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Autore: LaSignorinaRotterMaier    12/07/2017    2 recensioni
[ Prima classificata parimerito al Contest "Le carte delle streghe" indetto da Meryl Watase sul forum efp ]
Spesso capita che diamo precedenza a cose del tutto futili, come ho fatto io che per anni ho dato ascolto il mio insulso ego, reclamando stupidamente l’attenzione del mondo su di me. Dottore, mi perdoni, le voglio svelare un segreto. La verità è molto semplice. Si avvicini, la prego, e faccia attenzione a ciò che sto per dirle: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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             L’essenziale è invisibile agli occhi.

 

 

 

 

Quante ne avrà viste di anziane come me? Non sarò certo il suo primo caso, no, non di certo. Lei mi guarda come se già mi conoscesse, come se avesse già capito. Ma lei, come il resto delle persone che è qui, che mi guarda con quella irritante espressione da saputello, con quei piccoli occhietti fastidiosi, binocoli sulla mia vita passata, non sapete un bel niente. Che cosa sto a fare qui con lei? Chi diavolo l’ha chiamata? Accidenti! Deve essere stata quella biondina insolente! Sa chi sono io? Lo sa? Ma mi guardi! Sono solo una povera vecchia, lasciata oramai al suo destino ma mio caro dottore, visto che tanto ormai è qui, lascia che le ricordi una cosa che molti di voi giovani tendoni a dimenticare: la vita è dura. Soprattutto per chi, come me è ormai avanti con l’età. È difficile lasciarsi il passato alle spalle, perdonarci e dimenticare quando siamo rimasti per parecchio tempo immobili sulle nostre idee, incapaci di muoverci e vedere anche altri punti di vista. È difficile agire, mentre tutto il mondo ci cade addosso. È veramente sfiancante riuscire a gestire tutte le tempeste emotive che riponiamo segretamente nel nostro cuore. È difficile far finta di niente, fingere la felicità. È altrettanto complicato parlare e sfogare qualche malessere, quando non si è mai stati abituati a farlo. Dottore, è dannatamente difficile vivere col peso, col rimorso, con la paura nascosta dietro l’angolo e pronta a riaffacciarsi per farti cadere giù, di nuovo.
Mi creda se le dico che la morte si sconta vivendo. Si segni questa cosa su quel ridicolo blocchetto. Scriva, scriva. L’ha segnato? Invece di battervi su quel dito, aspettando che io parli di ciò che è successo stamattina.
Oh, la prego, non mi addolcisca la pillola. Non mi venga a dire che sto esagerando, che devo provare a vedere anche il lato buono della vita. Vedrà, col tempo imparerà che l’importanza di qualcuno la si comprende solamente quando questo non ci sarà più.
Lei adesso mi sta fissando con la tipica espressione con cui si guarda un vecchio rimbambito piagnucoloso. Si, certo. Magari, come crede lei, potrei anche aver perso parte della mia razionalità ma le posso assicurare che i miei ricordi sono ancora lì, intatti. E non sa quanto questi possano ferire, anche i ricordi belli ne hanno il potere, lo sa?

Qual è il vostro nome? Sa, mi rende le cose più facili sapere come si chiama. Non le capita anche a lei di entrare maggiormente in empatia con qualcuno conoscendone soltanto il nome? Eppure lei dovrebbe capire la sensazione considerando che è uno strizza cervelli… Oh, mi scusi, un psicologo.

