Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |       
Autore: StarFighter    20/07/2017    2 recensioni
Tutto sembra procedere per il meglio ad Arendelle: Elsa ed Anna cercano di recuperare il tempo perso, ed intanto la principessa cerca di chiarire il suo rapporto con il suo-più-che-amico, Kristoff. Ma, durante il suo primo viaggio fuori dal regno, Anna è vittima di un incidente. Questo potrebbe mettere in pericolo il fragile equilibrio creatosi dopo il Grande Inverno? R&R!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
HTML Editor - Full Version

Sinossi per chi si fosse scordato di questa storia o comunque per i nuovi aggiunti che vogliano saltare a piè pari un mattone di 17 capitoli.

L’inverno perenne è cessato ed Elsa e Anna stanno recuperando pian piano il tempo perduto, riscoprendo il loro legame tra sorelle che sembra crescere di giorno in giorno. Anna cerca di far crescere anche un altro rapporto, quello con Kristoff che però sembra restio a lasciarsi andare, timoroso di non essere abbastanza per la principessa. Nonostante questo il ragazzo chiede e riceve la benedizione di Elsa per corteggiare Anna. La ragazza cerca di convincerlo a dare un’occasione alla loro neonata relazione, riuscendo a strappargli una promessa: il mastro del ghiaccio dovrà accompagnarla nel regno di Corona alle nozze della cugina, in modo da conoscersi meglio. Il giorno della partenza Elsa raccomanda la sorella nelle mani di Kristoff, che dovrà garantire per la sua sicurezza e li lascia andare. Durante la traversata per mare i due si raccontano, mettendo a nudo le loro paure e le loro insicurezze, e questo li avvicina sempre di più. Arrivati a destinazione fanno la conoscenza dei sovrani e dei futuri sposi, Eugene e Rapunzel, che li accolgono calorosamente. Per tutta la durata delle celebrazioni e dei festeggiamenti per le nozze il rapporto tra Anna e Kristoff si intensifica, facendo grossi passi avanti, anche se tra gelosie ed incomprensioni. I due passano una notte l’uno tra le braccia dell’altra, dopo che Kristoff si è finalmente deciso a dare voce ai propri sentimenti: ama Anna, con tutti i suoi pregi e difetti, e non ha più paura di ammetterlo. Purtroppo, dopo un giorno passato in giro per Corona, e un pomeriggio all’insegna della spensieratezza in compagnia di Punzie e Eugene, la situazione cambia drasticamente a causa di un incidente: durante una corsa a cavallo Anna cade, batte la testa e perde la memoria. Non solo non ricorda cosa sia successo, non ricorda nemmeno tutto il fattaccio dell’inverno perenne e dei poteri di Elsa. Di conseguenza non ricorda nemmeno Kristoff e il legame che li unisce. Il loro soggiorno a Corona si prolunga a causa delle condizioni fisiche della principessa di Arendelle. Quando è tempo di ripartire Anna a malapena parla con Kristoff e quasi lo ignora. Rapunzel la saluta, sperando di rivederla presto in condizioni migliori e Eugene conforta il mastro del ghiaccio dicendogli di non perdere la speranza. Una volta tornati ad Arendelle Kristoff subisce la furia di Elsa, che lo allontana dal castello e gli proibisce di avere alcun rapporto con Anna. Passano alcuni mesi e la memoria della principessa sembra non fare passi avanti, anzi ora anche il suo comportamento peggiora: appare impaurita e assente. Elsa fa di tutto per aiutarla, ma seguendo le indicazioni dei dottori non le rivela nulla sul passato per evitarle emozioni forti. Questo finché le condizioni mentali di Anna non peggiorano e lei diviene preda di incubi orrendi che la incatenano in un pericoloso stato di incoscienza. Durante un acceso confronto, sotto le pressanti domande della sorella, Elsa si vede costretta a raccontarle tutto ciò che la riguarda, omettendo Kristoff e ovviamente l’episodio con Hans. La giovane regina non può credere che la sua Anna non tornerà mai quella di una volta e cerca disperatamente una soluzione. Come un lampo di genio si ricorda dei troll e di quello che in precedenza avevano fatto alla memoria di Anna e ripone in loro le sue ultime speranze. Richiama Kristoff al castello e gli chiede di accompagnarla dalla sua famiglia, ma vengono interrotti da un trambusto che ha svegliato mezzo palazzo: Anna è preda di una violenta crisi di sonnambulismo e nessuno riesce a fermarla. Fugge via al richiamo di Elsa e sfugge per un soffio a Kristoff. Solo quando sta per cadere giù dalle scale, ignorando il pericolo, il ragazzo riesce ad afferrarla e a svegliarla. Lei sembra riconoscerlo per un attimo prima di svenire tra le sue braccia. Elsa è distrutta e stringe a sé la sua ultima speranza: l’intervento dei troll.

 

CAPITOLO 18:  Compromessi

 

Quando smetterò di stare al tuo capezzale aspettando che ti svegli sorridendomi?

Elsa accarezzava distrattamente la mano di Anna, ancora una volta sprofondata nel mondo di incubi che le affollavano di sicuro la mente, mentre il medico di corte riponeva i suoi strumenti nella valigetta che aveva posato sul tavolino da notte accanto al letto della sorella. Gerda era in piedi accanto alla porta che si tormentava le mani: alla regina sembrò che stesse per piangere, ma la donna rimase composta al suo posto senza emettere un suono.

