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Autore: Switch    17/07/2017    2 recensioni
Same As It Never Was. Come se non fosse mai stato... ma è accaduto.
In un futuro alternativo, Shredder governa e il mondo è un inferno in terra.
Come può essere accaduta una cosa del genere? Perché Donatello è scomparso?
Cosa è successo per portare ad un futuro così orribile?
Le cronache di ciò che è accaduto, cosa hanno dovuto affrontare, tutto il dolore che hanno sofferto.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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New York City.
Fu da lì, che iniziò tutto.
La culla del nuovo male, il ventre che aveva nutrito per anni il seme della malvagità, che aveva atteso nell'ombra, covando odio fino al momento della vendetta.
E nella ricerca di essa, ogni cosa attorno venne trascinata giù e spazzata via.


Era stata tutta colpa loro.
Avevano fallito, miseramente, e quella sconfitta aveva scatenato una reazione a catena, conseguenze catastrofiche che non si erano immaginati, non avrebbero mai potuto immaginare.
Erano due mesi che ogni istante se lo ripetevano, cercavano di espiare quella colpa, ma in cuor loro speravano fosse solo un incubo... come potevano le cose essere cambiate così drasticamente, e orribilmente, in soli due mesi?


La porta del razzo si chiuse davanti al loro muso, subito dopo che Karai vi era passata, tenendo tra le braccia l'Utrom Ch'rell, meglio conosciuto come Shredder.
L'aria si fece elettrica e una scarica di adrenalina e paura li pervase.

Donatello tirò prontamente fuori dal suo borsone il piccolo palmare dove la memoria del dottor Honeycutt risiedeva e inserì uno spinotto nella presa della porta.
Ci penso io” esclamò la voce metallica del dottore, mentre scritte cominciavano ad apparire in veloce successione sullo schermo.

Il rumore degli scontri alle loro spalle, tra gli uomini di Shredder e i soldati di Bishop continuavano a riecheggiare. Tra gli spari si udì la voce di Bishop risuonare.
Buttate giù quel razzo! Non deve partire!”
I suoi elicotteri accolsero il suo ordine con celerità e spararono contemporaneamente quattro missili contro l'imponente nave spaziale che si ergeva dal soffitto aperto del palazzo di Oroku Saki.

Arrivano!” urlò Michelangelo, puntando il dito verso il cielo.

Donatello stava staccando il palmare, con un sorriso soddisfatto.
Bravissimo, Professore” mormorò, prima di udire il grido del fratello e accorgersi della minaccia.
I missili si schiantarono contro il ponte di collegamento tra la piattaforma e il razzo, mandando tutti all'aria.
I detriti volarono in tutte le direzioni e le esplosioni bruciarono l'aria.

Leonardo, Raphael, Michelangelo e Splinter atterrarono incolumi sulla piattaforma, un po' intontiti, mentre Donatello, che si era gettato verso la direzione più vicina, penzolava precariamente dalla porta aperta del razzo.

Quello iniziò a sussultare, mentre la fiamma propulsiva si accendeva alla sua base. Lentamente, si mosse verso l'alto.
Ragazzi!” strillò preoccupato Donatello, cercando di non lasciare andare la presa.
Gli altri osservavano sconvolti la partenza, in bilico sul bordo.

Dobbiamo saltare!” gridò Leonardo.
Presero tutti una rincorsa all'indietro e si tuffarono spericolatamente nel vuoto.

Splinter si aggrappò alle gambe di Donatello e i suoi figli fecero lo stesso con le sue formando una catena mutante.
Il razzo stava prendendo sempre più velocità, scagliato verso il cielo.
Leonardo si diede una spinta per scalare i suoi fratelli, ma il dondolio prodotto gravava tutto su Donatello, sulle mani che perdevano la presa.

Fate pres-”

Le dita sudate scivolarono, le mani mulinarono nel vuoto cercando nuovamente l'appiglio, ma ormai era tardi: caddero nel vuoto, con un grido che venne inghiottito dal boato del motore del razzo. Ancora pochi secondi e sarebbero morti tutti, arrostiti dalle fiamme.
Qualcosa si avvolse fermamente al polso di Donatello e frenò la loro caduta, bruscamente.
Leatherhead, tornato dalla sua lotta contro Hun, tirò la corda che aveva usato per agganciarli e li portò al sicuro, prima che le fiamme della navicella inondassero tutto l'ambiente.