Sasuke Uchiha.
Beh, dottor Uchiha, immagino che non ci sia bisogno che le dica come mi chiamo: sarò già registrata in uno di quei fascicoletti che porta sempre dietro, nella sua ventiquattrore. Per carità! È un onore essere lì su quel registro! Davvero! Non sono qui per criticarla, anche perché lei ha percorso una lunga strada per arrivare dove è adesso ma, mi consenta di dirle che io diffido molto da voi psicologi. Reputo che andare dal parroco a confessare i peccati equivale a quello che in fondo è il suo mestiere, con l’unica differenza che devo sborsare fior fior di quattrini per parlare con lei.
Mi viene da sorridere mentre guardo quel suo bel visino che ora è palesemente contrariato. Mi domanda perché sembrerebbe così strano pagare quello che, agli albi, è definito a tutti gli effetti un dottore. Aggiunge che si paga un dentista, si paga l’idraulico, un avvocato e persino un cartomante, allora perché i soldi dati al psicologo suonano come un’eresia?
Alla mia mancata risposta, lei sorride.
Ha vinto. Uno a zero per lei, dottore.
Il mio nome è Mebuki Haruno, piacere di conoscerla dottor Uchiha.
Mio caro dottore, io so il motivo per cui lei è qui, davanti a me, a sorseggiare questo disgustoso tè verde. La casa di riposo sicuramente le avrà detto quello che è successo stamattina, durante l’orario delle visite. Ma lei non è un uomo che si ferma alle apparenze, oh no. La sua “professione” la porta a dover scavare in profondità, andare oltre l’ovvietà. Ma io non ho bisogno delle sue sedute per capire il motivo per cui io abbia agito così, ne sono già consapevole a dirla tutta.
Se posso permettermi, dottore, è da mezz’ora che siamo qui, eppure, non sono riuscita a dirle nulla di concreto. Mi creda se le dico che mi sto seriamente sforzando ma è molto difficile raccontarsi, mettersi completamente a nudo quando, soprattutto, non si ha a che fare con un amico ma con un estraneo.
Qual è il motivo, quindi, che la spinge a rimanere?
Non mi venga a dire che è il suo “lavoro”, che è un suo “dovere”, ho molti anni più di lei e non sono una sprovveduta. Io non la conosco e non l’ho nemmeno mai vista, perché tutta questa insistenza con me?
Sorride e devo confessarle che a quel suo bel visino proprio non so resistere. Vien da ridere anche a me e con mio sommo rammarico devo ammettere che lei sa il fatto suo.
Di nuovo, due a zero per lei.
Ha capito dall’inizio che non ho fatto altro che temporeggiare, volendo che lei mi lasciasse in pace, eppure mi ha saputo tenere testa.
Vuole così tanto che le racconti la storia della mia vita?
Bene!
Sorseggio quell’orrido tè e poi mi schiarisco la gola. Bene, mio caro dottore, se proprio ci tiene, eccomi, sono pronta ad accontentarla.

Lei è di Konoha, giusto? E i suoi genitori come si chiamano? Ah… Mi scusi per l’indelicatezza. Posso solo immaginare le difficoltà; quanto lei possa essersi sentito solo crescendo in un orfanotrofio ma, vediamo il lato positivo: per essere diventato ciò che è adesso, vuol dire che qualche anima pia ha preso a cuore la sua situazione. Vede? Non tutto il male viene per nuocere e lei dovrebbe ritenersi fortunato, mio caro dottore!
Non mi rimproveri, non sto affatto divagando ma non sia frettoloso, ho bisogno dei miei tempi, sa?
Dunque, lei quanti anni ha? Maledizione, è giovanissimo! E mi dica, è sposato? Oh, questo vuol dire che non ho proprio nessuna speranza!
Sorride ancora e io mi sento più rilassata e meno distante da lei. Sa dottore? A differenza sua, la mia vita sentimentale è stata sempre travagliata. All’epoca credevo che la colpa non fosse mia ma degli altri che non riuscivano a capirmi, a sapermi prendere nel modo giusto. Diamine, a pensarci adesso, mi rendo conto di quanto in realtà volessi solo essere al centro dell’attenzione! E, al tempo stesso, capisco anche mio marito che ha avuto una così tanta pazienza con me. So che mi amava davvero. Se solo lei conoscesse il rapporto che avevo con Kizashi… Mi sento male solamente a ricordarlo!

“Sei un fallito!”

“Non hai voce in merito!”

“Stai zitto!”


