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Autore: LysL    18/07/2017    3 recensioni
Tutti, in quel piccolo villaggio sperduto sui monti Urali, conoscevano la leggenda; Otabek era cresciuto sentendo raccontare della terribile Regina di ghiaccio e del suo castello, nascosto tra le nebbie della montagna, oltre il bosco innevato, in quelle terre che il sole non riusciva a raggiungere.
Dal testo:
Una mano gli artigliò la spalla e Otabek fu costretto a girarsi per assecondare quel movimento; la mano lo spinse in ginocchio nella neve e Otabek percepì la lama spostarsi dalla propria gola fino alla nuca. Era ancora in posizione di svantaggio, ma almeno adesso poteva parlare.
«Chi sei?» chiese e ricevette un calcio tra le scapole; il colpo gli strappò il fiato dai polmoni e lui si ritrovò a boccheggiare, tossendo del sangue per terra, il sapore ferroso gli riempì sgradevolmente la bocca.
«Chi sei
tu? E come ti permetti di venire qui e parlarmi come se fossi un tuo pari.» La testa gli venne strattonata all’indietro e solo in quel momento Otabek vide chi realmente gli stava parlando.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Mila Babicheva, Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Dedico questo capitolo a Kiarana
che è sempre dolcissima con me
Grazie
 
 
Capitolo VII
 
Le sue crisi non si fermarono; se l’aspettava. Erano sempre più forti e frequenti: quando era da solo attendeva che passassero, passavano sempre, si lasciava cadere a terra e si concentrava solo sulla poca aria che riusciva ad inalare, in modo da essere sicuro di non stare per morire, anche se i dolori ed il caldo bollente gli rendevano molto difficile crederlo; quando era con Otabek erano ancora più intense del solito, ma Yuri almeno sapeva di potersi fidare di lui e cercava di ascoltare la sua voce, come unico appiglio per non confondere ciò che era reale da ciò che non lo era.
Perché, oltre alle fitte, adesso c’erano anche le allucinazioni e non erano semplici immagini, ma interi episodi appartenenti alla sua vita di prima, con dettagli conosciuti solo a lui, che lo lasciavano sfinito e mentalmente distrutto. Non erano sempre particolari macabri o tristi, a volte provenivano anche da quei pochi anni di pace che aveva avuto. Ricordava suo nonno che gli insegnava a cucinare, sorridente con le mani sporche di farina e acqua, ricordava la sua voce affettuosa che lo lodava e la sua mano scompigliargli i capelli. Ricordava sua madre che gli accarezzava la testa e, distesa accanto a lui, gli cantava delle dolci ninna nanne per farlo addormentare quando fuori faceva troppo freddo ed il vento faceva sbattere le finestre di legno. Quando tornavano quei ricordi, Yuri scoppiava a piangere. Erano pianti incontrollati, di quelli che continuano fino a quando non si hanno più lacrime da versare, fino a quando gli occhi non bruciano e dolgono. Yuri odiava farsi vedere così, soprattutto da Otabek, e spesso sperava che non tornasse più, che lo lasciasse solo, ma se c’era una cosa che gli faceva ancora più paura delle crisi, irrazionalmente, questa era perdere Otabek.
Cominciava a capire cosa intendesse l’uomo del diario, quando aveva detto di essere stanco della noia, della stasi che avvolgeva tutto il castello e le loro vite, e di voler invece trovare altro, senza accontentarsi solo della vita che era stata loro offerta.
Non aveva continuato a leggere, spaventato da ciò che avrebbe potuto trovare tra quelle pagine, ma una domanda a lungo dimenticata era tornata a tormentarlo, una domanda a cui non aveva mai voluto rispondere.
Se la ricordava ancora, pronunciata dalla voce di Otabek, la prima sera che si erano parlati. «Perché mi hai aiutato?»
Perché lo aveva aiutato?
Pur non avendo mai riflettuto bene sulla risposta a tale domanda, Yuri sapeva che l’aveva fatto per una ragione molto semplice: Otabek aveva messo a repentaglio la propria vita per salvarlo, la propria e quella della sua amica, in un gesto che Yuri non aveva potuto ignorare, sarebbe stato solo ipocrita da parte sua ucciderlo. Una vita per una vita, e il suo debito era stato saldato.
