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Autore: Thiliol    13/07/2017    1 recensioni
Aeglos a Alatariel, la loro infanzia, i loro ricordi, la loro vita nel passato, presente e futuro. Silevril e il suo bisogno di identità, la sua ricerca di un qualcosa che gli insegni ad amare. Finrod e la maledizione dei suoi amori impossibili. Feanor e ciò che non è mai riuscito a possedere davvero, nonostante tutto. Legolas e l'amicizia che non sempre è stata facile da portare avanti.
Momenti perduti di cui non ho mai parlato, momenti di cui si fa solo cenno. Momenti tra le storie di personaggi che hanno attraversato le Ere del Mondo.
Momenti perduti fra "Gocce di Luce", "Silevril" e "Il Tesoro di Ulmo"
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Finarfin, Finrod Felagund, Legolas, Noldor, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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Nuova missing moment!

Durante un festeggiamento, Morgoth accompagnato da Ungoliant è penetrato in Valinor e ha attaccato i due Alberi, uccidendoli e portando l'oscurità su Aman. Un momento difficile per Aeglos... buona lettura!



Rosso e Nero



Alatariel aveva il volto arrossato, i capelli scarmigliati e – non credeva di averla mai vista in quelle vesti – un lungo abito rosso. Non appena l'aveva visto, si era letteralmente lanciata fra le sue braccia e lui non era riuscito a fare altro che stringerla, in silenzio. Cosa avrebbe mai potuto dirle, in fondo, quando le parole sfuggivano a lui per primo in quel momento?

Era successo tutto incredibilmente in fretta, come in un incubo. L'oscurità era piombata su di loro mentre insieme a Lindir e suo padre era intento a districare le reti, proprio nel momento in cui le luci si mescolavano e i marinai Teleri intonavano un canto di ringraziamento. Un brivido gli era strisciato lungo la schiena, aveva sentito il cuore rimbombargli nelle orecchie, ogni cosa era diventata oscurità terribile e accecante. Ogni canzone era cessata. Qualcuno aveva urlato.

Poi un'ombra di morte era passata su di loro e un grido aveva gettato un terrore paralizzante su tutti loro, per poi passare e lasciarli lì, nel buio più totale.

Aveva sentito le mani di suo padre sul braccio, una presa quasi frenetica, come se avesse paura che sarebbe svanito anche lui in tutto quel nero. Aveva ricambiato la stretta e con l'altra mano aveva cercato Lindir al suo fianco.

Non si era nemmeno accorto di star piangendo.

Improvvisamente si era levato un coro di lamenti, un unico grido di sofferenza, e l'intera Alqualonde era stata risucchiata in quell'espressione di sofferenza e panico.

Non riusciva a calcolare quanto tempo avesse passato così, prima che venissero accese delle fiaccole, prima che incominciasse il frenetico tramestio di richiami, pianti, gente che cercava i propri cari. Aveva guardato in faccia suo padre e gli era sembrato un altro, qualcuno che non conosceva. Si sentiva le guance bagnate e gli occhi gli bruciavano, ma suo padre non aveva versato nemmeno una lacrima. Lindir singhiozzava.

Infine si alzò in piedi e fu come se Meldon si svegliasse da un lungo sonno.

< Dobbiamo tornare a casa, > disse alzandosi, con la voce rotta, < vostra madre sarà preoccupata. >

Si sporse per tirare in piedi Lindir e lo scosse leggermente.

< Non piangere, non ora > gli ordinò.

Aveva fatto per seguire suo padre e suo fratello, ma poi l'aveva vista là, trafelata come se avesse corso a perdifiato tutta la strada da Tirion, e allora si era separato dalla sua famiglia e le era andato incontro.

Ora se ne stavano seduti nella tranquillità apparente della sua stanza, dove nulla era cambiato rispetto a quella mattina, tranne che dalla finestra arrivava solo la luce rossastra delle torce.

Ogni cosa taceva.

Non si erano detti nulla per tutto il tragitto dal porto a casa sua e lui l'aveva fatta entrare senza dare spiegazioni a nessuno.

Lindir, che la conosceva, l'aveva osservata per un attimo, ma non l'aveva salutata come faceva di solito.

Alatariel sembrava quasi non vedere niente e nessuno.

< Cos'è successo? > le chiese infine, sottovoce.

Lei lo guardò per un po', senza rispondere, poi si portò le mani al volto e si chinò in avanti.

< Dovresti averlo capito, ormai. >

< Tu eri là. Voglio sentirlo da te. >

Lei si raddrizzò e gli puntò gli occhi addosso, quegli occhi che ogni volta lo turbavano e affascinavano con il loro essere così distanti. Erano freddi anche in quel momento, quando ogni altra parte di lei appariva sconvolta.