Mi creda, se le dico che volersi imporre, urlando a squarciagola e non dando la minima possibilità di difesa, è la cosa più ignobile che qualcuno possa fare ad una persona.
Cerco di mantenere la calma ma, dottore, tremo. Lo vede? Il mio corpo non smette di fremere al ricordo dell’ultimo respiro di Kizashi prima di lasciare completamente questo mondo. Il suo ultimo sospiro di sollievo.
Non immagina quanto questa visione mi dilani il cuore e, sapere che mia figlia mi odia a tal punto da non volermi nella sua vita, mi lascia insonne la notte.
Lo sa, dottore? La mia Sakura è sempre stata una bambina piena di vita e i suoi occhi verdi zampillavano di grande energia.
La guardo diritto negli occhi, con aria stanca e afflitta. Dottore, io, quella straordinaria forza, l’ho completamente annientata. Come se fosse stato un rottame oramai giunto al momento di essere smantellato.
Non sono mai riuscita ad apprezzare la mia piccola e, ogni suo tentativo di dimostrarmi qualcosa, l’ho sempre ignorato come se fosse una cosa di poco conto. Eravamo arrivate al punto di non riuscirci più a capire. Ho preteso da lei compatimento, come se la perdita di Kizashi l’avessi subita solamente io, non afferrando la tacita sofferenza che anche lei provava.
Questa mattina, quando ho visto quella bambina dagli stessi ed identici occhi della mia Sakura, qualcosa in me è scattato. E’ stato come se fossi ritornata nel passato e di fronte al suo radioso sorriso, non riuscivo più ad essere indifferente, l’abbracciavo, trascinata dalla sua scintillante luce.
Delle lacrime mi scendono dalle palpebre e mi accorgo che mi sta guardando preoccupato, cercando probabilmente qualche parola di conforto. Le sorrido ancora una volta ma la realtà, mio caro dottore, è che per quanto sia piacevole ascoltarla, non mi libererò mai da questi rimorsi. Le sorrido benevolmente e penso che oramai non c’è più nulla da fare. Io sono arrivata al capolinea, non ho più tempo per rimediare ai miei tanti errori e l’ho capito troppo tardi. Ma lei deve sapere, lei così giovane, deve sapere che molto spesso si dimenticano le cose veramente importanti e sono quelle che arricchiscono la nostra vita, senza nemmeno rendercene conto. Spesso capita che diamo precedenza a cose del tutto futili, come ho fatto io che per anni ho dato ascolto il mio insulso ego, reclamando stupidamente l’attenzione del mondo su di me. Dottore, mi perdoni, le voglio svelare un segreto. La verità è molto semplice. Si avvicini, la prego, e faccia attenzione a ciò che sto per dirle: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.

 

 

 