Scapparono più veloce che poterono, sconfitti e con l'amara consapevolezza che Shredder sarebbe riuscito ad arrivare al pianeta degli Utrom e avrebbe così ottenuto la sua vendetta.
Si ricongiunsero ad April e Casey che li attendevano all'uscita del palazzo, con un'espressione di delusione nei volti da far male. Sollevarono tutti il viso al cielo, dove il razzo brillava come una stella, allontanandosi sempre più.
Almeno, sperarono, forse quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbero visto Shredder.

Ma le speranze, si sa, sono sempre vane.


Erano passati quattro mesi, dal loro fallimento, e Shredder era tornato, anche troppo in fretta: dopo aver facilmente conquistato il pianeta Utrom, era tornato sulla terra con la loro immensa tecnologia, con robot giganti ai suoi comandi, con piani di conquista spropositati; contrastarlo era stato impossibile.
Si era preso New York City, in una sola notte.
Senza che loro potessero fare niente, senza che nemmeno la polizia o l'esercito potesse fare niente.
Da due mesi provavano e riprovavano a combattere per riprendersela e sconfiggere Shredder, ma invano: era troppo potente e loro solo quattro mutanti.
Mai come in quel momento si erano sentiti inutili e soli.

Gli umani si erano arresi quasi subito e obbedivano ciecamente ad ogni ordine di Shredder, qualsiasi ordine: i pochi che non lo avevano fatto erano spariti nel nulla, senza molto clamore. E ancora, a volte, alcuni continuavano a sparire.
C'era tanta paura, la città non era mai stata così cupa e silenziosa.
E sapevano che non gli sarebbe bastato, che stava progettando di conquistare lo stato e poi tutta l'America e alla fine si sarebbe preso il mondo. Perciò sentivano la pressione pesare tutte sulle loro giovani e provate spalle, perché chi, se non loro, conosceva e aveva combattuto contro Shredder così tanto e così a lungo da avere una minima chance di vincere?

Donatello quella pressione la sentiva tutta, la sentiva costantemente.
Dover rappezzare i suoi fratelli feriti ogni volta che tornavano sconfitti era straziante, percepire il loro umore cadere sempre più in basso senza poter fare niente era doloroso.
Aveva pensato a lungo, tanto da non dormire o riposare, a cosa potessero mai fare: in passato avevano battuto sempre Shredder, alla fine.
Sconfitto i suoi uomini, sconfitto le sue convinzioni, la sua cieca follia, perciò cosa c'era di diverso, quella volta?
Senza i suoi robot e la tecnologia degli Utrom lo avrebbero battuto facilmente.

Era quello il loro maggiore ostacolo ed era quello il punto da eliminare se volevano vincere, e solo lui, Don, poteva fare qualcosa a riguardo: erano settimane che ci rimuginava.
Erano settimane che ci lavorava.
In silenzio, per non alimentare false speranze, nel laboratorio, aveva pensato ad un'invenzione che potesse aiutarli contro gli enormi robot che pattugliavano e terrorizzavano la città; ma era complesso ed era difficile.
Non sapeva esattamente come funzionassero, quindi era anche un azzardo.
Ma era tutto ciò che avevano.

Si deterse il sudore dalla fronte, fermandosi per la prima volta da ore, forse da giorni, osservando con stanchezza e occhio critico la sua invenzione composta di pezzi raccattati e parti di altri progetti sacrificati per l'emergenza: mancava ancora qualcosa, qualcosa di importante. Ma ormai non c'era nient'altro che potesse smontare.
Sospirò, sfregandosi forte gli occhi, pensando in fretta: era ad un passo, un piccolo passetto, c'era quasi. Gli rimaneva solo una cosa da fare.
Doveva uscire e sfidare la sorte e cercare il pezzo che gli serviva nella discarica.

Il rifugio era deserto, come sempre erano tutti fuori a pattugliare e scivolò fuori indisturbato, il sensei probabilmente era nella sua stanza a meditare.
La superficie era silenziosa, era perfino terribile tutto quel silenzio.
Non una voce, non un rumore, neppure un piccolissimo movimento.
Si accucciò nelle ombre, slittando nel buio senza fare rumore, cauto. Le strade tremavano sotto i passi dei robot che perlustravano implacabili e alteri, alti almeno tre metri, dalle fattezze di Karai e gelidi quasi quanto il suo cuore.

