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Autore: Kim WinterNight    13/07/2017    4 recensioni
Una città magica, una notte stupenda, una vista mozzafiato.
Il Firenze Rocks alle porte.
DAL TESTO:
«Ma siamo a Firenze, ti pare logico che dobbiamo stare qui a marcire in albergo?» [...]
Annuii. «Il fatto è che siamo a Firenze» commentai. [...]
«Siamo a Firenze, cazzo!» [...]
«Ma sì, non preoccuparti. Siamo a Firenze, no? Qui va tutto bene» affermai. [...]
«Firenze» mormorai a fior di labbra.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Dolmayan, Shavo Odadjian
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ReggaeFamily

FIRENZE




Eravamo sulla terrazza dell'albergo, non c'era molto fresco a dire il vero, ma si stava discretamente bene. Tenevo tra le mani un libro e me lo rigiravo tra le dita, senza decidermi ad aprirlo.

Il giorno prima di un concerto era sempre così, mi sentivo leggermente irrequieto e mi risultava difficile fare tutto ciò che facevo di solito. Sospirai appena e spostai lo sguardo su Shavo, il quale armeggiava con il suo cellulare e borbottava qualcosa di incomprensibile.

«Che ti prende, Odadjian?» gli chiesi.

«Uhm» grugnì il bassista.

«Mi rispondi decentemente?»

Shavo alzò lo sguardo su di me e sospirò. «John, io non ho voglia di avere nuovamente a che fare con i fan. Stasera mi hanno sfiancato.»

Risi brevemente con una punta di amarezza. «Intendi rinchiuderti in albergo fino a martedì? Oggi è solo sabato» gli feci notare.

«No, ma... che rottura. Oggi è successo di tutto, non riuscivo a fare due passi senza incappare in qualche esaltato che voleva una foto o un autografo» spiegò, gesticolando con lo smartphone in mano.

«Attento, se ti scivola quello, sei fottuto» commentai. «Lo so, Shavo. Ma siamo a Firenze, ti pare logico che dobbiamo stare qui a marcire in albergo? Okay, la vista sull'Arno è stupenda, ma questa città ha tanto altro da dirci.»

«Forse dovremmo uscire di notte» commentò il bassista.

A quel punto mi venne seriamente da ridere. «Sei assurdo. Ti rendi conto che in questo posto non c'è tregua? A tutte le ore del giorno e della notte c'è vita, è pieno di turisti e di persone che fanno baccano in giro per le strade...» osservai.

Shavo scosse il capo. «Firenze» pronunciò in italiano, lentamente, sentendo la forma di quelle lettere nella sua bocca.

Lo notai perché ripeté più volte il nome della città, cercando di renderlo più simile al modo corretto di pronunciarlo.

«Ci volevamo venire da una vita, ricordi?» gli chiesi.

«Sì, certo, a Firenze ci sono tantissime cose meravigliose da visitare. Ma dobbiamo sempre guardarci le spalle, a te non rompe i coglioni?» sbottò ancora il mio collega, mettendosi in piedi e appoggiando i gomiti sulla balaustra in ferro battuto.

Abbandonai il libro sulla sedia e mi misi di fianco a lui, perdendo gli occhi sui riflessi chiari che la luna faceva scintillare sulle acque tranquille del fiume sotto di noi. «Un po' sì, ma tu hai più seguito di me» lo canzonai, dandogli di gomito.

«Stai sbagliando persona, quello è Daron.»

«Giusto. Ma sappi che, se vuoi uscire, mi offro per farti da guardia del corpo» gli proposi.

Lui sorrise e mi restituì una leggera gomitata. Poi portò gli occhi sulla strada sottostante e aggrottò la fronte. «Spero di star vedendo male» mormorò.

Aguzzai la vista e seguii la direzione del suo sguardo. Notai che in strada, poco distanti dall'ingresso del nostro albergo, un gruppo di ragazzi e ragazzi chiacchierava e setacciava attentamente la struttura in cui ci trovavamo. «Ti cercano, Odadjian» lo presi in giro.

«Spiritoso. Ora mi metto a gridare e gli dico che sei qui, poi scappo dentro e te la vedi tu» mi disse in tono ironico.

«Di me non se ne fanno niente.»

Shavo osservò ancora l'Arno e rifletté: «Mi piacerebbe tuffarmi da qui a lì. Sarebbe emozionante».

