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Autore: Gaia Bessie    17/07/2017    5 recensioni
Trent’anni fa, Hermione Granger è scomparsa nel nulla. L’hanno cercata in ogni fazzoletto di terra conosciuto dall’uomo, senza trovarla.
Vent’anni fa, Rose Weasley ha chiesto – no, supplicato – a suo suocero di partecipare alle ricerche di sua madre.
Dieci anni fa, Draco Malfoy è uscito di casa per cercare una donna di cui a malapena vuole riconoscere l’esistenza. Ma, come gli ha detto sua moglie? Ama il tuo nemico?
C’è un posto dove si può trovare sé stessi, tra la neve, e forse lei è lì, da anni, non l’hanno mai trovata.
Hanno perfino smesso di cercarla.
Prima classificata al contest "Raccontami una fiaba" indetto da Freya Crescent sul forum di Efp
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Theodore Nott | Coppie: Rose/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Note (1): ti scrivo queste note preliminari per spiegarti come ho lavorato, mentre le citazioni te le lascio a fine storia, in modo tale da non creare confusione eccessiva.
Per me, il vero significato di Anastasia, è la ricerca: Anastasia cerca sé stessa, una sé di cui non ha ricordi, la sua famiglia, casa sua.
Dimitri, invece, cerca soldi, il modo di arricchirsi (seppur illecito). Entrambi, si imbarcano in una ricerca, dunque, ed entrambi trovano il loro oggetto.
Ma, quello che per me è il vero messaggio non è tanto il fatto che perseverando siano riusciti a trovare ciò che desideravano, ma che si sono resi conto di non volerlo più nel momento in cui, nel loro viaggio, si sono imbattuti in qualcosa di più prezioso.
Ho voluto scrivere la storia di una ricerca per questo motivo, una ricerca che fosse sia interiore sia esteriore e, in qualche modo, vorrei essere riuscita a trasmettere lo stesso messaggio del cartone.
Note (2): in questo caso, ho seguito questa analogia: Draco è Dimitri, Hermione è Anastasia, la nonna è Rose (ovviamente non anagraficamente), la spalla di Dimitri di cui mi sfugge il nome è Theodore Nott.
Note (3): ho deciso di usare anche il tema della sosia che poi è la vera persona cercata, direttamente dal cartone animato.
Note (4): le parti in corsivo non fanno parte dell’impianto narrativo in sé, ma sono una sorta di introduzione (e conclusione) della storia. Nel mio immaginario, il personaggio che descrivo è Anna Bolena, come forse si può dedurre da vari elementi (il vestito, la leggenda del rogo, il fantasma ecc.).
Note (5): il titolo, esattamente come la citazione all’inizio e alla fine del racconto, fa parte di una delle canzoni della colonna sonora del film, ovvero “Journey to the past”.
Note (6): graficamente non sapevo come renderlo, quindi ho utilizzato i tempi verbali. I paragrafi introduttivi (quelli che cominciano con “Trenta/Venti/Dieci anni fa”) sono scritti al passato, come se fossero una sorta di prologo a un presente che va piano piano scorrendo. Il tempo verbale della storia, introduzioni escluse, è il presente.
 
 
 


  
 
C’è una regina d’oro che balla in cerchio sulla terra nuda, le scarpe gialle che s’infangano a ogni passo, si sporcano come quel sorriso così bianco che taglia in due l’aria.
Una vecchia racconta che l’oro è una patina lieve come una foglia secca, e altrettanto fragile: si narra di una regina dorata come una scintilla, che da sé appiccherà il suo stesso rogo, una regina che s’illumina come una candela nella penombra.
Dicono che sia la leggenda della regina bruciata, della regina squarciata, della regina decapitata. Dicono che sia una scheggia di oro sfilacciato che danza nell’aria notturna. Quando la guardi, ha la testa che cade dal collo e rotola giù, guardando tristemente chiunque ne incroci lo sguardo.
La regina bruciata sorride come una sirena, la testa tagliata, i corvi che gracchiano, il collo che gronda sangue sui suoi stessi piedi.
Ha fatto piangere il boia che, prima di sferrare il colpo, le ha sistemato una ciocca di capelli lontana dal collo, l’ha fatto piangere e implorare perdono. Non prega Dio, prega lei, lei che lo guarda, misteriosamente cosciente, gli occhi neri scoloriti nel grigio opaco, sul viso esangue.
Muove ancora le labbra, sporche di sangue, sembra stia pregando, ma non è vero: c’è una regina d’oro nero che cade scomposta, senza testa, e con le labbra spaccate mormora.
Vi prego, portatemi via di qui.
 