La vera domanda che avrebbe dovuto porsi era perché non l’avesse ucciso la seconda volta, quando era tornato a cercarlo. In quel caso non c’era remore che potesse tenere, Yuri avrebbe detto che se l’era cercata, eppure no. Non l’aveva ucciso nemmeno quella volta, né la volta dopo, né quella dopo ancora, perché era elettrizzante; avere un segreto, fare qualcosa che si era vietato per anni, permettersi di parlare con qualcuno che non fosse la Regina o Seung-gil, era una sensazione diversa, un’emozione che Yuri non ricordava più. Stare con Otabek era liberatorio, perché non era impegnativo, non era difficile: con lui, Yuri non doveva preoccuparsi di tenere a freno la lingua, come avrebbe fatto con la Regina; con lui, poteva anche stare in silenzio e fare altro, senza però sentirsi ignorato come gli succedeva con Seung-gil. Chiacchierare con lui non era una forzatura e Yuri aveva imparato a conoscere le cose che lo facevano ridere e quello che lo facevano arrabbiare o intristire e si era stupito quando aveva notato che anche Otabek stava cominciando a capire cose di lui, ma al contrario di quanto si sarebbe aspettato, tutto ciò non faceva che stringere il legame che avevano instaurato.
Era piacevole e ormai capitava sempre più spesso che la sua mente creasse scenari in cui c’erano solamente lui ed Otabek, magari seduti vicino ad un fuoco, dentro una casa dove il freddo e il vento non potevano entrare, dove la neve e lo sguardo della Regina non potevano raggiungerli. Yuri aveva cominciato a chiedersi come sarebbe stato se avesse potuto addormentarsi accanto ad Otabek, ogni sera, con il battito del suo cuore nelle orecchie, a scandire l’unico tempo che gli interessasse.
Erano pensieri che gli aprivano un vuoto nello stomaco, gli facevano sentire la testa vuota e pesante allo stesso tempo, come una strana sensazione di vertigine.
Erano pensieri pericolosi, e sperava che la Regina non ne venisse mai a conoscenza, perché sapeva che non avrebbe capito, che non ne sarebbe stata contenta.
Eppure… eppure non riusciva a smettere di indugiare in quelle fantasie, non riusciva, non voleva. Anche quando tutto quel disordine di emozioni dimenticate veniva silenziato dalla voce della sua ragione, fredda e dura, la quale gli ricordava che sarebbero rimaste solo fantasie; anche quando tutte le notti tornava al prato e si chiedeva come aveva potuto permettere che accadesse, si chiedeva cosa avrebbe fatto nel momento in cui il sentimento che Otabek diceva di provare per lui si sarebbe spento, quando inevitabilmente Otabek sarebbe diventato troppo adulto, con la voglia di avere una famiglia e trovare stabilità.
Ogni volta finiva per sentire il petto stringersi fino a fargli male, raggomitolandosi su se stesso.
 
 
Quel giorno non aveva ancora avuto nessuna crisi, se ne stava seduto su una delle poltrone morbide della sala da lettura del castello e si rigirava tra le mani il diario sporco di inchiostro, indeciso sul da farsi.
Non aveva il coraggio di scoprire cosa fosse successo a quella persona, non voleva leggere di una morte lenta e dolorosa, eppure non si sentiva ancora pronto a lasciar andare quel libriccino.
Sapeva che le risposte che cercava erano lì dentro e doveva solo trovare la forza di affrontarle, ma gli tremavano le mani al solo pensiero di poter trovare qualcosa… qualcosa che sancisse per sempre il suo destino.
Era talmente preso nell’osservazione del cuoio macchiato che non captò il lieve fruscio di un vestito che scivolava sul ghiaccio.
Fu la voce incuriosita della Regina a destarlo da quel trance, e Yuri sussultò quando la sua mano fredda gli si posò sulla spalla, infilandosi velocemente il libriccino sotto la giacca.
