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Autore: Scarl_Bloom 94    17/07/2017    1 recensioni
(AGGIORNAMENTO SETTIMANALE).
Karol ha ventitré anni ed è un'aspirante sceneggiatrice, agli inizi della sua carriera.
William ne ha appena compiuti trentacinque e la sua carriera è in declino.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo uno


Karol guardava la scritta monumentale di Hollywood sul monte Lee dal finestrino di quel taxi che la stava portando in albergo. Non credeva ai suoi occhi e continuava a pensare si trattasse di un sogno, presto si sarebbe svegliata nel letto caldo della sua camera, a Roma. Aveva deciso di accettare la proposta di quella strana donna, che era apparsa nella sua vita come una specie di miracolo, ed era volata a Hollywood per realizzare il suo sogno. Aveva lasciato la famiglia e gli amici e si era buttata in quel mondo che sin da sempre l’aveva terrorizzata; aveva paura di non esserne all’altezza e di fare un buco nell’acqua. Guardò il braccialetto che teneva legato al polso, un regalo della sua adorata cugina Aurora che l’aveva incoraggiata a non perdere quella rara opportunità, e riuscì a ritrovare un po’ di forza. Emily era accanto a lei, da quando avevano preso posto sui sedili di quel taxi non aveva fatto altro che parlare al telefono, indaffarata con i suoi numerosi clienti. Karol si sentiva a disagio, era atterrata da soltanto una ventina di minuti e voleva di già scappare via.
«É andato bene il viaggio? »
Si girò verso la sua manager, notando che avesse miracolosamente rimesso il telefono nella borsa. «Oh … sì. É stato … abbastanza tranquillo. » Non aveva chiuso occhio, talmente era in ansia per quello che avrebbe dovuto affrontare una volta atterrata.
«Immagino non avrai riposato nemmeno per cinque minuti», ipotizzò quella, mentre si sistemava i capelli bruni dietro le spalle e gli occhiali da sole sulla testa. «In albergo potrai dormire per dodici ore di seguito. Prima, però, dobbiamo fare una piccola sosta. »
«Dove mi porti? », le chiese, con la tachicardia.
«All’agenzia per cui lavoro, ti presenterò al mio capo», la informò, serena. «É stato lui a mandarmi a Roma, alla ricerca di giovani talenti. Gli ho parlato di te e vuole conoscerti di persona. »
«E lui … che tipo è? », domandò, deglutendo.
«Oh, un tipo molto simpatico. Grasso, basso e gay. »
Karol sprofondò nel sedile, respirò a pieni polmoni e serrò le palpebre, mentre ripeteva fra sé e sé che poteva farcela.

George Stevens era il solito riccone che pensava solo ed unicamente a come arricchirsi di più, poco importava dei giovani promettenti che avevano del vero talento e che passavano dalla sua agenzia. Karol rimase in corridoio ad aspettare che Emily tornasse a prenderla, mentre era nell’ufficio del capo. Iniziava a chiedersi perché ci mettesse così tanto, anche perché chiunque passasse di lì le gettava lunghe occhiate curiose che la mettevano a disagio. Era una completa sconosciuta e si sentiva terribilmente persa in un luogo del genere. Per fortuna Emily tornò, il sorriso celestiale di poco prima era scomparso, ma si sforzò di stendere le labbra. «Vieni, il capo non ha molto tempo», le disse, prima di guidarla verso l’ufficio di George Stevens.
Karol entrò nella stanza del capo, le tremavano le gambe e il cuore batteva a un ritmo sfrenato. Vi era un lungo tappeto rosso che portava all’enorme scrivania dietro cui era seduto George. Karol posò gli occhi sull’uomo, quest’ultimo la guardava con aria annoiata e una smorfia sulle labbra.
«Ebbene, è lei? », chiese, inarcando un sopracciglio.
