tutto bene?”
“Sì”, risposi, non capendo esattamente il senso della domanda.
“Avevo voglia di sentirti”, disse poi. “Nel senso, qualche volta ho pensato di chiamarti, ma l’ho fatto solo ora.”
“Okay”, risposi semplicemente.
“Lo so che mi odi ancora”, fece poi.
“No che non ti odio”, scoppiai a ridere.
“No?”, domandò sorpreso. “Non mi hai più scritto.”
“Non avevo niente da dirti”, sorvolai sul fatto che mi aveva bloccato all’inizio perché non mi andava minimamente di alterarmi per una storia vecchia. Non per lui, ma unicamente per me.
“Volevo dirti che mi dispiace per come sono andate le cose”, cominciò. “E per come ti ho trattato. Solo che non me la sentivo di stare con te, perché io sono sempre stato casinaro e confusionario, mentre tu sei così limpido e aperto, ti meritavi qualcuno di meglio...e poi il fatto che con quel mio amico con cui avevo litigato, eravamo in una sorta di relazione ambigua, mi ha fatto capire che non ti meritavo comunque...”
Rimasi stranamente tranquillo ad ascoltare tutta la sua spiegazione del dietro le quinte che mi ero perso. Rimasi stupito della mia stessa calma di fronte a quella situazione.
In un anno, per metabolizzare la cosa, mi ero detto che comunque sia gli volevo e gli avevo voluto bene, e non si era comportato poi tanto male, solo che il fatto che prendesse da solo le sue decisioni, senza tenere minimamente conto del mio parere, mi aveva fatto capire che non era veramente una relazione a due, bensì una cosa a senso unico.
E il fatto che mi stesse vomitando addosso la sua spiegazione dei fatti, senza nemmeno chiedermi se lo volessi stare ad ascoltare, ne era l’ennesima prova.
“Capito”, risposi semplicemente. “Non ti preoccupare”, per dire che non erano affari che lo riguardavano.
“Potremmo sentirci qualche volta se ti va...”, buttò lì così.
“Per fare cosa?”, domandai.
“Per provare ad essere amici”, rispose. “Ci tengo comunque a te!”
Immaginai per un attimo la scena, rivederlo dopo l’ultima volta, quando doveva partire, ed era stato incredibilmente dolce. Questo era l’ultimo ricordo che mi era rimasto di lui.
Nonostante il suo gesto fosse sembrato cattivo, di fatto era stato di gran lunga il ragazzo più dolce e amorevole che avessi mai conosciuto. Purtroppo non aveva paragoni.
E anche sotto il profilo letto, non aveva confronti.
La cosa che mi aveva fatto più rabbia era stata che aveva deciso lui da solo, senza chiedermi se volessi stare io con un casinaro e confusionario. E sicuramente ci sarei stato. Ma adesso le cose erano completamente cambiate.
Sapevo perfettamente di essere ancora attratto da lui in fondo, tanto che probabilmente se se ne fosse presentata l’occasione ci sarei comunque andato a letto, ma non sarei mai più riuscito a fidarmi di lui, dato che pensava e metteva in atto le sue seghe mentali da solo.
Quindi per l’amicizia eravamo lontani anni luce!
“Anch’io”, cominciai allora a rispondere. “Però non avrebbe senso la cosa, nel senso che non siamo stati mai amici e poi non sei il tipo di amico che vorrei sinceramente”, risi. In fondo era vero, troppo riflessivo e malinconico!
“Okay”, sospirò.
“Quindi, pure se ci si incontra per strada, non ho problemi a salutarti, ma che ti vengo a cercare, sinceramente anche no!”
“Va bene”, rispose. “Come vuoi.”
Finalmente mi stava ad ascoltare!
“Mi ha fatto piacere sentirti”, disse poi.
“Anche a me”, risposi sinceramente.
“Allora...”, fece poi. “Buona serata!”
“Ciao”, dissi atono e riattaccai.
Feci poi un bel respiro profondo.
Bene, adesso avevo veramente messo una pietra sopra a tutta questa storia!
 