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Probabilmente non hai capito il motivo per cui ho infranto la nostra promessa, quella di essere sempre sinceri l’uno con l’altro. Ma tu, ancora prima di me, non l’hai fatto. Speravi che non mi accorgessi di niente, ma credevi davvero che tu potessi tenermi fuori da questa storia? Non posso credere che mi hai tenuto all’oscuro di tutto!
Sei seduta sul bordo del letto e hai il capo chino. Non vuoi contraddirmi, non reagisci alle mie accuse, rimani chiusa in te stessa macerando chissà quale pensiero. Sei consapevole del fatto che hai sbagliato nei miei confronti eppure non accenni a voler placare quest’aria pesante creatasi attorno a noi. Io voglio sapere il motivo per cui la notte ti sento piangere invece di dormire, che sei così insicura di te stessa che non sai nemmeno cosa vuoi veramente. Odio dovertelo dire, ma davvero, è patetico tutto questo. Soprattutto se penso che sei stata tu la prima a insistere, fino al limite dell’impossibile; che dovevo aprirmi, renderti partecipe delle mie turbe mentali... Volevi che ti coinvolgessi nei miei dolori, che riempissi le mie mancanze con il tuo amore che è sempre stato lì, pronto per essere consumato. Io sono riuscito a concederti tutto e ringrazio ogni giorno per aver avuto la fortuna di averti accanto, soprattutto nei momenti in cui ne avevo maggiormente bisogno. Ma perché non permetti a me di fare lo stesso? Dimmi, non sono all’altezza delle tue aspettative, forse? Mi credi così inaffidabile?
Non fissare il pavimento, dannazione! Guardami negli occhi e dimmi il motivo per cui in tutti questi anni non mi hai mai parlato dei tuoi genitori! Non hai mai accennato al fatto che tuo padre è morto d’infarto e che tua madre è viva e si trova in un ospizio, qui a Konoha per giunta.
Mi guardi sbigottita, non aspettandoti una reazione così scalmanata da parte mia, non credendo possibile che mi sarei interessato fino a questo punto alla tua vita passata.
Perché non mi hai presentato alla tua famiglia? Rispondimi, Sakura, non ritornare a fissare il pavimento.
Continui a non degnarmi di uno sguardo?
Ti dimostri così ostinata alle volte e anche così superficiale, che rimango sorpreso di come ti lasci sfuggire le cose più semplici.
Sono stanco. Non mi va di continuare la discussione ma voglio dirti che sei tu e soltanto tu a dover prendere le decisioni per la tua vita e, se ti senti infelice, è una tua scelta. Se non vivi nel modo in cui avresti voluto, è una tua scelta. Se perdi le opportunità che rapidamente volano via, come coriandoli al vento, è una tua scelta. Tua madre ne è una sola e tu, a differenza mia, ce l’hai ancora. Soltanto adesso tenti di spiegarmi le tue ragioni ma ora ho la mente troppo oberata di pensieri negativi, non riesco a prestarti la giusta attenzione e interrompo i tuoi disperati sforzi di trattenermi qui. Ho bisogno di stare da solo, stanotte non aspettarmi alzata ti dico e tu cadi di nuovo in quel tuo silenzio tombale.

 

 


 

 

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Non riesco a dormire.
Mi giro di lato, toccandomi l’addome. È da un mese che ho scoperto di aspettare un bambino e non vedo l’ora di averlo tra le mie braccia. Accenno ad un mezzo sorriso, il primo di questa lunga e pesante giornata.
Non capisco perché Sasuke, di punto in bianco, abbia voluto riaprire le mie vecchie ferite. Al momento, i miei ormoni ballano a ritmo di una danza frenetica e i pianti notturni, che dice di avermi sentito fare, sono derivati semplicemente da questo. Ho sbagliato a non dirgli nulla, è vero. Ma c’è un motivo per cui ho deciso di non metterlo al corrente del mio passato: semplicemente non volevo più averci a che fare. Se non fosse mai andato da quella che dovrebbe essere, in teoria, mia madre, non avremmo litigato. Non saremmo giunti a dover passare la notte in letti diversi.
Come è possibile che quella dannata donna abbia il potere di rendere la mia vita impossibile anche a chilometri di distanza? È come una fastidiosa mosca che mi gironzola continuamente intorno, nonostante i ripetuti tentativi di scacciarla via. La cosa peggiore è che ogni volta che la sento nominare, inizio a non ragionare più con lucidità. È come se entrassi in completo loop mentale, dal quale proprio non riesco ad uscirne ed ecco che mi trasformo, divento una un’altra persona, un fantasma, un automa. Non mi riconosco più.
Se solo penso a quanto sia stato complicato per me e Sasuke affacciarci all’amore, a quanto siamo stati impacciati l’uno verso l’altro… Lei non può continuare a rovinarmi la vita! Io, prima di conoscerlo, non sapevo cosa volesse dire amare, com’è sentirti amati. È stato grazie a lui, che ho imparato a seguire il cuore. Amore mio, perdonami per averti tenuto nascosto il mio passato. Mi dispiace di non aver mantenuto la parola. Ma domattina ti dirò tutto, meriti di sapere anche questo lato della mia vita.