Attraverso la porta riusciva quasi a vedere Kristoff fare su e giù per il corridoio: non l’aveva lasciato entrare, ovviamente. Nemmeno in circostanze più felici gliel’avrebbe permesso, anche se presumeva che, contro ogni decenza, la sorella l’avesse già lasciato entrare nelle sue stanze. Se mai fosse tornata ad essere quella di una volta, avrebbe dovuto affrontare quell’argomento con Anna.

-“È difficile fare una diagnosi delle condizioni di sua grazia.”-cominciò il medico, grattandosi la testa-“Credo potrebbe trattarsi di un lieve caso di isteria, da imputare all’incidente occorso qualche mese fa.”

-“È grave?”- chiese Elsa con il fiato sospeso.

-“Niente di irrecuperabile, vostra altezza. Ha bisogno di assoluto riposo e di stare lontana da eventi che possano scatenarle emozioni forti. Le prescriverò un estratto di valeriana che l’aiuterà a rilassarsi e favorirà un sonno ristoratore. Cinque gocce in un bicchier d’acqua, dopo cena.”- le sorrise benevolo.

-“Solo questo? E se le erbe non dovessero sortire alcun effetto?”-

-“Ci sarebbe un altro metodo messo a punto dai medici del continente, ma sia per la giovane età della principessa, sia per la vostra nobile stirpe”- l’uomo sembrò arrossire impercettibilmente e fece un colpo di tosse per nascondere l’imbarazzo crescente –“…lo sconsiglio vivamente. Per ora si fidi di me: la valeriana avrà l’effetto desiderato. Le farò avere il preparato prima di sera; mi raccomando, non più di cinque gocce per volta.”-

-“Dottor Olson ha tutta la mia gratitudine e perdoni ancora l’ora in cui l’abbiamo costretta a scendere dal letto.”- Elsa lasciò la mano di Anna e si alzò per stringere quella del medico.

-“Maestà, sono a vostra completa disposizione a tutte le ore del giorno e della notte.”- s’inchinò –“Un ultimo avvertimento”- si fermò con la mano sulla maniglia, già pronto per uscire  -“Nel caso dovessero verificarsi altri eventi come quello di stanotte, non cercate in nessun modo di svegliare sua grazia: ciò porterebbe solo al peggioramento della crisi; cercate di calmarla piuttosto, palesando la vostra presenza con il contatto fisico, rassicuratela a bassa voce, finché la crisi non cesserà. Un brusco risveglio potrebbe anche mettere in pericolo la sua vita.”- rivolse un altro mezzo inchino ad Elsa e uscì dalla stanza, lasciandola lì con un profondo senso di inutilità che le pesava sulle spalle: nel caso Anna avesse avuto di nuovo quegli attacchi, lei non sarebbe riuscita a tranquillizzarla in nessun modo, soprattutto non con la sua presenza. Tornò accanto alla sorella.

Kristoff fece capolino dalla porta, spiando all’interno. Gerda gli si parò davanti prima che potesse fare anche un solo passo per entrare: “Mastro Bjorgman, la principessa è indisposta, non è in condizioni adeguate per ricevere visite.”

Il ragazzo la fissò con un’espressione indispettita, sovrastandola con la sua altezza: “Ce l’ho portata io in quel letto, ricorda? Ho già visto le condizioni in cui versa!” Aveva camminato per ore nella neve, aveva avuto un’accesa conversazione con la regina e aveva quasi visto Anna lanciarsi giù dallo scalone principale del castello, non si sarebbe di certo fatto fermare dalla vecchia governante. Fece per oltrepassarla, quando la voce perentoria della regina lo fermò.

-“Vorrei rimanere sola con mia sorella per qualche minuto.”- non lo guardò, rimanendo concentrata su un punto impreciso del volto di Anna -“Aspettami nel mio studio, non ci metterò molto. Gerda, offri qualcosa di caldo al nostro ospite e mettilo a suo agio.”

Con queste parole Gerda chiuse la porta e gli fece cenno di seguirla. Lo condusse giù per i lunghi corridoi del castello di nuovo nello studio della sovrana. Lo fece accomodare su una delle poltroncine –“The, caffè o cioccolata.”- gli chiese a bruciapelo. Kristoff, preso alla sprovvista, la fissò per alcuni secondi prima di riuscire a darle una risposta –“Caffè.”- borbottò, distogliendo lo sguardo.

-“Bene.”- fu tutto quello che gli rispose Gerda, prima di sparire di nuovo dietro la porta lasciandolo solo. Era stanco, come non gli capitava da tempo: tutte quelle emozioni l’avevano spossato più di un’intera giornata di lavoro.

Diversi minuti dopo la governante riapparve con un vassoio su cui erano posate due tazzine, un bricco fumante e un piatto, con su quelli che avevano tutta l’aria di essere biscotti al burro. Lo posò sulla scrivania della regina, facendo attenzione a non sporcare nulla e aspettò con pazienza che il ragazzo si servisse. Kristoff raccolse con delicatezza una tazzina, che sembrava ridicolamente troppo piccola e fragile per le sue mani, e se la portò alla bocca. Quando mandò giù il primo sorso e fece un verso di assenso, Gerda parve soddisfatta e lasciò di nuovo la stanza.