«Certo, e ti spaccheresti la testa sul fondo.»

«Sei sempre bravo a distruggere i miei film mentali. Come fa tua moglie a sopportarti, Dolmayan?»

Feci spallucce. «Puoi chiederglielo, sono certo che anche lei saprebbe rovinare i tuoi stupidi film mentali.»

«Siete irrecuperabili» sospirò lui infine, mollandomi un pugno sulla spalla.

«Che male» finsi di lamentarmi.

«Sei credibile, eh. Ah, John, a che ora comincia lo spettacolo?» mi domandò il bassista all'improvviso.

«Quale spettacolo?»

Shavo sorrise. «I fuochi d'artificio. Quel tassista ha detto che oggi ci sarebbero stati, ma non ricordo a che ora.»

«Giusto» mi illuminai. «Mi pare che abbia detto verso le dieci...» Consultai il mio orologio da polso e annuii. «Mancano ancora dieci minuti.» All'improvviso mi rabbuiai e mi lasciai sfuggire un piccolo sospiro.

Shavo se ne rese conto e mi posò una mano sulla spalla. «Che c'è?» volle sapere.

«Vorrei che mia figlia li vedesse, ma ora non è possibile. È troppo tardi» gli confessai con una vena leggermente malinconica nella voce.

«Lo so, anche io vorrei che i miei due mostriciattoli fossero qui. Gli piacerebbero un casino i fuochi d'artificio. Ma sai, John, Emma avrà tempo per vederli. Ora non li ricorderebbe nemmeno» tentò di rassicurarmi il bassista.

Ci pensai un attimo su. «Hai ragione. Però ogni tanto mi faccio prendere dalla malinconia, dev'essere per colpa del concerto di domani...»

Shavo scoppiò a ridere. «Ah, ma se siamo in tour da settimane. All'improvviso ti senti tu in ansia? Tu e non io?» mi canzonò.

«Tu sei un caso perso.»

«Grazie, eh. Andiamo, Dolmayan!»

Annuii. «Il fatto è che siamo a Firenze» commentai.

Il bassista alzò gli occhi al cielo. «E allora? Cos'è tutto questo romanticismo improvviso? Mi sa che la signora Dolmayan dovrà preoccuparsi, corro a dirle che ti stai rimbecillendo!»

Gli strinsi con forza il braccio. «Cretino. Ci sono città più magiche di altre.»

«Sì, è vero. Su questo ti do ragione, ma detto da te non è affatto credibile!» scherzò ancora lui.

«Sta' un po' zitto...»

Shavo stava per ribattere quando un boato improvviso mi fece sobbalzare e il cuore schizzò a mille nel petto. «Cazzo...» farfugliai.

Avvertii la mano del mio amico sulla spalla. «Tranquillo, sta solo iniziando lo spettacolo. Non è un temporale» mi rassicurò in tono gentile.

Spostando gli occhi verso destra, notai che alcune scintille luminose stavano salendo sulla distesa buia, producendo un fischio assordante. Questo durò solo un istante, poi un altro rombo esplose nell'aria, impregnandola e facendola risplendere di luce e colori.

Mi accorsi che Shavo aveva impugnato il suo cellulare e si apprestava a filmare l'evento. «Adesso faccio una ripresa, almeno quando Emma sarà più grande, glielo farai vedere.»

Ero certo che non lo stesse facendo solo per questo, aveva la strana abitudine di riprendere ogni singolo avvenimento della sua vita, che fosse attraverso delle foto o dei video, perciò per me non era stata una sorpresa notare che si era già armato di smartphone.

Rimasi immobile a osservare quell'arcobaleno che illuminava tutto il cielo e sembrava quasi abbattersi sul nostro albergo; nell'aria aleggiava un lieve odore di polvere da sparo e l'ambiente circostante veniva illuminato a giorno dai fuochi artificiali.

«Guarda sul fiume, John!» gridò Shavo all'improvviso.

Seguii il suo suggerimento e mi ritrovai a bocca aperta nell'osservare la magia che quelle girandole di colori stavano producendo sulla superficie dell'acqua; insieme alla luna, i riflessi multicolore si specchiavano e scintillavano sull'Arno, creando una giravolta iridescente che mi faceva quasi girare la testa.