Sono oramai otto anni che non vedo e sento mia madre e nemmeno lei ha mai provato a cercarmi in tutto questo tempo. Il nostro rapporto, già di per sé complicato, è andato maggiormente a sgretolarsi senza che avessimo avuto mai un chiarimento, un confronto. Le cose sono progredite in questo modo e nessuna delle due ha mostrato interesse nel voler cambiare le cose, ritenendoci non indispensabili l’una per l’altra. Sarà l’orgoglio, le ferite che ci siamo inferte a vicenda, ma per quanto mi riguarda non ho più l’esigenza di riavvicinarmi, di sapere come sta o cosa stia facendo.
Ti guardo sottecchi, mentre sorseggi il tuo caffè aspettando che io continui il mio racconto. Dal modo in cui poggi la tazza sul tavolo, capisco che sei contrariato per la freddezza trasudata dalle mie parole, non condividi le scelte che ho fatto, i miei sentimenti nei confronti di mia madre e, anche se non me lo dici chiaramente, so cosa pensi: sono una vigliacca, non sono riuscita a trovare una soluzione migliore al problema.
Io non pretendo che tu mi capisca, Sasuke. È impossibile che tu riesca a comprendermi fino in fondo. La tua etica morale è sempre puntata in alto, troppo in alto, e questo non ti dà la possibilità di poter capire anche i miei punti di vista.
Ma noi adesso siamo sposati, sono tua moglie e davanti all’altare ti ho promesso fedeltà e non intendo più venire meno alla parola data.
Gusto anche io un po' di caffè, mi schiarisco la mente e guardo il tuo viso un po' più rilassato e meno contratto rispetto a ieri sera. Vederti un po' più sereno, ha in qualche modo tranquillizzato in automatico anche me. Sono convinta che adesso non rifiuterai il mio tentativo di ridurre le distanze tra noi e infatti ti afferro le mani, intrufolando le mie dita nelle tue. Non fai nessuna resistenza, ti lasci andare a questo nostro contatto diventato così tanto indispensabile.
Il mio sguardo si poggia noncurante sul liquido scuro della bevanda e sorrido dolcemente, contenta del fatto che finalmente sei tornato nel nostro piccolo universo fatto d’amore.
Lo sai che anche mio padre  era solito prendermi le mani quando mia madre andava fuori di testa per un nonnulla? Ricordo ancora la sensazione che provavo a contatto con le sue mani grandi e callose. Mi acquietava quel suo modo d’essere, così calmo e pacifico e mia madre aveva fin troppo approfittato di quella sua amorevole pazienza. Non si risparmiò dall’addossargli tutte le colpe della sua insoddisfacente vita e io, dall’altro lato, ero troppo piccola per poter capire e intervenire a sua difesa. Dopo tanto tempo a subire ripetutamente i colpi inferti da mia madre, papà morì di crepacuore e l’espressione che gli dipinse il viso, prima di levare le cuoia, era di autentico sollievo, di vera felicità.
Lui era per me come un’ancora di salvataggio quando il mare era in piena tempesta ma, dopo la sua morte, quella stessa tempesta si era trasformata in un vero e proprio diluvio apocalittico.
Mi domando ancora adesso come le sia saltato in mente, anche solo per un istante, di avermi concepito. Ha pensato bene di spassarsela quella notte, dando sfogo ai suoi desideri carnali, non riflettendo sul fatto che il suo essere così marcio e decomposto avrebbe arrecato danni e sofferenze al bambino che sarebbe nato e, sfortunatamente, quel bambino fui io.
In seguito a tutto quello che è successo tra noi, avrei tanto da dire e non mi risparmierò nello spiegartele nella maniera più spregevole possibile:

Non la sopporto.

Mi credi se ti dico che soffro perfino nel vederla respirare la mia stessa aria? Non reggo la sua vicinanza, questo sangue che non sento mio, che vorrei debellare con tutte le mie forze, mi fa schifo. Se dovessi cambiare radicalmente e assumere le sembianze di uno scarafaggio, lo farei pur di non assomigliarle.