Non incontrò nessuno e riuscì fortunatamente ad evitare di essere scorto a sua volta; entrare nella discarica fu un po' più difficile, dato che era sorvegliato su ogni lato e ad ogni angolo, circondato da un'alta recinzione elettrificata. Rimase nascosto per molto tempo, cercando il momento giusto, poi con uno scatto puntellò il bastone nel fango, scavalcando facilmente come un atleta di salto in alto.
Stando bene attento a non attirare l'attenzione, iniziò a cercare nei cumuli di spazzatura, prediligendo la catasta di elettrodomestici e materiali tecnologici, gettati alla rinfusa uno sull'altro; dovette faticare molto per scavare e spostare e scalare, senza farsi vedere, né fare rumore.
Verificava ogni pezzo che gli sembrava interessante, lo smontava in fretta col suo fidato cacciavite e controllava se potesse avere o meno l'elemento che gli serviva o uno anche simile che avesse potuto adattare per lo scopo.

Ci vollero tre ore, ma alla fine trovò qualcosa che poteva andare bene, era un po' più grande e ingombrante, ma sarebbe andato bene e avrebbe finalmente finito la sua invenzione; lo tirò fuori cautamente, poggiando la carcassa che lo aveva contenuto sulla pila al suo fianco.
Con una reazione a catena, detriti su detriti iniziarono a collassare uno sull'altro, in una valanga metallica inarrestabile: il fragore rimbombò assordante, ancora e ancora, propagandosi con un'eco.
Prima ancora che le vibrazioni del metallo si fermassero, una sirena d'allarme esplose e l'intero perimetro si illuminò a giorno: il rombo della terra sotto i suoi piedi anticipò l'arrivo dei robot guardiani.

Donatello aveva poco tempo e poche scelte: doveva scappare immediatamente e doveva portare via il pezzo con sé. L'ingombrante, limitante pezzo.
Lo stringeva con entrambe le braccia al petto, come un figlio primogenito.
Era un pezzo importante, era il cuore, il nucleo, non poteva lasciarlo lì.
Caracollò via con difficoltà, entrambe le mani impegnate e si diresse in fretta verso la recinzione, cercando un modo di scavalcarla: dietro di sé, i robot erano sempre più vicini. Salì su una catasta di rifiuti lì vicino e con una piccola rincorsa si tuffò più in alto e più in lungo che poté, cadendo rovinosamente dall'altra parte sulle ginocchia.

Il tempo di imprecare tra i denti ed era di nuovo in piedi, un po' malandato, e di nuovo in marcia per allontanarsi da lì più in fretta possibile; ma i robot erano dietro di lui, più veloci di quanto sperasse; in pochi passi lo raggiunsero, costringendolo a cambiare piani: non poteva entrare in un tombino col rischio di essere scoperto e di far scoprire la sua famiglia, poteva solo correre.
Ma per quanto scappasse, ben presto si trovò accerchiato, altri robot risposero all'allarme e arrivarono da ogni parte, bloccando ogni sua via di fuga.
L'unica strada rimastagli era la lotta, se non avesse già saputo che sarebbe stata impari e sicuramente mortale; prima ancora che potesse afferrare il suo Bō, comunque, era già finita: il robot più vicino mosse rapidamente una delle sue spade, dirigendola contro di lui.

La Katana lo trapassò da parte a parte, come fosse niente più che un foglio di carta.

L'aria lasciò i polmoni con un rantolo straziato, e il dolore era insostenibile, bruciante, ma si attaccò alla vita disperatamente, non era quello il momento di cedere e morire, non ancora.
Il robot estrasse l'arma, e Donatello urlò, mentre il sangue cadeva a terra copiosamente. Senza attendere un secondo, strinse i denti e lanciò una bomba fumogena, sapeva che non li avrebbe fermati, ma forse gli avrebbe concesso un po' di tempo, per distanziarli. Scappò, non sapeva nemmeno dove stesse andando, ma di sicuro lontano, lontano dal rifugio, lontano da tutto ciò che gli era caro.
Ogni passo e ogni respiro era sempre più difficoltoso, ma non si arrese, continuò a correre per disorientarli, senza pensare davvero ad un dopo, perché sapeva che non ci sarebbe stato, un dopo.
Non per lui, ormai.

Quando capì di essere ormai al limite e abbastanza lontano, cercò un posto dove nascondersi: i suoi occhi catturarono il parco abbandonato poco distante, spettrale nella notte.
Pregò che non lo vedessero, lui, il razionale Donatello.
Arrivato nello spoglio parco di periferia, piccolo e mal messo, le ginocchia stanche cedettero e lo trascinarono giù, in una pozza di fango gelida e vischiosa, tanto quanto il suo sangue. Cadde a terra, il respiro sempre più corto, il corpo sempre più insensibile.
Trattenne il fiato e il dolore, mentre percepiva i robot cercarlo, pregando ancora che non lo trovassero, che se ne andassero.