*****
 
Di tanto in tanto poi, qualcuno con cui poter cominciare qualcosa di serio, spuntava fuori.
 
*****
 
“Bene”, feci, tentando di portare avanti la conversazione con Harry, un ragazzo uscito da Grindr con cui ero uscito per la prima volta. “Nel tempo libero cosa ti piace fare?”
“Um...”, fece lui pensandoci su. Ce ne stavamo seduti ad un tavolino di un piccolo bar in cui mi aveva portato lui, dato che io non conoscevo proprio quella zona della città. “Andare in giro, guardare film e serie tv...fare sesso”, ridacchiò.
“Almeno sei sincero”, constatai con un piccolo sorriso.
Era più grande, ed era parecchio carino. Il problema era che sapeva di esserlo, solo che nonostante questo ero sotto l'influenza del suo fascino.
E io che pensavo fosse un fake...cazzo!
Notai con una punta di delusione che non mi girò la domanda, quindi cercai di indurlo a farlo. “Quindi...hai 23 anni, sei un dj che lavora tutte le sere in discoteca, ti piacciono le serie tv e via dicendo”, e quella roba lì insomma. “...di me vorresti sapere qualcosa in particolare?”
“Boh, non saprei”, fece. “Sei attivo o passivo?”, domandò così a bruciapelo.
Versatile...”, risposi un po’ imbarazzato.
“Um”, fece poi, squadrandomi. “E sesso occasionale ne fai mai?”
“No”, risposi.
“Peccato!”
“Già”, feci io a mia volta.
“Okay”, disse poi. “Scusami ma io devo veramente scappare!”, esclamò alzandosi dalla sedia. Io mi alzai a mia volta e lo seguii fino alla cassa, dove pagò anche il mio caffè. “È stato un piacere conoscerti!”, disse poi. “Ci becchiamo in giro!”, che tradotto voleva dire non ci sentiamo più.
“Ciao”, lo salutai.
Nel mentre in cui lo vidi andarsene, mi annotai mentalmente l’ennesimo appuntamento andato male.
E mi imprecai mentalmente per non essere più figo.
In quel momento immaginai una versione di gran lunga più figa di me, dove probabilmente avrei ricevuto molte più attenzioni anzichè essere scartato a priori.
 
“L’appuntamento è andato male?”, mi domandò una voce dietro di me. Mi girai stupito verso la voce, che era di uno dei camerieri. Si trattava di un ragazzo alto, biondo, con gli occhi scuri e molto molto carino. In confronto io sembravo una foca.
Pensai poi che evidentemente mi si leggeva la delusione in faccia. “Esatto”, risposi.
“Non te la prendere”, fece il cameriere. “Harry cerca solo avventure di una notte, e tu non mi sembri il tipo.”
“E tu come faresti a saperlo?”, domandai, aggrottando la fronte.
“Perché non sei il primo con cui ci prova...”, sospirò.
Osservai un po’ meglio quel ragazzo, poi passai mentalmente in rassegna Harry.
Da come ne parlava sembrava che gli piacesse.
“Immagino che sia stato meglio così allora”, feci, non sapendo cosa dire. Da un lato ero già partito in quinta con filmini mentali impossibili in cui un dj amato da tutti, scegliesse di voler stare con me...dall’altra mi sentii stringere il cuore per quel povero cameriere.
Sospirai, pensando che forse sarebbe stato meglio crogiolarmi nei miei filmini mentali e basta.
“Penso che tu sia molto carino”, ammisi poi. “Potresti dargliela una possibilità, se ti piace così tanto.”
 
