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Autore: Arya23    20/07/2017    0 recensioni
"Con un gesto fluido e al contempo maestoso estrasse la spada dal fodero: Rhindon luccicò, tremenda e bellissima, sotto la luce primaverile del sole narniano. Strinse con decisione l’elsa a forma di testa di leone e si inginocchiò davanti ad Aslan, offrendogli la spada nel massimo gesto di lealtà. Un freddo rumore metallico di fianco a lui gli disse che Edmund lo aveva imitato, ma non si volse a guardarlo: teneva gli occhi fissi sul possente leone davanti a sé, che gli restituiva uno sguardo grave e impenetrabile. Un frusciare leggero di vesti e anche Susan e Lucy si inchinarono, le teste ossequiosamente abbassate come a voler sottolineare la solennità del momento.
“Io e mio fratello ti offriamo le nostre spade, Aslan. Per Narnia”. Peter disse poche parole, la voce resa roca dall’emozione ma lo sguardo più fiero che mai. Il leone mosse la coda lentamente, continuando a guardare il re di Narnia inginocchiato davanti a sè, come se volesse scrutare gli angoli più reconditi del suo spirito.
“ Allora alzatevi, re e regine di Narnia: vi affido queste terre e la mia gente finché l’Imperatore l’Oltremare non vi chiamerà al suo regno eterno”.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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                   Prologo
La pioggia picchiettava a ritmo cadenzato sulle finestre alte e arcuate, come se ballasse al suono di una musica tutta sua. Minuscole goccioline perlacee si rincorrevano sui vetri spessi e opachi, per poi dissolversi inesorabilmente nei massicci intagli di pietra che li circondavano. Il cielo era di blu intenso e sinistro, di tanto in tanto squarciato da qualche subitaneo lampo biancastro, che fiammeggiava nel velluto della notte per una manciata di secondi prima di sparire inghiottito dalle nuvole. Re Oberon stava in piedi davanti ad una delle finestre piangenti di pioggia, dritto e affusolato come un giunco, le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo corrucciato fisso nel buio della tempesta. Mentre osservava il turbinio di gocce d’acqua che infuriava tra le nubi, batteva nervosamente il piede sul freddo pavimento di pietra, impaziente, come se stesse aspettando che qualcuno o qualcosa sbucasse improvvisamente in mezzo ai lampi e alla pioggia ghiacciata. Proprio in quel momento, quasi in risposta alla sua veglia agitata, un soldato comparve nel buio del corridoio, dirigendosi verso il sovrano a passo svelto, l’armatura grondante di pioggia e macchiata di terriccio che riluceva tetra nella notte del castello. Si fermò a pochi passi da lui, inchinandosi rigidamente con un sonoro sferragliare di armi e cotta di maglia: aveva il viso stanco, ma lo sguardo era vigile negli occhi grigiastri, ben visibili nonostante l’oscurità. La stuoia di cotone leggero era imbrattata di fango, ma nonostante la sporcizia accumulata era ancora riconoscibile lo stemma della casata Pendragon, raffigurante un drago bianco rampante su un fondo rosso sangue. Oberon fece un cauto cenno di saluto col capo in risposta al composto inchino del soldato. “ Dunque?” chiese poi, quasi in un sussurro. Il soldato si schiarì la voce con un colpo secco di tosse. “ Miraz è caduto. Suo nipote Caspian X è il legittimo re di Narnia”.
