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Autore: ArwenDurin    09/07/2017    2 recensioni
No connesso a s4 (a parte per Rosie che è un po' presente)
il titolo è abbastanza spoiler XD abbiamo uno Sherlock che per qualche motivo è imbronciato con un John che tenta in 5 modi di farlo parlare
Johnlock, John POV
"«Deduco che sei ancora arrabbiato, vero?» nessuna risposta.
Lo guardai di sott'occhi soffermandomi sul suo bel profilo e sulle labbra che anche da quell'angolazione, vidi che erano imbronciate e lì decisi.
Quella sera gli proposi una sfida, un gioco visto quanto gli piacessero per chiarire con lui, anche perché in che altro modo risolvere una discussione con Sherlock Holmes?
«D'accordo, vediamo quanto resisterai, ti sfido.»"
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questo racconto nasce da una chattata o meglio "twittata" degli account role italiani di Sherlock Holmes e John Watson (il link è sotto)

Non vidi tazzine o piatti sporchi nel lavandino quella mattina, e il mio primo istinto fu di preoccuparmi che il mio compagno, con cui ero oramai assieme da quasi un anno, non avesse toccato cibo o bevanda come spesso faceva (per quanto essendoci Rosie da nutrire, la cosa parve ancora più strana). E infatti quando aprii la mensola sopra la mia testa, notai un piatto e un piattino più piccolo appartenente a nostra figlia, entrambi lavati...e questo poteva presumere soltanto una cosa. Andai in salotto e solo in quel momento notai, poiché reduce da una nottata passata con un paziente difficile, che ero transitato alquanto distratto in esso e non vidi quanto fosse brillante come uno specchio. Non vi era traccia di Sherlock se non i rimasugli di un'adeguata pulizia che aveva fatto, ed l'aver giocato con Rosie visto alcuni peluche sulla mia poltrona, ma questo suo improvviso interesse nelle faccende domestiche poteva significare soltanto che era arrabbiato. Voltando il mio sguardo assonnato verso i suoi scaffali ricolmi di libri e fascicoli, corressi la mia deduzione nel vederli in ordine e senza un briciolo di polvere.
Era molto arrabbiato.
La cosa non mi stupì più di tanto poiché ieri notte ero stato appunto, molto indaffarato col paziente privo di buone maniere ed a cui avevo prestato tutta la mia attenzione, senza quindi poter chiamare o messaggiare a Sherlock in alcun modo. Anche perché sapevo che se avessi sentito la sua voce mi avrebbe comunque distratto, quindi forse era stato meglio così dal punto di vista lavorativo almeno.
Sapevo quanto Sherlock tenesse che gli rivolgessi delle attenzioni, ma pensavo avrebbe capito...e invece la mattina seguente mi ero trovato a svegliarmi da solo nel letto, e l'appartamento vuoto dalla sua presenza (oltre che di Rosie, ma lei immaginavo dove fosse) e cominciò a punzecchiarmi una lieve punta di fastidio, dritto allo stomaco che mi impedì di metter sotto i denti qualsiasi forma di cibo. Difatti bevvi un caffè amaro e freddo quella mattina, e scesi dalla signora Hudson dove trovai come immaginavo, Rosie seduta in un seggiolone che avevamo preso apposta quando la lasciavamo da lei, e intenta a giocare con il piccolo elefante rosa che tanto adorava.
«Qualcosa non va, caro? Ha un aria così cupa!» alla signora Hudson non sfuggì il mio stato e mi sforzai di sorridere.
«Non è nulla, non si preoccupi» lei mi guardò con aria scettica.
«Non mi dica che ha bisticciato di nuovo con Sherlock! Anche lui stamattina quando mi ha portato la bambina, aveva un'aria così strana, più del solito intendo.» carezzò con dolcezza la testa della bambina.
«Non dovete discutere così tanto, anche per lei.»
«Certo signora Hudson, ma... non è successo nulla. Ora devo andare o farò tardi, buona giornata.» diedi un bacino sulla testa di Rosie, prima di uscire di casa con l'amarezza nel cuore.
 
Quando tornai di sera abbastanza tarda, trovai Sherlock appollaiato sul divano a gambe incrociate. Ignorò completamente il mio saluto e non mi guardò nemmeno in faccia; sospirai portandomi una mano dietro al collo e massaggiandone il retro indolenzito, sedendomi vicino a lui e al programma insulso che stava guardando. Il suo sguardo era fisso sullo schermo, senza prestarmi la minima attenzione, era chiaro fosse ancora arrabbiato: nessun bacio ad accogliermi oltre che nessun saluto, e che era completamente perso nel suoi pensieri... ma la stanchezza non mi lasciò cadere la questione.