*****
 
Me ne stavo tranquillo a bermi il mio caffè pomeridiano, quando mi vibrò improvvisamente il telefono. Per poco non saltai sulla sedia, dato che la vibrazione col telefono appoggiato sul tavolo faceva più un effetto ‘terremoto’.
Presi il telefono e controllai.
Mi era arrivata una notifica dalla chat... Pensai che fosse sempre il solito tipo che mi tartassava di messaggi, a cui però non avevo mai risposto.
Con mia grande sorpresa, non era lui... Ma bensì un quarantenne arrapato che mi aveva mandato la foto delle sue parti basse.
Cestinai seduta stante quel messaggio...
Nonostante tutto però, avevo ancora quell’orripilante immagine in testa.
Aaah!!!!!!
Vibrò un’altra volta è questa volta lo presi spazientito, aspettandomi che fosse una notifica sempre dallo stesso tipo.
E invece non fu così...era da parte di un ragazzo di ventidue anni che si era presentato col nome di Matthew...non sembrava neppure male, peccato che era già da più di una settimana che mi ripromettevo di cancellarmi da quella chat, viste tutte le delusioni precedenti. Ormai sapevo benissimo come funzionava, per cui, anziché rispondergli, mi cancellai.
 
*****
 
Corsi sotto la pioggia, per quel breve tratto di strada che separava la stazione della metro dal locale dove mi dovevo incontrare con Charlotte e Juliette.
Una volta dentro e al caldo mi levai subito il giubbotto completamente bagnato fradicio.
“Ehi!”, sentii urlare da una voce familiare. Mi girai, trovando subito le due matte sedute ad un tavolino in fondo alla sala.
“Buonasera!”, le salutai non appena le raggiunsi.
“Ciao!”, esclamarono loro due in coro.
“Come state?”, domandai, sistemandomi a sedere.
“Benissimo”, esordì Juliette. “Oggi ho visto Luca”, l’ultimo ragazzo con cui era stata, che si scoprì essere già fidanzato. “E l’ho menato con la borsa”, fece una pausa. “Non so...è stato liberatorio!”
“Aveva pure i mattoni nella borsa”, mi spiegò Charlotte.
“Siamo sicuri che sia stato un incontro casuale?”, domandai.
“Non ho mai detto che lo sia stato...”, fece Juliette con sorriso candido.
“Come vanno i tuoi appuntamenti?”, mi chiese poi Charlotte. “Quanti ne fai alla settimana adesso? Cinque in sette giorni?”
“Quattro”, precisai stizzito.
“Uh!”, esclamò Charlotte. “Hai capito?! Si dà da fare il ragazzo!”
“Ci parlo e basta”, puntualizzai.
“Sì, sì”, fece Charlotte, liquidandomi. “Mi iscrivo anch’io su una chat di froci se si rimorchia così!”
“Sì...”, disse poi Juliette. “Penso che dovremmo farlo. Almeno una scopata ogni tanto ci casca pure a noi. Se devo rimanere qui ad aspettare il prossimo ‘incontro galante’, me la posso pure appendere al chiodo e lasciarla ammuffire!”
“Juliette!”, urlò Charlotte, facendo una smorfia di disgusto. “Non essere così volgare!”
“Non sono volgare...è la verità!”, ribatté Juliette.
Rimasi sconvolto da quello che stavo sentendo...
“Comunque sia”, fece poi Charlotte. “Da tutti questi ragazzi che ti spari la settimana? Ne è uscito fuori qualcuno di buono?”
“No...”, risposi.
“No?!”, esclamò Juliette.
“No”, ripetei.
Con la testa andai a ripensare a quando due giorno prima avevo provato a scrivere ad un ragazzo che secondo i miei calcoli doveva essere il fantomatico primo ragazzo di Thomas. Non so cosa mi fosse preso in quel momento, trovarsi davanti la foto di una persona di cui avevo tanto sentito parlare e che, purtroppo, mi sembrava di conoscere, era stato un trauma.
Avevo odiato dal profondo Alex, per il semplice fatto che ogni volta che Thomas ne parlava, sembrava che dovessi combattere contro una sorta di fantasma, più grande, dolce e bello, di me.
Più perfetto insomma.
Provai a scrivergli non sapendo neppure io per quale insano e malato motivo, tuttavia lo feci.
Ripensando a quello che avevo fatto, improvvisamente mi sembrò tutto troppo patetico, persino da raccontare, reso ancora più penoso dal fatto che non mi degnò minimamente di una risposta.
Sbuffai sconsolato appoggiando la testa sul tavolo.
 
