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Autore: vincey_strychnine    12/07/2017    2 recensioni
" “E io cosa sono?” mi chiese rigirandosi in mano il tappo della bottiglia.
L’animo poetico. L’Anticristo. Il lato oscuro. Vicious e Rotten racchiusi in una persona sola. Un demone in fiamme.
“Beh… tu scrivi i testi e suoni il basso, no?”
(..)
Mi guardò negli occhi da sotto la frangia. “Wow biondina, grazie mille, non sprecarti.”
“Non lo so rockstar, dimmelo tu cosa sei.”
“Sono quello che vedi, bimba.”
“Ah sì? Vuoi dire che non si nasconde nulla dietro agli strati di trucco, alle birre e alle groupie? Vuoi dirmi che questa non è una maschera, che la tua essenza, i tuoi desideri più profondi, sono visibili a tutti alla luce del sole?” Nikki non rispose per un bel po’.
(..)
“Che cos’è che vuoi davvero, Nikki Sixx?” "
Los Angeles, 1983: Rebecca è scappata di casa, da un'Italia che le va stretta, ed ora, nella città dei suoi sogni e con un nome inventato trovato in una canzone, è pronta a farsi una vita che sia come la vuole lei. L'incontro con una rockstar le cambia la vita ancor più del trasferimento, trascinandola in vortice di eventi da cui uscire sarà difficile.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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V

 

Era passata una decina di minuti da quando Vince, Mick e Tommy se ne erano andati e Nikki ancora non aveva proferito parola. Si limitava a starsene sdraiato sul divano a peso morto, fissando il soffitto. Cominciavo decisamente a rompermi di quella situazione di “prigionia”, così gli chiesi che cosa volesse da me.

“Quante volte devo dirtelo, Strychnine? Voglio che mi parli di te, punto e basta,” si lagnò lui.

“Ma si può sapere perché cazzo sei così ossessionato da me?” esplosi allora, “Appurato che non vuoi portarmi a letto, perché altrimenti l’avresti già fatto, perché non vai a cercarti qualche altra persona con una storia più interessante? Su di me non c’è proprio un bel niente da sapere, e comunque in ogni caso non verrei di certo a dirlo a te.”

Nikki si tirò su a sedere con una lentezza estenuante, gemendo come se ogni movimento gli fosse costato una fatica incredibile. Dal basso del pavimento dove mi trovavo seduta riuscivo a vedere ogni minimo dettaglio del suo viso schifosamente attraente, gli occhi chiari, il naso dritto e le labbra, per una volta non distese in un sorriso strafottente. 

“Quando ti ho vista al negozio di dischi, quel giorno, beh è ovvio che la prima cosa che ho pensato sia stata che eri decisamente sprecata dietro quel bancone..” stavo per ribattere ma lui continuò: “..poi però mi sono detto che magari c’era un motivo se te ne stavi lì e non sul Sunset Strip a rimorchiare celebrità come avresti potuto fare.”

“E il motivo è che non ho un soldo per comprarmi dei vestiti decenti, o pagarmi un taxi fino a lì,” risposi amareggiata.

“Certo, anche questo è vero, ma non la dai a bere a nessuno, biondina. Sappiamo tutti e due che anche se avessi le possibilità non ti metteresti mai a fartela con gente come noi, con mio sommo dolore.”

“Non farmene una colpa.”

“Io non giudico nessuno, bellezza. Però ecco, tu sei distante anni luce da noi e da tutto.. questo,” disse indicando la finestra aperta da cui entravano i rumori incessanti di Hollywood. “E se non sei venuta a Los Angeles per cercare la fama, allora che diavolo ci fai qui? Ecco, è questo che vorrei sapere.” Quando ebbe finito la frase si afflosciò sul divano appoggiandosi allo schienale e lasciando cadere all’indietro la testa.