«Deduco che sei ancora arrabbiato, vero?» nessuna risposta.
Lo guardai di sott'occhi soffermandomi sul suo bel profilo e sulle labbra che anche da quell'angolazione, vidi che erano imbronciate e lì decisi.
Quella sera gli proposi una sfida, un gioco visto quanto gli piacessero per chiarire con lui, anche perché in che altro modo risolvere una discussione con Sherlock Holmes?
«D'accordo, vediamo quanto resisterai, ti sfido.» lui mi rivolse un'occhiata alzando un sopracciglio ed io gli feci un sorriso tirato, Sherlock si appoggiò al bracciolo del divano mettendo altra distanza tra me e lui, ma non proferì parola come pensavo, per quanto quel gesto mi pesò più di quanto immaginassi.
«Ma non starò fermo e zitto ad attenderti troppo, amore.» aggiunsi e lui sbuffò, ma non fece altro, cercai di osservare il suo viso per dedurne qualcosa in più ma persino esso mi nascondeva le sue emozioni in quel momento. Era come se avesse applicato la maschera d'impassibilità che aveva usato spesso tempo fa, per celare cosa provasse, e ci stava riuscendo bene.
La cosa mi irritò, e fissando la televisione con ostinazione mi spinsi ancora di più a voler proseguire l'idea che era balenata nella mia mente.
 
Qualche giorno scorse senza vedere provvedimenti, poiché Sherlock a parte avvertirmi quando lo beccavo in salotto che usciva, non mi rivolgeva altre sillabe. Era molto tenace quando ci si metteva, e purtroppo era anche per questo che lo amavo e lo amo tutt'ora. Così attuai il mio piano con più convinzione, esso fu formato da cinque tentativi:

Primo metodo: Complice la signora Hudson che non ne poteva più dei nostri "bronci infantili" come lei li chiamò, comprò quella mattina (priva di casi e nel mio giorno libero, dunque tutti e due eravamo nell'appartamento) delle fragole fresche delle quali il mio consulente investigativo preferito andava matto, cosicché le preparai in una bella ciotola azzurra ricoprendole di panna. Dopo averne dato un paio alla piccola Rosie, e alla signora Hudson che gentilmente le aveva procurate, mi recai in salotto.
Sherlock guardava fuori dalla finestra in un ostinato silenzio, e mi avvicinai a lui mettendo nella sua visuale quella ciotola allentante.
«Che ne dici? Noi due e le fragole...non è una buona combinazione?» il mio compagno assunse un'aria di finta indifferenza, ma quando allungò furbescamente una mano per prendere una fragolina, tolsi la ciotola da sotto la sua portata con uno scatto.
«Ah no! Se le vuoi dobbiamo parlare, Sherlock. Anzi più precisamente, mi dovrai rivolgere la parola.» abbozzai un sorrisino ma Sherlock di tutta risposta mi rivolse uno sguardo tagliente per poi tornare alla finestra, sospirai profondamente.
«Fa come vuoi, zuccone! Vorrà dire ce le godremmo io e Rosie!» e detto questo presi la bambina tra le mie braccia che mangiò quelle fragole partecipando alla mia "vendetta" e quel suo entusiasmo per esse, mi ricordò un certo consulente investigativo che stava a pochi passi da noi ma che non si mosse per nulla.

Secondo metodo: Sapendo quanto Sherlock fosse propenso a parlare con la televisione accesa, almeno su certi programmi, provai con un telefilm che guardavamo sempre assieme, ovvero Broadchurch. Un giallo abbastanza emotivo che  mi divertivo a commentare insieme a lui e vederlo "dimenarsi" contro i protagonisti che secondo lui erano "Degli emeriti idioti! Che nulla capiscono nemmeno con l'evidenza, e le prove sotto il naso!". Mi piaceva alle volte stuzzicarlo per vedere la sua reazione accaldata, oppure proporre teorie su cui discutevamo assieme ma spesso e volentieri, mi astenevo persino dal controbattere o dargli dell'esagerato, perché mi incantavo ad osservarlo. Amavo come i suoi occhi brillavano intrigati, o la curva leggera che assumeva la sua bocca quando qualche protagonista sbagliava qualcosa, mi veniva sempre voglia di baciarlo, e lo facevo spesso.