«George, lei è Karol Leone», la presentò. «La nuova arrivata. »
Lui sbuffò, fece un’altra smorfia e spostò la sua attenzione sullo schermo del computer. «Fa ciò che devi fare, Emily. Hai un limite di tempo, lo sai bene. Non devo spiegarti nulla. »
Si leggeva chiaramente nel volto della manager l’imbarazzo che provava,  soprattutto la mortificazione per Karol. «Ricevuto, capo. » Fece un cenno alla sua nuova cliente e uscirono all’istante da quell’ufficio, da cui si respirava una palese aria ostile. Mise una mano sulla spalla della ragazza, in un tentativo di conforto. «Non preoccuparti, va tutto bene. Ha litigato con il suo fidanzato, e quando succede, non ha voglia né di vedere né tanto meno di parlare con nessuno. »
«Tempismo perfetto, allora», bofonchiò Karol.
«Già, non è giornata», concordò la sua manager. «Andiamo, ti accompagno in albergo così potrai riposare un po’. »
Karol non vedeva l’ora di chiudere gli occhi e appoggiare la testa su un morbido cuscino, soprattutto voleva non pensare a quella decisione azzardata di andare a Hollywood, convinta sempre di più che avrebbe fatto meglio a restare a Roma, nella sua adorata città.

L’albergo davanti al quale il taxi si fermò fece strabuzzare gli occhi a Karol per l’ennesima volta nell’arco di quella giornata. Era una sistemazione temporanea, Emily si era offerta di pagare tutte le spese, ma Karol aveva insistito affinché se la sbrigasse da sola. Aveva dei risparmi, le sarebbero bastati per qualche settimana, non di più, ma non avrebbe mai e poi mai accettato che Emily le pagasse l’albergo. Questo implicava che avrebbe dovuto muoversi a cercare un lavoro, se non voleva spendere gli ultimi risparmi nel biglietto di ritorno.
Emily la aiutò a sistemare i bagagli nella stanza, mentre Karol si guardava attorno con occhi pieni di meraviglia. All’interno di quella camera c’era un letto matrimoniale molto grande, tappeti sparsi sul pavimento, quadri appesi alle pareti che raffiguravano varie stelle di Hollywood che avevano fatto la storia del cinema, il comodino con sopra una lampada particolare, che Karol trovò molto buffa, e c’era una porta che portava al bagno «É molto graziosa. »
«Avrei potuto procurarti di meglio», le disse la manager.
«Andrà benissimo. »
«E senti, Karol, per quanto riguarda quella sceneggiatura … » Era la settecentesima volta che quella povera donna cercava di aprire l’argomento, sempre con scarsi risultati. «Lascia che la mandi a qualcuno. É il mio lavoro. Devo cercare di farti emergere. Sono la tua manager, tesoro.»
«Da … un mese soltanto», sottolineò. «E hai già sconvolto la mia vita abbastanza portandomi qui.» Era appena arrivata a Hollywood, doveva ancora realizzare di trovarsi nella città del cinema, e lei voleva sin da subito presentarle chissà chi.
«Lo so, Karol. Capisco che tu abbia bisogno di tempo per ambientarti, però credo davvero nelle tue capacità e voglio trovare qualcuno disposto a darti la possibilità di farti notare. » Le si avvicinò e le diede un abbraccio per confortarla. Si conoscevano da poco, ma erano già entrate in confidenza, e Karol la vedeva come una sorella maggiore. Si sentiva un peso per lei, aveva già tanti clienti a cui badare, non voleva farle perdere del tempo prezioso.
«Ho un’idea: la prossima settimana ci saranno gli Oscar», le disse, entusiasta. «Non posso portarti alla premiazione, però all’after party sì. »
Karol spalancò gli occhi. Con quale faccia si sarebbe presentata al party degli Oscar? Come l’aspirante sceneggiatrice di Roma?
«No, aspetta. Io non sono … nessuno. »
«Sei la mia nuova cliente, tesoro. Io ci dovrò andare per tenere a bada un cliente in particolare, quindi verrai con me. »
Faceva ridere pensare a Emily come una specie di babysitter di star di Hollywood. Voleva bene a tutti i suoi clienti, ci teneva alla loro carriera, e tra loro c’erano alcuni nomi che facevano girare la testa. Un nome in particolare faceva girare da matti la testa di Karol. Non sapeva che Emily fosse la sua manager, l’aveva scoperto da poco, quindi c’era la possibilità che l’avrebbe conosciuto. Non che avessero niente di che spartire, ma era stato il suo idolo adolescenziale per diversi anni, conoscerlo adesso le procurava uno strano effetto. I poster alla parete li aveva tolti da tempo, non sbavava più dietro agli attori del cinema, ma si teneva sempre aggiornata guardando i film di chi ammirava di più. E di quell’attore in particolare non ne vedeva da qualche anno.
