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Autore: rocchi68    11/07/2017    5 recensioni
Scott ricordava perfettamente cosa aveva detto Chris riguardo quella stagione.
Era stata un fallimento solo perché appartenevano alla vecchia guardia e, quindi, dopo anni a tirare la carretta, erano diventati inutili.
Così si era ritrovato nella fattoria dei suoi genitori a rigirarsi i pollici.
Terminate le superiori, con risultati non proprio invidiabili, piuttosto di rimanersene a casa a sparare contro i topi dalla mattina alla sera, si era lasciato convincere a tentare l’Università.
Rimaneva comunque uno scoglio molto duro da superare: l’estate.
La stagione maledetta che prosciugava le energie di molti, tendeva a svuotarlo tanto da impedirgli di muoversi dal divano.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Scott ricordava perfettamente cosa aveva detto Chris riguardo quella stagione.
Era stata un fallimento solo perché appartenevano alla vecchia guardia e, quindi, dopo anni a tirare la carretta, erano diventati inutili.
Così si era ritrovato nella fattoria dei suoi genitori a rigirarsi i pollici.
Terminate le superiori, con risultati non proprio invidiabili, piuttosto di rimanersene a casa a sparare contro i topi dalla mattina alla sera, si era lasciato convincere a tentare l’Università.
Rimaneva comunque uno scoglio molto duro da superare: l’estate.
La stagione maledetta che prosciugava le energie di molti, tendeva a svuotarlo tanto da impedirgli di muoversi dal divano.
Perfino i topi si facevano beffe della sua pigrizia e  lui, annoiato come non mai, fissava i genitori e la sorella intenti a correre per la casa.
Proprio in uno di questi pomeriggi pensò che solo uno degli stramaledetti reality di McLean potevano risvegliarlo.
Strategie, soldi, eliminazioni brutali, sfide mortali e perfino la sbobba di Chef gli mancavano in quella noia insopportabile.
Alberta, la sua dolce sorella maggiore, stanca di vederlo insofferente e inutile, decise di rendere movimentata e interessante quella giornata.
Le seccava che lui rimanesse a poltrire, mentre si spaccava la schiena e credeva fosse giunto il momento di fargli smuovere il culo.
Non pensava a un lavoro estivo. Quelli li conosceva bene, dato che si trattava di uno sfruttamento bello e buono, finalizzato a un guadagno piuttosto esiguo.
E poi vedere Scott in qualche bar o ristorante, uniche attività redditizie anche in estate, sarebbe stato assurdo, se non esilarante.
Avrebbe solo sfruttato uno dei favori che una compagna di corso le doveva da qualche tempo.
Quella calamità naturale, alta 170 cm, mora, occhi di un verde intenso, che si avvicinò al divano su cui Scott riposava, era avvolta da un’aura poco rassicurante.
In quel caldo pomeriggio indossava una canottiera sgargiante che stentava a mettere in risalto il suo fisico, un paio di bermuda color ciliegia e delle infradito inguardabili con un fiore appoggiato sopra.
Le sue labbra, avvolte da un lieve strato di rossetto, incontravano puntualmente il disappunto dei loro genitori che non vedevano il motivo per cui doveva truccarsi se era da alcuni anni che non usciva più con nessuno.
Suo padre, un omaccione di 45 anni, alto quasi 2 metri e dal sorriso rassicurante, non avrebbe mai capito la sua Crostatina.
La chioma di questo energumeno consisteva in ciuffi rossi irregolari che rapava a zero a causa del sopraggiungere delle calvizie e che, se lasciati crescere, avrebbero creato solo un contrasto deciso con i suoi occhi glaciali.
Per il resto si notava una barba appena accennata che spesso incontrava il disappunto della tenace e caparbia consorte, spesso confusa come la sorella maggiore di Alberta tanto erano simili.
Uniche differenze erano il fisico ben più prosperoso e una colorazione di capelli più chiara.
Seppur fosse molto più bassa del marito, era lei a portare i pantaloni che altrimenti sarebbero stati destinati al gigante.
A vedere il quadro della sua famiglia Scott si era quasi convinto che nessuno si fosse mai comportato come un cinico bastardo.
In quel pomeriggio, però, perfino i suoi avi si sarebbero allontanati dinanzi alla crudeltà infinita di Alberta.
La sua tipica dolcezza era andata a farsi un viaggio di sola andata con l’ultimo idiota che aveva varcato la porta d’ingresso in sua compagnia.