Dopo essersi versato la terza tazza di caffè e prima che la noia lo facesse addormentare, la porta si aprì rivelando la figura stanca ed incurvata della regina.

Elsa non disse nulla, si avvicinò al vassoio del caffè e ne versò nell’unica tazzina rimasta. Fece il giro della scrivania e si sedette al suo posto, rilassando le spalle. Sorseggiò il suo caffè per alcuni minuti, incurante della sua presenza e poi posando la tazzina sul tavolo ingombro di carte, ruppe il silenzio.

-“Ho dato ordine allo stalliere di preparare la slitta reale, spero che la tua renna sia in grado di viaggiare nonostante il poco riposo.”-

-“Dove andiamo?”- le chiese con un sopracciglio inarcato. Quella donna cominciava a dargli sui nervi.

-“A far visita ai troll.”

 

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Kristoff aveva già avuto a che fare con il pugno duro della regina, con il suo cipiglio regale e la sua bocca severa tirata in un angolo, come se stesse sempre pensando sul da farsi. Ma non si era reso conto di quanto fosse cocciuta: a nulla era servito ripeterle che lui aveva già chiesto aiuto a Pabbie e che il vecchio troll non  aveva dato nessuna risposta alle sue pressanti domande. Alle prime luci del mattino la regina aveva fatto approntare una spedizione per la valle delle Pietre Viventi. “Ho bisogno di sentirlo con le mie orecchie che non c’è nulla da fare.”- era stata la sua spiegazione al suo ennesimo tentativo di farla desistere.

Solo il cielo sapeva quanto fosse stato doloroso per lui ricevere un responso negativo alle sue speranze, non osava immaginare cosa avrebbe potuto significare per la regina. Nonostante tutto, non aveva potuto fare a meno di accodarsi alla piccola carovana che aveva lasciato il cortile del palazzo all’alba:  la regina sedeva accanto a lui nella slitta reale trainata da Sven e due guardie armate, non sapeva dire se eccitate o intimorite dall’idea di venire in contatto con creature come i troll, li seguivano a cavallo di due fjord con la criniera perfettamente spazzolata.

In meno di tre ore dal suo arrivo al castello si ritrovò di nuovo nel fitto della boscaglia, circondato dal silenzio più assoluto della montagna. I suoi compagni di viaggio erano muti come tombe e l’aspetto spettrale della regina che gli sedeva accanto, non aiutava certo ad alleggerire l’atmosfera.

-“So che credi che io sia pazza.”-

-“Perché mai dovrei crederlo?”- le chiese incurvando un sopracciglio.

-“Perché ti sto costringendo a fare questo viaggio anche se so già che sarà inutile.”- gli disse con le sue maniere composte.

-“L’amore fa fare cose strane.”- sentenziò lui, facendo correre la mente verso Anna.

-“Già. Devo aggrapparmi a quest’ultima possibilità, altrimenti la mia speranza potrebbe sparire del tutto.”-

Kristoff annuì solamente, non riuscendo ad esprimere a voce quello che provava: le sue speranze erano del tutto svanite quella mattina, quando negli occhi spaventati di Anna non aveva letto niente nei suoi confronti. Lei non lo ricordava e l’aveva di sicuro riconosciuto solo come l’accompagnatore di Corona, colui che le aveva instillato più dubbi che certezze. Ma come la regina, anche lui aveva bisogno di credere che le cose si sarebbero sistemate e che Anna sarebbe tornata quella di una volta.

Continuarono a viaggiare in silenzio e arrivati quasi a destinazione si rivolse ad Elsa: “Le vostre guardie dovranno fermarsi qui. La mia famiglia è schiva verso gli estranei, potrebbero non mostrarsi se saranno con noi.”-

La regina si voltò verso le due guardie-“Avete sentito. Aspetterete qui il nostro ritorno.”

-“Ma maestà…”- cercò di controbattere uno dei due uomini.

-“Se sarà necessario il vostro aiuto saprò come farvelo sapere.”- lo zittì Elsa.

Kristoff le porse la mano per aiutarla a scendere dalla slitta, slegò Sven e insieme si incamminarono lungo un piccolo sentiero che spariva tra gli alberi, che mano a mano diventavano più radi e spogli, lasciando spazio ad una conca di terra battuta puntellata di grossi massi tondi.

Sven saltellò felice verso una delle enormi pietre, leccandone il muschio verde brillante, e poi fece lo stesso con il resto. Un rombo sommesso scosse improvvisamente il piccolo avvallamento, facendo traballare i massi, che un momento dopo li osservavano con occhietti vivaci e curiosi.

-“Kristoff è tornato!”- esplose una voce da qualche parte.

-“Di nuovo?”- sentirono bisbigliare da qualcun altro nella calca di piccoli troll che si affollavano ai loro piedi.

Due troll si avvicinarono, facendosi strada a suon di gomitate.

-“Due visite a distanza di pochi giorni! Cos’è successo figliolo?”-

-“Ma’ ti presento sua maestà la regina Elsa di Arendelle, la sorella di Anna.”-

-“Solo Elsa andrà più che bene.”- si sbrigò ad aggiungere la giovane regina, in soggezione davanti a tanta attenzione.

-“La regina!”- esclamò un nutrito gruppo di troll, con la bocca spalancata –“Com’è bella!”

