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Autore: Kind_of_Magic    13/07/2017    0 recensioni
«Smettila» disse Wanda.
«Di fare cosa?» gli occhi di Loki lampeggiavano di divertimento «Di bloccare la tua mente? Vuoi davvero sapere cosa penso? Basta chiedere, te lo dico io: penso che non siamo così diversi come credi tu»
«Non è vero»

[Post AoU] [Clint/Natasha] [Wanda/Visione] [Loki/Bucky] [accenni a Steve/Bucky]
Un essere misterioso noto come K dichiara guerra ai Vendicatori e la squadra non si tira certo indietro. Questa volta, però, sembra che i loro metodi stiano varcando il limite.
Nick Fury si vedrà costretto a fronteggiare una situazione che non aveva calcolato: come difendere la Terra dai suoi Vendicatori?
Così, mentre Quicksilver si riprende dal coma, Loki cerca di capire perché la realtà sembri sul punto di andare a pezzi e la dottoressa Kim lavora su un progetto che le è stato ispirato da un sogno, il colonnello dovrà assemblare un nuovo team.
Nel frattempo, però, bisognerà scoprire cosa ha trasformato i Vendicatori in dei randagi, cosa li ha fatti deviare dall'obiettivo.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Loki, Nuovo personaggio, Pietro Maximoff/Quicksilver, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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20Nella_tua_mente
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Il mio nome è Board, Key Board.
Vivo in casa di uno scrittore totalmente privo di talento, ma ostinato come un mulo.
Sfruttando un suo momento di distrazione, rivolgo un appello ai lettori, a nome mio e di tutti i componenti del suo computer.
Le vostre recensioni sono importanti.
Sono l'unica cosa che potrebbe salvarci dalla sua tortura.
Fate qualcosa.
Recensite.

Nella tua mente

Nella tua mente
ho guardato una volta soltanto.
C'era dolore,
ma non era da solo,
c'erano urla,
urla di persone,
c'erano incubi,
che mi tormentano ogni notte.

Nella tua mente
non mi importa cosa ci sia,
perché nella tua mente
non voglio mai guardare.
Voglio soltanto
che accetti il mio aiuto,
che accetti il mio amore.

Nella mia mente
non so più cosa succeda.
Ci sono persone
che non vorrei lì,
ci sono ricordi
che tralascerei volentieri,
ci sono incubi,
o almeno me li aspetterei.

Dopo aver messo Wanda a riposare, Loki era corso subito da lui, pronto a dare a James il sostegno di cui aveva bisogno, ma l’altro non lo aveva voluto e aveva preferito chiudersi in un sofferente mutismo. Loki era rimasto immobile a fissarlo per minuti che erano parsi secondi o forse ore, indeciso sul da farsi.
L’asgardiano non era molto esperto di sogni. Quando era adolescente, a volte aveva accarezzato con la mente il pensiero di scoprire cosa abitasse la testa di suo fratello mentre dormiva, ma sua madre si era raccomandata di non farlo mai e perciò si era sempre trattenuto. Si era accorto, però, che James si stava impedendo di dormire per paura di ciò che avrebbe sognato e aveva deciso che valeva la pena fare almeno un tentativo di aiutarlo. Alla fine aveva finto di addormentarsi e aveva atteso che anche James cedesse al sonno.
 Non appena sentì il respiro dell’altro cambiare ritmo, si mise all’opera. Sfilare i sogni gli dava una sensazione strana, forse dovuta anche al fatto che Loki era stato all'interno della mente di James All’inizio fu dura, soprattutto perché si era imposto di non spiare i sogni, ma di eliminarli soltanto, uno alla volta, ma infine riuscì nel proprio intento. Il respiro rilassato e regolare di James suonava come un ringraziamento alle sue orecchie. Rimase sveglio tutta la notte a vegliare sul suo sonno.
Fu soltanto il mattino dopo, quando si rese conto che James si stava svegliando, che si concesse di crollare addormentato e approfittare delle poche ore di sonno che sarebbe riuscito a strappare alla propria mente e agli incubi.

