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Autore: Male_na    18/07/2017    1 recensioni
saṃsāra, la dottrina della vita, una ruota, un viaggio eterno.
saṃsāra, un taccuino da non dimenticare lungo il cammino, fatto di parole ermetiche e pensieri che corrono.
saṃsāra, la vita terrena, i suoi sussulti ancestrali, l'anima in pena.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Chissa dove ti addormenterai stasera
e chissà come ascolterai questa canzone.
Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna"
Ninnananna- Modena city Ramblers

 


Ripensava al loro primo incontro.
I dubbi.
Continuava a chiedersi cosa fosse vero.
Ripeteva il suo mantra: “tu non ti innamori mai”.

Da sempre la accompagnava quell’inquietudine di fondo, un macigno sempre presente. Anche nei momenti più felici le calava un velo grigio sull'anima, come se nulla potesse mai essere completo. Non aspettava nessuno o probabilmente lo aspettava perennemente, eppure era convinta che sarebbe stato diverso.
Aveva letto nei libri di questa malattia viscerale come la cosa più vicino all’amore e ne era convinta, era stata la sua malattia da sempre.
Nonostante ciò si ostinava a far traspirare solo il suo profondo gelo, che si addentrava fino all'anima. Cosa era vero?

Nel sonno, in quelle braccia tranquille, i pensieri a volte correvano a chiedere se avrebbe desiderato altro, arrivavano le fantasie e le paure. Immobile non sapeva scegliere.

Cercava solo altre scuse.
Cercava se stessa.

Pensava di essere arrivata in un porto sicuro dove poter liberarsi, scoprirsi. Oppure forse era un viaggio che avrebbe dovuto compiere da sola. Non sapeva più nulla. Quei baci improvvisi, calcolati, il bisogno di abbracci, il desiderio, quel peso che sembrava svanito. Era solo questione di momenti? Di vivere a pieno? Eppure non era quello che voleva essere, forse immaginava anche i giudizi. Si stava creando abilmente il suo finto palcoscenico, la sua vita inventata, la sua tela. Lei, la farfalla adescata e incatenata tra quei fili invisibili, il suo ragno immaginario che si gonfiava al suono di quelle sue insicurezze, di quelle giustificazioni insulse, dei giudizi inventati. La sua gabbia infinita.

   
 
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