 
No one ever mentions fear
 
 
Heart don't fail me now
Courage don't desert me
Don't turn back now that we're here
People always say
Life is full of choices
No one ever mentions fear
Or how the world can seem so vast
On a journey to the past
 
 
Trent’anni fa c’erano inserzioni sui giornali, foto un po’ sgranate, richieste di aiuto: camminavi per strada e ti domandavi dove fosse finita, Hermione Granger, dove si fosse nascosta, chi l’avesse rapita, se fosse stata portata via mentre urlava vi prego, aiutatemi.
Suo marito aveva dichiarato il silenzio stampa: cinquant’anni, lieve stempiatura e due figli abbondantemente maggiorenni, Ronald Weasley aveva reso la sua disperazione un fatto privato, e nessuno si era sentito in dovere di dire alcunché.
Avevano cercato, però, in silenzio, lui, Harry Potter, intere squadre di Auror. Niente.
Hermione Granger non si trovava, nemmeno a pregare, nemmeno a pungersi le dita a sangue, sui grani di un rosario, recitando il padrenostro, niente.
Non la lasciavano andare, o non tornava, e non serviva a nulla domandare pietà a chi la tenesse in ostaggio, fosse un mostro, un drago o sé stessa.
Non tornò mai, trent’anni fa, e le foto sbiadirono, la stampa si zittì, Ronald Weasley s’impinguì nella sua attesa, i suoi figli andarono via di casa e iniziarono a lavorare.
Nessuno si arrese, nemmeno quando le foto rimasero mute, il sorriso di Hermione congelato su una carta che parlava muovendo a malapena le labbra, senza che nessuno riuscisse più a rievocare le sue parole.
Eppure, un uomo si aggirava per Diagon Alley come se non ne fosse toccato, come se non avesse domande: si era detto, così sia, portatela via di qui, lontano, dove nessuno la troverà mai.
Si può accendere una candela, sotto il sole, e nessuno ne intuirà la luce.
Draco Malfoy taceva e passeggiava, nelle vie ombreggiate, senza porsi domande: ma, quando guardava quella foto, un pensiero gli esplodeva nel cervello e, lentamente, come destandosi da un sogno, gli pareva di sentire le parole di una foto ammutolita dal tempo.
Sotto, l’accorato appello di Weasley – poco ci mancava offrisse in ricompensa la casa di famiglia – per il ritrovamento della moglie. Sopra, quella bocca sorridente su parole dure: portatemi via di qui.
 
***
 
«Weasley è un provetto imbecille, Theo» Malfoy sorride e, controluce, sembra meno affilato di quanto realmente non sia. «Portagli una tanica di aceto e lo prenderà per vino: regalagli una puttana, e la scambierà per sua moglie».
Theodore Nott alza le sopracciglia scure, striate di un grigio precoce, un’onda di ferro gli sommerge la fronte.
Ha un bicchiere pieno di Burrobirra, intonsa, che fermenta nel vetro opaco e stagna, silenziosa, sopra una carta girata, la regina di denari che lentamente brilla come la fiamma dell’alchimista.
«Quale imbecille confonderebbe la Granger con una puttana?».
Draco Malfoy ride, giocherella con gli occhiali di corno che porta posati sul petto, e mai sul naso: ha giurato che non sarà mai Harry Potter, sono cose che il tempo non scalfisce.
«Suo marito lo farebbe» risponde. «Ma, d’altronde, suo marito è un imbecille».
Nott ride, facendo fischiare quel buco suturato nella gengiva, un dente che si è rotto quella volta che è finito, completamente sobrio, in una rissa di ubriachi.
«Qualcosa in lei avrà visto» sorride, a bocca chiusa. «Non vorresti sapere cosa?».
«Non credo mi piacerebbe: una moglie l’ho già».
Theodore scuote il capo, contrariato.
«Cosa te ne farai mai, di una moglie, che non ha quel… qualcosa» sussurra. «Che non ti insegna niente, che non ti sorprende mai».
Draco Malfoy alza gli occhi al cielo, un po’ sorride e un po’ digrigna i denti, giocherella con un mazzo di carte, un rimasuglio della passione divinatoria di sua moglie.
«Smetterai mai di cercare quel qualcosa della tua vita, prima di perdere tutti i denti?».
Ha detto così, Theodore Nott, quando ha dovuto spiegare la perdita dell’incisivo: cercava qualcosa, nei bassifondi di Notturn Alley, cercava qualcosa che possono conoscere i folli e gli ubriachi, non i giovanotti invecchiati dell’alta società.
«Non credo» una risata e un sibilo. «Tu ti rassegnerai a cercarlo, invece?».
Draco Malfoy sorride, ma non risponde, accarezza il mazzo di carte come se nascondesse un segreto, una carta gli scivola tra le dita.
«Potresti andare a cercare Hermione Granger, Draco, non sarebbe un’idea così malvagia».
È una regina di denari, Malfoy a stento lo nota. Fosse un minimo più attento, dovrebbe domandarsi perché mai dovrebbero esserci due regine gemelle nello stesso mazzo di carte.
 