-“Molto piacere davvero, mia cara!”- il troll afferrò la piccola mano della donna e la strinse con forza, scuotendola energicamente. Elsa venne quasi trascinata in terra dalla forza della stretta e fece un verso sorpreso. “Io sono Bulda, la mamma di Kristoff!”- disse fiera di sé, gonfiando il petto e sorridendo in direzione del montanaro, che osservava sconfortato la scena: sua madre l’aveva ufficialmente messo in imbarazzo di fronte all’intera famiglia reale. Sperava solo che non cominciasse ad elogiare tutte le fantomatiche capacità che vedeva in lui.

-“Benissimo. Fine delle presentazioni.”- stoppò sul nascere qualunque conversazione avesse a che fare con  lui e la sua vita: ogni occasione era buona per raccontare a chiunque transitasse dalla valle stupidi episodi della sua infanzia, per poi finire con il colpo di grazia…la sua adolescenza. Era sicuro che Elsa non avrebbe riso affatto ed inoltre avrebbe preso ancora meno in considerazione l’idea che lui fosse un possibile pretendente di Anna. “Siamo qui per parlare con Pabbie.”- aggiunse con tono urgente, guardandosi attorno alla ricerca del vecchio troll.

Il diretto interessato si fece strada tra la calca: “Chiudete quelle bocche: non è la prima volta che vedete la regina, no? Allora perché tanto stupore.”- bofonchiò-“È sempre un piacere riceverla tra noi vostra maestà.”-disse poi rivolgendosi ad Elsa.

La giovane regina si piegò all’altezza dell’anziano troll: “Potrei dire lo stesso, se non fosse che anche in questa occasione questa non è una visita di cortesia.” Il troll la guardò con sguardo grave senza dire nulla. “So già che sapete perché sono qui: ho bisogno di risposte sulle condizioni di salute di mia sorella. Voi troll sembrate essere la mia unica fonte di certezze ultimamente.”

Pabbie scrollò il mantello muschiato, a disagio sotto lo sguardo fermo di Elsa, facendo tintinnare i cristalli che lo adornavano. Lanciò uno sguardo interrogativo al figlioccio, come per chiedergli perché dopo tutto quello che gli aveva detto quella donna era lì. Kristoff fece spallucce per scusarsi.

Quella non era una bella situazione: per la prima volta in centinaia di anni si era riscoperto essere fallibile, incapace di trovare soluzione a qualcosa. Era una sensazione strana che lo metteva in imbarazzo, facendolo sentire quasi indegno del posto che ricopriva tra i suoi simili. Forse stava diventando troppo vecchio.

-“Non ci sono certezze a questo mondo, solo fatti che interpretiamo come tali a nostro piacimento.”- il troll sostenne lo sguardo della regina, sorridendole mestamente –“Mi dispiace che abbia dovuto fare questo viaggio solo per sentirsi dire questo.”

-“Non capisco.”-

-“Non c’è nulla che io possa fare per Anna.”- le spiegò con voce calma -“Come ho già ripetuto varie volte a Kristoff, la mia magia non può riportare alla luce i suoi ricordi: la sua mente è stata manipolata già troppe volte. Un’ennesima intromissione nei suoi ricordi potrebbe farle dimenticare ogni cosa, persino il suo nome o come si parla.” Il vecchio troll sospirò sconfitto. “Mi dispiace davvero tanto, vostra maestà.”

Bulda, Kristoff e gli altri assistevano nel più totale silenzio a quella confessione di impotenza. Pabbie non era mai sembrato tanto vecchio ed abbattuto nella sua lunghissima vita.

Le gambe di Elsa cedettero sotto quella nuova rivelazione, e si ritrovò inginocchiata nel terreno polveroso della valle, con gli occhi persi in un punto oltre le spalle di Pabbie. Contro ogni previsione accadde qualcosa che nessuno dei presenti si sarebbe mai aspettato: la regina cominciò a piangere. Lacrime silenziose le scivolavano sulle guance, per poi rimanere appese al suo mento un secondo e cristallizzarsi durante la caduta verso il basso. Era uno spettacolo mozzafiato, quasi quanto un’aurora boreale. I piccoli troll osarono avvicinarsi per raccogliere le lacrime ormai indurite, passandosele di mano in mano quasi fossero miracoli o gemme preziose.

A parte quel piccolo movimento involontario sul suo viso, Elsa era immobile. Aveva già sentito quelle parole dalla bocca di Kristoff, ma sentirle ancora dal vecchio saggio era stato un duro colpo. Ogni speranza era morta, trascinata via dal gelido vento della realtà, come foglie strappate da un albero.

C’era un senso di comica ineluttabilità in tutta quella faccenda. Era come se vi fosse una forza superiore che condannasse lei e Anna ad un’infelicità perenne, come se ad ogni spiraglio di gioia qualcuno le ripiombasse giù nel baratro della tristezza.

Non aveva più la forza per andare avanti a quel modo. Aveva combattuto contro se stessa per tutti quegli anni nel disperato tentativo di proteggere la sorella e renderla in qualche modo felice, e per un breve lasso di tempo c’era riuscita, ma ora a cosa era servito tutto il dolore che aveva dovuto sopportare se si ritrovava di nuovo al punto di partenza?