«Cosa ti rende tanto pensieroso, mio Yurochka?» gli aveva chiesto, prima di lasciarsi andare elegantemente sulla poltrona di fianco alla sua.
Yuri alzò il viso, incrociando i lineamenti spigolosi della donna, addolciti da un sorriso che gli parve sincero e dalla folta coltre di capelli castani che le incorniciava il volto. Era un’occasione unica, vederla con i capelli sciolti e non raccolti nella sua solita crocchia, ma le ciocche morbide avevano il potere di farla sembrare più giovane e più umana, se non fosse stato per il colore troppo verde e troppo acceso dei suoi occhi penetranti e la pelle traslucida, quasi opalescente e fredda come il ghiaccio di cui era sovrana.
Yuri scosse la testa lentamente. «Non so.» le rispose.
La Regina si sporse verso di lui e gli prese un braccio, avvicinandolo a sé. «Guarda i tuoi capelli, Yurochka, non li tieni più intrecciati, perché?» era evidente che non si aspettasse una risposta.
Yuri si lasciò tirare, la Regina non era stata brusca, e gli fece cenno di sedersi ai suoi piedi, posando una mano sul proprio grembo come a invitarlo ad appoggiarsi. In realtà non aveva idea del perché avesse smesso di acconciarli; probabilmente perché gli veniva molto più semplice lavarli dopo ogni crisi, visto che ormai erano diventanti più lunghi.
Con un sospiro, Yuri lasciò che lei cominciasse a passargli le dita tra i capelli con l’obiettivo di ripulirgli la chioma da foglioline e rametti. Era stranamente rilassante, ma Yuri non riusciva a non pensare alle mani di Otabek e a quanto fossero state gentili, calde e piacevoli contro la sua cute. Scacciò l’immagine con tutto l’autocontrollo che possedeva.
«Cosa non sai?» gli chiese ad un tratto lei. Aveva raccolto diverse ciocche nella propria mano e si apprestava ad intrecciarle.
«Molte cose.» voleva essere il più vago possibile, perché non sapeva quanto e cosa la Regina sapesse, anche se sospettava fosse molto più di ciò che appariva.
«A che proposito?» Insistette la donna, assicurando un nodo alla base della sua nuca e passando alla treccia successiva.
Di nuovo, Yuri scosse la testa. «Diversi.» ed era una mezza verità, perché la fonte delle sue preoccupazioni non era singola e lui per primo non era sicuro di quante effettivamente fossero.
«Ha a che fare con quell’umano, vero?» domandò, stavolta in tono più duro, come se stesse per rimproverare un bambino capriccioso.
Yuri si irrigidì, ma si rilassò subito dopo, non voleva che lei si intrufolasse ancora di più nella sua mente. Non rispose, lasciò che anche la seconda treccia venisse fissata accanto all’altra.
Le dita della Regina raccolsero altre tre ciocche, e a Yuri non sfuggì il modo in cui le tirò con l’intento di causargli una piccola fitta di dolore. Trattenne il fiato.
«Non devi nasconderti da me, Yurochka. Sai bene che so sempre come ti senti. Non ricordi? La tua anima mi appartiene e sento come sta soffrendo.» le sue parole di miele gli carezzarono le orecchie al pari delle dita gelide che adesso gli acconciavano delicatamente i capelli.
La nausea, che non lo abbandonava mai, si fece più intensa e il respiro gli accelerò. Non aveva paura, no, era qualcosa di peggio.
«Certo che lo ricordi. E ricordi anche che basta una parola, tutto questo potrà andarsene, vero?» Eccola di nuovo, la minaccia nascosta da gentile proposta, da favore che gli veniva offerto. Yuri vedeva l’intero palazzo girare intorno a lui ed avvertì l’impellente bisogno di scappare da lì, forte e imperativo come non mai.
«Ti senti come un estraneo nel tuo corpo, no? Come se ti mancasse un pezzo di te, ma al contempo stai anche rigettando qualcosa. – il respiro di Yuri si mozzò di nuovo, il ragazzo non si voltò di scatto solo perché costretto dalle dita che ancora gli intrecciavano le ciocche. – Lo so, lo so, mio Yuratchka, lo sento anche io. Ma posso aiutarti, posso far andare via tutto.»