James si era sentito in colpa per essersi rifiutato di parlare con Loki di come si sentiva, ma non aveva potuto fare altrimenti: non appena l’aveva visto avvicinarsi si era istintivamente chiuso in se stesso, come se fosse stato Loki il pericolo. L’altro non aveva pronunciato una sola parola, lasciandogli la libertà di scegliere se parlare e cosa dire, ma James aveva preferito tacere e far passare il tempo specchiandosi nel verde preoccupato degli occhi dell’asgardiano.
Dopo che Loki era crollato addormentato sulla sedia di fronte alla sua, era rimasto a fissare i suoi capelli scuri che gli ricadevano davanti al viso. Si era proibito di dormire, o avrebbe rischiato di vivere ancora una volta la tortura di quando la strega aveva attraversato la sua mente.

Svegliandosi, scoprì che infine si era addormentato. Si rallegrò un poco del fatto di non aver sognato nulla, per una volta, e si chiese se fosse stata opera di uno degli altri due: erano entrambi incantatori e probabilmente capaci di qualcosa di simile.
Concluse velocemente la lotta mentale con i propri muscoli che si lamentavano per la scomoda posizione in cui aveva dormito tutta la notte e si alzò in piedi. Si stirò con cautela le braccia e la schiena e poi andò a cercare la stanza in cui Loki aveva messo la strega a dormire.

L’autunno era ormai inoltrato, quindi la notte era stata alquanto fredda, ma Wanda aveva dormito così profondamente da non accorgersene, nonostante il pomeriggio prima si fosse coricata sul sacco a pelo invece che dentro. Probabilmente era così stanca che non aveva notato la differenza.
Aveva dormito parecchie ore, più di quanto si sarebbe aspettata. Non era stato un sonno tranquillo, però: tutto ciò che era successo nella sua mente prima e in quella del Soldato d’Inverno poi le aveva impedito di riposare. A un certo punto della notte, non avrebbe saputo dire quanto tempo dopo essersi addormentata, aveva sentito la voce di Pietro nei propri sogni e aveva capito di essersi messa in contatto con lui.
Suo fratello l’aveva riconosciuta, cosa che non poteva che riempirla di gioia, ma la connessione stabilita aveva trasmesso anche a lui il dolore e la confusione che animavano i sogni di Wanda e alla fine era stato meglio interromperla e lasciare che Pietro si svegliasse o ritrovasse un sonno tranquillo.
Una volta sveglia, aveva scoperto che, nonostante gli incubi e tutto il resto, quel sonno l’aveva aiutata a recuperare le energie. Non se la sentiva di alzarsi in piedi, però, per paura di scoprire che le gambe non erano ancora in grado di sorreggere il suo peso.
Infine aveva deciso di mettersi a sedere con le gambe incrociate e di guardarsi intorno. La stanza era molto ampia e aveva il soffitto alto: probabilmente, si disse Wanda, l’edificio era un vecchio capannone industriale, in disuso da chissà quanto tempo. I muri erano originariamente grigio chiaro, ma erano pieni di macchie scure e pezzi di intonaco che erano saltati, rendendo ancora più desolato l’insieme.
A completare il tutto c’era una piccola apertura di forma quadrata nel muro, più o meno all’altezza di un metro e mezzo, che mostrava ancora i segni dell’intelaiatura di una finestra che doveva essere stata divelta anni prima.
Una volta che era stato abbandonato, il capannone era stato probabilmente vittima di varie incursioni dei giovani dei dintorni, che avevano lasciato diversi graffiti a testimonianza del proprio passaggio. Wanda si chiese dove si trovassero e quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che qualcuno aveva messo piede nell’edificio per restarci più di qualche ora. Sembrava il set di uno di quei film horror che Pietro voleva sempre vedere anche se gli facevano paura e poi aveva gli incubi per settimane.