Mi alzai in piedi e rimasi per un attimo a contemplare quell’assurdo spettacolo: Nikki Sixx, la rockstar il cui nome era in quel periodo sulla bocca di tutti, autore di testi duri e irriverenti, ora se ne stava lì inerme, come un qualsiasi ragazzo sbronzo ad una festa, a fare domande assurde ad una ragazza nemmeno tanto interessante che aveva visto una sola volta in vita sua e che l’aveva trattato, perdonate il francese, di merda. Titubante, decisi finalmente di dargli una risposta che fosse soddisfacente senza dirgli troppo su di me. 

“Scappo,” risposi semplicemente affondando sul divano accanto a lui. Nikki si voltò verso di me con gli occhi ancora annebbiati dall’alcol ma comunque sfavillanti. 

“Ohh, ma senti! Mi affascinano i fuggitivi.. e sentiamo, da cos’è che scappi? Guai con la legge? Una brutta storia d’amore?” 

Lo colpii leggermente su un fianco. “Niente di tutto questo, rockstar. Come ho detto, non è una storia così emozionante.”

“Sentiamo, allora.” 

“Non così in fretta. Perché invece non mi dici da cosa scappi tu?”

Nikki mi guardò senza capire. “Da un bel niente. Ti sembro uno che scappa? Direi proprio di no,” rispose, allungando il braccio verso una bottiglia di Bombay Sapphire abbandonata sul tavolo. La rigirò fra le mani per poi appoggiarla nuovamente con un sospiro una volta resosi conto che era vuota.

“Sicuro?” incalzai io. “Perché beh, insomma, anche tu hai un nome che decisamente non è quello che hanno scelto i tuoi genitori. E poi tutto quel trucco, e quelle canzoni alla ti faccio il culo brutto stronzo, e cose così.. insomma anche se non scappi mi sembri uno che ha qualcosa da nascondere, o no?” lo vidi sogghignare leggermente.

“Aspetta un attimo, ma qui si parla di te, non di me, Miss Strychnine. Che cazzo sei, una giornalista di Rolling Stone con queste domande?”

Si alzò e barcollando raggiunse il mobile-bar nell’angolo della stanza. Tornò con una bottiglia di Jack piena solo fino a metà.

“Ci servirà un po’ di questo, mi sa,” disse tornando ad accasciarsi sul divano e porgendomi la bottiglia aperta. Presi un sorso. Il whisky scese pesante, lasciando dietro di sé un bruciore amaro.

“Ecco, ora sì che si ragiona. Comunque il nome Strychnine da dove l’hai pescato?”

Buttai giù un altro sorso.

“E’ il titolo di una canzone, ed è uno dei veleni più letali al mondo. Mi sembrava che suonasse pericoloso.” Nikki scoppiò a ridere ed io lo guardai storto.

“Senza offesa, ma tu sei tutto fuorché pericolosa,” disse quando fu di nuovo in grado di parlare.

“Ma cosa vuoi saperne, tu..”

“Lo vedo. E comunque, ho qualche anno più di te.. a proposito, quanti anni hai?”

“Non si chiede mai l’età ad una signora, dovresti saperlo.”

“Aaah, sei minorenne..” disse Nikki con un sorriso beffardo, “Meno male che non abbiamo fatto nulla,” si coprì gli occhi con le mani fingendo vergogna.

“Col cazzo che sono minorenne, diciotto anni compiuti,” risposi allora d’impulso con una certa fierezza.

Alla vista del suo sorriso trionfante mi resi conto di aver commesso un passo falso: l’orgoglio mi aveva fatto abbassare la guardia, e così ora lui sapeva qualcosa in più su di me, senza che io ci avessi guadagnato nulla. Ma ero determinata a giocare quella partita ad armi pari. 

“Non pensare di avermela fatta, amigo. L’età non è altro che un numero scritto su un foglio, non è una cosa così importante.”

“Sapessi in quante me l’hanno detto..” lo zittii con una gomitata.

“Hai finito di picchiarmi? Cos’è, vuoi dimostrarmi che sei una dura?”

Cominciai a capire perché Vince avesse dato in escandescenze quando ero arrivata: Nikki era già fastidioso di per sé, ma da ubriaco era ancora più strafottente del solito.