«Chi altri devi tenere a bada? », le chiese, troppo curiosa.
«William Bower», rispose lei, con nonchalance, appoggiando la borsa sul letto e dirigendosi sul piccolo frigo posto dall’altra parte della camera e a cui Karol non aveva proprio fatto attenzione. «Oltre che ad essere un mio cliente, è soprattutto un mio caro amico. » Tirò fuori due lattine di birra e gliene porse una, ma Karol si limitò a scuotere il capo. «Sta vivendo un periodo delicato. La sua carriera non va affatto bene, si è lasciato con la sua compagna storica ed è molto giù di morale. Io cerco di risollevarlo come meglio posso.» Si accomodò sul letto e bevve un sorso di birra, sotto agli occhi vuoti di Karol. «Hai perso la lingua?»
Quindi sarebbe stato presente al party a cui avrebbe preso parte anche lei. La notizia le destava un certo disagio. In fondo, sarebbero stati presenti tanti altri volti noti del cinema, registi, produttori e quanto altro, pertanto la cosa non avrebbe dovuto sconvolgerla più di tanto. Ad ogni modo, si trattava del suo idolo adolescenziale, una banalità di poco conto.
L’ansia di trovarsi a Hollywood iniziava a giocarle brutti scherzi.
«Karol? »
Lei sussultò. «Sì? »
«Tutto bene? Hai sentito quello che ho detto?» Emily si alzò e le andò incontro.
Karol rifletté un minuto. «Sì. Hai detto che … verrò insieme a te al party degli Oscar, mentre tu dovrai tenere a bada un cliente. »
La manager si mise a braccia incrociate. «Ma ho anche detto tantissime altre cose», si lamentò, sospirando. «Porta una copia della sceneggiatura al party. Ci sarà sicuramente occasione di farle dare un’occhiata da qualcuno.»
Karol sbuffò, ma era stanca e non aveva voglia di mettersi a discutere con Emily. «E va bene. »
Non l’avrebbe fatta leggere nemmeno al Papa. Tuttavia, doveva pur accontentare quella povera donna che l’aveva portata fino a Hollywood.
Emily prese la borsa e fece per uscire dalla camera. «Ora ti lascio riposare. A dopo. »
E Karol si lasciò cadere a peso morto sul letto.
***
William si stava passando un asciugamano sui capelli scuri e sudati, stremato dopo un’intensa sessione di corsa, mentre Emily gli parlava del più e del meno. Non la stava minimamente ad ascoltare, tanto era perso nei suoi pensieri su come fare a riavere Mandy.
«Will! »
L’urlo improvviso della sua manager gli fece venire un mal di testa atroce, si portò le mani alle tempie e si lamentò. «Che diavolo. »
«A quanto pare, oggi nessuno ha intenzione di ascoltarmi», borbottò lei, lasciandosi cadere sul divano e a braccia incrociate.
«Scusami, Emily. Chi altri non ti ha ascoltata?», le chiese, senza esserne interessato.
«La mia nuova cliente», rispose, prendendo una rivista dal tavolino posto davanti a sé e iniziando a sfogliarla. «Ha un grande talento. Credo proprio che diventerà qualcuno in poco tempo. »
A Will non interessava un bel niente di quella “nuova cliente” di Emily, pensava solo ed unicamente alla sua ex.
«Verrà insieme a me all’after party di domenica prossima, te la farò conoscere», aggiunse, non curandosi delle facce annoiate dell’uomo che stava in piedi davanti a lei. «É giovane, ma imparerà presto. Ha scritto una sceneggiatura molto interessante, spero di riuscire a farla leggere a qualche produttore perché sono sicura che ne uscirebbe fuori qualcosa di straordinario.»