-“Vostra Maestà,” la chiamò Pabbie, poggiando le mani ruvide sulle sue, strette alla stoffa della sua gonna “questo non è il momento di arrendersi. So che questa sembra un’impasse insuperabile, ma ogni cosa andrà per il verso giusto, ne sono sicuro.” Le sorrise convinto. “Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da noi: Anna rammenterà tutto un giorno e questa storia sarà solo un brutto ricordo. L’unico aiuto che posso darvi è ricordarvi che l’amore trova sempre un modo.” Rivolse lo sguardo a Kristoff, che osservava rapito la scena. “Dovete starle accanto…entrambi.”

 

Elsa si riscosse, seguì gli occhi del vecchio troll e annuì convinta al montanaro. I suoi intenti punitivi verso Kristoff capitolarono nel giro di un secondo.

Forse era arrivato il momento di mettere da parte l’orgoglio e accettare l’aiuto che le veniva offerto.

 

Quando volsero di nuovo la slitta verso Arendelle, il sole era sorto da diverso tempo oltre la cortina di nubi che sovrastava perennemente la Montagna del Nord. Durante il viaggio di ritorno nessuno dei due commentò quello che era appena accaduto. Nessuno dei due aveva voglia di parlare della sempre più viva possibilità che Anna non tornasse mai ad essere quella di una volta. Nessuno dei due era abbastanza lucido da riuscire a pensare a qualcosa di positivo; davanti a loro sembrava snodarsi solo un’infinita strada in salita senza possibilità di capire cosa ci fosse dall’altra parte: un’inevitabile e rovinosa caduta in un dirupo o una tranquilla discesa su un lieve pendio. Nessuno avrebbe saputo dirlo.

L’unico rumore percepibile in quell’assordante silenzio erano gli zoccoli dei cavalli e di Sven che fendevano la neve.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Quando aprì gli occhi si accorse subito di aver dormito più del normale, più di quanto facesse di solito comunque. Le tende erano tirate e lasciavano entrare la luce accecante del sole che si rifletteva sulla neve che doveva essere caduta durante la notte. Dovevano essere almeno le undici di mattina. Si sentiva strana, come se qualcuno l’avesse colpita in testa: da quando il freddo era arrivato, era riuscita a dormire sempre meno e la qualità del suo sonno era diventata scadente, e al mattino era più stanca di quando era andata a letto come se, a conti fatti, lei non dormisse affatto. Quella mattina oltre ad avere male alla testa si risvegliò con le gambe indolenzite, come se invece di riposare avesse corso per tutta la notte. La meravigliò il fatto che Gerda o Grace non fossero venute ancora a tirarla giù dal letto a quell’ora. Constatò che doveva essere accaduto qualcosa.

Abbandonò di malavoglia il tepore rassicurante delle coperte per esporsi al freddo intenso di novembre: il camino nella stanza era spento da parecchio a giudicare dal grigio freddo della cenere. Fece per avvicinarsi al sistema di cordini e campanelle che usava per chiamare un delle due donne nella sua stanza, ma si fermò davanti allo specchio a figura intera che stava ritto in un angolo. La sua faccia era sconvolta, aveva delle profonde occhiaie viola che spiccavano sull’incarnato pallido facendola assomigliare ad un fantasma, per non parlare dei suoi capelli raccolti in ciocche sparse sulla sua testa o sudaticci e appiccicati sulla sua fronte; la camicia da notte era sgualcita più del normale e l’orlo destro aveva un ampio strappo nella cucitura del merletto.

Restò a fissarsi per alcuni minuti, studiando attentamente la sua figura irregolare: non che di solito fosse l’emblema della sofisticatezza ma lì c’era qualcosa che non andava, quelle condizioni erano esagerate persino per lei. Era a conoscenza del fatto che durante la notte raramente restava nella stessa posizione e che invece scalciava e si rigirava come un cavallo impazzito, ma il riflesso che le rimandava lo specchio era quello di una che si era data alla corsa campestre invece di dormire.

Cercò di sistemarsi i capelli con le mani per non far venire un colpo alla povera Gerda e si accorse di una macchia violacea che le circondava il polso destro: non ricordava come si fosse procurata quel livido, ma non si meravigliò; da quando era tornata da Corona erano molte le cose che non riusciva a ricordare,  soprattutto il segreto che la sorella le aveva confessato il giorno prima. Come aveva potuto dimenticare una cosa simile?

Qualcuno bussò alla porta riscuotendola dai suoi pensieri. “Avanti.”- gorgogliò con la gola secca.

Gerda fece capolino dalla porta, trascinando con sé un carrellino portavivande. “Ben alzata, mia cara. Come ti senti stamattina? Ho portato la colazione.”

L’odore del pane caldo che si levava dal carrello le pizzicò il naso e si riscoprì subito affamata. “Grazie, Gerda. Mi sento bene anche se pensavo di svegliarmi più riposata. Sarà un malanno di stagione, immagino. Chiederò al dottor Olson di prescrivermi un rimedio per dormire meglio.”- le rivolse un sorriso, che si spense non appena vide l’espressione incisa sulla faccia della governante  “Qualcosa non va? Mi sembri turbata.”

“Un nonnulla, bambina.” Gerda non aveva il cuore di guardarla negli occhi. Aveva avuto istruzioni chiare: non parlare con Anna di quanto accaduto quella notte.    Indugiò nel sistemare la colazione sul tavolino vicino alla finestra, rimpiangendo i giorni in cui lei e Grace dovevano trattenere la ragazza dal lanciarsi giù per le scale ogni mattina per raggiungere la sorella nella sala da pranzo. Sospirò.