“Dico solo,” proseguii io sollevando le gambe e incrociandole sul divano, “che ci sono particolari molto più importanti in una persona, piuttosto che l’anno in cui è nata.” Nikki mi imitò assumendo la mia stessa posizione cosicché fossimo uno di fronte all’altra.

“Ad esempio?”

“Beh, ad esempio: quale turba mentale spinge Nikki Sixx, un musicista professionista che potrebbe fare quello che vuole, a passare la sua giornata sbronzo, chiuso in una stanza minuscola con una ragazzina che non lo sopporta, a farle domande assurde senza nemmeno tentare di scoparsela?”

“E chi ti dice che io non ci stia provando?”

“Se questo è il tuo approccio, Sixx, devi decisamente rivedere le tue tecniche di rimorchio..”

“Di solito in realtà basta che io faccia un po’ così, vedi?” si aggiustò i capelli in modo che gli coprissero di più gli occhi e piegò appena la testa all’indietro, esibendo un mezzo sorriso sbilenco che per quanto studiato ad arte era quasi irresistibile. Tuttavia riuscii a ricordarmi a che gioco stavamo giocando e mi scossi rapidamente dai miei bollori adolescenziali.

“Sì, okay grazie mille per questa dimostrazione dal vivo. Però non hai risposto alla mia domanda: perché non mi lasci in pace?”

Nikki alzò gli occhi al cielo: “Non posso farci nulla, Miss Strychnine: sono totalmente ossessionato da te.” Non riuscivo a capire se fosse serio o mi stesse prendendo in giro, comunque capii che a quella domanda non avrei avuto altra risposta, almeno per il momento.

Allora mi venne in mente un gioco che facevo di solito con i ragazzi dopo aver fumato, una stupidaggine stile campeggio della terza media fatto apposta per mettere in imbarazzo le persone.

“Ho un’idea. Facciamo un gioco, ti va?”

I suoi occhi si accesero di nuovo e si protese un po’ verso di me.

“Ci sto. Che gioco è?”

“In pratica, io ti faccio una domanda e tu la fai a me.”

Scosse la testa, confuso: “Ma è quello che stiamo già facendo, no? E’ stupido.”

“Eh no, Nikki. Quello che stiamo facendo ora è che tu ti comporti da idiota e vuoi farti gli affari miei senza dirmi nulla su ti te. Invece così siamo pari, è un do ut des.”

“Un cosa? Parla la mia lingua, ragazzina.” Tendevo a scordare che nei licei al di fuori dell’Italia raramente si studiava latino.

“Lascia perdere. E comunque, ci sono altre regole: non importa come rispondi, l’importante è che tu finisca sempre con una domanda. Capito?”

Rifletté per un momento.

“Capito.” Rimase a fissarmi in attesa che io dicessi qualcosa.

“Nikki, devi finire la frase con una domanda..” gli agitai le mani davanti alla faccia e lui sobbalzò.

“Ah, giusto. Da dove vieni?”

Sapevo in cosa mi stavo mettendo: era inevitabile giocare senza rivelare qualcosa su di sé, ma era anche un buon modo per tentare di scoprire qualcosa su di lui. Qualcosa che non fosse già scritto sulle riviste musicali di tutti gli Stati Uniti, magari.

“Italia. E tu?”

Sgranò gli occhi. “Merda, dall’Italia addirittura! Quando hai detto che venivi dall’altra parte dell’oceano pensavo, che ne so, all’Inghilterra. Non si sente che sei italiana, per nulla. Come hai imparato l’inglese così?”

“Un amico di famiglia è di New… aspetta un attimo! Non mi hai detto da dove vieni! Pensi di poter giocare sporco?”

“Sai Strychnine, il gioco delle domande è uno dei primi che ti insegnano a scuola, ci avrò giocato almeno mille volte. Hai detto che non importa come rispondo.. continuiamo?”