Di solito stavamo accoccolati sul divano a goderci il telefilm ma non quella sera, infatti quando caricai la puntata eravamo sì seduti vicini, ma c'erano alcuni pollici a dividerci ed anche del silenzio, visto che Sherlock nemmeno in questa occasione disse una parola, brontolando soltanto tra sé e non rendendomi quindi partecipe della conversazione.  La cosa produsse in me dell'irritazione ma quando mi voltai per dirglielo, mi capitò di incantarmi nuovamente su di lui, a quel suo viso perfetto catturato dalla puntata, fu così intenso che cedetti ad un tocco del quale il signorino mi stava privando da troppi giorni. Allungai una mano verso la sua appoggiata sul divano e la sfiorai con un pollice, vidi il suo sguardo vagare qualche attimo per la stanza a disagio, poi mi rivolse uno sguardo di sott'occhi ma non ottenni quello che volevo.
Chiusi gli occhi, la situazione stava diventando esasperante.
 
Terzo metodo:  In questo caso puntai sull'infastidirlo, cosicché mi munì della mia compatta e gli feci qualche foto, ma lui invece di reagire correndomi dietro e impedendomi dunque di pubblicarle nel blog dove infatti, le avrei messe, si limitò con passo svelto ad allontanarsi da me lasciandomi con un broncio deluso a riempirmi le labbra.
E dunque, anche quel tentativo, fallì.
 
Quarto metodo: A mali estremi, estremi rimedi, volevo assolutamente una sua reazione cosicché feci qualcosa che sapevo lo faceva impazzire. Dopo esser tornato dal lavoro e portato Rosie dalla signora Hudson di sotto, accesi qualche candela in sala rendendo l'atmosfera calda e accogliente. Andai poi in camera nostra e presi una mia vecchia divisa di capitano dell'esercito indossandola, sapevo l'effetto che aveva su di lui e quando Sherlock tornò da una sua oramai abituale uscita serale di non-so- dove­-andasse, si stoppò nel salotto. Si guardò intorno per qualche istante poi i suoi occhi si soffermarono su di me, e sbatté le palpebre.
Oh! Una reazione!
Ne fui talmente entusiasta che un sorriso si formò sulle mie labbra, mentre mi avvicinavo a lui.
«Te la ricordi questa?» usai un tono basso, appropriato a ciò a cui stavo alludendo e feci altri passi verso di lui, finché non fummo ad un soffio l'uno dall'altro, lo guardai negli occhi senza lasciare un secondo il suo sguardo aspettando con il cuore in gola, che Sherlock reagisse.
Se questo serviva a riavvicinarci andava bene! Avremmo parlato dopo perché, dannazione, mi mancava! Sentivo la mancanza di un contatto con lui e sì...lo desideravo ardentemente, e quel momento era oltre la ragione e penso fosse visibile almeno per me, visto come la prese lui.
Sherlock mi osservò il viso, studiandone ogni centimetro ed io mi sentì assorbito dai suoi occhi, mi piaceva quando mi guardava così e le sue pupille dilatate mi diedero la spinta che forse, ero riuscito nell'intento. Non mi mossi aspettando che Sherlock lo facesse ma nuovamente mi stupì, poiché dopo aver rivolto uno sguardo piuttosto acceso alle mie labbra si distanziò.
«Sher...» e non riuscì a terminare la frase che lui con passo svelto e sguardo basso, si diresse in camera sua lasciandomi a bocca aperta.
Quella sera capì che ci doveva essere dell'altro, perché come era possibile che se la prendesse tanto, solo per non averlo contattato per qualche ora perché lavoravo? Per quanto con Sherlock, non c'era da stupirsi nemmeno se fosse stato interamente questo il motivo, ma sentivo che c'era dell'altro.
Della rabbia montò in me, così forte che mi prese lo stomaco e strinsi i pugni davvero stanco di quella situazione.
Il gioco era durato troppo.

Quinto metodo: La domenica mattina decisi di affrontarlo, ero seduto di fronte ad una tazza di caffè e delle saporite uova con bacon, Rosie era di fianco a noi nel seggiolone intenta a pasticciare con i rimasugli  della sua pappa, un'immagine che in tutto quel disagio che sentivo con Sherlock, mi fece sorridere.
Tirai poi un sospiro, guardando Sherlock intento a leggersi il giornale, e parlai.