*****
 
“E così vivi da solo”, fece George prendendo un altro sorso di vino bianco senza staccarmi gli occhi di dosso.
“Già”, risposi con un sorriso forzato.
“Complimenti!”, esclamò.
“Grazie...”
Lo osservai guardarsi intorno con aria deliziata, finchè qualcosa non attirò la sua attenzione.
“Qualcuno ha fatto colpo a quanto pare...”, sussurrò malizioso.
“Cosa?”, domandai non capendo, girandomi per seguire il suo sguardo.
Mi misi ad osservare le altre persone nel locale, fino a che non trovai un viso familiare, di qualcuno che sapevo non conoscere ma ero sicuro di aver già visto.
“È da un quarto d’ora che quel ragazzo con la maglietta rossa al tavolo con le altre due ragazze continua a guardare in questa direzione...”, fece George con lo sguardo perso. “Dove siamo solo noi...e io non lo conosco di certo.”
“Neppure io lo conosco”, dissi. Anche se avevo capito chi era.
“E se ci divertissimo un po’?”, domandò George, afferrandomi la mano.
“Che vorresti fare?!”, esclamai liberando la mano.
“Flirtare un pochetto”, fece lui con tono innocente.
“E perché mai?”
“Per vederlo diventare verde dall’invidia”, ridacchiò lui.
“Scusami davvero ma non sono il tipo da fare queste cose!”, esclamai, alzandomi per andarmene. Le persone cosi proprio non le potevo sopportare.
“Eddai, non ti scaldare”, fece lui come se nulla fosse. “Mica ti piacerà un tipo insulso come quello?”
 
*****
 
“Ripetimi perché ti ho accompagnato?”, domandai riluttante.
“Come perché?”, fece Juliette. “È la festa di compleanno della mia cugina acquisita di ottavo grado!”
“Tecnicamente le parentele non valgono fino al sesto o settimo?”, domandai confuso.
“Sì, ma nell’invito specificava che sarebbe stata una serata free-drink”, spiegò. “Chiunque entra a far parte della famiglia quando porta alcol gratis!”
“Ragazzi!”, sentii improvvisamente la voce Charlotte cinguettare dietro di noi. La vidi arrivare corricchiando su dei tacchi a spillo, tutta elegantemente (per quanto possibile) di giallo vestita.
“Charlotte!”, fece Juliette. “Finalmente sei arrivata!”, esclamò.
“Scusate il ritardo ragazzi ma c’era traffico!”, spiegò Charlotte.
“Hai portato quell’orribile vaso che ti ha regalato tua zia a Natale?”, domandò poi Juliette a mitraglia.
“Sì”, rispose Charlotte, capendo al volo. “Ce l’ho dentro la borsa!”
“L’hai incartato?”
“Sì!”
“Hai messo il fiocco?”
“Sì!”
“E il biglietto con scritto Tanti auguri Mary?”
“Certo!”
“Perfetto. Dammelo”, ordinò poi Juliette porgendo la mano.
Non appena ebbe il pacchetto regalo tra le mani si girò, dirigendosi a grandi falcate verso l’unico gruppo di persone in tutto il locale.
“Tanti auguri Mary!!!!”, la sentì poi trillare a voce acutissima.
Senza che me ne rendessi conto, Charlotte mi afferrò la mano per correre dietro a Juliette.
Quando ci infilammo in quella spessa coltre di persone, trovammo Juliette amorevolmente avvinghiata ad una candida ragazza dai capelli chiari e il viso dolce, probabilmente completamente ignara delle vere intenzioni della nostra amica.
“Questi sono i miei amici!”, disse poi d’un tratto Juliette.
“Grazie per essere venuti”, fece la festeggiata. “Io sono Mary”, si presentò. 
“Charlotte”, si presentò subito la mia amica.
“Matthew”, dissi subito dopo. “Ancora tanti auguri!”
“Grazie”, fece lei, girandosi poi verso qualcuno alle sue spalle. “Loro invece sono Victor, il mio fidanzato, e Alex, suo fratello!”
Quando alzai lo sguardo ebbi un colpo al cuore nello scoprire che Alex era, guarda caso la sfiga, proprio il primo ragazzo di Thomas.
Porcai e bestemmiai in tutte le lingue nel mentre che stringevo la mano a tutti e due e rispondevo a monosillabi alle constatazioni di cortesia che veniva fatte, dopodiché mi dileguai da lì.
Senza rendermene conto, corsi praticamente a chiudermi nei bagni, unico posto in cui potevo andare per starmene da solo senza lasciare il locale.
Osservai il mio riflesso allo specchio, rendendomi conto quanto fossi ridotto male.
Erano due settimane che trascorrevo le mie giornate chiuso in casa a studiare...ma nemmeno, a deprimermi...non avendo uno straccio di vita sentimentale e dandomi al barbonaggio estremo. Mi ero a malapena fatto una doccia per andare a quella festa, considerato che tutti i miei sforzi per avere un aspetto curato non avevano mai sortito alcun effetto, e mi ero messo la prima cosa che avevo trovato.
Inutile dire che avevo un aspetto orribile...
Feci un respiro profondo, e con altrettanta maturità, pensai che l’unica cosa da fare era quella di battere dignitosamente in ritirata, punto primo perché erano tutti eleganti, punto secondo, non avevo idea se Alex sapesse chi ero...e soprattutto come avrebbe reagito, per cui aprii piano la porta e diedi una rapida occhiata.
L’uscita dal locale era relativamente poco distante...Juliette e Charlotte erano occupate a riempirsi i bicchieri al buffet...e la strada era abbastanza sgombra.
Se mi davo una mossa, ce l’avrei fatta sicuramente a passare inosservato.
 