***
 
Asteria Malfoy detesta gli abiti su misura: non riesce a rimanere ferma mentre viene tormentata da metro, stoffa e spilli, e ogni sorriso che finge urla basta, andiamo via a quel marito che sottovoce ridacchia.
Ha detestato gli abiti su misura al matrimonio, alla nascita del primo e unico figlio, al suo primo giorno ad Hogwarts. Potendo, lo avrebbe odiato anche al suo funerale – l’unica volta in cui nessuno si è lamentato perché si muoveva troppo.
Dal suo ultimo respiro fino alla prima palata di terra sulla bara chiusa, fino all’ultima lacrima, Draco Malfoy ha continuato a bisbigliare, all’orecchio di Theodore Nott, ho ancora una moglie.
«Hai anche un figlio, Draco».
Un figlio che piange, mano nella mano con la donna che ama, che se suo nonno fosse stato ancora vivo per vederli sarebbe crollato sul terreno in una manciata di polvere e maledizioni.
Scorpius Malfoy, mano nella mano con Rose Weasley, si dispera in singhiozzi sordi. Lei mormora, tristemente, so cosa vuol dire perdere un genitore.
Ronald Wealsey è ancora vivo, Hermione Granger è sparita anche dai ricordi più sbiaditi. Qualcuno ha detto, in un articolo mai pubblicato, che forse non l’hanno ancora trovata perché hanno già perso la speranza.
O, forse, non ne hanno avuta che una minuscola briciola, un frammento a malapena dorato che si è perso in poco tempo.
«Se solamente decidessi di…».
Draco alza lo sguardo, ma il sorriso sdentato di Theodore gli dà sui nervi.
«No».
Ha parlato troppo forte: Theodore annuisce, qualcuno pensa che stia parlando con Asteria Greengrass, no, non te ne andare.
Forse sta parlando al figlio, che lo osserva, silenzioso, con una mano sul ventre della compagna.
 
***
 
Rose è sottile come quella linea di luce e ombra che si confonde nello studio di Draco, che ormai è anche la sua camera da letto, talmente sottile che le puoi contare le costole, che puoi indovinare la conformazione del bacino.
Che, di certo, non penseresti mai che una vita nuova potrebbe occuparla, nutrendosi di quel che le avanza, quando sembra fatichi a trattenere qualcosa per sé.
Sono passati giorni, mesi, qualche anno: Rose Weasley non ha smesso di consumarsi, come cera sciolta, davanti alla sua attesa.
Porta un anello, una promessa di oro bianco che le sussurra favole, accostandola all’orecchio. Quando Scorpius la sfiora, ammutolisce, e forse significa che è quello, il lieto fine.
Eppure, Rose ha giurato: mi sposerò quando mia madre tornerà.
Quando, e non se. Dovesse essere madre di cinque figli, imbruttita o invecchiata di cent’anni, aspetterà quel giorno.
«E se non tornasse mai?» domanda un giorno Draco, nel vederla scrivere l’ennesima lettera senza indirizzo sopra. «Cosa faresti?».
Rose sorride. Ha una malinconia strana, che non impietosisce, ma incatena, si impone come un giogo sopra la schiena, e ti schiaccia.
«Ti chiederei di andare a cercarla, immagino».
«Non potrei farlo, lo sai».
Ma Rose ride, e ha qualcosa che ricorda prepotentemente sua madre, in quel sorriso, nella forma della bocca, del mento.
«Certo che potresti: è che non vuoi farlo».
E lui, silenziosamente, si costringe a darle ragione.
«Anche se vorrei tanto che cambiassi idea, qualche volta: la conosci abbastanza bene per trovarla – hai presente come si dice? Ama il tuo nemico
 