Un’espressione indecifrabile si aprì sul volto dai lineamenti sottili del sovrano; eppure, nonostante la maschera marmorea impressa sul viso, un guizzo di paura gli attraversò gli occhi di un brillante verde smeraldo, prima di scomparire, subitanea, tra le rughe profonde che segnavano la pelle diafana. Aprì la bocca per ribattere, ma il rumore di altri passi nel corridoio lo distrasse. Alzò gli occhi verso il punto da cui sembrava provenire il rumore e, pochi attimi dopo, comparve la figura evanescente di una donna avvolta da una sottile veste grigio perla, i lunghissimi capelli di un incredibile biondo fragola che le svolazzavano selvaggi sulle spalle e lungo la vita. Oberon incontrò il suo sguardo, e si perse per un istante nelle profondità dei suoi occhi violetti, leggermente allungati come foglie di alloro selvatico. La donna li raggiunse e dopo uno sbrigativo saluto rivolto al soldato si gettò ansiosa tra le sue braccia, tremante, forse più per la preoccupazione che per il freddo, che pure era pungente. “Non dovresti stare alzata, Titania” la redarguì premuroso Oberon. “E’ tardi, e fa molto freddo”.
La donna scrollò le spalle. “ Come posso dormire in una notte come questa? Miraz è caduto” ribadì. Oberon annuì grave, mentre il soldato faceva saettare lo sguardo incerto prima sul re e poi sulla sua consorte. “ Come faremo ora?” fece di nuovo la regina, stringendosi nella leggera veste da camera che aveva indossato in tutta fretta appena saputa la notizia della sconfitta di re Miraz. Oberon sospirò piano, e passandole un braccio attorno alle spalle tornò a guardare la tempesta che si infrangeva sui vetri delle finestre. Stettero tutti e tre in silenzio per un po’, ascoltando l’ululare del vento che rimbombava sordo tra le mura di pietra e cercando di mettere ordine tra i pensieri. Titania appoggiò dolcemente il capo nell’incavo del collo del marito, che la accolse timidamente mantenendo il silenzio.
“Tornerà, Oberon, e rivendicherà ciò che crede suo di diritto” disse la donna con voce flebile, continuando a guardare fuori dalla finestra assorta. “ Sarà la guerra”. A quelle parole il re delle fate parve ridestarsi, come se qualcuno lo avesse pungolato con uno sperone particolarmente acuminato. Anche Titania si risollevò, sconcertata e quasi infastidita, osservando il marito con aria interrogativa. Questi le puntò addosso i penetranti occhi verdi, risoluto e regale nel portamento, come se si stesse preparando ad un discorso ufficiale, e un lampo di tremenda determinazione gli attraversò lo sguardo smeraldino.

“ Se è guerra ciò che mio fratello vuole da me, guerra avrà. Puoi starne certa”. Un tuono ruggì poderoso nel cielo color pece, e un lampo illuminò per un fugace istante il drago bianco sulla cotta di maglia del soldato. Poi cadde di nuovo il silenzio.


***


La battaglia si era conclusa da parecchie ore ormai, forse era addirittura passato un giorno intero: Peter perdeva sempre la cognizione del tempo in guerra. I minuti, le ore, i giorni passavano inesorabili, incuranti e impietosi delle sofferenze che si lasciavano dietro. Ogni secondo era macchiato di sangue, sia amico che nemico, e per quanto non fosse certo la prima volta che affrontava una guerra il giovane re Supremo pensò che non ci avrebbe mai fatto davvero l’abitudine. Nonostante avesse dormito una notte intera dopo settimane di insonnia era stanco e spossato come non mai, grondante di sudore sotto il sole alto e bollente di una tersa giornata di fine primavera. Camminava assorto in uno dei cortili della corte che era stata di Miraz, la mano mollemente posata sull’elsa della spada in un gesto ormai abitudinario, mentre un brulicare di umani e creature d’ogni razza e dimensione gli scorrevano davanti agli occhi spenti. Ancora una volta Peter si trovava ad affrontare quella soffocante sensazione di vuoto che lo opprimeva alla fine di ogni battaglia, come se i giorni interminabili passati a combattere per la propria vita e per la sopravvivenza di tutto ciò che aveva di più caro al mondo gli avessero lasciato un’enorme voragine nel petto, ben più profonda di qualsiasi ferita inflitta da una spada. Edmund sosteneva che fosse una sorta di tecnica di difesa attuata dalla sua mente per sopravvivere agli orrori della guerra, come se una parte del suo cervello cercasse disperatamente di mantenere le distanze dal proprio io guerriero. “Dal mio io assassino” si corresse amaramente, facendo vagare lo sguardo in cerca di uno dei suoi fratelli. Non dovette attendere a lungo: una corrucciata Susan, avvolta nel suo vestito migliore, si dirigeva verso di lui; Aslan, fiero e possente alla luce del sole, le trottava accanto placidamente. Peter andò loro incontro silenzioso, aspettando un cenno dalla sorella che, però, rimase zitta, con lo sguardo stranamente basso e le mani nervosamente attorcigliate al petto. Il re Supremo aggrottò pensoso le sopracciglia.