< Perché mi chiedi di raccontarti queste cose? Non vedi forse da te che gli Alberi sono morti? Non hai sentito il grido di Morgoth e la nera presenza di Ungoliant? Vuoi che ti descriva come sono morti? >

< Voglio sapere cosa è accaduto dopo. >

< Non lo so, non sono rimasta a guardare. Sono corsa subito qui. >

< Perché? >

Alatariel sembrò non capire quella domanda.

Gli prese una mano, allungandosi leggermente verso di lui.

< Non lo sai? > rispose, < Provo per te un affetto come non ne ho mai provati, sei mio amico come non lo è nessuno. Non c'è nessun altro posto in cui vorrei essere. >

Lo sapeva. Ciò che lo legava a lei era qualcosa che non riusciva a spiegarsi e sapeva perfettamente che anche per Alatariel era lo stesso, ma sentirglielo dire, in un momento come quello, era impagabile. Un gesto egoista, ma non aveva potuto trattenersi.

< Feanor ti starà cercando. >

< Sì, mi cercherà di sicuro > esitò appena, come se parlare di suo cugino fosse penoso, < ma non mi troverà. Lui non sa della tua esistenza. >
Alatariel gli sorrise, con una punta di divertimento nello sguardo: < Sei unicamente mio. >

Rispose al suo sorriso e, per la prima volta da quando l'oscurità era piombata su di loro, si sentì leggero.

Improvvisamente si librò un canto sommesso.

Si alzarono per andare alla finestra senza nemmeno accorgersene, si tenevano per mano, guardando meravigliati il cielo e l'oscurità ora meno fitta.

Le stelle brillavano fioche, solo un lontano ricordo di ciò che era stata la Luce degli Alberi, ma un segnale che non erano stati dimenticati, che Varda era con loro.

< Dovrei tornare, > mormorò Alatariel, facendosi appena più vicino a lui.

< Rimani, invece. >

Lei non ribatté, accettando la cosa semplicemente.

< Dobbiamo andare di là, > disse infine, guardandolo assorta, tua madre sembrava turbata e tuo fratello era sull'orlo di una crisi isterica. Non vorrai lasciarli soli. >

Annuì.

Era quello che bisognava fare, riprendere in mano la sua famiglia, tranquillizzare tutti.

Suo fratello Anàron era ancora così giovane!

Voleva piangere ma non aveva più la forza di fare qualcosa di così faticoso.

Alatariel lo trascinò fuori dalla sua stanza quasi di peso e quando entrarono nella sala da pranzo tutti si voltarono a guardarli.

Lindir era seduto al tavolo con la testa fra le mani, ancora scosso da singhiozzi silenziosi, sua madre cercava di tranquillizzare Anàron, spaventato e aggrappato alle sue gonne, suo padre era in piedi e lo guardava come se non lo riconoscesse nemmeno.

< Lei è Alatariel > la presentò, ma a nessuno sembrava importare di quell'estranea alla cui mano lui si aggrappava ferocemente.

Fu sua madre a riscuotersi per prima.

< Vieni, cara, > disse alzandosi, < aiutami a portare in tavola qualcosa da mangiare. >

Alatariel esitò appena, poi lasciò la presa e seguì sua madre in cucina. Per un momento si ritrovò a pensare a come doveva apparire a una come lei la vita modesta che conducevano, in quella casa piccola in una stradina secondaria di Alqualonde, quando lei abitava nel grande palazzo di Feanor.

Erano pensieri sciocchi e frivoli, ma la sua mente vi si soffermava insistentemente, per non dover pensare ad altre cose ben peggiori.

Telperion e Laurelin erano morti.

Morti.

Era un avvenimento di tale enormità che risultava difficile crederci, eppure era buio, buio come se qualcuno avesse chiuso gli scuri delle finestre del mondo.

Si sentiva male e cercò la mano di Alatariel, ma lei non era lì e ne riusciva a sentire la voce ovattata provenire dalla cucina.

Quando ricomparve, portando una pagnotta di pane e una caraffa di vino, seguita da sua madre con formaggio e frutta, gli venne quasi da ridere per l'assurdità della situazione, per come quell'elfa vestita di rosso, che serviva a tavola, fosse così lontana dall'Alatariel che conosceva, quella con gli abiti maschili e l'orgoglio che traspariva dal mento alto.

Eppure era lei, in ogni singolo aspetto, anche in quel momento.

L'amava.

Se ne rese conto pienamente solo all'ora e non ci aveva mai pensato prima, nonostante sapesse che era così fin dal primo istante in cui l'aveva vista.

Voleva dirglielo, urlarlo proprio lì, in mezzo ai suoi famigliari, mentre lei era bellissima e apparecchiava la tavola come se fosse tutto normale, come se non fosse appena piombata l'oscurità su Valinor e lei non portasse un vestito lungo e così poco da lei.

Ma non lo fece, si sedette a tavola e mangiò in silenzio, lanciandole solo uno sguardo fugace.

Anche lei lo guardò e per un momento, forse per colpa della paura o della disperazione, gli sembrò di vedere lo stesso impulso nei suoi occhi.


   
 
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