***
 
Vent’anni fa, Scorpius Malfoy aveva cominciato a sbiadire: non tutto insieme, ma lentamente, poco per volta, finché non l’avevano trovato bianco come un panno steso al sole, e si erano potuti solamente domandare che fine avesse fatto tutto quel colore.
Se l’era chiesto la sua compagna, ancora sottile come un giunco nonostante le tre gravidanze, di cui una gemellare. Rose se l’era chiesto e, in cuor solo, conosceva già la risposta, se l’era chiesto e aveva lasciato che quel pensiero le rovinasse le notti.
Se lo erano chiesto i suoi figli, forse, quando avevano visto che il padre aveva piano piano cessato di spingerli sull’altalena, in giardino, o di provare a fare buffi pastrocchi in cucina, e spacciarli per torte o muffin.
Suo padre non aveva domanda, né a sé stesso né a nessun altro: Draco Malfoy aveva osservato, ma non aveva detto altro, silenzioso si era appostato per spiare suo figlio che, lentamente, diveniva sempre più opaco, come quell’anello, che una volta era stato di un’impeccabile lucentezza, che gli si impolverava nelle tasche dei pantaloni.
Il ritratto di Asteria Malfoy, sopra il camino della sala da pranzo, sorrideva come una sirena e domandava, ogni volta che suo marito si costringeva a fermarsi al suo cospetto, la stessa cosa, e non c’era verso di farla smettere, nemmeno a minacciare di lasciarla bruciare nel caminetto.
«Perché non fai qualcosa, Draco?».
E allora lui la guardava e, in silenzio, il cuore gli saltava un battito.
«Non so cosa fare» si costringeva a rispondere. «Non posso costringerla a sposarlo, se non vuole».
E il dipinto rideva, e sembrava quasi che si potesse entrare in quel sorriso, toccarle i capelli biondi come un tramonto.
Ma non si poteva più.
«Certo che lo sai, Draco, l’hai sempre saputo» rispondeva Asteria. «E, allora, perché sei ancora qui?».
«Non posso costringerla a tornare: che potere ho, su di lei? Non ne ho mai avuto, ha sempre fatto tutto di testa propria. E come biasimarla? Anche io sarei scappato da un idiota come Weasley».
La replica di Asteria non si sentiva mai, perché Draco correva via, sbattendo le porte, molto prima.
«Anche l’odio, in qualche modo, è una forma di potere. Ma, ancora di più, lo è l’amore… com’è che si dice? Ama il tuo nemico?».
 
***
 
Hermione Granger non ha lasciato nulla: non un segno, un indizio, qualcosa1. E questo non fa che aumentare la convinzione di Draco Malfoy che, alla fine, lei non voglia assolutamente lasciare che la trovino.
Eppure, ormai sono in pochi, coloro che la cercano, coloro che si chiedono dove sia finita una donna di ormai sessant’anni, con una famiglia, con l’amore della sua vita che lo aspetta in un letto perennemente vuoto.
Harry Potter, ad esempio, non si è mai arreso: cerca ancora la sua amica di una vita, ma non la trova. E qualcuno mormora, pieno di scherno, che forse non l’ha mai conosciuta realmente.
Sembra essere un dubbio legittimo, ogni volta che Potter parte, chissà alla volta di che città, paese o nazione che gli ha ricordato qualcosa, qualcuno, per poi tornare con le mani irrimediabilmente vuote.
Ron Weasley ha smesso di partire: si è seduto sulla sua poltrona e ha atteso. Qualcuno ha detto che ha smesso di fare anche quello.
Perché Hermione Granger è davvero introvabile, sembra che l’abbiano cancellata da ogni mondo possibile, non c’è nulla, non una traccia, non un segno. Forse, bisogna sperare in un miracolo.
Hanno detto: daremo tutto, ma riportatela indietro.
«E se non volesse tornare? Dannazione, Theo, se mia moglie sparisse per dieci anni, sai cosa penserei? Che forse non ha nessuna voglia di tornare».
Theodore Nott sbuffa, mentre il suo amico continua a gesticolare, con un bicchiere vuoto in mano: probabilmente non si è mai accorto, né di averlo riempito, né di averne rotti otto fino a quel momento.
«Va bene, mettiamo caso che non abbia voglia di tornare: ma perché non sprecare ogni tentativo?».
«Perché è una scelta sua» grida Malfoy, le mani nei pochi capelli che gli sono rimasti. «Cosa c’entro io, cosa c’entriamo noi? Ha scelto di andarsene, fine».
«Se Asteria se ne fosse andata, però, tu l’avresti cercata» Theodore sorride, un dente falso gli brilla in bocca, patinato d’oro. Lui lo trova elegante, ma in verità gli conferisce l’aspetto di un vecchio pirata. «Qualche volta, mi viene da pensare che la cerchi ancora».
«Asteria non aveva motivi per andarsene» ringhia Draco, e il bicchiere trema nella mano. «Non le mancava niente».
«Asteria adesso non è qui... e non puoi risolvere andando a cercarla».
«Credi che non lo sappia?» urla Malfoy, i lineamenti, solitamente lievi come a malapena abbozzati in un calco di cera, ma comunque con qualche segno dell’antica giovinezza, sono totalmente stravolti. «Credi che non ne sia immensamente consapevole, ogni giorno? Ma che altro posso fare?».
Theodore sorride, questa volta con le labbra serrate. Ha il labbro superiore solcato da una cicatrice biancastra: si dice che una puttana abbia cercato di squarciargli il viso con le sue stesse mani.
«Potresti fare qualcosa» osserva. «Cercare qualcuno».
 
