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Autore: ImJustMi    22/07/2017    1 recensioni
Revisione della storia "A Tale Of A Starry Night", perché la prima stesura non mi convinceva
Dalla storia:
Quando ero piccolo mi piaceva salire sugli alberi in campagna per osservare la città da lontano e sognare la vita che mi sarebbe spettata un giorno.
Ma già in quel momento c'era qualcuno che era salito un ramo più in alto di me, qualcuno che aveva un orizzonte più ampio del mio e che non avrei mai raggiunto.
[...]
Guardavo le stelle e mi chiedevo: “c'è qualcosa lassù che guarda in basso e vede noi?” e la Terra mi sembrava un posto così piccolo in confronto al cielo da essere stretto. E se era stretto per me, per quel ragazzo che mi stava accanto doveva essere asfissiante, o almeno credevo.
Genere: Malinconico, Poesia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi torna ancora in mente

quella notte d'estate,

quell'unica stella cadente

e so che

non smetterò mai di cercarla

nelle notti più scure.

 

Devo ancora esprimere

un ultimo desiderio.

-ImJustMi

 

Quando ero piccolo mi piaceva salire sugli alberi in campagna per osservare la città da lontano e sognare la vita che mi sarebbe spettata un giorno. Vedevo la scuola e sognavo di diventare un insegnante, di riconoscere l'amore della mia vita con un solo sguardo e di andare a vivere in una bella casa dove sarei stato felice. Ma già in quel momento c'era qualcuno che era salito un ramo più in alto di me, qualcuno che aveva un orizzonte più ampio del mio e che non avrei mai raggiunto.

Quando ero piccolo volevo scoprire il mondo, ogni volta che andavamo al mare strizzavo gli occhi cercando di vedere l'America in lontananza. Non sapevo nemmeno se guardavo nella direzione giusta, ma ero pronto a scappare a nuoto pur di vedere qualcosa di nuovo.
Non conoscevo i confini e non conoscevo le distanze, volevo solo vedere il mondo.
Ero convinto che sarei potuto andare ovunque con il mio zaino in spalla, il mondo non poteva essere un posto tanto grande.
Anche in quei giorni però lui sapeva già che l'America era troppo lontana, perché c'era stato una volta con i suoi e per raggiungerla c'era voluto tanto tempo in aereo, figuriamoci a nuoto.
Già allora il modo in cui osservava il mondo era per me irraggiungibile.

Quando iniziai a crescere il mio naso era sempre alzato verso il cielo, verso quello stesso cielo che vedevamo entrambi e che nessuno di noi poteva raggiungere.
Guardavo le stelle e mi chiedevo: “c'è qualcosa lassù che guarda in basso e vede noi?” e la Terra mi sembrava un posto così piccolo in confronto al cielo da essere stretto. E se era stretto per me, per quel ragazzo che mi stava accanto doveva essere asfissiante, o almeno credevo.
Decisi che sarei diventato un astronauta e avrei scoperto un mondo abbastanza grande per entrambi, dove ci sarebbe stato un orizzonte così lontano da perderci solo guardandolo. Avrei trovato un mondo che lui non conosceva e gli avrei fatto scoprire luoghi con aveva mai visto, lo avrei sorpreso e sarebbe stato felice.
E mentre mi perdevo nei miei sogni lui esclamò di aver visto una stella cadente, ma quando guardai nella direzione indicata dal suo dito la stella non c'era più e lui aveva già espresso il suo desiderio.
Mi dissi che era così fortunato che probabilmente si era già avverato, non aveva neanche bisogno di una stella cadente. Mi dissi che, magari, non era neanche mai esistita.

Dopo quel giorno non ci parlammo per un po' e io ricominciai a salire sugli alberi, deciso ad arrivare più in alto di lui. Avevo la sensazione che non saremmo più riusciti ad essere amici se non avessi compreso il suo punto di vista.
Avrei scalato qualsiasi albero, qualsiasi montagna, sarei salito sui tetti delle case, dei grattacieli, qualsiasi cosa pur di vedere più lontano di quanto aveva visto lui.
Quando ero piccolo mi capitava di pensare troppo e di non accorgermi di quello che facevo, fu così che, in una delle mie scalate, solo dopo aver raggiunto la cima di un albero mi accorsi di quanto ero in alto.
Mi sembrò di poter toccare il cielo con una mano, di essere invincibile. Davanti a me si presentò una vista meravigliosa: potevo vedere la città, l'oceano e il cielo insieme; era la cosa più bella che avessi mai visto, e mentre il vento mi attraversava i capelli ripensai a lui e mi chiesi se avesse mai visto qualcosa di simile, qualcosa che lo aveva fatto sorridere come mai prima.
Cominciai a scendere, ansioso di raccontargli la mia scoperta e nella foga del momento mi feci male a una caviglia mettendo male un piede. Mi fermai su un ramo e mi sentii come un gattino spaventato. Era quasi calato il tramonto e dovevo sbrigarmi a tornare a casa, avevo intenzione di riposarmi solo un attimo ma iniziai a piangere e a singhiozzare, non per il dolore, ma perché avevo appena rovinato il momento più bello della mia vita. Ero talmente inutile da non riuscire nemmeno a scendere da un albero, nonostante fosse qualcosa che avevo fatto un'infinità di volte nella mia vita. Non sarei mai diventato bravo in nulla, non lo avrei mai raggiunto.
E mentre mi piangevo addosso fu lui a raggiungere me, ad asciugarmi le lacrime, a dirmi che era preoccupato perché non mi aveva visto in giro e a portarmi a casa in spalle.
Quella sera rimase a cena da noi, come ringraziamento per avermi aiutato, e dopo aver mangiato andammo fuori a guardare le stelle.

“Mi sono davvero spaventato quando non ti ho visto, ho pensato che se ti fosse successo qualcosa non me lo sarei perdonato mai. Non fare più cose tanto sconsiderate” annuii, anche se in quel momento la sua apprensione mi sembrava completamente insensata, anche se non riuscivo a capire cosa trovasse di tanto speciale in me da preoccuparsi se non mi vedeva in giro. Pensavo che non se ne sarebbe nemmeno accorto, invece mi aveva reso così felice.

“Iwa-chan... cosa hai desiderato quando hai visto la stella cadente?” mi guardò e sorrise come non aveva mai fatto prima.

Da quel giorno capii che di stelle cadenti ne avremmo viste centinaia, e che avremmo espresso infiniti desideri ma che solo pochi si sarebbero avverati. Capii anche che non importava quanto in alto sarei riuscito a salire non avrei mai guardato tanto lontano quanto lui, e non mi importava finché continuava a guardare anche me.

Capii che il mondo che vedevano i suoi occhi era un mondo enorme, migliore di quanto avrei mai visto e che finché c'era lui con me potevo anche tenere gli occhi chiusi.

“Ho desiderato che tu fossi felice”.

 

 

   
 
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