Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _Mhysa_    20/07/2017    3 recensioni
LeviXPetra | One shot | What if
- Levi finì il suo caffè e appoggiò con delicatezza la tazzina sul davanzale della finestra.
Petra continuava a tenere lo sguardo incollato al foglio; una lacrima le sfuggì e finì dritta sulla parola fiducia. L’inchiostro si sbiadì e si espanse sulla pagina; la rabbia le si riaccese nel petto quando si rese conto che non voleva piangere di fronte a lui. Non perché lui non lo sopportasse – cosa per altro vera – ma semplicemente perché voleva mostrarsi decisa e sicura quando gli avrebbe posto quella domanda che aveva tenuto sulla punta della lingua per l’intera giornata. Con la manica della giacca nuova e pulita si asciugò in fretta gli occhi. -
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Petra Ral
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                             Fidati, se puoi. 


                                                                                                                    Prima


Il silenzio della stanza era interrotto soltanto dai loro respiri profondi; la fronte sudata di Levi era poggiata sul petto di Petra, che lasciava scorrere una mano tra i suoi capelli umidicci; aveva le guance rosse e accaldate e un senso di contentezza e appagamento la invadeva completamente. Sarebbe rimasta così, col corpo di lui addosso e quel sorriso da ebete in viso per il resto dei suoi giorni. Ma non poteva, la notte sarebbe finita presto e l’alba di un nuovo giorno si sarebbe abbattuta su di loro insieme al pericolo di quella missione che li preoccupava più di quanto fossero disposti ad ammettere.
“Devo andare” sussurrò lei. Sentì Levi rabbrividire leggermente.
L’uomo rimase immobile per qualche minuto, poi lentamente si scostò e si sedette poggiandosi al muro. Nella penombra osservava ogni singolo movimento che lei compiva per vestirsi.
Petra si abbottonò l’ultimo bottone della camicia, poi si fermò, seduta sul bordo del materasso, con i gomiti poggiati sulle ginocchia. Sospirò e si voltò per guardarlo, come se attendesse che dicesse qualcosa. Levi non disse niente, semplicemente contemplò i dettagli del suo volto bello e pulito, e quasi senza rendersene conto le sfiorò una guancia col dorso della mano. Petra sussultò; quel gesto inaspettato la stupì non poco; le guance le si arrossarono nuovamente. Levi Ackerman si lasciava andare raramente a gesti affettuosi e spontanei.
“Domani sarà un giorno importante” sentenziò lei.
Già, un giorno decisivo per la sorte del genere umano, e come accadeva ogni volta il peso della vittoria ricadeva sulle loro spalle. Erano i migliori, il corpo speciale, l’unica vera speranza. Levi ricordava perfettamente il giorno in cui l’aveva scelta, era stato l’ultimo membro ad aggiungersi alla sua squadra. Allora era solo una ragazzina, poco più che maggiorenne, eppure gli era bastato incrociare il suo sguardo per capire che doveva averla tra i suoi soldati. Erano stati i suoi occhi a convincerlo; erano sinceri, affidabili. E quel sorriso timido che gli aveva rivolto la prima volta che si erano incontrati, nonostante lo sguardo di Levi fosse costantemente serio e truce, era stata la conferma decisiva. Petra si rivelò un’ottima scelta, in fondo l’affidabilità era la caratteristica che il caporale ricercava maggiormente nei suoi soldati, la più importante, e lei era in grado di ispirare fiducia e allo stesso tempo di fidarsi ciecamente dei suoi compagni, dei suoi superiori e di chiunque si fosse schierato a favore della loro causa: la liberazione del genere umano. E aveva paura della morte, una paura terribile, e qualche volta traspariva chiaramente, ma nonostante ciò era pronta in qualsiasi momento a sacrificare la sua vita per un bene superiore.