James trovò la strega seduta sul sacco a pelo, mentre guardava fuori da quella che era stata una finestra. Volgeva la schiena alla porta, quindi non si accorse subito di lui. James prese fiato per dire “Ti sei svegliata”, ma poi si accorse che erano le stesse parole con cui l’aveva salutata l’ultima volta, all’interno della propria mente, e rimase in silenzio.
Wanda si voltò di scatto sentendo il suo respiro interrotto a metà. I loro occhi si incontrarono esitanti, come se nessuno dei due avesse davvero voluto guardare l’altro.
La strega distolse immediatamente lo sguardo. Forse lei invece aveva fatto degli incubi, si disse James, o forse le era bastato ciò che aveva visto il giorno prima. Non ci teneva a saperlo.
«Mi dispiace» mormorò Wanda, alzandosi in piedi.
James avrebbe voluto chiederle se fosse stata lei a permettergli di dormire sonni tranquilli, ma poi si disse che saperlo non era così importante e decise di tacere perché non aveva nulla da rispondere a quelle scuse.
«Devo andare» aggiunse la giovane.
«Ce la fai?» chiese James. Si stava di nuovo preoccupando per lei, notò, era strano. Dopo tutto quello che la strega gli aveva fatto soffrire, avrebbe voluto che non gliene importasse nulla. Anzi, non avrebbe dovuto importargliene nulla.
Invece si scopriva nel petto un ansito di preoccupazione per le sue condizioni. Forse era perché Loki ci teneva tanto che lei stesse bene o forse perché sapeva che il dolore del giorno prima non era stata veramente colpa di quella ragazzina che sembrava quasi più ferita di lui. In effetti, sapendo quali ricordi si era trovata davanti agli occhi, non aveva dubbi che dovesse essere scossa.
«Non sto benissimo, ma mi riprenderò» rispose Wanda, stringendosi nelle spalle «Non posso restare»
James annuì e pensò che aveva perfettamente ragione e che, nonostante una parte della sua mente si stesse interessando di come stava la strega, non la voleva lì, anche se non voleva indagare troppo sul perché. Ripensò allo scambio di sguardi e gesti che c’era stato tra lei e Loki quando si trovavano all’interno della sua mente. No, si disse, non poteva essere quello. Era stupido pensare che si trattasse di gelosia.
Era meglio non sapere perché la volesse lontana, concluse. In fondo, lei per prima aveva detto di non poter restare là. James si raccontò la storia che si trattasse soltanto di una questione di sicurezza: se fosse rimasta troppo a lungo, li avrebbero certamente scoperti.
Wanda si chiese se ci fosse altro da dire, ma non le venne in mente nulla. Guardò il Soldato d’Inverno ancora una volta e gli fece un cenno con la testa che voleva essere in parte un saluto e in parte una richiesta di scuse, e forse qualcos’altro di cui non era sicura. Forse un ringraziamento.
Sorprendendola, Barnes le rispose con una specie di cenno d’assenso che Wanda non seppe interpretare, ma le bastò. Lo seguì fino all’uscita di quel capannone industriale abbandonato da un po’ troppo tempo e poi se ne andò senza più voltarsi indietro.
Nello spiccare il volo con la forza dei propri poteri, per sollevarsi abbastanza da capire dove si trovasse, le tornarono in mente le parole ambigue con cui Loki aveva alluso alle condizioni dei prigionieri alla Avengers Facility.
Doveva tornare dai Vendicatori, si ripeté. Le serviva soltanto quello: rivedere quelli che ormai erano i suoi amici, parlare con Visione dei propri dubbi e sentire le sue frasi misurate che la riportavano alla tranquillità, ricominciare gli allenamenti con Sam, tornare alla normalità. Non era una normalità molto diffusa, ma era la sua normalità.
Eppure, sentiva qualcosa di sbagliato, una specie di grumo alla fine dello sterno, che le diceva che il motivo per tornare era anche e soprattutto un altro. Perché le parole di Visione non sarebbero bastate a tacitare quei dubbi assillanti: aveva bisogno di vedere che andava tutto bene. Aveva bisogno di provare a se stessa che Loki aveva torto, perché doveva avere torto.