E’ tutto ciò che non vorrei mai essere.

Non sono mai riuscita a guardarla normalmente in volto. Ho tanta rabbia dentro e lei, d’altro canto, ha avuto la premura di alimentarla, ogni straziante giorno. Solo la sua presenza è causa del mio malessere esistenziale e, se non sono riuscita ad avere qualche sorta di gratificazione nella mia vita, la colpa è stata anche sua.
Non ha fatto altro che dare ascolto al suo egoismo, lasciarsi andare all'avidità e non si è mai preoccupata di me, di nessuno. Guarda tutti dall'alto, come se potesse avere la presunzione di giudicarci.
In fondo, è colei a cui tutto le è dovuto! Lei, non ha la minima idea cosa vuol dire essere dall'altra parte. Mi sto agitando, il mio corpo trema tutto. Tu, con apparente calma, mi dici di respirare lentamente e io ti do ascolto, riuscendo miracolosamente a riprendere il controllo della situazione.
Sasuke, non immagini nemmeno cosa ho dovuto subire per colpa sua. Per tanti anni mi son dovuta sentire un peso e si compiaceva nel vedermi rimpicciolire sotto le sue fastidiose grida. Mi ha svuotato, ha divorato tutto di me, fino a ridurmi in un mucchio d’ossa.
Ancora adesso, dopo anni, riesco ad avere in mente i suoi occhi, il suo sguardo sempre incollerito che guarda verso di me. Quel solco tra le sue sopracciglia, quella piccola rughetta, che le dava un’aria sempre stizzita. Anche se era di buon umore, quella la tradiva. Di fronte alla sua espressione iraconda, io perdevo completamente fiducia in me stessa e, in compenso, qualsiasi fosse la situazione, mi penetrava un incontrollabile senso di colpa. Mi sentivo la causa dei suoi malumori, della sua tristezza. Inconsciamente mi accollavo tutti i suoi problemi, tutti i suoi sbagli, pensando che fossero solo colpa mia.
Ha sempre voluto riconoscenza per i sacrifici che aveva fatto per mantenermi, facendomi presente che in futuro avrei dovuto ricambiare in qualche modo. Ma le cose non sono andate secondo i suoi piani: all’età di diciotto anni scappai di casa e fu in quel momento che iniziai a vivere la mia vita.

Lo squillo del tuo cellulare mi interrompe. Il tuo sguardo mi fa capire che devo lasciar perdere quell’insistente suono e proseguire con il mio discorso ma io so quanto in questo tuo lavoro bisogna essere disponibili verso i propri pazienti, di quanto questi hanno bisogno di te. Ti esorto quindi a rispondere e dopo vari tentennamenti da parte tua, finalmente ti convinco ad accettare la chiamata.
Mentre aspetto che concludi la telefonata, mi tocco la pancia leggermente più gonfia del normale, accarezzandola dolcemente.
Io, nella mia infanzia, ne ho passate davvero tante ma, stai certa mia piccola creatura, non permetterò che tu subisca le conseguenze di questo mio oscuro passato. Sarai la mia nuova luce su cui io potrò finalmente posare i miei occhi rimasti per tanto tempo al buio.

 

 

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<< Mi scusi se la disturbo a quest’ora del mattino, dottor Uchiha. Sono Ino Yamanaka, infermiera della casa di riposo in cui risiede Mebuki Haruno, sua suocera.
È sempre difficile essere portavoce di questi spiacevoli eventi, ma la signora, la scorsa notte, è deceduta. Vorremmo che lei e sua moglie veniste qui e ci comunicaste i dettagli del funerale. Ancora condoglianze. >>

 


 