*****
 
Presi due calici di vino, deciso in quello che stavo per fare.
Era la mia occasione per conoscere quel ragazzo in modo naturale e non troppo sospetto...anche se offrire del vino ad uno sconosciuto era una dichiarazione d’intenti praticamente!
Mi guardai intorno ma non lo trovai.
Girai per tutto il locale, fino a quando non trovai le sue amiche.
“Scusate”, domandai loro.
“Sì?”, fece una di loro, nel mentre in cui entrambe mi squadrarono da capo a piedi.
“Stavo cercando il vostro amico”, spiegai. “Matthew.”
Loro si lanciarono un’occhiata d’intesa, fissando prima me e poi i due calici di vino.
“Dipende da che intenzioni hai con lui...”, fece l’altra con fare allusivo.
Mi sentii a disagio. “Nessuna brutta intenzione”, mi affrettai a dire, per evitare equivoci.
“Bene...bene...”, rispose l’altra. “Comunque sia non sappiamo dove sia, ci dispiace per te!”
“O forse no...”, disse l’altra. “Dipende sempre dalle tue intenzioni con lui!”
“Okay...”, risposi senza capire, girando i tacchi e andandomene più confuso di prima.
 
*****
 
Rimasi tutto il tempo rannicchiato a bozzolo nelle coperte, nonostante il caldo, pensando alla mia patetica figura.
Riflettei sul fatto che probabilmente sapeva chi ero, avendogli scritto su Grindr tempo fa...e che se non era minimamente interessato a conoscermi in nessun modo, non lo sarebbe stato neppure ora...quindi battere in ritirata nel suo territorio era stata una scelta più che saggia.
Pensai al fatto che magari poteva essere passivo...e che quindi avrebbe potuto sparlare di me agli altri invitati per farmi terra bruciata intorno.
Affondai la testa ancora di più nel cuscino per non sentire tutto il peso del mio senso di angoscia.
 