***
 
Asteria aveva un salottino, con le pareti rivestite di un buffo rosa tenue, dove si rinchiudeva, nel periodo in cui Scorpius neonato non faceva che strillare per le coliche, e la tata non riusciva a calmarlo.
Adesso, è lo studio di Draco, il quale però non è riuscito a togliere via, con le mani o con la magia, quella carta da parati. In qualche angolo si era staccata da sé, ma era sempre finito per riattaccarla, quasi come se sua moglie potesse tornare indietro per vedere che lui, da bravo marito, aveva preservato la sua stanza.
E, lì, tra le pareti rosa, Draco Malfoy traccia appunti, si domanda dove possa essere fuggita, ormai dieci anni prima, Hermione Granger.
Non è difficile, si rende conto, comprendere che trovarla è impossibile: hanno già cercato in ogni luogo possibile, e lui lo sa, lo urla, non si sa bene a chi.
Lascia passare i giorni, nella nuova consapevolezza che, cedendo nel cercarla, si è imbarcato in un’ennesima impresa vuota: è come se lei fosse direttamente sparita dalla faccia della terra, introvabile, intangibile. Che Hermione Granger non sarà riportata indietro da nessuno, tantomeno da lui.
Il ritratto di sua moglie ride, nel vederlo così disperato: Asteria lo guarda, gli occhi indicibilmente verdi sul viso pallido, e non riesce a non ridere.
«Oh, Draco» mormora. «Non capisci? È così ovvio».
Lui la guarda e non parla. Nella stanchezza, nel suo essersi arreso prima ancora di cominciare, sembra invecchiato di cent’anni.
«Forse la Granger non è affatto in un luogo possibile2».
 
***
 
Il giorno dopo, Draco Malfoy è sparito: nessuno sembra preoccuparsene, ha così tanti motivi per voler scomparire che, alla fine, non desta stupore.
Come lui, anche Theodore Nott si è reso irreperibile ma, per quanto se ne sa, potrebbe anche essere stato ammazzato da un ubriaco o da una puttana a corto di soldi.
Il quadro di Asteria Greengrass, sulle pareti del Manor, sorride con un’aria immensamente malinconica.
 
***
 
«Theo, non capisci?» Draco Malfoy ha gli occhi lucidi per l’emozione. «Non dobbiamo trovarla per davvero! Troviamone una che le somigli abbastanza e il gioco è fatto».
«Che è un po’ come spacciare l’aceto per del vino» osserva Theo. «Un ottimo aceto, magari, ma che non è vino… potrebbe funzionare».
Insieme ridono, come due adolescenti, e i loro mantelli frusciano nell’aria fresca del mattino.
 
***
 
Dieci anni fa, la ricerca non s’era ancora conclusa: s’affannavano, Draco Malfoy e Theodore Nott, a tentoni per il mondo, magico e non, alla ricerca di quel vino che poteva sembrare aceto.
Ma non trovarono nulla. Pareva, effettivamente, che non ci fosse nessuno che potesse quantomeno somigliare a Hermione Granger.
Non c’era una strega o Babbana o mostro mitologico che potesse far pensare forse è lei.
E lei, poi, lei dov’era andata a nascondersi?
Non era nelle scogliere bianche a Dover, non era a nuotare nello stretto di Gibilterra, non cuoceva sotto il sole iberico, non aveva trovato casa nell’arte francese o italiana. Niente.
Quindi, probabilmente, l’ultima spiaggia fu semplicemente la scelta più sensata, e il luogo più impossibile di tutti.
Avrebbero dovuto attraversare la soglia della primavera, per accorgersi che a San Pietroburgo nevicava ancora.
 
***
 
«Mi spieghi» la voce di Theodore Nott di spezzò come ghiaccio su una roccia. «Perché siamo dovuti venire a gelarci le chiappe qui? Potevamo rimanere a cuocerci le ossa a Lisbona».
Malfoy sbuffa, giocherellando con un guanto che cela le mani spaccate dal freddo. Anche il fiato diviene vapore e, se vi stava qualcosa, una preghiera o una minaccia, lì celato, Theodore non lo saprà mai.
«Cosa ti fa pensare che la troveremo qui?» Theo sbuffa, si agita. «Non era in Bulgaria da Krum, cosa ti fa pensare che sia venuta qui? Cosa può mai avere cercato?».
Una casa, amore. La sua famiglia3.
«Non stiamo facendo alcun progresso, Draco: stiamo viaggiando all’indietro».
Ma lui lo guarda e, ancor prima di parlare, l’ha già convinto.
«Io so che è qui».
Lei, o qualcuna come lei.
 