“ Seguitemi”  fece ad un tratto il leone con la consueta voce calma e profonda, che parve per un istante riempire la voragine nel petto di Peter. “Abbiamo molte cose di cui discutere. Edmund e Lucy ci aspettano”. I due Pavensie annuirono lentamente e seguirono Aslan in uno dei cortili interni del castello di Miraz, lussureggiante di fiori profumati e piacevolmente ombreggiato. Peter accolse con un brivido di piacere l’improvvisa frescura che lo avvolse appena fatti pochi passi nel cortile, assaporando la sensazione della pelle prima ardente che si asciugava sotto i vestiti di pregiata fattura. Edmund, il terzo dei fratelli Pavensie, stava comodamente seduto tra le colonne del peristilio che correva tutto intorno al cortile, la testa adagiata su una colonna e una gamba penzoloni sulla quale sbatacchiava distratta la spada. Accanto a lui Lucy, la più giovane, camminava nervosamente avanti e indietro, torcendosi le dita e mordicchiandosi il labbro nel vano tentativo di calmare i nervi. L’espressione sul suo visetto volpino era talmente simile a quella di Susan che Peter rimase sconcertato per qualche secondo, non accorgendosi che Aslan, nel frattempo, li aveva riuniti in una sorta di semicerchio attorno a sé . Seguirono attimi carichi di silenziosa trepidazione, poi finalmente il leone parlò:
“ Non è stata una battaglia facile, ma avete combattuto coraggiosamente, nonostante non fosse la vostra guerra: questo vi fa onore”. Peter ed Edmund si scambiarono una rapida occhiata interrogativa. “ Tuttavia” - riprese - “ E’ giunta l’ora per voi di prendere una decisione altrettanto difficile”.
“ Che intendi?” squittì Lucy stringendosi alla sorella maggiore, che la strinse di rimando per tranquillizzarla. Il leone parve accennare un sorriso da sotto i lunghi e vibranti baffi argentei. “ Siete i sovrani di questa terra, e lo sarete per sempre, ma siete anche dei giovani studenti nel vostro mondo” disse il regale felino con tono improvvisamente più greve.
“ Cosa ci stai chiedendo, Aslan?” lo interruppe improvvisamente Edmund, ridestandosi dalla stentata posizione rilassata che aveva assunto fino a quel momento, rabbuiandosi di colpo. Il leone parve ignorare quello scatto improvviso e non rispose subito, facendo ondeggiare ipnoticamente la lunga coda per qualche secondo. “Tipico di Aslan” pensò Peter, ammirando e quasi invidiando l’aurea di calma placida e primordiale che sembrava sempre avvolgerlo a dispetto di qualunque evento terreno.
“ Vi sto chiedendo” fece ad un tratto il felino ridestandolo dai suoi pensieri. “ Di scegliere. Avete lottato per queste terre più strenuamente di chiunque altro, e non posso imporvi di passare il resto dei vostri giorn lontani dai luoghi che vi appartengonoi: nessuno ha questo diritto, neppure io”. Lo sguardo dei fratelli Pavensie si incupì all’unisono.