«Che roba...» sussurrai tra me e me. Il rumore dello spettacolo pirotecnico aveva sicuramente impedito a Shavo di udirmi, ma il bassista sembrava molto più interessato a immortalare il momento, piuttosto che ascoltarmi.

A me andava bene, perché mi stavo piuttosto emozionando ed era meglio così, dato che non volevo che il mio amico mi prendesse per il culo per il fatto che i miei occhi si fossero leggermente inumiditi. Mi chiesi dove fosse mia moglie, se si stesse divertendo con sua sorella e con Sonia, se anche loro avessero trovato un buon punto da cui osservare quel magnifico spettacolo.

«Non finiscono più! Incredibile, ma in questo posto sono magici!» esclamò il mio collega, con i gomiti poggiati sulla balaustra e il cellulare sempre stretto tra le mani.

Gettai un'occhiata all'orologio da polso e rimasi strabiliato: era trascorso già un quarto d'ora dal primo rombo, e la cosa sembrava non essere ancora in fase di concludersi.

«Già, oh, guarda che forza questi! John, ma dove siamo finiti?! Io mi butto davvero nell'Arno da quassù!» strillò il bassista in fibrillazione. «Questa cosa mi sta gasando un sacco!»

«Non essere stupido, a Sonia prenderebbe un colpo» mi allarmai, notando che il mio amico si sporgeva pericolosamente dalla terrazza.

«Chissà se lei e le altre li stanno guardando, aspetta... chiamo Sonny, vediamo che mi dice!» Shavo sembrava un bambino di due anni mentre interrompeva le riprese e cercava in rubrica il numero di sua moglie. Si portò il cellulare all'orecchio sinistro e attese con impazienza, agitandosi sul posto. «Sonny! Stai guardando i fuochi artificiali?» strepitò non appena lei ebbe risposto.

Mi accostai a lui per cercare di cogliere qualche stralcio delle risposte di Sonia, ma Shavo si tappò l'orecchio destro e prese a strillare: «Cosa?! Non ti sento bene, ripeti!... Dove siete?! Su una tribuna?... Che culo allora, li vedete bene?... Dai, sul serio? Angela soffre di vertigini, lo so, ma sul serio non vi ha seguito sulle tribune solo per questo?».

«Non urlare, mi stai ammazzando i timpani!» lo rimproverai, battendogli forte sulla schiena.

«Ohi, Dolmayan, taci! Non capisco!... Sonny, hai visto che bello, eh? Dall'hotel si vedono benissimo, forse sareste dovute stare qui!»

Mi guardai preoccupato intorno, poi feci qualche passo verso la portafinestra che conduceva alla mia stanza. Gettai un'occhiata all'interno e costatai che Emma dormiva tranquilla, non sembrava essersi accorta di nulla. I doppi vetri istallati alle finestre facevano il loro dovere, ne ero contento.

«Diana vuole sapere come sta Emma!» mi disse Shavo, voltandosi per un attimo nella mia direzione.

«Dorme, per fortuna» affermai.

Shavo riferì quella notizia a Sonia, poi scambiò con lei qualche altra battuta e infine riagganciò. Ricominciò a filmare i fuochi d'artificio che ancora scoppiavano in cielo e mi facevano accapponare la pelle.

Il mio orologio segnava le dieci e ventisei, era passata quasi mezzora e ancora stavamo là, con il naso per aria, ad ammirare quel fenomeno pazzesco. I giochi di luci erano mozzafiato, alcuni fuochi rimanevano silenziosi ed esplodevano senza produrre alcun rumore, altri erano talmente forti da farmi sobbalzare; ma nel complesso era tutto perfetto, tutto estremamente formidabile.

All'improvviso i boati si fecero più forti, simbolo che l'intrattenimento stava per concludersi. Rimasi immobile a godermi gli ultimi minuti di pura bellezza, pensando a tutto e a niente.

«Siamo a Firenze, cazzo!» sbottò Shavo colmo d'entusiasmo. Smise improvvisamente di filmare, ripose il cellulare in tasca e mi travolse con un abbraccio fraterno. «Ci siamo davvero, John!»

«Hai ragione! Sapevo che ci avrebbe riservato qualcosa di così bello» confermai, concordando appieno con lui.

«Ti è passata l'agitazione per domani?» si informò Shavo, lasciandomi andare.