«Ascolta, dobbiamo smetterla. Adesso io pretendo che tu mi dici che cosa c'è che non va, perché c'è qualcosa oltre all'ovvia sciocchezza che è il mio lavoro, perché è questo per te, non è vero? Non riesci a capire che anche io nel mio lavoro devo concentrarmi come tu nel tuo, e che non ho potuto chiamarti, Dio! Non ho potuto. E non dirmi di no perché anche per Anderson, sarebbe ovvio che c'è qualcosa che non va.»
Sherlock sospirò ma non alzò gli occhi dal giornale, del che non fece che aumentare la cocente rabbia che bolliva dentro di me e che proruppe in quell'istante.
«Cristo, Sherlock parlami!» involontariamente sbattei un pugno sul tavolo, facendo così piangere la bambina accanto a me, mi morsi le labbra colpevole cosicché cercai di prenderla in braccio per consolarla, ma Sherlock mi precedette, prendendo Rosie al posto mio e stringendola a sé.
«No.» e con questa sussurrata esclamazione si sedette sulla poltrona, con Rosie tra le braccia mentre lei piano si calmò e non disse altro, i miei occhi si riempirono involontariamente di lacrime che però trattenni, lo stomaco mi si chiuse e non riuscì a finire la colazione. Cosicché mi alzai e mi fiondai su per le scale nella camera che era diventata di Rosie, chiudendo con violenza la porta.
Solo allora versai qualche lacrima, osservandomi attorno tra la miriade di giocattoli e bambole e chiedendomi nuovamente che cosa stesse succedendo tra me e Sherlock.
_________________________
La notte non mi portò consiglio, poiché mi svegliai in preda ad un incubo terribile di Sherlock che si allontanava sempre di più da me, ed io che non potevo raggiungerlo,  così con il cuore pesante come un masso, mi voltai verso l'altro lato del letto alla ricerca del mio compagno.
Non vederlo non fece che peggiorare la mia situazione.
Ingoiai con difficoltà della saliva, e mi alzai cercando di calmare i miei nervi tesi andando a cercarlo, in quel momento avevo un forte bisogno di lui, delle sue braccia intorno a me.
Lo trovai sveglio a guardare un punto imprecisato fuori dalla finestra, il violino in mano pronto a suonarlo, non pensai a quello che stavo facendo e di riflesso lo abbracciai da dietro, stringendomi a lui e appiccicando il mio volto sulla sua schiena. Inspirai il suo odore, che in quei giorni mi toccava solamente godermi dalle lenzuola o da qualche suo abito al quale, visto la mancanza, attaccavo al mio volto per annusare.
«Sherlock.» sussurrai nel suo pigiama di seta, e sentì il suo cuore battere forte sotto le mie mani che avide, erano poggiate al suo petto o meglio, attaccate come a volermi ricordare che lui era mio ed era lì, e che non stava andando da nessuna parte.
Lui sospirò poggiando il violino e rimase fermo, lasciandosi abbracciare.
Rimanemmo un po' così in silenzio, a contatto come da qualche giorno non eravamo  dopodiché Sherlock si voltò e i nostri sguardi si incontrarono, nei suoi occhi intravidi del luccichio di sofferenza che colpì il mio cuore già dolorante per quella situazione.
«Cos...» lui mi interruppe sfiorandomi una spalla, della confusione attanagliava la mia mente e crucciando le sopracciglia lo guardai ancora, in cerca di risposte e di una qualsiasi voglia sua parola, poiché quella notte mi aveva confermato che c'era qualcosa che lo faceva soffrire e questo non potevo sopportarlo.
La rabbia verso di lui passò in secondo piano, perché odiavo vederlo in quello stato, e soprattutto che non mi rendesse partecipe! Che non mi concedesse di aiutarlo.
Stavo per dirglielo ma lui negò e mi prese per mano, riconducendoci nella nostra camera da letto e lì entrambi ci sdraiammo, in silenzio.
Eravamo al buio ma dalle finestre aperte per il caldo dell'estate, un raggio di luna entrava e potei vedere la sua sagoma a pancia in su mentre io, voltato di un fianco, lo osservavo.
«Ti parlerò, perché la situazione sta arrivando ad un capolinea, ad un punto di arrivo che avevo immaginato.»
sentire la sua voce dopo tanto tempo mi strinse il cuore, anche per il contenuto delle parole che aveva sussurrato in un tono piuttosto cupo.
«Cosa intendi?» a quel punto il suo sguardo si posò su di me.
«Lo sai che cosa intendo.» sentì una brutta sensazione invadere il mio corpo.
«Sherlock, posso intuirlo ma non posso saperlo se tu non me lo dici.»
lui sospirò, come se avessi detto una cosa molto sciocca.