Ed era proprio questo che lo terrorizzava.
“Credi che potremmo farcela?” chiese lei.
“Ti ho detto di non farmi questa domanda” rispose, duro.
Petra sospirò ancora.
“Secondo me ce la faremo”.
Levi odiava quell’ottimismo, perché sapeva che nessuno poteva crederci davvero; l’unica certezza dell’essere nel corpo di ricerca era che non esistevano certezze. Prima lo si accettava, meglio si viveva, e Levi lo aveva fatto da tempo. Forse la sua infallibilità derivava proprio da quella consapevolezza.
Petra si alzò, conscia del fatto che la sua affermazione aveva infastidito il caporale, ma dopotutto non le importava, aveva bisogno di credere che potevano farcela. Prese il mantello verde, lo indossò e tirò su il cappuccio fino a coprirle il volto ancora accaldato, poi a piccoli passi si avviò verso la porta.
In quel momento, mentre Levi osservava la sua schiena allontanarsi, un’immagine comparve davanti ai suoi occhi, quasi come una visione. Così si ritrovò di colpo a fissare il corpo di Petra tra le sue braccia, privo di vita, gli occhi vitrei persi e spenti, la mascella rigida e un fiotto di sangue a sporcarle la guancia.
Con un balzo repentino scattò in piedi e corse dietro di lei; le afferrò un polso e lo strinse con veemenza nella sua mano. Petra si bloccò, ancora una volta stupita da qualcosa che non si aspettava, non da lui; poi si girò lentamente e si ritrovò i suoi occhi piccoli e affilati che la penetravano, carichi di un sentimento forte e denso a cui non riusciva a dare un nome.
 “Non morire, chiaro?” ringhiò il caporale, senza ombra di dolcezza, ma con serietà e autorevolezza, come se le avesse appena ordinato di uccidere un gigante.
Petra gli rivolse il solito sorriso timido e fece un cenno di assenso. Levi allora le lasciò andare il polso e allungò un braccio premendo la mano contro la porta chiusa; Petra si trovò bloccata tra lui e il legno, eppure non si sentiva in trappola.
Levi era di statura piccola, era più alto di lei solo di qualche centimetro, ma il suo corpo esile e atletico era così dannatamente imponente da sembrarle immenso. La sua personalità era imponente, al punto da riempire lo spazio intorno a lui e qualsiasi luogo in cui entrava. E il cuore di Petra, e i suoi occhi color miele. E il mondo tutto.
La baciò, in modo meno irruento del solito; lei premette le sue mani sul petto nudo e si impose di credere alla tacita promessa che gli aveva fatto. Ma dentro di lei sapeva che non poteva in nessun modo assicurargli di adempiere a quell’ordine; nel corpo di ricerca c’era una sola certezza: non esistevano certezze. E lei ne era consapevole, anche se lui era convinto del contrario. Semplicemente ignorava la possibilità di sconfitta, col solo scopo di superare la paura della morte. O meglio, per convivere con la paura di lasciarlo per sempre.
Petra uscì dalla stanza e si diresse nella sua; Levi tornò a letto e osservò le lenzuola sgualcite ancora calde. Di colpo la camera gli sembrò fin troppo vuota.
 