Anna continuava a fissarla interrogativa mentre si avvicinava a passi lenti al tavolo e si accomodava.

“Io vado, tornerò quando avrai finito per rassettare la stanza.” Gerda cercò di sembrare quanto più normale e lieta possibile .“Se hai bisogni di me non devi far altro che suonare.”

Quando la donna uscì dalla stanza Anna si lasciò scivolare pesantemente contro lo schienale della sedia stringendosi le braccia al petto, osservando le pietanze sul tavolo in maniera assente. Aveva fame eppure una sensazione strana le stringeva lo stomaco: rivolse la sua attenzione al polso livido, tracciandone i contorni con un dito. Chiuse gli occhi e riuscì quasi a sentirla la mano che la strattonava proprio per quel polso, stringendo così forte da far male, con tanta foga da lasciare un segno semipermanente. Massaggiò la parte dolente e poi si sforzò di piluccare la colazione, imburrò un panino e fece per addentarlo ma la porta si aprì con uno scricchiolio, bloccandola.

Aggrappata alla maniglia della porta c’era una bambina, che la guardava con occhi sgranati. Si studiarono per alcuni secondi prima che lei rompesse il silenzio. “Ciao.”

La bambina si riscosse e si inchinò velocemente, tenendosi i lembi del bel vestitino che indossava. “B-buongiorno, vostra maestà.”

Anna sorrise del suo imbarazzo. “Vostra maestà è solo la regina, io sono solo Anna. Invece tu chi sei?”- le fece cenno di accomodarsi sull’altra sedia.

“Sono Emmelie.”- disse solo, continuando a fissarla come alla ricerca di qualcosa.

“Molto piacere Emmelie, ti va di fare colazione con me?”

 

Nonostante la reticenza iniziale la bambina, che scoprì essere la figlia di Grace, si accomodò con lei a chiacchierare e a fare colazione. Quel giorno aveva accompagnato la madre nelle cucine e poi l’aveva seguita di nascosto durante le sue mansioni giornaliere, aspettando che la conducesse alla stanza della principessa.

“E perché volevi vedermi?"- le chiese mangiucchiando una fetta di mela.

“Volevo darti questo.” Tirò fuori dalle pieghe della sua gonna quello che a prima vista sembrava un mucchietto d’erba e fiori gialli. “Per proteggerti dai mostri.”- spiegò poggiandole il piccolo bracciale d’erba intrecciata sul palmo della mano.

“Quali mostri?”- le chiese annusando il piccolo dono: aveva un odore pungente che le ricordava il fieno.

“Quelli che ti vengono a far visita di notte. La mia mamma dice che sei molto spaventata e che urli per la paura. Questo li terrà lontani da te, sai è fatto con un’erba magica.”- le spiegò dondolando i piedi.

“Capisco.”- Anna non ebbe il tempo di elaborare quanto la bambina le aveva appena detto perché Gerda entrò per la seconda volta quella mattina, fermandosi sconvolta sulla soglia.

“Emmelie! Cosa ci fai qui, piccola birbantella?” La donna si affrettò a scacciare la bambina come fosse un uccellino molesto. “Sarebbe dovuta rimanere nelle cucine come le aveva ordinato la madre.”

“Gerda”- Anna si affrettò a tranquillizzarla –“va tutto bene, non mi ha procurato nessun disturbo, anzi mi ha fatto piacere avere compagnia una volta tanto.”

La governante trattenne a stento le lacrime, pensando alla solitudine che doveva opprimere la giovane donna che aveva imparato ad amare come una figlia. Le immagini della notte precedente le ritornarono alla mente e dovette schiarirsi la voce per non dar spazio all’emozione.

“È vero?” La bambina annuì convinta, facendo ondeggiare i riccioli chiari che le cadevano sulle spalle. “Ora lascia che Anna si vesta per la giornata.” Gerda le porse la mano e la bambina l’afferrò, dirigendosi verso la porta. Però prima di uscire Emmelie lasciò la mano della governante e si lanciò verso la ragazza, stringendosi alla sue gambe. La principessa la strinse a sé dopo un momento di sorpresa. “Torna a trovarmi quando vuoi, Emmelie. Sono felice di averti conosciuta.”

Poi Gerda e la bambina lasciarono la sua stanza e lei cominciò a svestirsi per indossare gli abiti da giorno. Proprio nel momento in cui le sembrò che i lacci del corsetto si fossero ingarbugliati irrimediabilmente, Gerda tornò in suo aiuto.

“Tu ne sai qualcosa di questi mostri di cui parlava Emmelie?”- chiese alla governante che le spazzolava i capelli.

“Non affannarti su certi pensieri mia cara, sai come sono fatti i bambini: sempre pieni di fantasia e storie da raccontare.”

Non le bastò la risposta elusiva di Gerda, ma non contestò che era stata Grace a parlare alla bambina dei suoi mostri, quindi lasciò cadere il discorso, più che intenzionata a trovare delle risposte da sé a quella strana situazione.

“Elsa ti ha procurato un incontro con Sir Van Dyke per discutere delle vostre lezioni. Il suo arrivo è previsto dopo pranzo. Spero ti faccia piacere questa notizia.” Gerda era passata a rifarle il letto mentre lei era rimasta davanti alla specchiera a giocherellare con il bracciale di quella che si era resa conto essere erba di San Giovanni*.