La Regina s’era chinata a sussurrargli nell’orecchio e Yuri avvertì il suo respiro gelido soffiargli sulla nuca. «Posso renderti felice com’eri un tempo, non c’è un’altra soluzione, e lo sai bene.» fissò l’ultima treccia, le dita che gli tracciavano il profilo delle scapole attraverso la camicia.
Gli strinse le braccia, aiutandolo ad alzarsi e non appena fu in piedi, Yuri si liberò dalla presa con uno strattone. Aveva tutta l’intenzione di voltarsi e tornarsene alla propria radura, a riposarsi e riflettere, e forse a leggere ancora il diario.
Non si accorse di quanto fosse stato brusco il proprio movimento, fino a che il rumore di qualcosa che cadeva a terra non interruppe quel silenzio di cristallo tra lui e la Regina. I suoi occhi scattarono verso il pavimento; il diario, aperto contro il ghiaccio, era perfettamente visibile, ma quando Yuri fece per riprenderselo provò solo un forte dolore ai polsi, dove la Regina aveva stretto le mani.
Non tentò nemmeno di ribellarsi, poiché sapeva che era tutto inutile, anche se fisicamente la donna era molto più debole di lui, non avrebbe mai potuto eguagliare la potenza della magia che gli bloccava gli arti.
«Dove hai presto questo diario?» gli chiese allora la Regina, sporgendosi per raccoglierlo. L’aveva lasciato andare, ma i suoi polsi rimasero immobili. Il viso della donna era impassibile come al solito, eppure a Yuri non sfuggì il modo in cui i suoi occhi si fossero assottigliati e come le tremassero le mani.
«Liberatemi.» intimò, consapevole che non avrebbe ottenuto niente; infatti, la Regina si limitò a sollevare il libriccino di fronte a lui. «Dove l’hai preso, Yurochka?»
«Liberatemi…» insistette, strinandosi i polsi contro quelle costrizioni magiche, i pugni chiusi.
«Yuri, parla.»
Yuri si immobilizzò; erano anni, decenni, che la regina non lo chiamava più con il suo semplice nome, e non credeva che sarebbe stato così terrorizzato di sentirlo nuovamente. Strinse i denti, trattenendo il ringhio che gli risaliva su per la gola.
«L’ho trovato.» le rispose, sentendo adesso un nuovo sentimento ribollire accanto alla paura, qualcosa che gli scorse nelle vene. Le ginocchia gli cedettero, anche quelle strette in una dolorosa morsa.
«Cosa hai letto?» le mani della Regina si sporsero verso la sua testa, strattonandolo in modo che la guardasse e Yuri non l’aveva mai vista tanto sconvolta. La solita, elegante e regale compostezza aveva lasciato il posto ad una rabbia nuda, una rabbia che rassomigliava più a terrore e Yuri si chiese cos’altro nascondessero quelle pagine, che segreto vi fosse celato, e quanto fosse importante o pericoloso, se la Regina aveva perso il senno così, al solo pensiero che lui avesse letto.
Si rese conto solo dopo pochi secondi che la Regina non era arrabbiata, no, era terrorizzata almeno quanto lui.
Yuri inghiottì un grumo di saliva. «Ditemelo voi, mia Signora, cosa ho letto?» la sfidò e se ne pentì nel momento stesso in cui lei si abbassò al suo livello, per poterlo guardare negli occhi.
«Non osare. Tu non sai niente. Non sai niente.» sibilò. «Sei solo un ragazzino, Yuri, sei solo un ragazzino che non ha mai saputo cosa fare della sua vita. Proprio come lui. Avrei dovuto prevederlo, siete così simili…» la sua bocca si torse in un sorriso amaro e minaccioso, ma, se Yuri fino a qualche attimo prima avrebbe dato ascolto alla voce che gli diceva di non infierire, di star zitto in attesa che passasse, adesso non ne aveva la minima intenzione; le parole della Regina erano state più dolorose e dirette di stilettate al petto, scavavano dentro di lui, si cibavano della sua insicurezza e della sua paura.