“Alza il culo e vai a questo indirizzo.” Borbottò lei, sventolandogli davanti agli occhi un fogliettino minuscolo.
“Che vuoi, Alberta?”
“Se resti fermo, farai la muffa.”
“Mi annoio.”
“Lo vedo.” Sospirò la maggiore, indicando un topo che stava scorrazzando indisturbato tra le piastrelle chiarissime del pavimento.
“A settembre farò qualcosa.”
“E vorresti restare così fino a quel giorno? Non te lo permetto.”
“Mi sto riposando per l’Università.” Tentò il rosso, facendola ridere sprezzante.
“Non m’interessa.”
“Come puoi essere così crudele?” Chiese Scott, afferrando il foglietto che lei gli porgeva e leggendolo con attenzione.
“Vuoi che parliamo di quello che hai combinato in televisione?”
“Ancora con questa storia?” Domandò il rosso, tornando ai reality di Chris.
Lui ricordava perfettamente cosa aveva fatto.
Nella prima stagione si era fatto odiare da tutti, mentre nella seconda era stato ad un passo dalla vittoria, si era preso una bella cotta per Courtney ed era caduto per colpa di Mike e Zoey.
Aveva perso anche in ambito sentimentale laddove la sua stupida attrazione non faceva altro che parlare di Duncan e di tutte le sue malefatte.
Se avesse voluto sapere quante volte era finito in riformatorio, avrebbe letto la sua fedina penale oppure, nonostante la rivalità in gioco, lo avrebbe preso in disparte e gliel’avrebbe chiesto.
In 2 stagioni non aveva ottenuto nulla, se non l’odio dei suoi compagni di sventura e una cicatrice sul sedere a forma di denti di squalo.
“Ancora con questa storia.” Ribadì Alberta, risvegliandolo dai suoi pensieri.
“Poi ho cercato di sistemare le cose.”
“Almeno qualcosa di buono in un mare di cazzate.” Borbottò sibillina, incrociando le braccia sotto il seno.
“Ma sta roba è vicino al benzinaio.” Sospirò il rosso.
“Sta roba ti piacerà.”
“Io sono convinto che sta roba sia una fregatura.”
“Sta roba è un laboratorio di pasticceria in affitto.”
“Che?” Chiese Scott.
“Te la faccio semplice: una mia amica mi deve un favore e le ho chiesto di farti usare il suo laboratorio per qualche ora.”
“Che noia.” Sospirò il rosso.
“Essendo un dilettante, sarai affiancato a qualcuno che ti darà qualche consiglio.”
“Cucinare è un lavoro da donne.” Borbottò, alzando i piedi dal pavimento, per adagiarli sul tavolino pieno di riviste.
“E provvedere alla propria famiglia è un lavoro da uomini.”
“Cosa cambia che io partecipi o meno a sta roba?” Sbuffò, mentre Alberta afferrava la mazza da baseball che il fratellino aveva adagiato vicino a sé.
“Partecipi e non ti ficco la mazza in quel posto. Non lo fai? Ti ritroverai questa mazza in un posto doloroso che farà ridere i dottori.” Rispose la maggiore, facendolo trasalire.
Scott dinanzi a quella minaccia non seppe ribattere.
Se conosceva sua sorella, lei avrebbe mantenuto la parola e ciò avrebbe significato passare le calde giornate estive con dei medici che ridevano per quella sventura.
Anche perché non avrebbe saputo come spiegare quella situazione.
Quale dottore avrebbe mai creduto che una gentile e pacata ragazza potesse picchiare il fratello, infilando qualcosa in un punto orribilmente doloroso?
“Per quanto?”
“Ti sei ammorbidito, fratellino.”
“Ti conviene rispondere, prima che cambi idea.”
“Questo dipende dalla persona che dovrai incontrare.”
“Quando?” Chiese con fastidio.
“Alle 19 a quell’indirizzo.”
“Così tardi?” Sbuffò il rosso, domandandosi quale mente inferiore potesse aver partorito quell’orario come decente per il loro incontro.
“Non rompere le scatole, segui le indicazioni dell’istruttore e in 2 ore, forse, sei anche a casa.”
“Tutto qui?” Chiese Scott, mentre la sorella era tornata a dargli le spalle per continuare con le faccende domestiche.
“Voi sarete gli ultimi a sfruttare il laboratorio, quindi, potresti trovare i dolci delle altre persone e dovrai fare le pulizie.”
“Mi stai chiedendo di non rovinare quelle robe zuccherose?”
“Non te lo sto chiedendo. Ti sto ordinando di tenere le tue sporche manacce lontane dal lavoro altrui e di preparare i dolci preferiti di papà e mamma.” Rispose Alberta, afferrando uno strofinaccio.
“C’è altro?” Domandò il rosso, mettendosi in piedi e sentendo alcune ossa scricchiolare dalle tante ore di riposo che si era concesso.
“Divertiti e non fare casino.”
 