«Ho esperienza in queste cose e non più di altri se non fosse per il fatto che io osservo le situazioni e quindi, ho visto dove i litigi possono portare,» abbassò lo sguardo al materasso.
«Tu mi hai ignorato John, non mi hai mandato un messaggio o fatto una chiamata per dirmi che avresti passato la nottata a lavorare e ti ho aspettato, ho elaborato delle ipotesi escludendo continuamente il fatto che mi stessi ignorando perché non volevo accettarlo, non potevo...ma poi capì.» tirò un sospiro, producendo un rosichino, io rimasi ad osservarlo stupito chiedendomi cosa stesse insinuando, mentre della paura prese largo in me. Avrei voluto incitarlo a parlare ma non lo feci perché dopo tanto che non parlava, di certo non lo avrei in qualche modo messo a disagio, cosicché aspettai e dopo una pausa che mi parve interminabile, Sherlock continuò.
«Compresi che ti stavi stufando di me, e giorni dopo ne ebbi varie conferme, succede nelle coppie soprattutto se condividono una bambina, e questo non è contro Rosie lo sai...mai, dico soltanto che è più comune. Ho visto tra varie coppie crescere l'abitudine con l'andare del tempo e i tuoi stratagemmi erano dei giochini per farmi  parlare sì, ma in realtà parevano celare qualcos'altro, ovvero per quanto inconsciamente, erano una specie di tuo sfogo. Per rivivere certi momenti di coppia con me, da dove ti senti più lontano e dunque evitare cose noiose che potessero portare alla routine. Io non volevo parlare, perché non volevo sentire che cosa avresti detto tu, sapevo che se ti avrei esposto i miei dubbi e se avessi proferito qualche sillaba, tu avresti insistito oltre e forse capito, sei diventato bravo in questo. Quindi era tra le possibilità che avresti attuato prima quella scelta...sappiamo entrambi quanto odi la routine John, con Mary hai resistito dunque è alquanto improbabile lo faresti ancora, ed è qui il capolinea. Io non avevo il coraggio di sentirti dire che, fra qualche settimana o massimo un mese visto che c'è Rosie e dunque una riflessione in più da fare, ti saresti stancato di me e che avresti troncato la nostra relazione. Per quanto all'inizio non ti parlai per ripicca, poi capì e lì iniziai a non dialogare con te per quello che ti ho detto, perché ho visto il significato che c'era dietro il tuo comportamento, ho sentito anche del disagio quando mi starvi vicino in quei giorni, nei tuoi sguardi e non fu più...»
«Che cosa diamine stai dicendo?» non riuscì più a trattenermi e lo interruppi, scoppiando con tutta la frustrazione che sentivo dentro.
«Dubiti che io ti ami ancora? E questo che stai dicendo, sul serio?» mi sentì profondamente offeso e ferito e glielo feci capire, poiché lo guardai dritto negli occhi con durezza, e ci fissammo per qualche istante poi Sherlock abbassò lo sguardo sospirando.
«John, io mi baso su statistiche e...»
«Non mi interessa su quale assurda teoria tu ti stia basando! E non azzardarti a non guardarmi, capito?» aspettai che alzasse lo sguardo sul mio prima di proseguire.
«Cristo Sherlock, io ti amo, capito? Ti amo! E so anche io dove possono portare molti litigi e la routine di una coppia ma dimmi, in cosa siamo uguali agli altri? In nulla, Sherlock e mi piace quello che siamo io e te con Rosie non ci rinuncerei per nulla al mondo, lo capisci? Non siamo dei dati Sherlock, ma persone e non seguiamo uno schema, quelli che tu chiami stratagemmi all'inizio erano un 'innocente giochino, ma celavano soltanto il fatto che volevo tu parlassi, perché ci tenevo a ristabilire un rapporto con te! E non vi era null'altro di fondo, non mi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello di lasciarti e non mi passerà mai! Il disagio che sentivi era dovuto al fatto che non sapevo come comportarmi con te, per riaverti.