“ Nonostante ciò, ritengo che prove di coraggio come le vostre meritino di essere riconosciute. E il riconoscimento più grande che possa darvi è la possibilità di scegliere: potrete tornare nel vostro mondo, e concludere in pace la vostra esistenza sapendo di aver contribuito al trionfo del bene nella eterna lotta con l’oscurità…” si fermò per qualche istante, come se stesse soppesando le parole sotto lo sguardo ora sbigottito dei quattro fratelli. “Oppure, potete scegliere di restare e governare su queste terre con saggezza e giustizia finché l’imperatore d’Oltremare non vi richiamerà a sé” concluse con solennità. 

Era come se un intero battaglione gli fosse passato sopra al galoppo: Peter non si era mai sentito più frastornato e confuso come in quel momento. Aveva sempre avuto l’intima consapevolezza che, prima o poi, i suoi soggiorni a Narnia si sarebbero conclusi per sempre e una parte di se, seppure a fatica, stava cominciando ad accettare l’idea di terminare la sua vita come - magari - un professore di letteratura inglese - di certo non come Re Supremo. Ma le parole di Aslan,ora, cambiavano tutto. Anche se, a ripensarci, non miglioravano affatto le cose: chi mai prima di lui era stato messo davanti alla titanica scelta di decidere in quale mondo vivere? In effetti, si disse, c’era un motivo per cui, semplicemente, si nasceva in uno dei due o più universi esistenti: nessuno, uomo o animale che fosse, sarebbe mai stato in grado di compiere una scelta simile senza perdere il senno. Eppure quella scelta si imponeva ora su di lui come una inaspettata e distruttiva spada di Damocle, gettandolo nello sconforto e nella confusione più assoluti. Si volse a guardare Edmund al suo fianco, che esibiva un famigliare piglio accigliato, che Peter collegava ai momenti di riflessione più intensa del fratello minore. Quest’ultimo, quasi avesse sentito il peso degli occhi turchini di Peter su di lui, volse lo sguardo verso il re Supremo, cercando risposte che purtroppo né lui né nessun altro poteva dargli.
“ Io resto”. La voce di Susan, più chiara e decisa che mai, irruppe nel silenzio di piombo che era nel frattempo calato sul gruppo. Peter ed Edmund si volsero repentini verso la sorella con espressioni indecifrabili in volto, mentre lei sospirava piano. “ Aslan, io resto” ripeté quasi meccanicamente, come se dovesse ancora convincersene.
“ Susan…” fece Edmund muovendosi verso di lei. “ No” disse perentoria in risposta, puntandogli addosso gli occhi dello stesso azzurro di quelli di Peter, traslucidi per l’emozione. “ E’ questo il nostro posto, non capite? Non apparterremo mai più all’altro mondo, mai” la voce era tremante di pianto. “ E’ qui che dobbiamo stare. E’ questo che siamo destinati ad essere”.
Solo allora la profondità e la grandezza di quelle parole colpirono Peter con la forza di un uragano. Aveva ragione: non lo aveva mai creduto davvero fino a qual momento, o per lo meno aveva sempre tentato di allontanare il pensiero per evitare di impazzire, ma ora lo vedeva con una chiarezza ed una lucidità che non aveva mai avuto. Era il Re Supremo, non per sua scelta, ma per elezione, e aveva un dovere nei confronti di una terra e di popoli interi che non poteva essere ignorato. Si vide scorrere davanti agli occhi immagini sfocate della sua vita in Inghilterra, la scuola, le ore passate a leggere solitario nei meandri delle biblioteche tentando invano di accettare la vita ordinaria di uno studente di letteratura e, di colpo, capì che quella era la vita di un altro, che per troppo tempo si era ostinato a voler vivere. Guardò suo fratello Edmund, suo migliore amico e consigliere fidato, e nei suoi occhi d’inchiostro lesse quella stessa consapevolezza che pian piano gli si allargava nel petto, riscaldandolo e curando i solchi profondi della sua anima, che temeva sarebbero rimasti aperti per sempre.