***
 
La Russia è quasi tutta Babbana: i maghi si sono piano piano ritirati verso la Siberia, dove nessuno li ha mai cercati – si dice che lì abbiano ucciso un principe con tutta la sua famiglia4. Che sia una terra di fantasmi?
Sono sparsi in piccoli nuclei familiari, totalmente estranei al Mondo Magico, nascosti nella loro foresta di gelo: di fatto, almeno tra di loro, si conoscono tutti.
E tutti hanno detto, no, lei non sappiamo chi sia. La vecchia signora che vive nascosta dietro un mucchio di neve, con gli occhi opachi di chi vede poco o niente, e altrettanto poco o niente ricorda.
Ha una matassa senza fine di capelli, un po’ grigi e un po’ bianchi, che conserva un ricordo dell’antico colore. Da lontano, non è che l’ennesima macchia su un manto di neve troppo sporco.
Se ti avvicini, rischi di non vederla più: scappa e si nasconde da tutti, tranne dai bambini, quando sono abbastanza coraggiosi da avvicinarla e rivolgerle qualche parola.
Forse ha un nome, di certo ha una casa, una famiglia nessuno l’ha mai vista. Chi è? Cosa ci fa lì? Perché è così sola?
Draco Malfoy non si pone domande, al contrario del suo amico Nott, ma cerca una risposta, sebbene forse la sua sia una flebile speranza: è lei. Deve esserlo, se non è lei, sarà l’unico caso di aceto che odora e ha il sapore del vino, l’unico caso in cui tua moglie è anche la tua puttana.
Lui non è uno sciocco, e difficilmente nutre false speranze. Se non è lei, ha esaurito i posti, possibili e impossibili, in cui cercarla.
Così, una mattina, lascia Theo a gelarsi il fondoschiena tra i boschi – dice di aver trovato il suo qualcosa in una contadinella dalle trecce bionde, i lineamenti pesanti e un marito molto geloso – e decide di cercarla, ancora.
La vede che sta scavando nella neve, cercando di portare alla luce i germogli di qualche piantina. La primavera sta arrivando, e lui la cerca da così tante estati e inverni che, quei germogli, gli paiono quasi un’allucinazione.
«Io so chi sei».
Lei gira il volto, e sembra che il tempo non l’abbia mai segnata, lì, in quel sorriso, nello sguardo che conserva ancora la sua infantile fierezza.
«Anche io so chi sei».
«Pensavo non ricordassi… voglio dire, sui giornali hanno scritto che magari eri stata obliviata» la sua voce si indurisce. «Altrimenti, perché sparire così?».
Hermione Granger scuote il capo, negli occhi ha dipinto un altro mondo, forse l’ha sognato, forse l’ha vissuto davvero.
Sotto la maglia di lana, ha un ciondolo di un azzurro opacizzato dal tempo. Glielo mostra, cullandolo come se fosse un bambino, con una dolcezza che forse nemmeno i suoi figli hanno conosciuto.
«Speravo che si ricordassero. Non tutti, ma almeno Rose».
Draco la guarda, senza capire. «Mi ha chiesto lei, di cercarti. E mi ha detto di andare…».
«In Francia» lei ride. «Insieme, a Parigi5».
«Potevi tornare» il suo tono è glaciale. «Tua figlia ha giurato che non si sposerà finché non potrai partecipare al suo matrimonio, e ha già tre figli che non hai mai visto. Un giorno, uno di loro…».
«Sarà come te?» Hermione ride. «Lo renderai un Malfoy della vecchia risma? Magari si chiama Lucius?».
Draco non risponde. Ha le labbra stretta tra di loro, in una linea così dura che, controluce, ha l’aspetto di una cicatrice che gli divide a metà il volto.
«Non ti mancano mai?».
Il suono della sua stessa voce lo sorprende. Si è incrinata nel mezzo della frase, una crepa minuscola, ma lui l’ha sentita. E anche lei.
Lo vede, quando Hermione spalanca gli occhi, nel vederlo tremare dietro il peso delle parole: si rende conto così che, alla fine, è successa quella cosa che nessuno poteva aspettarsi. Sono cresciuti. E, degli adolescenti della passata generazione, non è rimasto poi molto, forse a malapena qualche rimasuglio incrostato tra le ossa.
«Chi?».
Draco scrolla le spalle. È invecchiato male, pensa lei, gli anni non gli hanno ammorbidito i tratti: sembra ancora il ragazzino spocchioso che, una e più volte, la chiamò Mezzosangue.
«Casa tua. Tuo marito. La tua famiglia».
Hermione ha gli occhi lucidi. È invecchiata male, pensa lui, gli anni non le hanno ammorbidito il carattere: sembra ancora quella ragazzina inflessibile che, nemmeno lui si riesce a spiegare con quale determinazione, una volta riuscì a tirargli un pugno. E, potendo, avrebbe rincarato la dose.
«Non sono mai arrivati qui» osserva lei, e ha la voce rotta. «Sei arrivato solamente tu: qualcosa dovrà pur significare».
 
