Di ritorno dal festival
Yato mise le mani sui
fianchi e chinò il capo di lato, le
sue iridi azzurre brillavano nell’oscurità.
“Al festival non
mi hai parlato per niente, sei stato
schivo. Lo sai che dovresti essere un po’ più
riconoscente? In fondo ti ho
scelto il nome” lo rimproverò.
Yukine chinò il
capo, facendo ondeggiare i capelli intorno
al viso.
“Mi stai
ascoltando? Forse non ti è piaciuta la festa?
Guarda che riuscire a godersi una notte di Tanabata
senza nessuna minaccia è una rarità. E questa
volta te l’ho anche fatta godere,
non ho accettato incarichi”. Proseguì Yato,
“Grazie”
rispose Yukine con voce roca.
Yato strinse le labbra.
< Da quando sono
tornato, è distaccato. Mi sembra che ci
sia un vetro a dividerci, non mi parla e non riesco a fargli dire quali
pensieri lo stanno schiacciando. Finiremo di nuovo nei guai, dannata
adolescenza eterna e problematica > rifletté.
“Sono felice del
fatto che dobbiamo fare la stessa strada. È
una cosa quasi intima il poterti riaccompagnare a casa”
sussurrò con aria
seducente.
Le gote pallide di Yukine
divennero rosee.
< Niente.
Solitamente almeno sorrideva o si lamentava.
Forse è a causa di Noora? No, ho liberato mia sorella
davanti a lui proprio per
fargli comprendere che lui per me è insostituibile.
Nessuno era mai diventato
un oggetto benedetto per me >
rifletté. Si massaggiò il collo e
ticchettò con un piede per terra, accelerò il
passo e gli si affianco.
< Eppure non sono
pensieri impuri, nemmeno di tradimento,
perché non sento alcun dolore. Forse è
così freddo proprio perché sta
annullando le sue emozioni per evitare di corrompermi >. Si
mordicchiò il
labbro e infilò le mani nelle tasche della giacca della tuta.
“La prossima
volta ti va se ci prendiamo dei kimoni tipici?”
domandò.
“Sì”
rispose atono Yukine.
< Voglio che la mia
sekki risplenda, vicina a me, affine
a me! > gridò Yato mentalmente. Si mise davanti
all’altro giovane con le
braccia aperte, bloccandogli la strada.
“Dimmi subito
cosa c’è, ti prego!” gridò.
Yukine lo
guardò in viso, le sue iridi dorate erano liquide.
“La
verità? Ti ho dato fiducia, ho aspettato tornassi
migliorando sempre di più, affilandomi per te. Ed ha
funzionato e ora che sei
qui dovrei essere sereno.
Invece mi sento come se
avessi sbagliato. Ho seguito la
scelta migliore, lo so, ma mi sento come se ti avessi abbandonato. Da
quando
sei tornato ho letto dolore nei tuoi occhi, una sofferenza che conosco
fin
troppo bene. Tu non hai detto niente, ma mi sono tormentato chiedendomi
in
pasto a cosa ti avevo lasciato.
Ti ho visto debole e mal
ridotto fin dentro l’anima, ma non
potevo fare niente”. Enumerò Yukine.
Yato impallidì.
“Ho rischiato di
perderti” concluse Yukine con voce
tremante. Strinse gli occhi, fermando le lacrime. “La cosa
terribile è che tu
forse sei sempre stato ferito. Perché oggi alla festa eri il
solito, ti sei
divertito come sempre. E ho capito che hai sempre finto e
chissà quante altre
volte rischierò di perderti” gemette.
“Non voglio
farti soffrire così, Yukine. Non voglio
abbandonarti” rispose Yato. Lo raggiunse e lo
abbracciò, chinò il capo e lo
baciò.
Yukine si ritrasse,
avvertendo una fitta al basso ventre, le
gote in fiamme.
“Così
ti corromperò” gemette.
“Uno strumento
divino può anche dare piacere sessuale al suo
padrone, non succede niente. Sono una divinità, posso essere
omaggiato anche in
questo modo… anzi, mi aiuta a non scomparire”
spiegò Yato.
“Se è
così…” esalò Yukine. Chiuse
gli occhi e si sporse,
baciando Yato, questo approfondì il bacio. Gli
accarezzò la lingua con la
propria e si staccò lentamente.
Yukine ansimò.
"Vediamo di riaccompagnarti in fretta a casa, così, in camera, possiamo continuare" mormorò Yato.
Yukine annuì e lo seguì.
"Non ti lascerò per l'eternità, te lo giuro" promise Yato, prendendogli la mano nella propria.