Si passò la lingua sulle labbra che gli si erano fatte secche e parlò. «Di chi state parlando?»
La Regina rise piano. «Pensavo fossi intelligente, Yuri. Parlo dell’autore di questo diario, il mio prezioso Vitya.» disse, la voce che suonò melliflua e triste. «Siete così simili. La stessa bellezza eterea – gli passò un dito sul volto, a tracciare la mandibola. – la stessa forza e la stessa grazia. Era un guerriero anche lui, il mio prezioso Vitya, il migliore di tutti, prima di te. Avrei dovuto prevederlo, avrei dovuto prevedere che foste simili anche all’interno.»
Si alzò e gli voltò le spalle. «Era un sognatore, il mio Vitya. Sin dal primo momento che l’ho visto, sapevo sarebbe stato diverso. Non è mai stato bene qui, rinchiuso tra i ghiacci, ma mi sono illusa di bastargli, pensavo che avrebbe lasciato stare quei pensieri che gli affollavano la mente per rimanere con me. Non mi sono mai sbagliata così tanto; incontrò un umano, un tale Yuuri, e all’inizio non me ne preoccupai. Il mio Vitya era bello, e non potevo negargli il divertimento ed il piacere, ma mai, mai avrei pensato che avrebbe scelto un umano al posto dell’immortalità, della magia. Lo credevo più saggio di così, più ambizioso.»
Si voltò a guardare Yuri. «E invece sai cosa è successo? Lo sai, non è vero? Ha continuato a vedere quel suo Yuuri, senza pensare alla sua salute. Ma non ti sto dicendo niente di nuovo, Yurochka. Tu sai bene di cosa sto parlando; della nausea, della stanchezza ed il logoramento, della sensazione di oppressione e del respiro che ti manca, come se stessi affogando. Non credere che non lo sappia.»
Yuri si dimenò di nuovo, incurante del fatto che fosse inutile e servisse solo a stancarlo, ma non sapeva cos’altro fare e di sicuro non sarebbe rimasto lì fermo senza neanche provare a ribellarsi. Eppure non riusciva ad interromperla, perché finalmente stava scoprendo cosa era accaduto e la sua mente bramava quelle informazioni al pari della libertà, in quel momento.
«Lo sai perché ti senti così?» gli chiese la Regina, e senza aspettare che lui le rispondesse, alzò una mano a mezz’aria, disegnando un complicato arabesco con la punta dell’indice. La magia si lasciò dietro una scia azzurrina, come il sole attraverso il ghiaccio.
Yuri assistette al materializzarsi di una piccola ampolla sferica che sembrava brillare di luce intrinseca; la osservò meglio, mentre fluttuava di fronte a lui, e colse una sottile nebbia dorata scivolare sui bordi morbidi del materiale trasparente, lo lambiva come il fumo si piega alla costrizione di un camino. Yuri si sentì scaldare, un’immensa calma lo avvolse, una pace che diede tregua alle sue membra contratte e scoprì di non avere bisogno della Regina per sapere cosa aveva di fronte.
La donna fece ondeggiare l’ampolla nell’aria, portandola verso di sé. «La riconosci, vero Yurochka? Anche dopo tutti questi anni.» gli sorrise, passando un dito sulla superficie liscia della sfera.
Yuri non riusciva a distogliere lo sguardo dalla bruma aurea, la sua anima, che volteggiava proprio davanti a lui, così vicina, eppure così irraggiungibile.
Nella rinnovata pace che gli attraversava il corpo, Yuri trovò la forza di parlare, di chiedere. «Cosa ha a che fare la mia anima con le crisi?» esalò, mentre un caldo torpore gli faceva tremare le palpebre.
«Sai cosa c’è qui dentro a parte la tua anima, Yurochka? La tua umanità, il dolore che ti ho tolto, l’amore che non puoi provare. Ahimè, nonostante la tua anima sia ormai quella di un immortale, c’è ancora qualcosa che manca. Puoi ancora provare emozioni, e questo fa sì che il tuo corpo si senta più umano di ciò che in realtà è. Il tuo corpo ricorda l’umanità, la tua mente ti proietta verso di essa, bastano gli stimoli giusti.» disse la Regina, roteando l’ampolla sulla punta delle dita.