“Ne sono felice.”- aggiunse senza tanto entusiasmo. In realtà era davvero contenta per quella notizia ma tutto il trambusto che aveva in testa non riusciva a farla gioire come si aspettava.

Gerda ravvivò il fuoco e poi si apprestò ad uscire. Non c’era motivo di costringere Anna a parlare, quando avesse voluto lo avrebbe fatto, le parole non le mancavano di certo. “Il pranzo verrà servito tra un’ora. Vuoi che venga servito qui?”- le chiese, sperando che la risposta fosse negativa. Vide la ragazza tentennare.

“Si, grazie.”

E la governante uscì ancora una volta sconfitta dalla camera.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 

“Non mi scuserò per il mio comportamento nei tuoi confronti e sono sicura che capirai il perché. Ma devo ammettere che a volte cercare aiuto è meglio che arrancare da soli alla ricerca di una soluzione e forse avrei dovuto cercarti prima che le cose degenerassero.”

Per l’ennesima volta quel giorno si trovavano faccia a faccia nello studio della regina. Elsa era arrivata a patti con il fatto che Kristoff, volente o nolente, fosse diventato parte  integrante della vita della sorella, prima dell’incidente. Ora, dopo averlo allontanato bruscamente, avrebbe dovuto reintrodurlo nella tela degli affetti di Anna, che sembrava essersi assottigliata ulteriormente dopo il loro litigio, e non sapeva come fare.

Il Mastro del ghiaccio annuì senza aggiungere nulla, aspettando che fosse la regina a continuare.

“D’ora in poi dovremo unire le forze per aiutare Anna e so a cosa stai pensando: come potresti aiutarla standole lontano?” Elsa sospirò, premendosi il dito indice all’apice del naso. “Non ho ancora pensato ad un impiego per te qui a palazzo. Dopo il vostro ritorno Anna mi ha parlato brevemente di te”- omise il fatto che il tono della sorella nei suoi confronti non era stato dei più gentili- “lei era convinta che tu fossi una guardia di palazzo. Potresti applicarti per diventare un cadetto, potrei chiedere a Lord Tomson di istruirti personalmente.”

“Non vedo come questo possa avvicinarmi a lei. È normale che un cadetto interagisca con la principessa?” Kristoff era scettico. “E poi non credo di essere portato per la carriera militare.”

“Potresti scalare la gerarchia in pochi anni e il tuo status si eleverebbe.” L’uomo le rivolse un’espressione incredula. “Ma con questo non voglio screditarti, né offenderti.” La regina si affrettò ad aggiungere, sventolando le mani davanti a sé, cercando di scusarsi. “È solo che potrebbe ritornarti utile.”

“C’è un’alternativa?” Voleva a tutti i costi che Anna tornasse da lui ma non era sicuro di voler diventare un militare. Sottostare alle regole ed essere alle dipendenze perenni di un superiore non faceva proprio per lui.

“Potrà sembrare strano ma sono impreparata sugli impieghi disponibili qui al castello. Dovrò chiedere a Kai.” Così dicendo suonò una campanella poggiata sulla sua scrivania “Sono sicura che lui saprà trovare un posto per te.”

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

Nel pomeriggio aspettò pazientemente l’arrivo di Sir Van Dyke seduta al tavolo lungo della biblioteca. Il sole scendeva già dietro il fiordo quando l’insegnante posò i suoi libri sul tavolo e le dichiarò la sua più totale felicità nell’essere di nuovo responsabile della sua istruzione. Partirono da dove si erano fermati anni prima e lei fu felice di ricordare più di quanto pensasse, almeno in quel frangente. Riuscì a non pensare ad altro se non alla geopolitica dell’Europa per venti minuti dopodiché il suo entusiasmo si spense rapidamente e cominciò a solleticarsi il naso con la piuma della penna. Quando starnutì per la quarta volta, il precettore si arrese all’evidenza che la principessa non era cambiata poi tanto dall’ultima volta che l’aveva vista e sospese la lezione, rimandandola alla mattina del giorno seguente.

Anna rimase ancora per un po’ seduta al tavolo dopo che Sir Van Dyke se ne fu andato, sfogliando distrattamente gli appunti disordinati che aveva preso durante la lezione. Si accorse di avere la mano destra e la manica del vestito chiazzate di blu e sperò che Gerda non la sgridasse: sapeva che quel genere di macchia era difficile da rimuovere. Si inumidì il pollice e cercò di pulire la mano passandoci sopra il dito, e quando concluse che non c’era possibilità di successo, si alzò per andare a chiedere un bagno caldo.

Ripercorse a ritroso i corridoi diretta verso le cucine, sicura di trovare Grace e Gerda lì, ed infatti le trovò intente a parlare con Marha e Franz, i due cuochi che preparavano la cena. Grace la rassicurò sul fatto che nel giro di mezz’ora avrebbe avuto acqua calda a sufficienza nella sua stanza da bagno. Marha le offrì un krumkake spolverato di zucchero e le pizzicò la guancia, come faceva quando era piccola. Nei suoi anni di solitudine la cucina era stata uno dei suoi posti preferiti: lì, tra il ribollire delle zuppe e lo scoppiettare dei fuochi, aveva sempre trovato calore, biscotti, parole dolci e gesti affettuosi.