                                                                                                                                Dopo

Camminava per i corridoi silenziosi e ad ogni passo le gambe stanche diventavano più indolenzite; la cinquantasettesima spedizione era stata tra le più difficili che aveva affrontato da quando si era unita al corpo di ricerca, le scene vissute quel giorno continuavano a ripetersi nella sua mente. Nei timpani risuonava nitido l’eco dei passi pesanti e svelti della morte che correva alle sue spalle, probabilmente l’avrebbe tormentata per molto tempo. E mentre le nuove reclute e gli altri soldati si godevano le poche ore di sonno rimaste rinchiusi nelle loro stanze lei lo cercava. Si sentiva arrabbiata con lui, in un certo senso; doveva sapere, capire.
Lo cercò prima nella sua camera, ma quando la scoprì vuota prese a perlustrare l’intero castello; lo trovò in una stanza piccola e quasi priva di arredi nel punto più alto della torre est. Guardava fuori dalla finestra e sorseggiava una tazza di caffè fumante; Petra prese un respiro profondo e mosse qualche passo verso di lui. La sua attenzione fu attirata da un foglio di carta poggiato sull’unico tavolino di legno all’interno della sala; a incuriosirla fu la grafia familiare con cui erano scritte parole leggermente sbiadite. Solo quando prese il foglio in mano si accorse che si trattava di una lettera scritta da lei; spalancò gli occhi, incredula. Tutta la rabbia che l’aveva animata fino a condurla lassù passò in secondo piano.
“Come hai fatto ad averla?” chiese, con un filo di voce. Levi bevve un sorso di caffè, prima di rispondere.
“Me l’ha data tuo padre oggi, non ti trovava ed è venuto a salutarmi”
Levi pronunciò quelle parole con una freddezza glaciale.
Petra provò una lieve vergogna. Ricordava quella lettera perfettamente, l’aveva spedita a suo padre qualche settimana prima; aveva praticamente tessuto le lodi del suo caporale, esprimendo la fierezza che provava nel far parte della sua squadra speciale. Non avrebbe voluto che Levi la leggesse, ma non poteva avercela con suo padre; era sempre troppo preoccupato per lei, per la vita che aveva scelto. Ma non le aveva mai proibito nulla; Petra si era sempre sentita una persona libera.
“È convinto che voglia sposarti” gli confessò, mentre lacrime che non voleva piangere le appannarono gli occhi.
“Lo so”.
Levi finì il suo caffè e appoggiò con delicatezza la tazzina sul davanzale della finestra.
Petra continuava a tenere lo sguardo incollato al foglio; una lacrima le sfuggì e finì dritta sulla parola fiducia. L’inchiostro si sbiadì e si espanse sulla pagina; la rabbia le si riaccese nel petto quando si rese conto che non voleva piangere di fronte a lui. Non perché lui non lo sopportasse – cosa per altro vera – ma semplicemente perché voleva mostrarsi decisa e sicura quando gli avrebbe posto quella domanda che aveva tenuto sulla punta della lingua per l’intera giornata. Con la manica della giacca nuova e pulita si asciugò in fretta gli occhi.
“Perché hai consigliato a Eren di trasformarsi?” gli chiese. La sua voce non fu gentile e pacata come al solito.
Petra si mise in attesa di una risposta che tardava ad arrivare; strinse con più forza la lettera nella sua mano minuta e pallida, poi si avvicinò ancora al caporale. Il rumore dei suoi passi riecheggiò per tutta la stanza.
“Avrebbe dovuto fidarsi di noi, invece tu l’hai spinto ad agire d’istinto. Perché? Dici sempre che lavorare di squadra è la nostra missione principale!”
Pronunciò quelle parole con troppo fervore e a voce alta; Levi prese di nuovo la tazzina e osservò lo zucchero attaccato al fondo. Sembrava cercare la risposta in quei pochi centimetri di ceramica. Non si girò, nemmeno quando iniziò a parlarle.
“Cosa avrei detto a tuo padre?” chiese, piano, con tono basso.
Petra spalancò gli occhi, basita. Tutto si aspettava, tranne quella domanda.
“Che… che significa?” biascicò.
Levi si voltò leggermente, mostrandole il suo profilo; negli occhi il solito sguardo impassibile e serio. La guardò di sottecchi, poi riprese a fissare il panorama oltre la finestra.
“Se tu fossi morta, che avrei raccontato a tuo padre, quando è venuto a dirmi che sei troppo giovane per sposarmi? EH? COSA DIAVOLO AVREI DOVUTO RISPONDERGLI?”
Le ultime parole le urlò.
Petra abbassò lo sguardo, ciocche di capelli chiari le coprirono gli occhi velati di lacrime che non avrebbe versato; un sorriso lieve le curvò le labbra, fu un attimo, un secondo. Poi tornò seria e appallottolò la lettera nella sua mano.
“Sei così convinto che saremmo morti?” chiese, alzando il capo.
“Le probabilità che l’intero corpo speciale di ricerca fosse spazzato via erano almeno del novantacinque percento.”