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Dove mi trovo?
Mi guardo attorno e vedo una struttura circolare, ampia, impreziosita da muri in marmo bianco. Le candele adornano tutto l’ambiente e l’odore d’incenso penetra nelle mie narici, fino a farmi girare la testa.
Cosa ci faccio io qui?
Chi sono tutte queste persone in lacrime che mi abbracciano?
Chi siete?
Che cosa volete da me?
Sasuke mi tiene la mano e io gliela stringo forte, impaurita da questo flusso di estranei che continua a toccarmi. Mi aggrappo al braccio di Sasuke, nascondendoci il viso. Il mio corpo trema e non ne capisco il motivo. Una musica lugubre inizia a riempire la sala e i miei occhi sono immediatamente fissi su una figura vestita di bianco, che entra improvvisamente in scena. La sagoma cattura l’attenzione di tutti e invita implicitamente la platea a prendere posto sulle panche in legno, posizionate in fila e parallelamente tra loro.
Quell’uomo incomincia a fare il segno della croce e tutti, attorno a me, eseguono il suo stesso gesto. Ha le mani intrecciate al petto e guarda diritto a sé, con sguardo dispiaciuto. Mi volto per capire cosa stesse guardando, cosa lo rendesse così triste, e al centro della sala vedo degli uomini vestiti in nero trasportare una bara in legno scuro e lievemente laccato lucido. Una composizione di garofani bianchi sono poggiati al suo di sopra e… quelli… quelli sono i fiori preferiti di mia madre. Sorrido al pensiero di quando era solita piantarli nel giardino della nostra vecchia abitazione. Nonostante il suo carattere insopportabile, estremamente poco tollerante, ogni cosa che seminava, fioriva sempre in qualcosa di bello.  
Adagiano lentamente la cassa su un’alzatina in solido marmo e un chierichetto pone al prete dell’altro incenso ed inizia a gironzolare intorno alla bara.
Successivamente, il prete prende posto dietro ad un bancone, grande e imponente, e alza le mani al cielo annunciando testuali parole: “Siamo qui riuniti oggi, in nome del Signore, per affidare a te la nostra cara sorella Mebuki Haruno … “.
Le parole del parroco riecheggiano nell’aria ma io non riesco a scandirne nemmeno una, sono come immersa in un altro mondo, in un altro universo. Sto sognando, tutto questo non è assolutamente reale!
Afferro ancora più saldamente la mano di Sasuke e vedo che quest’ultimo ricambia prontamente la mia presa, come per dirmi che lui è qui, affianco a me e che non mi lascerà sola.
Fisso prima Sasuke e poi mi guardo nuovamente intorno. Il mio sguardo si trasforma, non è più confuso, non è più avvolto dai dubbi.
Ma…mamma?
Sei davvero tu? Lì dentro?
Non dovresti essere in quella casa di riposo? Come diamine si chiama? Non riesco proprio a ricordarne il nome, ma tu dovresti essere lì, a lamentarti di qualche infermiera o di chissà chi. Allora, avanti, cosa aspetti ad entrare in questa chiesa locale e smentire tutti i presenti che sei morta?
Cosa aspetti, mamma!
Mamma!
Mi giro più volte per controllare le porte ma queste non si aprono. Sono agitata. Inizio ad avere il fiato corto. È come se l’aria attorno a me avesse assunto una composizione densa. Delle gocce di sudore scendono lentamente lungo le tempie e sento le gambe farsi pian piano più deboli.
Dannazione, Sakura, cosa ti prende?
Vedrai che lei entrerà da lì e dimostrerà a tutti che non è in quella bara, sta a vedere!
Mi volto ancora e nulla.
Dannazione, lei è davvero morta, quindi?
Non è possibile! Non lasceresti mai silenziosamente questo mondo! Pensandoci, a questo punto, potrebbe anche essere una delle tue trovate per attirare l’attenzione di tutti! E se così fosse, perché devo essere spettatrice di questo tuo patetico spettacolino? Fino alla fine devi prenderti gioco della mia sensibilità! Non ha più senso che ti nascondi, compiacendoti del fatto che queste persone piangono per te! Avanti mamma, esci allo scoperto!
Improvvisamente il braccio di Sasuke, che mi circonda le spalle, mi fa tornare coi piedi per terra. Lei è davvero morta. Lei non entrerà mai più da quella porta, continuerà a non far più parte della mia vita. Mi sento strana. Perché improvvisamente il mio stomaco pesa tonnellate? È come se avessi un grosso macigno all’interno. Cosa mi sta succedendo?
Perché mai dovrei essere così triste? Non dovrei provare un senso di sollievo, finalmente?
No, non lo sarò mai.
Io, che ho sempre voluto essere diversa da lei, volendomi dimostrare migliore, non ho fatto altro che comportarmi esattamente come mia madre, se non peggio! Solo adesso mi rendo conto che in tutti questi anni non ci siamo mai avvicinate perché ho creato delle barriere talmente alte e potenti che per lei, oramai vecchia e debole, è stato difficile anche solo avvicinarsi. L’ho abbandonata a se stessa, completamente immersa nella solitudine. Ho dato retta solamente alla mia rabbia repressa nei suoi confronti lasciandomi sfuggire le cose veramente importanti e adesso non potrò più liberarmi da questi rimorsi. Non potrò più fare nulla. Sono arrivata troppo tardi per poter rimediare a questi errori. Sasuke, hai perfettamente ragione quando dicevi che mi lascio sfuggire le cose più semplici, quelle veramente importanti.
Mi porto una mano alla bocca, consapevole del fatto che non avrò più nessuna seconda chance per poter cambiare le cose.
Sasuke mi bacia il capo, attirandomi verso il suo petto e io, senza che potessi più controllare quell’irrefrenabile corrente d’emozioni che naviga impetuoso dentro al mio cuore, singhiozzo tra le sue braccia.
Mamma, perdonami.