***
 
Non c’è verso di smuoverla dalla sua decisione: ci prova, Draco, a dirle che la aspettano tutti da anni, sua figlia, suo figlio, suo marito, i suoi amici.
«Non tornerò indietro: è controproducente. Non puoi rimanere nemmeno fermo: o vai avanti, o finirai per dimenticarti di te».
«Per Merlino, Granger!» un giorno perde la pazienza, e urla. «Cosa aveva di così drammatico, la tua vita, per spingerti a scappare? Eri la dannata eroina del Mondo Magico, avevi tutto. Perché venire qui, dove davvero rischi di dimenticare chi sei?5».
«Pensavo che, se fossi rimasta abbastanza sola per pensare, forse avrei trovato il senso di tutto» lei sospira, e si passa una mano tra i capelli. «E, invece, non ho imparato nulla».
«Pensavo non fossi il tipo da scappare dai problemi. Pensato che tu fossi quella che affronta tutto di petto».
«Evidentemente no» Hermione scuote il capo, nascondendosi tra i capelli.
Sono ancora sorprendentemente lunghi, e forse curati, per quanto lo permetta la sua sistemazione spartana.
«Non pensi mai di tornare?».
Lei lo guarda, e non risponde: indirettamente, la risposta è quella. Hermione Granger ha paura.
 
***
 
Da quel giorno, lui cambia tattica: passa ore a raccontarle quello che si è persa, cosa è cambiato, cosa è rimasto uguale.
Le descrive il vestito da sposa di Rose, fatto confezionare dieci anni fa e rimasto a impolverarsi in un armadio, e le dice che le stava alla perfezione ma, forse, dopo tre gravidanze bisognerà allargarlo, se mai dovesse esserci quel famoso matrimonio.
Le parla dei suoi tre nipoti, che non ha mai visto, e che lui ha tenuto di malavoglia sulla spalla quando Scorpius non sapeva come farli addormentare, e Rose lavorava. Le parla di quei tre nipoti, e del figlio di Hugo, che conosce poco, ma di cui Rose parla spesso.
Le dice della nidiata di Potter, glissa sul fatto che Weasley si è parcheggiato sul divano del soggiorno di sua sorella, le racconta perfino delle avventure di Theodore sobrio tra gli ubriachi.
Lei qualche volta ride, qualche volta si commuove, ma più spesso rimane a fissarlo con un’espressione turbata che le stravolge il viso.
«Se tornassi, vedrei tutto questo?» domanda.
Malfoy la guarda, e non è nemmeno certo della risposta da darle, come convincerla, come non distoglierla da quel barlume di pensiero che forse le si è formato in testa.
«Forse anche altro».
Lei sospira e guarda la neve che, lentamente, ha cominciato a sciogliersi a chiazze, rivelando le prime timide foglioline d’erba.
Probabilmente, è consapevole del fatto che questa è la sua ultima primavera siberiana, non ce ne saranno altre: la strada verso casa è lunga, ed Hermione non si ricorda quasi nemmeno come sia avere una casa, una famiglia.
Ma la neve si sta sciogliendo, sotto i suoi piedi, e Malfoy la guarda e a stento riesce a non sorridere.
 
***
 
La porta al Manor: lei, in silenzio, gli ha detto non sono ancora pronta. Pronta per cosa?
Forse per il divano di Harry, per Ginny che strilla contro James Sirius, per tutto.
Theodore non li segue nemmeno: ha deciso di rimanere in Siberia, con una contadina con un marito ormai morto, in chissà quali circostanze, e con i lineamenti e, da qualche mese, la pancia pesanti.
Tornano e trovano Rose seduta sul divano, un libro in grembo, qualche capello bianco nella chioma di fiamma e un sorriso sbiadito dagli anni.
«Mamma?».
 