Perché tu non sei la mia routine, Sherlock ma colui che è fondamentale per me. Abbiamo superato tante cose insieme e ci siamo perdonati tutto a vicenda, dunque non vorrai dirmi che per una minuscola incomprensione tu hai pensato che io...» mi stoppai non riuscendo a continuare e con la gola secca incredulo scossi la testa, arrabbiato e deluso ma in quell'istante realizzai quanto Sherlock avesse sofferto.  Quante persone l'avessero illuso o deriso, e che lui dunque aveva innalzato quella barriera all'inizio per rabbia, ma poi per difesa. E tale paura  fu presente tra noi in quel momento, creata dalla sua sicurezza che io l'avrei lasciato e dunque per risparmiarsi ulteriore dolore, attuava questa specie di "precauzione"distanziandosi già prima da me. Era un comportamento così umano che all'inizio mi scosse, anche se sapevo quanto fosse in realtà più sensibile della norma, io in lui vedevo un essere speciale, al di sopra della comune umanità; e quando realizzai che erano paure più che umane, un moto di tenerezza assalì il mio cuore. Incontrai il suo sguardo, che in quel momento era più confuso ma rincuorato, Sherlock era in silenzio a pensare a qualche risposta, o a ragionare sulle mie frasi probabilmente... e non potei fare a meno di carezzargli il volto.
«Sei una prima donna, lo sai? La mia primadonna.» sussurrai ciò per poi baciarlo con tutto l'impeto che avevo trattenuto in quei giorni non lasciandolo rispondere, Sherlock produsse un gemito e ricambiò il mio bacio con altrettanta passione.
Salì sopra di lui e mi appiccicai al suo corpo, sussurrando più volte di amarlo tra baci più soffici, carezzando il suo volto e i suoi ricci.
«Mi dispiace se ti ho ignorato quel giorno, ma davvero ho dovuto, anche perché se sentivo la tua voce avevo paura di distrarmi e correre da te, il mio paziente era insopportabile e davvero appiccicoso, voleva ogni secondo della mia attenzione e dunque anche volendo, non avrei potuto scriverti. Mi dispiace, ti prometto che non capiterà più.» esclamai staccandomi dalle sue labbra, per guardare quel suo bel volto a pochi centimetri dal mio, lui abbassò un istante lo sguardo.
«D'accordo, ma sono io che mi scuso John, ho visto così spesso quello che ho elencato prima, che per me giungere a queste conclusioni è stato... normale. Anche prima quando mi hai abbracciato, sembrava più un tuo modo disperato di riprovare certe emozioni, sono stato uno stupido! La natura umana a quanto pare, non sarà mai il mio campo. » gli toccai la punta del naso con un sorriso, per toglierli quell'espressione cruccia dal volto.
«Ti ho abbracciato perché volevo farlo hai ragione, e mi piaci anche da stupido.» lui sorrise di rimando e la luce che tanto amavo in lui, si accese ancora nei suoi occhi.
«Quel paziente doveva essere davvero insopportabile, se avevi la tentazione di correre da me.» esclamò qualche istante dopo, producendo con le mani una mossa teatrale a quell'esclamazione e io sorrisi, scuotendo il capo divertito. Pensai che avevo sempre la tentazione di correre da lui, ma non lo dissi visto che sarebbe potuto risultare ovvio e che, il signorino avrebbe potuto persino prendermi in giro.
«Oh sì, più insopportabile di te e ce ne vuole a superare Sherlock Holmes.» lui assunse una finta aria scioccata, facendomi ridere.
«Veramente? Che oltraggio! Allora dovrò rimediare.» ed esclamando ciò mi abbracciò, mentre le nostre labbra si incontrarono ancora una volta.



Angolo autrice: ​ 
Ciao a tutti :) è diverso dai soliti racconti che scrivo, e potrebbe essere OOC ma ho dovuto seguire uno schema poi anche perché è in prima persona con l'opposto della mia reazione ovvero John, visto che io capisco più Sherlock almeno un po' e con Rosie così presente XD ma è uscito così non so come spiegarlo...è come se si fosse scritto da sé o da John Watson in persona ahah (che spero di aver reso più possibile IC) XD per esempio, mentre scrivevo è stato così fluido che non mi sono accorta di una scena che avevo pensato di mettere, non è stata messa perché sostituita da un'altra, però è stato divertente.
Sherlock sbaglia eh sì...è stato strano anche per me scriverlo ma credo che essendo insicuro  possa produrre certi pensieri anche per via  non avendo una larga esperienza in relazioni amorose, possa dunque basarsi su statistiche, ed osservazione di altre coppie da lui viste, almeno così l'ho pensato XD e spero di essere stata rispettosa più possibile con il personaggio.
Come dicevo l'idea viene da questi
account che adoro e che mi hanno ispirato questa fanfiction, il fatto del lavoro e Sherlock imbronciato è degli account come il link fa vedere, e da dove mi è partita l'idea :
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà :)
   
 
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