Emily continuò a parlare, mentre l’attore si limitava ad appena percettibili cenni col capo, ma la sua farsa ebbe vita breve poiché la donna non era affatto una stupida. «Will! »
Un altro urlo lo fece sobbalzare di nuovo. «Ascolta, manager cara. A me di questa fantomatica futura e formidabile sceneggiatrice di Hollywood non interessa un bel niente. L’unica cosa che mi sta davvero a cuore, al momento, è di riavere Mandy. » Sbuffò e si lasciò cadere sulla poltrona di fronte al divano, rovesciando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi per rilassarsi.
«Sei proprio convinto a rimetterti con lei? », le chiese.
Will spalancò i suoi occhi azzurri. «Io la amo. L’ho persa, va bene, ma non c’è giorno in cui non vorrei la mia famiglia con me. A lei sembra non importargliene, a quanto pare. »
Mandy Thomas aveva appena intrapreso una relazione con Jim Patterson, un riccone brutto e grasso, multi miliardario. Cosa ci facesse con un uomo del genere, Will non riusciva proprio a spiegarselo, probabilmente tutti quei soldi le avranno dato alla testa, non c’era altra spiegazione.
«Sarà presente anche lei al party», lo informò Emily. «L’ho sentita qualche giorno fa al telefono. »
Will elaborò bene l’informazione.
«Non voglio che tu abbia brutte sorprese, avevo intenzione di dirtelo. »
Il pensiero di rivederla lo rendeva stranamente felice; un sorriso a trentadue denti si impossessò della sua bocca. «Fantastico.»
«Hai bevuto, per caso? », domandò, sospettosa.
«Sono sobrio da …  un paio di giorni. Non preoccuparti», la rassicurò.
«E non assumerai qualche altra sostanza, spero.»
«Emily.» Rise e si alzò, massaggiandosi il collo. «Ho smesso da quando Christopher è venuto al mondo. Lo sai che ho chiuso con quella roba. »
«Bene. Ti voglio lucido e concentrato», disse, prendendo le sue cose e alzandosi a sua volta. «Adesso torno da Karol. L’ho lasciata da sola in quella stanza d’albergo da un bel pezzo.»
Will fece una smorfia, prendendosi gioco di lei. «Sì, vai. Poverina. Si sentirà sola, triste e abbandonata. »
Per tutta risposta Emily lo colpì con la borsa e poi se ne andò, mentre lui rise ancora per molto. «Pazzesco. E da dove sarà spuntata fuori, questa qui, adesso?», bofonchiò, ridendo. Poi tornò a pensare a Mandy e a un piano da mettere in atto la sera del party. Andò dritto a farsi una doccia, lasciò cadere i vestiti per terra, seminandoli per tutta casa, mentre cercava di pensare a qualcosa di veramente romantico da colpire la sua ex dritta al cuore. Mandy adorava le sorprese. C’era comunque una settimana di tempo per escogitare un piano ad effetto.
La fortuna sembrava essere dalla sua parte.

***

La prima settimana passò in fretta, Karol contava le ore che mancavano alla grande serata a cui avrebbe preso parte. La sua stanza d’albergo era stata invasa da tre tizie che si sarebbero occupate dei suoi capelli, del trucco e dei peli sulle gambe da strappare, mandate da Emily per prepararla all’evento. Karol si sentiva un pesce fuor d’acqua, guardava la sua immagine allo specchio, mentre una donna le sistemava i capelli e un’altra le faceva la manicure, con un magone tremendo allo stomaco. Era nervosa, non si sentiva pronta ad affrontare un party di quella portata, nonostante non avrebbe corso il rischio di venire riconosciuta da nessuno, visto che si trattava di una perfetta sconosciuta. Sul letto c’erano una marea di vestiti, tutti bellissimi naturalmente, che la facevano sentire ancora più a disagio. Non aveva mai indossato niente di simile, tuttavia non avrebbe potuto di certo presentarsi all’after party degli Oscar vestita come una senzatetto. Doveva stringere i denti e adattarsi, dopotutto si trattava soltanto di una notte.
