La sua mano carezzò dolcemente la ormai sfiorita guancia dell’uomo per cui ella aveva provato da tempo immemore cotanto odio così repentinamente da non lasciare a quest’ultimo la possibilità di reagire. Né a quell’estraneo quanto insincero gesto d’affetto, né a ciò che ne sarebbe conseguito. Ciò che primamente s’era mostrato così affabile e gentile solo ora, aggrappandosi con abbastanza ferocia da lacerare la ormai flaccida pelle del collo di quell’individuo così spregevole, mostrava le reali intenzioni di colei che lo muoveva. Dall’opposta parte di quel collo, d’altro canto, la punta di una bacchetta di legno d’acero sembrava esservi quasi conficcata. Con estrema calma - simultaneamente - la figlia, che gli era di spalle, avvicinò le sue dolci labbra all’orecchio di lui, preannunciando al padre la sua amara fine. Adrenalina si espanse nelle vene della donna, che non poteva provare altro se non puro compiacimento, nel saper d’esser in una posizione predominante in quello che sarebbe stato l’ultimo attimo di vita di quell’essere che l’aveva fatta soffrire tanto. Ed eccolo lì, quello spaventato ed affannato respiro che rendeva il tutto ancora più soddisfacente. << Avada Kedavra >>. Sussurrò in fine lei, con estremo desiderio. Lena lasciò la presa, lievemente disgustata da quella figura. Le palpebre di Benjamin si chiusero, il corpo si accasciò, la testa cadde sui mille fogli accumolati su quella sua vecchia scrivania. Rimase qualche secondo a guardarlo, immaginando quell’ enorme peso che era l’odio provato in tutti quegli anni sparire via. Non sorrise, non sospirò, né si prese beffa di quel corpo salutandolo con un finto bacio dispiaciuto. Sparì solamente, così come era comparsa.