*****
 
Me ne stavo tranquillo a spulciare alcuni libri di cucina in un negozio della Mondadori, attratto semplicemente dal colore delle copertine, quando vidi una faccia familiare qualche metro più in là, nella sezione ‘narrativa’.
Era Matthew.
Decisi in quel momento, forte e determinato, di ritentare l’approccio miseramente fallito e mai avvenuto.
 
*****
 
Ero immerso con la testa dentro ad un libro, riflettendo tra me e me sulla mia nuova decisione di vivere la mia vita sentimentale in modo più ‘spensierato', senza eliminare a priori tutti coloro che non cercavano relazioni serie, senza cercare di essere sempre gentile, ma soprattutto, senza sentirmi da meno degli altri!
Sarei stato più aperto, ma mi sarei lasciato condizionare meno dagli altri, fosse stato anche per una botta e via, decisi che se ne valeva la pena (superfigo-dolce-bendotato-sorrisodafartisvenire) si poteva fare!
“Ehi!”, i miei pensieri e le mie fantasie vennero brutalmente interrotte di punto in bianco da una voce maschile.
Mi girai, trovandomi davanti all’ex ragazzo di Thomas...porcai mentalmente.
“Sì?”, domandai riluttante.
“Matthew, giusto?”, fece lui.
“Sì”, mi limitai a rispondere.
“Sono Alex”, ci presentò. “Ci siamo visti in giro.”
“No...”, lo corressi. “Veramente ti ho scritto io su Grindr tempo fa”, precisai senza vergogna.
“Ah...”, fece lui, colto alla sprovvista. “Non me lo ricordo...sei sicuro che fossi io?”, domandò confuso. “Magari con qualcun altro!”
“No”, risposi secco. “Sei l’ex ragazzo di Thomas”, sapendo che sapeva perfettamente di chi stavo parlando. “So chi sei per quello.”
“E tu sei un amico di Thomas?”, domandò lui confuso.
“No, sono stato con lui”, spiegai. “Anche se non credo si potesse definire una cosa seria”, aggiunsi retorico ripensando alla dinamica di come si era sviluppata la cosa.
“Comunque”, feci poi. “Adesso che abbiamo chiarito la cosa ci possiamo anche salutare!”
“Perché?”, fece lui non capendo.
“Sono l’ex del tuo ex”, risposi allargando le braccia con fare ovvio.
“E allora?”, chiese.
“Come allora?!”, domandai.
“Anche se sei stato con Thomas non importa”, rispose. “Se gli ex sono ex un motivo c’è”, disse.
“Um...”, ci pensai un attimo su. Il ragionamento filava...
“E allora?”, domandai. “Che volevi?”, chiesi incurante della mia acidità.
“Invitarti...a prendere un caffè magari”, propose.
“Um...”, feci non capendo bene che piega stava prendendo la situazione. “Okay”, risposi, senza sapere neppure io il perché. “Ci sto.”
“Toglimi una curiosità...”, disse poi lui. “Sei sempre così acido o è un trattamento speciale che stai riservando solo a me?”, scherzò.
“Al momento solo con te”, risposi. “Ma non è colpa tua!”
“Okay”, rise lui. “Mi devo ritenere fortunato allora!”
 
Fu un lungo pomeriggio, trascorso a passeggiare in lungo e in largo per la città, dove al caffè si susseguì un aperitivo, a parlare di tutto e di tutti, nel mentre in cui persi la mia iniziale acidità e mi raddolcii un poco alla volta, ritornando il solito Matthew di sempre.
Alla fine mi invitò a cena da lui, invito che avevo già una vaga idea di come sarebbe potuto finire, ma al quale non dissi di no.
Quella giornata diversa dal solito è completamente inaspettata mi aveva aiutato a rilassarmi e ad uscire un po’ dalla routine, Alex poi oltre a essere gentile non era neppure niente male, l’idea di scoprire quel corpo che nascondeva sotto a dei vestiti che ne disegnavano le curve lasciando poco spazio all’immaginazione cominciò a farsi strada nella mia testa...solo che manco volevo stare dietro a tutta quella snervante faccenda del corteggiamento e vedere se mi cercava nei giorni successivi...volevo semplicemente togliermi quella cosa dalla testa.
Fu così che quando salii da lui, dopo avermi fatto accomodare e fatto gli onori di casa, si passò presto da una carezza ad un bacio, a tanti baci e tante carezze, fino ritrovarmi nudo nella sua camera da letto...
 