Scott, in condizioni normali, non avrebbe accettato un simile ordine.
Avrebbe sbraitato qualcosa, ma mai si sarebbe sognato di alzarsi dal suo divano che aveva modellato sotto forma del suo corpo.
Era stato il suo istinto di sopravvivenza ad avergli dato uno slancio vitale e ad averlo spinto a seguire le indicazioni di sua sorella.
Niente casino.
Niente battibecchi.
Niente problemi.
Erano queste le regole che, in soldoni, Alberta gli aveva appiccicato addosso.
Se fosse venuta a sapere che qualcosa nel laboratorio della sua amica era andato distrutto, allora quella mazza da baseball sarebbe stata usata come arma contundente.
Rabbrividendo al solo pensiero, aveva afferrato il cellulare e il mazzo di chiavi ed era uscito, avviandosi lentamente verso la sua destinazione.
Il laboratorio distava pochi chilometri e stranamente gli sembrava perfino piacevole passeggiare con quel lieve venticello a fargli compagnia.
Mancavano pochi minuti alle 19, quando suonò al citofono e quando sentì qualcuno aprirgli la porta.
Non si pose troppe domande ed entrò, squadrando la sala che l’avrebbe accolto.
Quel luogo era pieno di strani aggeggi perfettamente brillanti e di tavoli stracolmi d’ingredienti.
Davanti a quella roba, il rosso pensò che forse era eccessivo.
In fin dei conti doveva solo preparare qualche muffin e ciambella senza troppe pretese.
Dopotutto anche se qualche dolcetto fosse collassato su se stesso, lui poteva sempre affermare con spavalderia che la cucina era roba da donne represse e che essendo uomo non si poteva pretendere troppo.
Doveva solo impastare qualche ingrediente a caso e infornare a una qualsiasi temperatura: non gli sembrava troppo difficile.
“Prendi il grembiule sulla sedia che arrivo.” Borbottò una voce alle sue spalle, prima che lui prendesse l’abito in questione.
Ebbe solo il tempo di metterselo, di osservare qualche torta lontana dalle sue grinfie e di girarsi che si trovò 2 occhi conosciuti a leggere il suo volto.
“Tu?”
“Potrei dire lo stesso.” Sospirò il rosso, retrocedendo di qualche passo e chiedendosi per quale motivo dovesse sopportare quella seccatura.
“Che cosa ci fai tu, qui?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
“Io uso questo laboratorio da 2 anni.”
“Interessante.” Sbadigliò, facendola innervosire.
“Sei venuto qui per rovinare anche questo mio passatempo?”
“Mi spiace deludere la tua cieca sicurezza, ma non voglio guai.”
“Sai che dopo quello che hai fatto, non dovrei nemmeno parlarti?” Chiese la ragazza.
“Ti ho chiesto scusa, mi sembra.”
“Nonostante sia arrabbiata, non ho intenzione di rovinare la mia pace interiore.” Sospirò, facendo annuire il compagno di sventura.
“Fai bene perché ho solo 2 ore per imparare a fare muffin e ciambelle.”
“In 2 ore non riusciresti nemmeno ad accendere un fornello senza spaccare tutto.” Lo sminuì lei.
“Questo lo credi tu.”
“Lo credo perché so come sei.” Soffiò convinta.
“Ma davvero?”
“La tua anima mi dice che sei un individuo crudele e che farei bene a negarti il mio aiuto.” Affermò con risolutezza.
“Ascolta…so che tra noi c’è dell’astio e non posso chiederti di dimenticare, ma vorrei una tregua.”
“Una tregua?”
“Non mi sembra di pretendere troppo.” Borbottò, stiracchiandosi appena, mentre lei riprendeva a leggerne l’aura.
“E va bene, ma solo per oggi.”
“Sarà sufficiente.” Promise il rosso, prendendo una ciotola celeste da un ripiano per porla sul tavolo davanti a sé.
“Sei cresciuto in questi anni, Scott.” Tentò la giovane, cambiando discorso.
“Anche tu.”
“Ricorda comunque d’impegnarti e di non distruggere questo posto.”
“Ma è una cospirazione questa?” Sbottò il rosso, grattandosi la testa.
“Tutti sanno che sei un casinista distruttore.”
“La mia pessima fama mi precede.”
“Comunque credo sia saggio cominciare dalle cose più semplici.” Propose la ragazza, mentre Scott annuiva appena.
 