***
 
Rose è come ringiovanita, dalla felicità, non fa che correre per il Manor organizzando un matrimonio che, chiunque, ormai dava per naufragato.
Ma sua madre sembra appassita. Draco Malfoy la guarda e, in fondo, crede di sapere quale sia il problema: è per questo che è scappata.
La sua fuga, forse, non è stato che l’ultimo tentativo di trovare sé stessa. E, alla fine, Hermione Granger, è ancora lì, nella glaciale primavera siberiana: è sua, l’abitudine di scuotere la chioma come se dovesse togliere dei fiocchi di neve.
Lo sa, che vorrebbe andarsene, ma non osa turbare la felicità di sua figlia – a Ronald Weasley ancora non l’hanno detto: sarà una sorpresa, ha tubato Rose, e tutti sono sembrati d’accordo.
Tranne Hermione. E, in fondo, anche Draco.
 
***
 
«Devi lasciarla andare, Rose: dille che puoi sposarti anche senza di lei».
«Ma io non posso» dentro quel vestito, sembra la giovane donna che era quando sua madre sparì nel nulla. «Ho aspettato così tanto…».
Scorpius le carezza il viso, con una dolcezza strana, malinconica.
«Questo non è il suo posto: lei fa solamente del male, costringendola a rimanere».
«Non credi sia troppo facile essere ragionevoli sui genitori degli altri?» strilla lei, il viso chiazzato di rosso.
«Mia madre è morta, Rosie, direi che c’è poco da essere ragionevoli» sibila lui, torcendosi le mani.
«Ma tuo padre non lo lasci andare».
Lui la guarda, perplesso, come se non avesse ben compreso la piega del discorso.
«Mio padre è stato via per anni, senza che io gli dicessi nulla per convincerlo a tornare».
«Però è tornato e tu non lo lasci andare».
 
***
 
Oggi, il vento è tagliente e sembra che il cielo debba crollare da un momento all’altro. Ma è solamente neve.
La bella stagione non dura molto, in Siberia, e, alla fine è meglio così: è un luogo abbastanza inospitale per accogliere chi non sa dove trovarsi.
Theodore Nott si è trovato tra le cosce di una contadina sospettosamente vedova, e ha giurato che lì morirà.
Tra le chiazze d’erba, Hermione Granger ha trovato un silenzio che, nella sua adolescenza, non ha sperimentato mai: un giorno, si dice, tornerò. Un giorno in cui avrà trovato un motivo per tornare.
Per ora, la prossima primavera è un miraggio estremamente vicino: c’è Draco Malfoy che, come un bambino, scrolla i piedi nella neve, forse cercando l’erba, forse per fare arrivare alle gambe di lei qualche goccia di gelo.
Lei sorride e pensa che forse è vero – ama il tuo nemico – che le persone cambiano: l’ha portata via lui, l’ha portata nella sua vera casa. Ed è come se non fosse mai andata via.
Ormai è passato così tanto tempo che, forse, è stupido pensare che torneranno mai indietro: sono vicini a una vecchiaia gelida e, tutto sommato, va bene così.
Giocano a carte davanti al fuoco, qualche sera, come una vecchia coppia, e parlano delle lettere che i loro figli, finalmente, sanno dove spedire.
Qualche volta, dal mazzo cade una regina dorata, ma Draco ha smesso di darle importanza.
 
***
 
C’è un fantasma che vaga nelle lande inglesi, si dice, e nei castelli: ha un vestito giallo come il sole e i capelli neri come l’ala di un corvo, che la segue come un famiglio, come una parte della sua anima.
Una vecchia dice di averla vista piangente e senza testa, cercando casa, sua figlia, suo marito.
È la leggenda della regina bruciata, della regina squarciata, della regina decapitata. Sorride, con la testa tra le mani, come un mazzo di fiori, e con le labbra livide mormora qualcosa.
Si potrebbe pensare che stia pregando.
Ma, nel mazzo di carte, mentre balla e sorride, senza testa, sussurra.
Finalmente mi hai lasciata andare.
 
 
One step at a time
One hope, then another
Who knows where this road may go
Back to who I was
Onto find my future
Things my heart still needs to know
Yes, let this be a sign
Let this road be mine
Let it lead me to my past
And bring me home
At last
 
 

 
 
1 "Dammi un segno, un indizio, qualcosa!" - dal cartone animato Anastasia
2 Lieve riferimento a "L'amore e altri luoghi impossibili"
3 "Home, love, family, there was once a time I must have them too. Home, love, family. I will never be complete until I find you" - Journey to the past, colonna sonora del film
4 La vera famiglia Romanov
5 "Insieme a Parigi" - dal cartone animato Anastasia

 
   
 
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