Emily fece ritorno nella sua camera con un abito lungo ed elegante e il cellulare in mano, segno che avesse appena concluso un’altra delle sue telefonate. «Allora, come sta la mia futura sceneggiatrice di Hollywood? »
Karol pensò che la sua manager stesse esagerando un tantino.
«Sono nervosa da morire, Emily», le confessò, mentre la donna alle sue spalle le ultimava l’acconciatura.
«Sei bellissima, tesoro. Non devi preoccuparti di nulla», le disse, fissando la sua immagine allo specchio. «Vedrai, sarà una serata indimenticabile. »
«Io non vedo l’ora che finisca. »
A quel punto, Emily si chinò e le parlò all’orecchio. «Questa sera è tutta tua, Karol.  É un’opportunità che capita una sola volta nella vita, e non a tutti. Sarà una notte bellissima. Credimi. »
Karol sperava soltanto di non inciampare e di non rendersi ridicola davanti agli occhi dei divi Hollywoodiani. Per il resto, aveva ragione Emily; quella era un’opportunità da cogliere, doveva finirla di piangersi addosso e vivere la serata al meglio, perché probabilmente non l’avrebbe vissuta una seconda volta.
A seduta conclusa, Karol venne aiutata ad indossare il vestito scelto per il party: rosso acceso, scollatura moderata e schiena nuda. Le piaceva, era semplice, le arrivava alle ginocchia e non era esageratamente scollato, come lo erano gli altri che le avevano presentato. Una delle tre donne che l’avevano preparata, le rivolse un sorriso e la invitò a voltarsi verso lo specchio. Con titubanza, lei lo fece, rivolse lo sguardo alla sua immagine riflessa e rimase a bocca aperta. «Chi diavolo è quella lì? »
Emily scoppiò a ridere. «Sei tu, tesoro. E sei un vero incanto.»
Karol continuò a guardarsi, stupefatta. «Oh, Gesù. Sì, stasera lo sono sul serio. » Quelle ragazze avevano fatto proprio un bel lavoro, lei stessa si congratulò per la loro bravura, mentre Emily continuò a ridere ancora per molto. Poi si girò verso la sua manager, col cuore che le batteva a mille.
«Ho paura», le disse, con le gambe che le tramavano all’impazzata. «É un party Hollywoodiano. Mi trovo a … Hollywood! »
Fu come se l’avesse realizzato solo in quell’istante.
«Non è mica la fine del mondo», la rassicurò, con un’alzata di spalle. «Non sei emozionata di incontrare, che ne so, il tuo attore preferito? »
Il pensiero che ci sarebbe stato anche Bower al party le tornò in mente, mettendole ancora più ansia. «Da ragazzina avevo … una cotta per il tuo cliente», le confessò, arrossendo. «William. »
Emily restò un attimo a bocca aperta, ma si riprese in fretta. «Bé, certo. É normale. Chi non era sua fan all’epoca? Tutte le ragazzine di mezzo mondo impazzivano per lui. »
Annuì, rilassandosi. «Esatto. E poi … sono passati tanti anni. Non sono più una ragazzina che corre dietro alle star del cinema. »
La donna rifletté un attimo sulla sua affermazione. «Certo, capisco. »
«Ti prego, non farne parola con lui», la supplicò.
«Oh, ma certo che no. Anzi, se il suo fascino ti manderà in cortocircuito il cervello, stasera, ti consiglio di non darglielo a vedere. »
«Cosa? » Karol non capì.
«Niente», tagliò corto Emily, gettando una veloce occhiata all’orologio che aveva al polso. «É giunto il momento, tesoro. Sei pronta? »
Karol prese un respiro profondo, prima di annuire e dichiararsi falsamente pronta ad affrontare la serata.