Gli incubi del Signore degli Inganni erano spesso monotoni. Non che questo lo aiutasse a riposare un po’ meglio, sia chiaro, ma aggiungeva quella sfumatura di anticipazione che rendeva forse ancora peggiori quei momenti. Loki sapeva già che in quel momento sua madre gli avrebbe rivolto uno sguardo disgustato, o che in quell’altro il trono di Asgard su cui sedeva aveva cominciato a divenire freddo e così tutto ciò che lo circondava, fino a che l’intero regno non fosse diventato una distesa di ghiaccio.
Vivere ogni secondo di quegli incubi con la certezza di cosa sarebbe venuto dopo e con la consapevolezza che nonostante fosse soltanto un sogno non aveva alcun modo di svegliarsi, quella era una delle torture peggiori di tutto il sonno di Loki. O almeno, così aveva sempre creduto.
Quella mattina, invece, vide delinearsi la figura di James all’interno del sogno. Non anche lui, si disse, non voleva che la sua immagine fosse corrotta dal fumo dell’incubo. Invece la scena proseguì, mentre l’unico uomo che avesse mai amato lo rifiutava, gli voltava le spalle, se ne andava cento volte abbandonandolo come avevano sempre fatto tutti.
Erano al pub dove si erano incontrati per la prima volta, il Passato alle Spalle –che nome assurdo–, poi a casa di James, poi all’albergo Montage Beverly Hills, ad Asgard, in quel capannone dove si trovava anche il corpo di Loki in quel preciso momento. Mille posti diversi, ma lo stesso dolore al vedere quegli occhi azzurri fissarlo insofferenti e infine voltarsi dall’altra parte.
Fu quell’angoscia che lo fece svegliare. Per prima cosa si guardò intorno, ma non vide James. Aveva imparato da tempo a separare le immagini nebulose che vedeva in sogno da ciò che avveniva nella realtà, quindi sentì soltanto un ansito di preoccupazione in più di quella che avrebbe avuto normalmente.
Decise di andare a cercarlo: riprese completamente controllo della propria mente e delle proprie azioni e fece per alzarsi, ma proprio in quel momento l’altro si materializzò nella cornice della porta.
«Sei sveglio» osservò James «La signorina Maximoff è andata via qualche ora fa. Non si era ancora ripresa del tutto, ma se la caverà»
«E tu come stai?» chiese Loki, stiracchiandosi il collo come un felino.
James fece una smorfia: «Secondo te?»
«Cosa hai fatto per tutto questo tempo?»
«Come sai che non dormivo?»
Loki si strinse nelle spalle sospirando, evitando di raccontargli ciò che aveva fatto quella notte e di conseguenza il momento in cui aveva sentito che James si stava risvegliando: «Non hai l’aria di uno che si è appena svegliato»
L’altro lo guardò per qualche attimo, dubbioso, ma infine rispose: «Sono stato fuori. A camminare. Dovevo pensare»
«Vuoi parlare?»
James scosse la testa, dicendosi che non sarebbe stato comunque capace di trovare le parole per fargli capire cosa sentiva.
«Hai voglia di bere?» propose allora l’altro.
Barnes lanciò un’occhiata all’orologio: mancava un’ora a mezzogiorno.
«Alle undici della mattina?» chiese, sollevando un sopracciglio.
«Dici che è tardi?» rispose Loki, fingendo preoccupazione «Non lo dirò in giro, promesso»
James cercò di reprimere un sorriso, ma non riuscì molto bene.
«Visto? Ti ho fatto ridere» disse l’asgardiano, con un’espressione rilassata in viso. James doveva concederglielo, stava davvero facendo del proprio meglio.
«Forse è meglio parlare, a questo punto» disse, scuotendo la testa con un sorriso esasperato.
«Come preferisci» rispose Loki e James capì che gli stava davvero lasciando la scelta. Gliene fu grato. Tornò alla sedia su cui aveva dormito, dall’altro lato del tavolo rispetto a Loki, e lo guardò.
«Mi spieghi una cosa?» chiese.
Loki annuì e non disse nulla per non interrompere il filo dei pensieri dell’altro.
«Perché?» James si bloccò per cercare le parole «Voglio dire… Mi hai raccontato di ciò che provi per me. Mi ha raccontato di come è cominciato tutto. Mi hai detto che cosa ti ha colpito in me che non avevi mai trovato in nessun altro. Ma non ho ancora capito perché tu abbia deciso di farti carico di stare accanto a questo rottame di uomo che sono»
Loki parve sorpreso: «James, tu non sei questo. Non sei soltanto questo. Io l’ho visto. Non mi sono fatto carico di nulla, ti sto vicino perché lo voglio. Dopo che ti ho raccontato tutto ciò che provo, credo che tu possa capire che ne ho bisogno»
«Ma tu… Tu non te lo meriti» non voleva che la sua voce si spezzasse, quindi si fermò un attimo per respirare più a fondo «Tu dovresti avere qualcuno che ti possa sostenere, non che ti trascini sempre più giù. È come se stessi avanzando con un ferito grave caricato sulle spalle senza poter fare nulla per aiutarlo. Per quanto tu possa tenere a lui, ti rallenterà sempre e le probabilità che guarisca sono minime»
Il Signore degli Inganni posò delicatamente la punta delle dita sul braccio metallico di James: «Prima di tutto, io non merito nulla. Io e il destino abbiamo già avuto molto da ridire e quindi credo di non poter pretendere niente dal suo aiuto. Il tuo aver accettato di avermi vicino è già stato un regalo più grande di quanto avrei mai potuto pensare. Tu non mi rallenti, James, non sei un ferito grave in punto di morte. Sei l’unica persona che mi impedisca di bloccarmi completamente o affondare»
James sorrise e abbassò gli occhi, quasi imbarazzato. Spostò la sedia un po’ più vicina a quella di Loki, muovendosi senza scatti in modo che l’altro non togliesse la mano dal suo braccio.