Rantolò nel fango, immobile, ma i battiti del suo cuore non si placarono.
Nemmeno quando sentì i pesanti passi dei robot che si allontanavano.
Rimase solo, solo col dolore e la morte a soffiargli sul collo.
Ogni respiro era ormai inutile e sofferto e gli sembrava di non riuscire più a sentire una gamba; era troppo fredda per percepire qualcosa e quel freddo saliva velocemente verso il cuore, e Donatello sapeva, con tutta la sua intelligenza, che non poteva fermarlo.

Puntò un piede nella melma e faticosamente, e mordendo un labbro per non urlare, si voltò un poco, guardando la volta celeste sopra di sé. Stringendo a sé il componente metallico, unico suo amico, solo amico nella fine, vagò con gli occhi sofferenti sulle stelle.
Perché doveva finire tutto in quel modo?
Se avesse avuto il tempo, l'occasione, per finire il suo progetto, avrebbero potuto battere Shredder, avrebbero potuto salvare New York, salvare il mondo.
Invece, sarebbe morto senza che nessuno lo sapesse, sarebbe morto portandosi dietro il segreto di quell'invenzione e niente sarebbe cambiato.

Perché era stato egoista e stupido, a non condividere la sua idea con gli altri; era stato stupido a chiudersi nel suo laboratorio giorno e notte, a chiudere gli altri fuori, a non stare più tempo con loro.
Lo avrebbero dato per disperso o avrebbero pensato che fosse scappato dalla paura?
Avrebbero mai saputo cosa gli era veramente accaduto?
Leonardo, il pilastro solido del loro gruppo?
O Raphael, la rabbia che non conosceva controllo, così liberatoria e sincera?
O il piccolo Mikey, la molla che li spingeva a crederci sempre?
E il sensei... cosa avrebbe pensato, suo padre, della sua sparizione? Ne sarebbe stato dispiaciuto, si sarebbe sentito affranto?

Un singulto spezzò il suo respiro e un urlo di paura e dolore lasciò le sue labbra, echeggiando nella notte solitaria. Gridò finché aveva voce, gridò fino a svuotare i polmoni, perché c'era ancora, e lui si sarebbe fatto sentire fino all'ultimo istante.
Poi, il silenzio, spaventoso, lo circondò.
Il respiro affannoso divenne sempre più breve, sempre più calmo.

Una lacrima si staccò dai suoi occhi lucidi e scivolò lungo la guancia, andando a schiantarsi nel fango. Le mani abbracciarono con uno spasmo il macchinario che stringeva a sé poi, mollemente, caddero al suolo.
Ultimo respiro, ultima lacrima, ultimo pensiero.
E poi, più nulla.
Le stelle immobili si rifletterono nei suoi occhi spenti e la notte e il fango inghiottirono il suo corpo ormai vuoto.

Donatello Hamato, la nostra ultima speranza, era morto.



Note:
Salve.
Ho deciso di pubblicare questa storia, e un'altra, anche se sono ancora impegnata con la serie Heart's Mutation. Perché sono nella mia testa da troppo tempo e vogliono uscire fuori e now or never è diventato il mio nuovo motto.
Ripeto: non hanno nulla a che fare con la serie heart's mutation.

Questa storia è nata dall'episodio “Same As It Never Was” (SAINW) della serie 2003, uno degli episodi più tristi e cupi che io abbia mai visto in un cartone animato e che credo che chiunque in questo fandom debba conoscere.
Ci viene mostrato un futuro alternativo in cui Donnie è scomparso da trent'anni, ma non ci viene detto che fine abbia fatto e io voglio colmare quella lacuna e anche altre, a modo mio, come io ho pensato possa essere andata.
È molto angst, è molto crudo, sarà una storia di dolore.

L'episodio in corsetto, che ho scelto come momento cardine per sviluppare questo futuro alternativo è “Exodus part 1” della stagione 3, ma qui Donatello perde la presa e perciò loro non salgono sul razzo e non fermano Shredder, che conquista quindi il pianeta Utrom e torna poi sulla terra, prendendo sempre più potere.

L'inizio di quell'incubo che è SAINW.


  
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