Vi era una limousine nel parcheggio dell’albergo, Emily condusse Karol all’interno del veicolo, standole dietro e attenta che non cadesse. Su quei trampoli ai piedi era facile che perdesse l’equilibrio, non era abituata a camminare su scarpe così alte. Riuscì a stento a trattenersi nel non emettere un “wow” per aver messo piede all’interno di una limousine. Era elettrizzata, ancora non aveva preso piena consapevolezza di quello che la aspettava. Durante il tragitto si sforzò di pensare ad altro, almeno fino a quando non sarebbero giunti a destinazione, a quel punto avrebbe affrontato la serata e basta. Avrebbe bevuto e mangiato fino a scoppiare. Certo, possibilmente senza dare nell’occhio. Non aveva ancora una reputazione, dopotutto, non poteva correre il rischio di rovinarsela prima del tempo.
«Siamo arrivati», annunciò la sua manager, rivolgendole un sorriso eccitato.
«Oh, Gesù. » Karol strinse i denti e seguì Emily fuori dall’auto.
Una miriade di flash si scatenarono addosso ad entrambe, e la povera ragazza si trovò un attimo spaesata, fortuna che la sua manager la afferrò per mano e la condusse al riparo, fuori dalla portata di quegli avvoltoi.
«Tutto a posto? », le domandò.
«Mi gira un po’ la testa», rispose, sbattendo ripetutamente le palpebre. «Ma credo di stare bene.»
Karol iniziò a guardarsi intorno, vide molte telecamere, giornalisti intenti a intervistare vari volti dello spettacolo, chiedendo la loro opinione riguardo i vincitori di quella notte. Fortunatamente nessuno voleva conoscere la sua opinione, malgrado fosse rimasta delusa dalla non vittoria di Lewis Dowson come miglior protagonista maschile. Quell’uomo aveva ricevuto ben sette candidature, durante la sua lunga carriera, ma non era ancora riuscito ad aggiudicarsi l’ambito premio.
«Guarda, c’è Will! », la informò Emily, facendo prendere letteralmente il volo al cuore della sua cliente.
Karol seguì la traiettoria dello sguardo della donna, e lo vide. Era a pochi metri da lei, i capelli ribelli e scuri tirati all’indietro, le mani in tasca, l’aria da divo, gli occhi azzurri e scintillanti. Era strano averlo lì.
Dio, se non era bello.
Emily la riafferrò dalla mano e la tirò per dirigersi proprio verso l’attore. «Will! » Cercò di attirare la sua attenzione, ma lui sembrava preso da altro. Karol lo vide voltarsi distrattamente verso la loro direzione e alzare una mano in segno di aspettare.

Mandy era proprio lì davanti. Un corpo da modella fasciato da un vestitino striminzito che le arrivava giusto a coprirle il bacino, due gambe lunghe da mozzare il fiato, i capelli biondi raccolti in una coda elegante, e quegli occhietti verdi che facevano palpitare il cuore di mezzo mondo. Will non ci poteva credere: era giunto il momento di mettere in atto la prima parte del suo piano. Sentì qualcuno chiamarlo, forse Emily, ma doveva aspettare, quindi alzò una mano per farle intendere che in quel momento fosse occupato. La sua ex stava parlando con alcuni amici, Will avanzò e la prese dai fianchi facendola voltare verso di sé. «Ciao. »
Mandy fu piacevolmente sorpresa. «Ciao, Will. »
«Sei fantastica, con questo vestito. »
«Grazie», disse solamente, arrossendo appena. Poi lui le accostò le labbra alla guancia e le diede un bacio. «Stai bene? »
«Sì, sto alla grande», rispose, rivolgendo un tenero sorriso al suo ex.
Will, vedendo lo stupore e la gioia nei suoi occhi, pensò che il piano stesse andando verso la giusta direzione. «Sono contento, bellezza. Ti lascio ai tuoi amici adesso. Ci vediamo dopo, magari. »
Mandy annuì e lui le lasciò andare i fianchi, salutandola e dileguandosi tra la folla di invitati.

Karol era rimasta senza parole davanti alla terribile scena a cui aveva appena assistito. Quell’uomo pendeva dalle labbra della sua ex, e lei non aveva dimostrato il ben che minimo interesse nei suoi confronti. Non gli aveva nemmeno chiesto se stesse bene, ricambiando la sua domanda. Pensò che Bower fosse un povero idiota a correrle dietro.
«Ma dov’è andato?», borbottò Emily, perdendo Will di vista.«Ha proprio la testa tra le nuvole, accidenti a lui.»