«Quando è uscita dalla mia mente» raccontò infine «la strega è passata attraverso dei ricordi. Molti erano dolorosi. Persone che ho visto morire. Spesso per mano mia. La caduta dal treno. Le operazioni. Ha visto praticamente tutto. Ha visto dei ricordi che sono dolorosi adesso perché sono distanti. Dei ricordi di Steve»
Loki non disse nulla, mosse soltanto lievemente le dita della mano che aveva posato sul braccio metallico, in una sorta di carezza. James non sapeva quanto consciamente l’avesse fatto.
«In quel momento stavo gridando perché il dolore era quasi insopportabile e poi rivedere tutto quanto mi faceva male» continuò «Ma vederli così mi ha fatto anche capire quanto sono distanti. Erano parte di un’altra vita. Quando ci ripenso, non mi sembra neanche che fossi io ad agire e tutto questo mi confonde. Non so cosa penso al riguardo, come mi sento. So soltanto che forse potrei andare avanti»
La sedia di Loki scricchiolò quando lui la spostò per avvicinarsi ancora di più a James, mentre quella sul suo braccio diventava quasi una stretta: «Stai dicendo che…?»
James coprì la sua mano con la propria. Loki quasi rabbrividì a contatto con la sua pelle.
«Sto dicendo che forse non è più tempo di aspettare»
Improvvisamente tutti e due si resero conto che il tavolo era di troppo in quella stanza. Loki si alzò in piedi e James seguì il suo esempio, mentre le loro mani abbandonavano riluttanti la presa l’una sull’altra. Per un istante rimasero immobili a fissarsi. James si chiese se gli occhi di Loki fossero sempre stati di quel verde o avessero qualcosa di diverso.
Fece appena in tempo a domandarsi perché Loki non si muovesse, prima di venire colpito da un pensiero: nonostante ciò che aveva appena sentito, l’altro aveva ancora paura. Paura di esagerare. Paura di affrettare le cose. Paura di non aver capito.
Ma James quella volta era sicuro di aver capito e così fu lui ad avvicinarsi. Un passo. Un altro passo. Loki lo guardava con gli occhi di chi avrebbe voluto corrergli incontro perché un istante era già troppo lungo e un millimetro a separarli voleva dire essere già troppo distanti, ma continuava a stare fermo.
Per un attimo, James ebbe paura. Ebbe paura di rovinare tutto. Ebbe paura di non riuscire a essere chi voleva essere con Loki. Ebbe paura che avrebbe avuto paura. Infine si disse che la paura era irrazionale, ma lo erano anche le altre emozioni che provava in quel momento, quindi non importava poi tanto.
Si fermò a un respiro di distanza dal viso di Loki. I suoi occhi lo fissavano quasi imploranti, gridavano che l’asgardiano bruciava dal desiderio di quel bacio, ma non si sarebbe mosso, non per primo.
Colui che per qualche minuto poteva smettere di essere l’ex-Soldato d’Inverno alzò una mano fino a toccare la guancia di colui che in quel momento aveva del tutto dimenticato di essere stato, una volta, il Signore degli Inganni.
James accarezzò la pelle del viso di Loki, tracciò la linea del mento e proseguì fino a sfiorargli la gola con la punta delle dita, così leggere che l’altro avrebbe potuto non accorgersene, se non fossero stata l’unica cosa che gli importasse al momento.
Loki dischiuse le labbra per prendere fiato. A quel minimo movimento, qualcosa scattò finalmente nella mente di James. Non ebbe più esitazioni, non aveva più paura. Lo baciò.
Non era il primo bacio di Loki, non assomigliava neanche lontanamente a quella serie di esperienze adolescenziali che cercava di tenere lontane dalla propria memoria. Eppure aveva qualcosa di nuovo. Era come se la sua mente stesse scoprendo tutto da capo. Era davvero così baciare? Non aveva mai pensato potesse essere così travolgente.
Non era il primo bacio di James. Si prese il proprio tempo, condivise lentamente il respiro di Loki e nel riprendere fiato gli sfiorò i denti e le labbra con la lingua. A ogni secondo che passava, gli sembrava di dissipare una nebbia che lo aveva circondato per chissà quanto tempo. Il fiato di Loki era una medicina, pensò confusamente. Si staccarono per una frazione di attimo, prima che l’asgardiano riprendesse a baciarlo, ogni paura dissolta.
Mentre era distratto, perso in quel contatto che gli faceva così bene, all’improvviso James pensò a Steve. Durò soltanto un istante, un’esitazione che nascose facilmente con un ansimare leggero prima di riprendere il bacio come se non fosse successo nulla, ma la sua immagine era lì. La scacciò con la mente una prima volta, ma quando Loki lo baciò di nuovo era ancora là pronta a riempire la sua testa. Spalancò gli occhi e nel verde dello sguardo di Loki riuscì a liberarsi di nuovo di Steve, ma non per molto.
Quando infine si allontanarono abbastanza da guardarsi in viso, James non fu abbastanza veloce a mascherare l’inquietudine.
«Qualcosa non va?» chiese Loki, con la voce leggermente arrochita ma preoccupata.
«No, va tutto…» cominciò James, ma si interruppe «È Steve» cedette.
«Steve» ripeté Loki «Certo»
James disse che gli dispiaceva, ma Loki scosse la testa, accarezzandogli la tempia: «Non ce n’è bisogno. Dimmi soltanto cosa vuoi che faccia»
«Non fermarti» chiese James «Ti prego»
Loki annuì, serio come se avesse giurato, poi riprese a baciarlo. Non si fermò, né James ebbe altre esitazioni. A un certo punto, in quella mattina, James smise di pensare a Steve.