Con un gesto fluido e al contempo maestoso estrasse la spada dal fodero: Rhindon luccicò, tremenda e bellissima, sotto la luce primaverile del sole narniano. Strinse con decisione l’elsa a forma di testa di leone e si inginocchiò davanti ad Aslan, offrendogli la spada nel massimo gesto di lealtà. Un freddo rumore metallico di fianco a lui gli disse che Edmund lo aveva imitato, ma non si volse a guardarlo: teneva gli occhi fissi sul possente leone davanti a sé, che gli restituiva uno sguardo grave e impenetrabile. Un frusciare leggero di vesti e anche Susan e Lucy si inchinarono, le teste ossequiosamente abbassate come a voler sottolineare la solennità del momento.
“Io e mio fratello ti offriamo le nostre spade, Aslan. Per Narnia”. Peter disse poche parole, la voce resa roca dall’emozione ma lo sguardo più fiero che mai. Il leone mosse la coda lentamente, continuando a guardare il re di Narnia inginocchiato davanti a sè, come se volesse scrutare gli angoli più reconditi del suo spirito. “ Allora alzatevi, re e regine di Narnia: vi affido queste terre e la mia gente finché l’Imperatore l’Oltremare non vi chiamerà al suo regno eterno”. I quattro Pavensie obbedirono; Lucy e Susan erano raggianti mentre Peter ed Edmund, più seri che mai, riponevano le armi nel fodero.
“ Per Narnia, allora?” Edmund si rivolse a Peter dopo parecchi minuti di silenzio, e il re Supremo lesse sul suo viso la stessa, profonda determinazione che ormai lo pervadeva totalmente. Sorrise.
“Sempre”.
Aslan ruggì maestoso e tutta Narnia seppe che finalmente una nuova era si era appena aperta.



****

Eccoci qui! Intanto devo ammettere che è per me un onore gigantesco essere tornata a scrivere di Narnia, perché è stata la saga che mi ha avvicinato al mondo della scrittura e per questo occupa un posto davvero importante nel mio cuore. Prima di tutto ritengo necessarie alcune precisazioni sulla storia ( forse saga, ma non vi prometto niente) che mi accingo a scrivere:
- Partendo dall’inizio, sarà stato evidente a tutti come mi sono brutalmente appropriata di due personaggi Shakesperani ( Oberon e Titania sono il re e la regina delle fate in “Sogno di una notte di mezza estate”) ma è bene anche sottolineare che di Shakespeare hanno solo i nomi e il ruolo: sono infatti re e regina delle fate anche nella mia storia, ma è tutto ciò che rubo al caro William, lo giuro!
- Piccola anticipazione -> le fate saranno i personaggi principali di questa storia, insieme a tutto il mondo narriamo e, ovviamente, i Pavensie. Non essendoci descrizioni di fate nei libri - quanto meno che io ricordi - ho deciso di attingere un po alla mitologia britannica nella declinazione del loro mondo: avrete infatti notato che il nome della casata è Pendragon - i Pendragon sono una leggendaria casata britannica a cui appartenevano re Artù e la sua sorellastra, la fata Morgana. Devo però dire che non si tratta di una trasposizione fedele delle leggende britanniche, ma solo una fonte di ispirazione: spero che ciò non turbi nessuno - se così è non abbiate paura di scriverlo nelle recensioni ai prossimi capitoli!
- Ho stravolto del tutto l’epilogo de “Il Principe Caspian” e, per amor di verità, devo preannunciarvi che cercherò di dare un tocco un po’ diverso ai nostri Pavensie: ora infatti sono regnanti veri e propri, sono cresciuti e non possono più essere solo gli immacolati cavalieri che lottano per la strenua difesa del bene - continueranno a farlo, certo, ma con un po’ più di sangue e noir.
Ho un sacco di idee per questa FIC, è già tutta nella mia testolina e aspetta solo di essere messa su carta! Il primo capitolo è già in cantiere, cercherò di postarlo ASAP. RECENSITE!!!!! Da brava scrittrice quale cerco di essere ho assoluto bisogno di feedback - positivi e negativi che siano.
Sperando di avervi incuriosito, sempre vostra,
A
  
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