Nei 10 minuti seguenti lei aveva cercato di insegnare le nozioni basilari al compagno, il quale nonostante tutto cercava di collaborare e d’impegnarsi.
In quegli istanti aveva tentato di stuzzicarla con alcune frecciatine che lei puntualmente finiva con l’ignorare o con lo snobbare.
Terminata la parte noiosa, avevano iniziato a impastare, anche se al primo tentativo Scott aveva confuso lo zucchero con il sale, creando un qualcosa che era andato a incontrare da molto vicino il bidone dell’immondizia.
Scusatosi per l’incidente, era tornato a lavorarci su e dopo aver riempito gli stampini, aveva passato la teglia alla sua improbabile maestra.
Lei quindi aveva infornato il tutto e si era messa su una sedia ad aspettare che il tutto fosse pronto.
Le ciambelle erano già cotte e mancavano all’appello solo i muffin che Scott aveva preparato con tanto impegno.
“Pensavo di annoiarmi, venendo qui.” Borbottò il rosso ad un certo punto, restando in piedi.
“E invece?”
“Non è stato male.”
“Ricorda, comunque, che la cucina richiede impegno costante.”
“E tu, Dawn?” Chiese il giovane.
“È la prima volta che mi chiami per nome, Scott.”
“Solo perché ti definivo un po’ strana, non significa che anche il tuo nome lo sia.”
“Hai detto una cattiveria e una cosa carina insieme.” Borbottò la ragazza, facendolo annuire.
“A quanto pare.”
“Se devo essere sincera, non parteciperò più ai reality di Chris.”
“Solo perché ti ho eliminato senza ripensamenti?” Chiese Scott, facendola negare.
“Non è questo.”
“Allora cosa?”
“All’inizio questa cosa mi ha ferito, ma poi mi son detta che faceva parte del gioco e che mi hai eliminato solo perché mi temevi.”
“In un certo senso.”
“Non mi temevi?” Domandò la ragazza.
“Più tardi ho capito che come scusa poteva anche reggere.”
“La verità è che non voglio più partecipare perché ho visto come le persone si sfruttino a vicenda e come le prove non siano così facili da portare a termine.” Soffiò triste, ripensando ai progetti che aveva per curare la natura.
“Chris non ha mai detto che fossero semplici.” Le fece presente il ragazzo, mentre lei si rialzava per controllare come procedeva la cottura.
Tempo di estrarre la teglia e di girarli un attimo e si rese conto che altri 5 minuti non avrebbero fatto male a quei dolcetti all’apparenza sinistri.
“E poi non voglio rivedere i miei amici soffrire.”
“Posso immaginarlo.” Sospirò il rosso.
“Anche tu, se vuoi, puoi essere un mio amico.” Borbottò Dawn, facendolo arrossire appena.
“Non so che dire.” Ammise Scott.
“Sta a te decidere.”
“Non credevo di meritarmi una seconda possibilità.”
“La verità è che tu non sei cattivo: fai solo finta.” Ammise Dawn, mentre il rosso si aggirava tra i tavoli, osservando le varie torte fatte da quelli che li avevano preceduti.
“Anche se eliminarti così malamente, non è stata la migliore delle strategie.”
“Perché?”
“Mi sono sentito in colpa.”
“Potevi pensarci prima.” Sospirò lei.
“Non rimpiango, però, d’averti eliminato all’inizio.”
“Perché?” Chiese Dawn, innervosendosi un po’.
“Se non l’avessi fatto, saresti diventata importante e non mi sarei mai perdonato di farti correre dei rischi inutili.” Rispose, facendola arrossire.
“Anche per me eri importante.”
“Posso tornare a esserlo, se ci lasciamo questa cosa alle spalle.” Tentò, avvicinandosi a Dawn, mentre lei si alzava, incrociando il suo viso.
“Prima pensiamo ai tuoi muffin e poi vediamo.” Sospirò lei, prendendo la teglia e studiando la pila di dolcetti in fila.
Si trattavano di una decina di muffin dall’aspetto non esaltante, anche se dal gusto delicato.
Estratta la teglia, i 2 si trovarono in contrasto.
Lei desiderava decorarli con della panna montata, mentre Scott preferiva del cioccolato fuso.
Fu, mentre agitava il tubetto con la panna, che Scott per sbaglio la urtò e lei si ritrovò con una mano nella crema pasticcera.
“L’hai fatto di proposito.” Sbottò lei, girandosi verso il rosso che si era messo a sghignazzare.
“Ti sbagli.”
“Non mi chiedi nemmeno scusa?” Chiese, cercando di ripulirsi.
“Io…”