Nikki era raggiante, ma io sentivo la rabbia montare dentro di me: mi stava prendendo in giro. Oltre che un bassista e uno scrittore da paura, era anche un attore da oscar. Avevo davvero creduto per un momento che avrebbe seguito le regole. Certo, però il bello del gioco sta proprio nel cercare di rispondere nel modo più elusivo possibile. O forse speravi che si sarebbe aperto e ti avrebbe raccontato la storia della sua vita? Il gioco era solo una scusa perché sei tu ad essere ossessionata da lui. Non hai pensato ad altro, in queste settimane, e lui invece ti sta solo usando come passatempo, come sfida. Non saresti nemmeno dovuta venire qui.

Schizzai in piedi come una molla e mi diressi a grandi passi verso l’uscita, Nikki tentò di alzarsi ma quando ci riuscì ero praticamente già alla porta dello studio.

“Strychnine dai, non fare la permalosa! Stavo solo giocando un po’, non era quello che volevi?”

Mi voltai di scatto con la mano già sulla maniglia e me lo ritrovai a dieci centimetri di distanza.

“Certo che era quello che volevo, ma non così! Devi giocare pulito Nikki, secondo le regole!”

“Ma io stavo seguendo le regole! Non bisogna per forza rispondere alle domande, dovresti saperlo, sei tu che hai voluto..” mi stava esplodendo la testa, l’ambiente chiuso e il Jack Daniel’s di certo non aiutavano e l’ultima cosa che volevo era discutere di un gioco per adolescenti che avevo avuto la malaugurata idea di proporre.

“Fanculo le domande! Non me ne fregava niente di quel giochino del cazzo, volevo solo conoscerti meglio, idiota! Non sei l’unico che ha diritto a voler sapere. Adesso però scusami, ma voglio solo uscire di qui,” dissi, spingendo la maniglia e trovandomi catapultata nella luce abbagliante della mattina californiana. Tirai su con il naso e solo in quel momento mi accorsi che nel mio scoppio d’ira probabilmente avevo pianto. Era da tanto tempo che non mi ritrovavo a piangere, probabilmente dalla sera in cui me ne ero andata. Nemmeno quella volta in cui Nikki mi aveva riaccompagnata avevo pianto, ero sempre riuscita a trattenermi. Ora però, non potei fare altro che mettermi a camminare sempre più veloce sul marciapiede con la mia sigaretta tra i denti, stringendomi le braccia attorno alla maglietta dei Clash perché in tutto quel casino avevo lasciato la giacca in negozio. Pochi secondi dopo vidi la sua ombra allungarsi su di me: quell’idiota mi aveva seguita. Mi maledissi da sola mentre, non appena lo sentii chiamare il mio nome, mi voltai. Era l’ennesima volta che gliela davo vinta e, esausta, gli chiesi che diavolo volesse ancora, senza però riuscire a guardarlo negli occhi.

“Texas,” rispose lui. Lo guardai scuotendo la testa. 

“Che cazzo vuol dire?”

“Idaho, Seattle, New Mexico, Los Angeles..” proseguì imperterrito.

“Sei impazzito?” gli chiesi. Ormai la mia pazienza era esaurita da un bel po’. Non sapevo nemmeno se si trattasse di una conversazione reale o di un’allucinazione.

“Sono tutti i posti in cui sono cresciuto. Il punto è che non lo so da dove vengo, Strychnine. Quindi, ora mi faresti il piacere di tornare in studio con me e fare la persona ragionevole?”

Per un po’ non risposi, limitandomi a sfregare via le lacrime con le mani e a fissarmi gli stivali, nella speranza che Nikki si arrendesse e mi lasciasse in pace. Quando alzai lo sguardo era ancora lì, e aveva dipinta sul volto un’espressione indecifrabile: non era arroganza, stavolta, e nemmeno autocompiacimento. Era un misto fra serietà e paura, sembrava quasi.. preoccupato.

“Tu, tu stai chiedendo a me di fare la persona ragionevole?” riuscivo quasi a sentire i lampi uscire dai miei occhi. Se fossi stata più alta, probabilmente l’avrei preso a cazzotti. Tuttavia, il suo modo di fare così diverso in quel momento rispetto al solito, e quegli occhi verdi che, nonostante i miei cercassero di fuggirli, sembravano determinati a fissarmi fino a consumarmi, fecero lentamente calmare la rabbia che poco prima mi aveva fatta scappare. Inspirai profondamente.