Gli occhi di Otabek, coperti dall’ombra dell’albero sotto il quale solevano sedersi, furono la prima immagine che gli riempì la mente. Non parlò, non si azzardò a dirlo ad alta voce, ma non servì a nulla; la luce nella sfera brillò più forte e ricoprì tutta la superficie interna, come se volesse romperla ed uscire fuori, ricongiungersi con il suo proprietario
Quasi contemporaneamente al lampo dorato, Yuri fu scosso da un conato che lo lasciò boccheggiante. Poi una fitta al petto e l’aria che gli veniva risucchiata dai polmoni.
«È questo ciò che ti manca, è questo ciò che il tuo corpo brama ed è questo che la tua mezza anima rigetta, perché sa bene che tornerebbe il dolore. Eppure tu ti ostini a ricercarlo, e lo vuoi. Tutto quello che hai fatto in questi mesi, credendo che io non lo sapessi, questa… relazione che hai instaurato con il tuo umano. Non hai bisogno di sentirlo dire da me, sai già che non è un rapporto normale.» gli spiegò la Regina e strinse la sfera.
Yuri alzò la testa; aveva un filo di saliva che gli colava dal labbro e sputò di lato. «Quindi significa che io…» provò a parlare, ma fu bloccato di nuovo da un conato, mentre la luce si faceva sempre più intensa.
La voce della Regina pareva lontana, ma Yuri riuscì a sentirla oltre al rombo che sentiva nelle orecchie. «Esatto Yurochka. Significa che il tuo corpo e la tua anima vogliono amare, significa che se la tua anima fosse intera, saresti già innamorato di quel tuo umano.»
Yuri scosse la testa ed aprì gli occhi. Vedeva la sua anima brillare, pregare per ritornare dove le spettava di diritto, fluttuando arrabbiata all’interno della sfera, e si spinse in avanti. Non importava più niente, avrebbe sofferto volentieri il dolore, se avesse voluto dire scappare via da lì, mettere più leghe possibili tra se stesso e la follia della Regina, una follia che la spingeva a manipolare, giocare con le vite altrui, fingere d’essere una salvatrice, quando invece sapeva solo incatenare a sé le sue povere, ignare, vittime.
L’avrebbe affrontato con onore, e forse non sarebbe stato solo, perché l’idea d’essere capace di ricambiare l’amore di Otabek non era mai stata tanto reale, la voglia d’esserne capace non era mai stata così intensa. Nella sua mente confusa, mentre tutto ciò che sapeva veniva sbriciolato dal semplice, furioso turbinio della nebbia luminosa, era l’unica cosa che era rimasta ferma e chiara. Lui voleva vivere, lui voleva stare con Otabek, e anche se ancora non sapeva come, né riusciva a capirne il perché, quella consapevolezza risuonava imperativa e struggente e gli dava la forza di continuare a muoversi e lottare.
Le catene invisibili gli bloccavano mani e piedi, ma non gli impedivano di urlare. «RIDAMMELA! LA RIVOGLIO!» gridò, il fiato che gli graffiava la gola. «Non mi interessa più stare qui! Lasciami andare!»
«Non osare rivolgerti così a me, Yuri. Cosa non capisci? Non posso lasciarti andare! Anche il mio prezioso Vitya mi ha abbandonato, sono rimasta sola per anni! Un secolo, prima che Seung-ah venisse a bussare alla mia porta. Non permetterò che succeda di nuovo, non voglio vivere ancora in quel modo…» Se Yuri non fosse stato così arrabbiato, si sarebbe accorto della tristezza che tingeva la voce della Regina.
«Come ha fatto ad andarsene? L’avete lasciato andare?» le chiese allora, senza fiato.
La Regina strinse la presa sulla sfera e Yuri era sicuro che se fosse stata di un materiale normale sarebbe già finita in mille pezzi.