“Non te la perdono, Scott.” Tuonò, svuotando il tubetto sul viso di Scott.
Il rosso, non aspettandosi quella mossa da una ragazza normalmente pacifica e disinteressata a contrasti di ogni genere, sgranò gli occhi dalla sorpresa e afferrò la ciotola con il cioccolato fuso, versandogliela sulla testa.
Quella semplice contromossa fu in grado di azzerare il poco controllo di Dawn che s’incamminò decisa verso un tavolo centrale, raccogliendo una torta e studiandola con attenzione.
“Non ci provare, Dawn.” Borbottò Scott, assaggiando con curiosità parte della panna che gli copriva buona parte del volto.
“Chi me lo impedisce?” Chiese lei, tirandogli una torta che lo prese in pieno.
Scott, raccolto il guanto di sfida, mise al sicuro i muffin per la sua famiglia e si avviò su un altro tavolo, iniziando un’autentica battaglia.
Nei 5 minuti seguenti quella cucina venne riempita da urli e da lanci di cibo in ogni direzione.
Avevano sfruttato ogni dolce che avevano trovato nella sala e alla fine erano ricorsi anche al lancio degli ingredienti che riposavano sui tavoli.
Con solo le uova al sicuro, situate su un mobiletto vicino al tavolo di lavoro, entrambi si erano ritrovati nuovamente vicini.
Scott ricoperto di panna e marmellata, mentre Dawn appena uscita da un bagno di cioccolato e crema pasticcera.
Entrambi gocciolavano e la cucina sembrava essere stata attraversata da un tornado implacabile.
Giunti vicino al loro obiettivo, si contesero anche l’ultimo ingrediente.
Più tiravano, più si ritrovavano una forza opposta che gli vietava di vincere.
Più si guardavano negli occhi, notando le loro condizioni pietose, più si mettevano a sorridere.
“Sono stanca.” Borbottò Dawn a un certo punto, lasciando al rosso l’intera scatola, temendo comunque che lui la usasse per colpirla.
Invece a sorpresa, lui rinunciò a quell’idea vigliacca e la fece scivolare al suolo, perdendosi nei suoi occhi chiari.
“Per una volta siamo d’accordo su qualcosa, Dawn.”
“Strano.”
“Comunque sarà un po’ difficile uscire da qui in questo stato.” Riprese il rosso, fissando intensamente la ragazza.
“Possiamo sempre usare il bagno esterno per una risistemata.”
“Io comunque non sistemo i danni di questo posto.” Ribatté Scott, voltandosi per la prima volta a fissare la carneficina che avevano causato.
Mobili chiari macchiati da miscugli di vario genere.
Forno, frigo e altri apparecchi appiccicosi come non mai.
Pareti una volta bianche, macchiate dal cioccolato.
Pavimenti completamente sommersi.
“Nemmeno io, hai cominciato tu.” Sbuffò Dawn, cercando di tirargli un lieve pugno sul petto, salvo poi fermarsi e pulirlo appena.
“Lo so e ne sono felice.” Sospirò, tirandola a sé e baciandola.
Il cioccolato si riunì, quindi, alla panna e la marmellata incontrò la delicatezza della crema pasticceria.
Entrambi usciti sconfitti e vittoriosi da quella strana battaglia, si fissarono nuovamente negli occhi, sorridendo.
Ora rimaneva solo un piccolo problema da risolvere: come avrebbero spiegato che quel disastro non era colpa loro?
Al massimo potevano incolpare la passione che li aveva traditi, anche se sapevano che da quella sera, quel laboratorio non avrebbe più voluto saperne nulla della loro presenza.






Angolo autore:

Dopo quasi un mese sabbatico (diciamo sabbatico per non parlare di maturità e altro) esco con questi momenti che non mi fanno proprio emozionare.

Ryuk: Pubblichiamo tanto per.

Esatto.
È qualcosa di talmente zuccheroso che mi fa senso, ma ormai è tardi per lamentarsi.
Saranno solo 7 Moments (per mia fortuna) e quindi la tortura sarà breve e indolore.
Aggiornerò ogni martedì e venerdì così in poco tempo ce la leviamo dalle scatole.

Ryuk: Sperando di trovare qualcosa di degno come prossima storia.

Spero solo di non ritrovarmi con centinaia di lettori che vogliono la mia testa e che mi riempiono di bandierine arancioni.
Detto questo vi saluto.
Al prossimo venerdì (per la mia povera pace interiore).


 
   
 
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