Dopo quella scena, Karol non aveva più intenzione di conoscerlo. Così, mentre Emily la trascinava da una parte all’altra alla ricerca del suo amico, riuscì a liberarsi della sua stretta e a sgattaiolare via.
Girovagò a lungo, tra tutti quegli invitati, a un certo punto finì quasi per incontrare sia Emily che Will. Per fortuna riuscì a nascondersi senza dare nell’occhio ai due.
«Hai visto la futura stella di Hollywood? », gli domandò quella.
Will sbuffò sonoramente, mentre sorseggiava un bicchiere di champagne. «Sì.»
A quel “sì” Karol si sentì mancare la terra sotto ai piedi.
«É bella, vero? », proseguì Emily, mentre la sua cliente avrebbe tanto voluto strozzarla.
Will si guardò attorno, dando l’impressione di non starla minimante ad ascoltare. «Appena passabile. »
Appena passabile?
Ma chi si credeva di essere quel deficiente? Pensò Karol fra sé e sé.
Decise di allontanarsi dai due, e alla svelta, prima che potessero accorgersi della sua presenza, mentre cercava di controllare la profonda amarezza che quelle parole le avevano provocato.
Approfittò di un cameriere che passava di lì con un vassoio di bicchieri di champagne in mano e ne afferrò uno, mandandolo giù in un solo sorso. Aveva bisogno di bere.
In fondo, cosa le importava del giudizio di quel perfetto sconosciuto?

In realtà, Will non aveva incontrato, né visto, la fantomatica ragazza di cui parlava Emily. Aveva altro da fare, ad esempio ritrovare Mandy e proseguire con il suo piano per riprendersela. Doveva confessarle di essere ancora innamorato di lei, ad ogni costo. Le insistenti domande della sua manager su quella ragazza lo disturbavano e basta.
Karol si imbatté nella sua manager. «Dov’eri finita? »
«In giro», le rispose, sollevando il bicchiere. Il terzo, o il quarto. Non ricordava.
«Non sapevo ti piacesse bere. »
Si strinse nelle spalle. «Non mi piace, infatti. Ma stasera ne ho bisogno. »
Emily fece una smorfia di disappunto, mentre Karol continuava a ripeterle che andasse tutto bene, ridendo come un’ubriaca, poi le voltò le spalle e si trovò davanti l’ultima persona al mondo contro cui avrebbe voluto scontrarsi.
Gli occhi azzurri di Will si accesero appena posò lo sguardo sul volto angelico di quella ragazza. Si ammutolì. Rimase pietrificato a guardarla, con uno stupido sorriso stampato sulle labbra.
Credeva di essersi appena scontrato con un angelo.
Emily si mise subito in mezzo ai due e ruppe l’imbarazzo. «Will, ti presento Karol, la mia nuova cliente», disse, con una certa preoccupazione nel tono di voce. «Karol, lui è William.»
Will represse a stento un sorriso di scherno verso se stesso. Era lei la ragazza di cui Emily gli aveva più volte parlato. E adesso non riusciva a smettere di guardarla, era come ipnotizzato da lei e dai suoi occhi.
«William, chi? », domandò Karol, rompendo la magia.
«William … Bower», rispose Emily, incerta sulle intenzioni della sua cliente.
«Non lo conosco, mi dispiace. »
Will aggrottò la fronte. «Come sarebbe a dire … non mi conosci? »
Karol era soddisfatta.
«Ah, forse ho capito. La saga fantasy sui cavalieri. Ora ricordo», disse, ridendo di pura soddisfazione. «Ma hai fatto soltanto quello? »
Will rimase senza parole per qualche istante. «No, ho … recitato in altri film. » Si passò la mano tra i capelli scuri, poi sfoggiò un sorriso adorabile. «Credo di non piacerti molto, come attore. »
Karol prese la palla al balzo. «Appena passabile, per i miei gusti. »

Quella ragazza lo aveva umiliato come nessun’altra aveva mai osato fare, e non sapeva come, ma lo aveva stregato sia nell’animo che nel corpo.
   
 
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