Prima di poter rispondere, dovetti attendere che gli ultimi boati squarciassero l'aria, poi partecipai alle grida e agli applausi generali che si espansero per l'albergo e in strada.

Infine mi voltai a guardare il mio collega: indossava una maglia bianca, un paio di bermuda e delle semplici scarpe da tennis in tela. Era rilassato, felice, sprizzava gioia da tutti i pori, così tanta da farmi quasi scoppiare a ridere. Aveva davvero l'atteggiamento di un bambino di sette anni che va per la prima volta al luna park.

«Certo che mi è passata. Ma sappi che racconterò ai tuoi marmocchi questa scena raccapricciante, gli dirò che ti sei comportato da cretino per degli stupidi fuochi artificiali.»

Shavo mi mollò uno scappellotto. «Ma piantala, hai gli occhi lucidi pure tu, Dolmayan.» D'un tratto afferrò il suo cellulare e mi scattò una foto a tradimento, per poi strizzarmi l'occhio. «Così ho qualcosa con cui ricattarti e tu terrai la bocca chiusa.»

Mi strinsi nelle spalle. «Tu e la tua stupida fissa per la tecnologia...»

Shavo ridacchiò e si frugò nuovamente in tasca, estraendone un pacchetto di sigarette. Ne portò fuori una e l'accese con il suo Zippo, poi si appoggiò nuovamente alla balaustra in ferro battuto e commentò: «Eddie Vedder ora può cominciare il suo spettacolo».

Gli rubai una sigaretta e la accesi a mia volta, usufruendo anche del suo accendino. «Spero gli vada bene.»

«Spera che vada bene a noi» osservò il bassista.

«Ma sì, non preoccuparti. Siamo a Firenze, no? Qui va tutto bene» affermai. Ormai sia io che lui stavamo provando parecchio gusto a pronunciare il nome della città in italiano, sembravamo due cretini ma non ci importava poi tanto.

«Già. Ecco, è tornato tutto alla normalità» disse Shavo.

«Cioè?» mi informai leggermente confuso.

«Cioè che io ho l'ansia e tu no.»

«Che stupido.» Tirai una boccata dalla mia sigaretta e mi soffermai sugli anelli di fumo che salivano verso l'alto e si disperdevano nell'aria umida della notte. «Quindi le nostre donne dove sono finite?» cambiai argomento.

Shavo prese a grattarsi distrattamente l'avambraccio. «Ah, hanno trovato un posto in una certa piazza, aspetta... com'è che l'ha chiamata Sonny? Piazza Croce... dice che hanno allestito delle tribune per non so quale evento, e una volta cominciato lo spettacolo, un sacco di gente si è arrampicata fin lassù per poterselo godere! Maledette zanzare... mi stanno uccidendo le braccia!» sbottò infine, continuando a grattarsi furiosamente.

«Così peggiori solo la situazione! E Angela è rimasta di sotto?»

Shavo annuì con aria divertita e infastidita allo stesso tempo. «Certo, avevi forse qualche dubbio?»

Scossi il capo. «Certo che no!»

Il mio amico proseguì a grattarsi il braccio e a un certo punto batté con forza una mano sul polso, cercando invano di schiacciare uno di quegli insetti infernali.

Scoppiai a ridere per l'ilarità del momento; così facendo scatenai la sua ira e il mio amico cominciò a pontificare sul fatto che io fossi fortunato perché il mio sangue era amaro e neanche gli insetti avevano voglia di nutrirsene.

«Che idiota, Odadjian, sei proprio un caso perso!» lo accusai scherzosamente.

«Sai che c'è? Io me ne esco, arrangiati.»

«Come sarebbe a dire? Non hai paura di quei fan che sono appostati da ore qua sotto?» lo punzecchiai, controllando se il gruppetto che avevo adocchiato poco prima fosse ancora sotto il nostro albergo. I ragazzi erano ancora lì e non sembravano intenzionati a spostarsi.

«Uscirò dal retro» disse il bassista con semplicità, avviandosi verso la portafinestra.

«Così non vale, io sono un padre di famiglia e devo stare qui mentre tu esci a spassartela?!» Gli andai dietro, fingendo di volerlo fermare.

«Non me ne frega» borbottò, mentre cercava di trattenere le risate. Si fece improvvisamente serio e cercò il mio sguardo. «Se vuoi rimango a farti compagnia» aggiunse.