“Va bene, rockstar. Non me ne vado. Però di sicuro non torno nel tuo stupidissimo studio. Piuttosto ci facciamo un giro.”

Nikki considerò l’idea per qualche secondo, per poi sorridere. “D’accordo, vado a prendere gli occhiali da sole, e torno.”

 

**

 

“Dio, ma la senti questa roba? Non dico che faccia schifo, cioè almeno è musica però cazzo, non se ne può più di questa new wave imbastardita,” sbottò Nikki indicando una ragazzina che passava con una radio portatile che trasmetteva Karma Chameleon a tutto volume.

“Dai, a me non dispiace. Voglio dire non sarà rock ’n’ roll però c’è di peggio. Dovresti sentire le schifezze che danno alla radio in Italia..”

Il molo di Santa Monica non era troppo affollato in quel periodo dell’anno, fatta eccezione per i ragazzini delle superiori che saltavano la scuola per godersi le ultime giornate dal clima gradevole.

Dopo che mi ero calmata, Nikki aveva preso la Harley ed eravamo andati a finire lì, lontano dal casino di West Hollywood. Ora passeggiavamo senza una meta e avevamo deciso, con un tacito accordo, di smettere di farci domande. 

“Dico solo che tutti ascoltano solo questa roba, e si fa fatica a trovare qualcosa di diverso,” proseguì lui.

“Beh ci siete voi, e poi le rock band tipo i Sabbath, e i complessi punk tipo the Replacements eccetera, ci sono mille generi diversi qui, non hai da lamentarti.” Ci fermammo lungo il parapetto del molo a cui mi appoggiai con la schiena.

“Va bene, va bene, hai ragione. Però non hai idea due anni fa di come fosse la situazione. Dico sul serio, tutti andavano pazzi per la new wave e la disco, e sentivi solo i Blondie, a tutte le ore del giorno. Nessuno voleva produrre il nostro primo disco perché facevamo una musica che nessuno capiva. Volevo creare qualcosa che suonasse come un misto tra Bowie e i Sex Pistols chiusi in una stanza con i Black Sabbath. Una cosa mai sentita prima, e alla gente non piaceva.”

“E come avete fatto?” chiesi, contemplando un gruppo di gabbiani che in quel momento solcava il cielo terso.

“Abbiamo raccolto i soldi per conto nostro, sai, cinquanta dollari di qua, dieci di là..” si mise a ridere alla vista della mia espressione scettica.

“Okay, forse qualche dollaro l’abbiamo anche fregato da qualche parte. Ma ehi, volevamo fare del rock, ed eccoci qua. We’re big rock singers, we got golden fingers and we’re loved everywhere we go..” disse, canticchiando l’attacco di The Cover of the Rolling Stone dei Dr. Hook.

Scoppiai istintivamente a ridere ma smisi quasi subito, quando mi accorsi che Nikki mi stava fissando strano.

“Che hai da guardare?” gli chiesi, secca.

“Niente, è solo che.. non ti avevo ancora vista ridere, Strychnine. Non pensavo che tu ne fossi capace.” 

“Sì, beh, ogni tanto capita anche a me.”

“Dovresti farlo più spesso,” proseguì avvicinandomisi un po’.

“Sei bella quando ridi.”

Il candore di quell’affermazione mi fece attorcigliare le budella. Non l’aveva detto con quel suo solito modo sarcastico e arrogante, era una semplice constatazione. Era sincero, e glielo si poteva leggere negli occhi, per quel poco che riuscivo a vederne. Non sapevo nemmeno come rispondere, e guardarlo mi faceva quasi male. Non è roba per te, bella mia. Sì è vero, ti ha fatto un complimento, ma chissà a quante altre lo ha già fatto..

 “Io dovrei tornare in negozio,” dissi allora, un po’ per togliermi da quella situazione e un po’ perché, in fondo, era vero. Sembrava deluso.