La sua voce tornò ad essere piatta e metallica. Inclinò la tazzina fin quando l’ultima goccia di caffè non scorse e cadde sulla sua lingua; la assaporò e poi ripose nuovamente la tazza sul davanzale.
“Così non ti fidavi di noi, non credevi che saremmo riusciti a proteggere Eren” concluse lei. 
“Non ti fidavi di me” aggiunse, dopo un breve silenzio.
“Non possiamo fidarci di nessuno fino in fondo, nemmeno di noi stessi. Viviamo in un mondo crudele”.
Stava parlando molto più del solito il caporale, molto più di quanto avrebbe voluto; era andato in quella stanza sperduta del castello nella speranza di starsene da solo. O forse, in fondo, desiderava che lei lo trovasse.
Petra continuava a non capire; o meglio, non accettava ciò che quella conversazione le stava rivelando. Quella verità era troppo utopica, troppo normale, troppo densa di emozioni, di sentimento per essere reale, per appartenere a loro, a lui.  
Per una manciata di minuti non dissero più niente; entrambi si rinchiusero nel rumore dei loro pensieri.
“Gli avresti detto quello che dici ogni volta a tutti i genitori dei soldati caduti. Sarebbe stato come affrontare la morte di chiunque altro” disse Petra, rispondendo alla domanda che le aveva posto poco prima.
A quel punto Levi si voltò; lei non lo guardava, aveva di nuovo gli occhi puntati sui suoi stivali; il caporale Ackerman le si avvicinò e le prese il mento tra indice e pollice, costringendola ad alzare la testa. Si scrutarono per qualche secondo; erano esattamente cinque anni che Petra faceva parte del corpo di ricerca, e per la prima volta quella notte vide negli occhi di Levi qualcosa che non aveva mai scorto così nitidamente. Erano pieni di… paura, paura mista a quel sentimento a cui faticava a dare un nome, perché faticava a credere che fosse vero. Reale.
“Tu non sei chiunque altro, Petra Ral” sussurrò il caporale.
Non ci fu più alcun dubbio; Petra non poté più fingere di non capire.
Non poté fingere di non capire che Levi aveva suggerito a Eren di trasformarsi perché era terrorizzato all’idea che lei potesse morire.
Non poté fingere di non capire che per lui la sua vita era importante, più importante della missione. E si arrabbiò, perché non doveva essere così, perché perfino lei era disposta ad accettare l’idea di sacrificare la vita dell’unico uomo (a parte suo padre) che avesse mai amato davvero per un bene superiore, per l’obiettivo finale.
Infine capì che sì, il caporale del corpo speciale della legione esplorativa Levi Ackerman l’amava.
“Non sono riuscita a rispettate l’ordine” mormorò.
Lui la fissò con espressione interrogativa.
“Sono viva solo grazie a te”.
L’uomo accennò un sorriso.
“Grazie a Eren, in realtà” disse, con amarezza.
Le accarezzò il volto e per un attimo posò lo sguardo sulla lettera accartocciata nella sua mano.
“Levi, se un giorno… se un giorno morirò, dovrai essere tu a…”
“Smettila” ringhiò; le cinse le spalle con un braccio e con un gesto rapido la strinse al suo petto. Petra spalancò gli occhi; tutto quel sentimento… lo sentiva, chiaramente, lo sentiva mentre attraversava i vestiti, la pelle, i muscoli, le ossa, fino a penetrarle dentro. Sentiva il cuore del caporale galoppare veloce nel petto.
Le sfiorò la fronte con le labbra e cominciò a stringerla anche con l’altro braccio, come se in quel modo potesse assicurarsi di tenerla in vita per sempre. Si aggrappò alla sua vita, alla sua morte scampata per un soffio, come se fosse l’ultimo appiglio per evitare di cadere in un burrone.
“Fidati, se puoi” sussurrò lei. “Io mi fido di te”.
Una lacrima scivolò sul volto di Levi, si insinuò fra i capelli di lei e le bagnò la fronte. Petra chiuse gli occhi e si scordò di tutto il resto. Quell’abbraccio era l’unico posto sicuro in un destino di morte e ingiustizia. L’unica certezza in una vita senza certezze.  
 

 
 
 
 
 
 
 
Note d’autrice
Salve gente! Sono tornata con un’altra Rivetra! Penso si sia capito che è una What if ambientata prima e dopo la cinquantasettesima spedizione. Ovviamente a differenza dell’originale Petra non è morta. E niente, a parte precisare che la frase “l’unica certezza dell’essere nel corpo di ricerca era che non esistevano certezze” me la sono inventata di sana pianta non ho molto da dire. Quando ho visto l’episodio in cui muore Petra mi sono chiesta perché Levi abbia suggerito a Eren di trasformarsi, sono convinta che in fondo lui ci sperasse, allora, siccome lo shippo troppo con Petra, ho provato a darmi una spiegazione collegata al tenerla in vita. Inoltre credo davvero che Levi abbia sofferto per la sua morte, questo mi sembra piuttosto canon.
Spero vi sia piaciuta, io li adoro questi due insieme <3
Buona serata a tutti!
_Mhysa_ 
  
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