Lizzy's Magic Corner:
Guess who's back!
Ciao a tutt*!
Quanto tempo è passato? Quasi tre mesi? Chissà se mi ricordo ancora come funziona questo sito...
All'epoca dissi "
Riguardo al nuovo capitolo (che spero di portare a termine molto più in fretta di questo, ma purtroppo ultimamente l'ispirazione e la voglia di scrivere litigano...) posso dirvi che sarà quasi certamente l'immediato seguito di questo. Pensavo di spiegarvi qualcosa sulla CloaK (nonostante dare spiegazioni non sia per nulla nel mio stile, ehm ehm...) e magari presentarvi l'adorabile Nancy, ma per ora è tutto molto nebuloso." E infatti... non ho fatto nulla di tutto ciò.
Riguardo alla lentezza ad aggiornare (anche se ormai dovreste averci fatto l'abitudine...), non ho proprio scuse, se non che sto scrivendo altre cose e ho iniziato questo capitolo tre volte prima di riuscire a finirlo. Per il resto, vi avevo avvertit* che non avevo le idee molto chiare. Per due volte ho cercato di scrivere il capitolo che vi avevo annunciato (quello con le spiegazioni sulla CloaK, per intendersi), ma poi mi sono resa conto che avevo bisogno di spiegare altri avvenimenti prima e quindi vi toccherà aspettare ancora.
E ora, le notizie importanti.
Verso fine agosto parto. Non nel senso che vado in vacanza, ma nel senso che faccio un anno di studi in Inghilterra. Non ho idea di cosa ciò comporterà per la mia "carriera" su Efp. Intendo dire che, benché io sappia per certo che avrò una connessione Internet a disposizione, i miei ritmi saranno ovviamente diversi e quindi potrebbe essere che gli aggiornamenti (che già non sono molto frequenti) diventino un evento da segnare sul calendario. Oppure potrei non aggiornare per tutto il tempo che sono via. Oppure, al contrario, potrei aggiornare ogni due settimane. Non lo so e lo scoprirò soltanto una volta arrivata là.
Nel frattempo, spero di riuscire a postare ancora un capitolo (magari due, ma non vorrei pormi obiettivi esagerati) prima di volarmene via e quindi dovrei avere occasione di salutarvi tutt* come si deve.
Chiudo con un mega-grazie a Kyem13_7_3 per la sua recensione nello scorso capitolo, a Pouring_Rain11 e GreekComedy che mi supportano sempre, al mio consulente Marvel e mia sorella che sopportano i miei scleri, alle 17 persone che hanno messo tra i preferiti/seguiti questa storia e in generale a chiunque abbia letto il capitolo.
Vi lascio in pace, non preoccupatevi.
Che gli dèi siano con voi!
-Liz

   
 
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