“Alcuni di noi hanno un lavoro, sai com’è..”

“D’accordo, se proprio devi.. ti riaccompagno, dai. Così il tuo capo non ti uccide.”

“Robb non lo farebbe mai, mi vuole bene adesso,” risposi, mentre ci avviavamo verso la moto.

“Però..” Nikki si fermò per un istante, guardando il mare insolitamente calmo per quella stagione.

“Però cosa?” notai che non mi stava guardando, cosa strana per lui che di solito non si faceva alcun problema.

“Però non vorrei doverti rapire di nuovo, per rivederti.”

“Allora usciamo, come tutte le persone normali.. ah già, tu non sei normale, dimenticavo. Sei una rockstar.”

“Esatto, appunto. Vieni a sentirci suonare? Sabato al Roxy, sul Sunset Strip.”

“Sì, lo so dov’è il Roxy,” mi sentii avvampare.

“Non avevo dubbi. Parla con Dennis all’ingresso, digli come ti chiami e ti farà entrare nel backstage.”

Lo guardai di traverso: per chi mi aveva presa?
“Non sono una groupie,” per quanto in una parte recondita di me non mi dispiacerebbe esserlo, pensai.

“Lo so. Ma sei una mia amica, e sono sicuro che anche agli altri ragazzi farebbe piacere rivederti,” disse ricominciando a camminare.

“Sì, soprattutto a Vince,” risposi, ripensando a quei tre folli che avevo incontrato poche ore prima.

“Strychnine?” mi chiamò, con tono serio.

“Sì?” lo guardai, in attesa.

“Stai lontana da lui.”

Scossi la testa, ridacchiando: “Agli ordini, capo. Non c’era neanche bisogno che tu lo dicessi, comunque.”

“Bene.”

Mi riaccompagnò al negozio, ed una volta arrivati lo sguardo truce di Robb attraverso la vetrina mi fece capire che non avrei avuto molto tempo per i convenevoli. 

“A sabato, allora,” dissi nervosa.

“Ci conto,” mi rispose, piegandosi per darmi un rapido bacio sulla guancia.

Lo osservai sparire nella luce del pomeriggio, e realizzai che per la prima volta avevo passato davvero una bella giornata con lui. Certo, dopo una sfuriata in piena regola, ma pur sempre una bella giornata. Non sapevo di preciso cosa mi avrebbe aspettata una volta varcata la soglia della Empire Records, e ancor meno sapevo cosa sarebbe successo al concerto dei Mötley il sabato successivo, ma una cosa la sapevo: Nikki mi aveva definito una sua amica, e dio solo sapeva quanto io avessi bisogno di amici.

 

Note dell’autrice: buonaseeera! Ecco che finalmente le cose si smuovono un po’ e la nostra Strychnine, anche se fra alti e bassi, riesce a guadagnarsi un invito niente meno che al Roxy Theater (mica pugnette, altroché!). Ed ecco anche che finalmente Nikki comincia a mostrare un altro lato di sé, anche se solo dopo che Strychnine da in escandescenze, ma come darle torto?

Comunque, da ora inizieranno sviluppi.. ahem, particolari, quindi allacciate le cinture!

Sono stata per un po’ senza connessione, ma se non altro ho scritto un sacco, quindi conto di riuscire a pubblicare almeno un altro capitolo prima di venire spedita in Grecia senza computer né internet la settimana prossima. 

Le frasi di Nikki sugli inizi difficili della band le ho prese da un documentario molto carino sulla nascita dei Mötley che ho trovato su youtube, The Rise and Rise of Mötley Crüe (è in inglese ma vabbè, io il link lo metto lo stesso).

Voi cosa pensate? Nikki considera davvero Strychnine una sua amica, o vuole semplicemente spingerla ad aprirsi e permettergli di scoprire di più su di lei? Fatemelo sapere :) Per ora vi saluto,

 

Vincey 

 

Canzoni citate: Culture Club-Karma Chameleon

Dr. Hook-The Cover of the Rolling Stone

  
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