«Mi ha abbandonato, si è ripreso la sua anima, me l’ha rubata! Mi fidavo di lui, e lui me l’ha rubata.» la voce della donna si incrinò e lei chiuse gli occhi, come se solo il ricordo le procurasse dolore. Però Yuri sapeva che non era vero, sapeva che la Regina non poteva provare niente, che il suo era solo un capriccio dettato dalla mente ormai disabituata a qualunque emozione.
Rise forte, Yuri, perché quella risposta era stata ridicola. «TU! Tu l’hai rubata a lui! Così come l’hai rubata a me! E adesso la rivoglio!»
La Regina gli afferrò i capelli con forza, una treccia si disfece e lui mugolò di dolore mentre le unghia si conficcavano nel cuoio capelluto. «Non osare, non osare rivolgerti a me in questo modo. Io non ho rubato niente. Io ti ho raccolto quando per te non c’era altra speranza, ti ho donato una nuova vita e poteri che altri bramano da un’eternità. Come al mio Vitya, non ti ho chiesto nulla in cambio, se non la tua fedeltà e adesso tu mi stai tradendo per un futile umano!» Yuri percepì il veleno in quelle parole e strinse i denti.
«Io non vi avrei tradito, se voi non aveste fatto tutto questo, io non vi avrei tradito.» sputò, respirando a fatica.
«E avresti rinunciato al tuo umano per me?»
Yuri non rispose, le labbra strette. La risposta era palese, pericolosa, e ovvia. No, non avrebbe rinunciato ad Otabek, e forse, anche se la Regina non avesse scoperto il diario, sarebbe stata solo questione di tempo prima che le crisi avessero avuto la meglio su di lui, prima che si fosse reso conto che non era più la vita che voleva e a quel punto avrebbe avuto due sole possibilità: rinunciare a quello che lo legava alla Regina o lasciarsi morire, dilaniato da un sentimento che si sarebbe fatto strada dentro di lui, fino a consumarlo. Non era difficile immaginare cosa avrebbe scelto; non gli interessavano i poteri, non gli interessava l’immortalità, non gli erano mai importati neanche prima, quando era ancora del tutto umano, ed erano diventati solo un piacevole effetto collaterale. Da troppo tempo aveva creduto che stare lì, al fianco della Regina, nel castello, nella foresta, a vivere tra i lupi, sarebbe sempre stato il suo unico scopo, il suo unico destino. Eppure, da quando aveva incontrato Otabek, in lui si era risvegliata la voglia di avere di più da quella vita, di trovare una strada che fosse la sua, scelta, e non offerta.
La Regina sorrise, condiscendente, melliflua. «Vedi, Yurochka? Mi avresti lasciata sola.»
«Avete ancora Seung-gil.» provò, in ennesimo tentativo di farla ragionare.
«Lo so, e gli sono grata. Ma tu proteggi il bosco, la mia amata foresta, i miei animali e non posso lasciarti andare.» Gli sussurrò. La presa sui suoi capelli si fece più debole, quasi una carezza, e la Regina gli alzò il mento. «Sai che non posso far altro, vero?»
Si allontanò da lui e prese di nuovo la sfera, che brillava ancora, accecante. La portò di fronte a lui, e Yuri faticò a tenere gli occhi aperti e di nuovo quella sensazione di pace gli rilassò le membra, nonostante la paura cieca che sentiva nel petto.
Si spinse all’indietro con la schiena, cercando di sfuggire alla stretta magica, si guardò intorno, in cerca di qualcosa. Sapeva benissimo di non poter fare più nulla, ma non smise di lottare. Non smise di lottare quando la Regina gli posò una mano sul petto, non smise di lottare quando con un rapido movimento del dito aprì la sfera. La bruma dorata volteggiò, prima di riversarsi totalmente nel suo petto e Yuri si sentì completo, una gioia incontenibile gli squarciava il petto, seguita da un dolore forte, una sensazione d’abbandono che non aveva mai realmente dimenticato ed infine un bruciore lungo tutta la gola e nello stomaco. Era un calore diverso da quello delle crisi, era sano, era piacevole e semplicemente meraviglioso. Sentì all’improvviso un freddo gelido al corpo, poiché il suo sangue si era appena riscaldato e risentiva di più del ghiaccio sotto le gambe e tutto intorno a lui. Voleva gridare, piangere, correre, mentre il turbinio di emozioni a lungo rimaste rinchiuse nella sfera si faceva strada in lui. Non aveva ancora smesso di lottare.