Ritornò sui suoi passi diretta nelle sue stanze, impaziente di perdersi nell’abbraccio dell’acqua calda e profumata, ma ai piedi delle scale qualcosa la bloccò. Il respiro si accorciò ed ebbe la sensazione che gli occhi le si allargassero più del normale. Strinse forte la stoffa della sua gonna in un pungo e cercò di articolare delle parole. Ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Kai era di spalle e parlava in tono calmo con qualcuno che non si aspettava di vedere lì al castello. Non ricordava l’ultima volta che l’aveva incontrato. L’uomo annuiva alle parole del maggiordomo e sostava fermo e concentrato sul suo interlocutore. I capelli biondi gli ricadevano scomposti sulla fronte e negli occhi, la sua casacca era logora e sgualcita, e la sua postura lasciava intendere che non era di certo quello il posto in cui avrebbe dovuto stare. Cozzava quasi con l’impeccabile livrea di Kai e il suo portamento fiero.

L’uomo batté le palpebre in sequenza, velocemente, e per un istante la sua attenzione si spostò da Kai a lei. Il suo sguardo rimase fisso su di lei, inopportunamente troppo a lungo, finché Kai si voltò a guardarla per capire cosa avesse attirato l’attenzione del giovane. Anna sentì le forze venirle meno e non seppe darsene una spiegazione. Si ritrovò vittima di un sortilegio che la privava del movimento e della parola.

Quando Kai si schiarì la voce però la magia si spezzò e lei espirò come per capacitarsi d’avere ancora aria in corpo. “Vostra Altezza.” L’uomo si inchinò in maniera impacciata e dentro di lei sentì montare una rabbia cieca.

“Cosa…cosa ci fai tu qui?”- la voce le tremava ma era sicura che i suoi occhi lanciassero saette in quell’istante. Perché quell’uomo le provocava delle emozioni così violente? Perché il solo guardarlo le faceva torcere lo stomaco? Aveva forse paura di lui? Provava rabbia nei suoi confronti? Non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo che stare nelle sue vicinanze le scatenava delle reazioni fisiche strane ed incontrollabili. Riuscì a scorgere difficoltà nei suoi occhi scuri e Kai intervenne subito in suo aiuto.

“Principessa Anna, Kristoff qui è stato appena assunto a palazzo come tuttofare. Gli stavo illustrando il castello e le stanze degli inservienti.”

“Non eri già il mastro del ghiaccio o qualcosa del genere?”-si rivolse direttamente a lui, ignorando l’uomo più anziano.

“In inverno quello è davvero un titolo inutile, fur...Vostra Altezza.”

Anna lo fissò per alcuni istanti e poi annuì brevemente senza dire nulla. Distolse lo sguardo, stritolando ancora con le mani la stoffa raffinata del suo abito. Sentì del trambusto provenire dalle loro spalle. Gerda, Grace e alcuni garzoni trasportavano dei secchi fumanti verso le scale. La governante e la dama di compagnia quasi si scontrarono quando si fermarono di colpo a guardare la scena. Dell’acqua strabordò e cadde in terra.

La principessa e il mastro del ghiaccio a pochi passi l’uno dall’altra senza che accadesse alcunché di terrificante era uno spettacolo che non si vedeva a palazzo da un bel pezzo.“Direi che potresti cominciare aiutando queste due dame sollevandole da un così gravoso compito.”

Kristoff tolse i secchi dalle mani delle due donne e seguì attento gli altri tre garzoni, anche se dopo quella notte avrebbe potuto trovare la stanza di Anna ad occhi chiusi.

Valutò che se il suo primo compito era portare acqua calda nella stanza da bagno della principessa, non sapeva come avrebbe fatto a resistere così a lungo in quel posto, così vicino a lei eppure incapace di poterla toccare o di parlarle di quello che era stato, senza rischiare di impazzire.

Le lanciò un’ultima occhiata prima di girare uno degli innumerevoli angoli del palazzo. Lei lo guardava di rimando, insistentemente.

Ti prego, Anna. Torna presto in te.

 

 

*L’erba di San Giovanni (o Iperico) è stata a lungo ritenuta un’erba magica capace di scacciare gli spiriti maligni. Mi sembrava carino farne fare un bracciale per Anna che di mostri da mandar via ne ha un bel po’.

 

Nda: della serie chi non muore si rivede, eccomi qui dopo tre anni dall’ultimo aggiornamento (dio mio mi sento vecchia!). Non ho molto da dire su questo capitolo o su questa storia più in generale. Ormai è diventato un pensiero fisso concluderla quindi vamonos… So che il capitolo è un po’ lunghetto e che ho messo molta carne al fuoco, ma fidatevi ho scritto robe più lunghe e complesse XD se il vostro unico commento dovesse essere “ma i personaggi sono ooc” astenetevi dall’inoltrarmeli, perché vi rimanderei alle note della storia.

Spero che lì fuori su efp sia rimasta un’anima pia pronta a leggere questa storia e se non sarà così…beh whatever ¯\_(ツ)_/¯

Alla prossima, snowflakes!

 

Ps: il mondo è pieno di bei nomi da dare ai propri personaggi …perché cavolo continuate a rubarmi Grace!? Questa è già la terza volta che capita. Se dovete copiare, almeno fatelo con stile…cambiate almeno il suo mestiere! A buon intenditor…

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: StarFighter