Lo spinsi verso la soglia e lo mandai al diavolo, intimandogli di uscire prima che lo buttassi giù dal terrazzo e gli facessi davvero conoscere l'ebbrezza di un volo nell'Arno.

«Va bene, va bene!» si arrese.

«Ma sappi che hai perso una guardia del corpo» gli dissi.

«Chiederò aiuto a Sako.»

Alzai gli occhi al cielo. «Allora siamo fottuti. E poi ti ricordo che lui è il mio tecnico, quindi farà ciò che gli dico io.»

«Come no, Dolmayan! Ci vediamo domani, buona serata da padre di famiglia.»

«Buona fortuna con i fan!» conclusi, per poi lasciarlo passare. Lo osservai mentre entrava in silenzio nella stanza dove mia figlia stava riposando, poi sgusciò in corridoio e richiuse piano la porta.

Richiusi a mia volta la portafinestra e mi riaccostai alla balaustra, appoggiando nuovamente i gomiti su di essa. Osservai il cielo ormai scuro e silenzioso, mentre i rumori della città sottostante facevano da sottofondo ai miei pensieri.

Mi sentivo meglio, la magia di Firenze mi stava pian piano avvolgendo e sicuramente avrei serbato un bellissimo ricordo di quella tappa del tour europeo.

Udii un rumore provenire dall'interno della mia stanza e compresi che Emma si era svegliata e stava piangendo. Sospirai appena e sorrisi, preparandomi per rientrare e confortare la mia bambina.

Ero decisamente troppo felice che lei e Diana mi avessero seguito in tour, non avrei saputo come fare senza di loro per tutto quel tempo. E per questo ero grata ad Angela, la quale aveva convinto sua sorella a unirsi a noi e le aveva fatto capire che sarebbe andato tutto bene e che quest'esperienza le sarebbe piaciuta e rimasta nel cuore.

Ero certo che Diana si stesse divertendo e questo mi riempiva l'animo di gioia, una gioia infinita e difficile da descrivere.

Quando mia moglie rientrò, mi trovò sul letto con Emma tra le braccia e lo sguardo vigile, perso nel vuoto e in pensieri che non sapevo mettere in ordine o classificare.

Si sdraiò accanto a noi e si addormentò poco dopo, senza dire nulla o produrre alcun rumore.

C'era solo la calma e l'atmosfera strepitosa di quella magica città.

«Firenze» mormorai a fior di labbra, poco prima di scivolare a mia volta in un sonno ristoratore.



* * * * *



Cari lettori, so che vi aspettavate un aggiornamento della mia long, ma oggi invece ho deciso di regalarvi questa piccola OS.

Ecco, sapevo che sarebbe successo, sapevo che il mio viaggio a Firenze per il concerto dei System avrebbe portato fuori qualcosa del genere, sono fin troppo prevedibile, vero? Eheheheheh :D

Per questa breve storia ho preso ispirazione da ciò che è realmente successo a Firenze il 24 giugno; era la festa di San Giovanni e verso le dieci di sera ho potuto assistere ai fuochi artificiali più belli della mia vita. Mi trovavo sulle tribune in Piazza Croce, quelle citate da Shavo, su cui ho immaginato si fossero arrampicate Sonia e Diana per assistere allo spettacolo ^^

Vi posso assicurare che è stato bellissimo e, mentre mi trovavo nel bel mezzo di tanta magnificenza, mi sono chiesta se anche i ragazzi la stessero ammirando da un altro punto della città. Allora mi è subito venuto in mente Shavo, ho pensato che lui sicuramente lo stava facendo, magari in compagnia di John...

Ed ecco a voi questa shot, nata per caso e intrisa della magia che io ho sentito sulla pelle mentre ero lì; non è stato bello solo il concerto dei System, ma anche l'incontro con una città meravigliosa come Firenze e tutto ciò che c'è stato a corredo.

Spero vi sia piaciuto e abbiate apprezzato i miei riferimenti alle famiglie dei nostri amati ragazzi. Devo ringraziare, come sempre, la cara Stormy per avermi raccontato delle cose che poi hanno fatto spuntare delle idee per questo scritto, lei è sempre una fonte inesauribile di info e di cose che ispirano, ahahahahah :'D

Alla prossima e sappiate che giovedì prossimo aggiorno la long, promesso ♥

  
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