Poi la mano della Regina si ritirò dal suo petto e tutto svanì. Il freddo scomparve, il calore con esso, lasciandolo come un guscio vuoto, come quelle strane conchiglie che trovava incastonate nella roccia. Non aveva più nulla, né la gioia, né il dolore, nemmeno il più piccolo briciolo di umanità. I suoi occhi spenti erano fissi sulle dita della Regina, ricoperte di nebbia dorata, splendeva forte e pulsava piena di energia, tendendosi verso di lui. Non provò nulla mentre lei la costringeva all’interno dell’ampolla, dove riprese a volteggiare furiosa; spingeva contro le pareti, e Yuri non ebbe nemmeno tempo di vederla vibrare un’ultima volta, prima che scomparisse nell’aria, come se non fosse mai esistita.
Socchiuse le palpebre, avvertendo le catene sciogliersi ed il proprio corpo cadere in avanti, sorretto solo dalla presa salda della Regina.
Yuri alzò il viso.
Non sentiva niente, solo il vuoto freddo del suo cuore che quasi non batteva più, la solitudine dei suoi pensieri slegati da qualunque emozione.
I suoi occhi incrociarono quelli della Regina, che lo mise in piedi, prendendogli il viso tra le mani. «Rimarrai con me, mio caro Yurochka.»
Yuri non rispose, si limitò a lasciarsi abbracciare dalla donna. Adesso non sentiva più il freddo delle sue braccia, anzi, gli sembravano tiepide; lei lo strinse e poi gli parlò all’orecchio. «Adesso devi solo disfarti dell’umano.»
«Lo farò, mia signora.» le rispose, atono. Non era più importante, non sapeva nemmeno perché avrebbe dovuto esserlo.
«Bravo, Yurochka.» gli carezzò i capelli e Yuri abbandonò la testa sulla spalla di lei. Si sentiva stanco, privo di qualsiasi proposito, ma si limitò a restare in silenzio, mentre la Regina mormorava contenta che adesso sarebbero rimasti insieme.
Chiuse gli occhi, le palpebre pesanti. Non aveva più voglia di lottare.
 
 
 
 
Note finali:
SCUSATE!
Sparisco per un sacco di tempo e mi ripresento con un capitolo del genere, sono pessima.
Mi dispiace di essere riuscita ad aggiornare solo adesso, ma sono stata impegnata con l’università (e giovedì ho l’ultimo esame, uccidetemi pls) e lo è stata anche la mia beta, quindi non ha potuto aiutarmi con il capitolo se non praticamente questo pomeriggio.
Che dire su questo capitolo se non SCUSATEMI DI NUOVO TANTO.
È stato difficile arrivare a questo punto, perché chi mi conosce sa che io e l’angst non andiamo molto d’accordo, però ehi, se non ci provo mai non posso migliorare! Vorrei anche poter dire che dal prossimo capitolo le cose miglioreranno, ma non prendiamoci in giro lol
“Seung-ah” è un vezzeggiativo coreano, stando a quanto dice internet, perché la regina chiama i suoi sottoposti con soprannomi affettuosi :)
Detto ciò, spero che il capitolo, anche se corto ed in ritardo, vi sia piaciuto e che vorrete lasciarmi un commento! Mi fanno sempre molto felice!
Un enorme ringraziamento va a Silvar Tales e ZevisLovers che hanno recensito lo scorso capitolo <3 e ovviamente a Kiarana che ha fatto questo aesthetic per me e io piango ancora T_T
E come sempre ringrazio la mia meravigliosa beta che mi deve sopportare e lowkey mi odia ma non vuole ammetterlo
Adesso credo che andrò a cercare di dormire *risata isterica* e alla prossima (sperando che non sia tra altri due mesi)
LysL
  
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