 

 

 

 

 

 

 

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Epilogo

 

 

 

 

Sono passati sei anni dalla tua scomparsa. In tutto questo tempo ho avuto modo di mettere a fuoco molte realtà che prima faticavo a vedere. Ero talmente accecata dalla rabbia nei tuoi confronti, così ostinata a voler barcollare nel buio quando la via d’uscita era sempre stata accanto a me.
Non avrò più la possibilità di riparare ai miei errori, purtroppo questa è la verità, ma ho imparato a vivere in maniera diversa, ho capito che nella vita vale la pena essere più tollerante, dare maggior ascolto alle opinioni altrui senza dover essere necessariamente così testardi e fermi sulle proprie idee.
Improvvisamente delle piccole braccia mi circondano l’addome, abbasso il capo già sapendo chi fosse ad abbracciarmi. È lei! La mia piccola Sarada.
Strofini la faccia sulla mia pancia, avendo le guance leggermente arrossite per la tua precedente corsa dietro ad una farfalla. Ricambio anche io il tuo abbraccio, dandoti un bacio sul capo. Non immagini nemmeno quanto tu sia preziosa per me e tuo padre, bambina mia.
Ti stacchi da me e mi guardi con quel tuo viso sorridente e io non posso far altro che guardarti mentre saltelli qua e là, facendomi contagiare dal tuo irrefrenabile entusiasmo.
Sei impaziente, vero? Lo sono anche io, a dirla tutta. Non vedo l’ora di vedere il risultato del nostro duro lavoro!
Mi prendi per mano e con frenesia mi trascini verso il giardino. I miei occhi verdi vengono immersi in una pozza completamente bianca e il sole, così caldo e luminoso, mette in evidenza maggiormente il chiarore dei garofani in fiore.
Il profumo che emanano mi ricorda tanto il tuo odore, quando ritornavi dal campo, mamma. Ancora adesso mi domando come sia possibile che i fiori, così tanto fragili, che con un colpo di vento possono facilmente morire, possano avere questo enorme potere di portarti alla mente così tanti ricordi, darti così tante emozioni.
Respiro a pieni polmoni quell’aria buona e sento gli occhi essere diventati lucidi per la commozione.
Mi manchi, mamma e, nonostante tutto quello che è successo tra noi, io non potrò mai dimenticarti. Sei e sarai per sempre lì, impressa nei miei ricordi.

   
 
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