Mi svegliai la mattina seguente sentendomi pervadere da una strana è meravigliosa sensazione di benessere...in una stanza che non era la mia.
Ci misi qualche istante a ricordare il perché mi trovavo lì, steso accanto al corpo addormentato e non troppo coperto di un Alex addormentato, che nonostante tutto, anche nel sonno, mi teneva possessivamente e protettivamente il braccio attorno ai fianchi.
Mi sembrava ancora di sentire il corpo contarsi per gli spasmi, il che era alquanto strano...evidentemente o ero stato troppo in astinenza al punto da diventare ipersensibile al minimo tocco, oppure Alex era particolarmente bravo...o tutt’e due le cose insieme.
Mi strofinai delicatamente contro il suo viso per svegliarlo.
“Buongiorno...”, mugugnò lui poco convinto con uno sbadiglio.
“Buongiorno!”, risposi raggiante.
“Dormito bene?”, domandò.
“Si grazie, e tu?”, chiesi.
“Sì...”, rispose con un altro sbadiglio.
Mi stiracchiai, liberandomi dal suo abbraccio, quando notai che ore erano dall’orologio sul suo comodino.
“Scusami ma rischio di arrivare tardi a lezione!”, spiegai, nel mentre in cui mi alzai per prendere le mie cose sparse in giro e rivestirmi. “E il prof è uno di quelli che raccoglie le firme.”
“Te ne vai già?”, domandò lui deluso.
“Già”, risposi. “Mi dispiace...comunque sia sono stato davvero bene”, dissi. “Quindi grazie.”
“Figurati...”, rispose lui.
“E stammi bene!”, aggiunsi. Mi misi in testa che per farla rimanere una bella esperienza, valeva la pena non ricamarci filmini mentali sopra e farla finire così. In fondo eravamo andati a letto subito.
“Come stammi bene?!”, la sua reazione fu quella di saltare a sedere sul letto, facendomi prendere un colpo.
“Mi hai invitato da te e mi hai portato a letto...”, dissi. “Sono stato bene con te e sei stato un sacco gentile...ma questo mi fa pensare che fosse una botta e via...no?”
“Sì...”, fece lui. “Cioè no...non ti ho invitato da me per portarti a letto...è stato un incidente di percorso in realtà!”, esclamò.
“Okay...”, dissi non capendo se era una cosa positiva o meno quella che aveva appena detto. “Quindi?”, domandai.
“Quindi...”, fece lui passandosi una mano dietro il collo. “Ci sarebbe la cena che ti avevo promesso che ti dovrei offrire”, disse.
“Okay”, risposi.
“E sicuramente qualcosa di più, se tu sei d'accordo”, continuò.
“Okay”, ridacchiai.
“Direi che è sicuramente più di una botta e via...dal momento che ci siamo cercati per un bel po’ di tempo”, disse allusivo.
“Va bene!”, mi arresi alzando le mani. “Ti dispiacerebbe accompagnarmi alla porta?”, domandai poi.
“Certo!”, disse lui scattando in piedi e prendendo al volo un paio di mutande che si trovavano sul pavimento.
Lungo il corridoio della sua piccola abitazione incappammo nella figura di quello che mi ricordavo essere suo fratello, il quale si era affacciato dalla porta della cucina con due tazze di caffè fumanti.
“Ciao!”, disse, guardandomi con aria interrogativa.
“Ciao”, risposi un poco imbarazzato.
“Victor”, intervenne Alex. “Lui è Matthew”, mi presentò.
“Matthew”, ripetè il fratello osservandomi, poi guardò Alex. “Mi piace.”
  
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