IL
DRAGO E IL BAMBINO
C’era
una volta un reame nascosto dietro alle
montagne, lande desolate e aride, la luce del sole non arrivava quasi
mai e
regnava incontrastato un inverno perenne.
Il
villaggio di Armheil era piccolo e povero, non
c’erano re perché il paesino era troppo
insignificante e miserabile per
attirare l’attenzione dei sovrani vicini.
Una
notte un bambino aveva deciso di scappare. Si
chiamava Isryl ed era disprezzato dalla comunità
perché aveva la pelle e i
capelli troppo bianchi e gli occhi troppo azzurri per essere normale,
tutti
pensavano che fosse addirittura il responsabile dell’inverno
che non finiva mai
e che stava uccidendo a poco a poco gli abitanti del villaggio.
In
verità a Isryl piaceva l’inverno, il vento gelido
che s’intrufolava sotto il mantello e raggiungeva la pelle in
languide carezze,
il bianco inestinguibile del paesaggio, il cielo grigio sempre coperto
da una
foschia fitta che a volte rendeva quasi difficile respirare.
In
verità Isryl era quasi completamente cieco,
vedeva solo le ombre e il bianco totale gli metteva addosso una
sicurezza e una
tranquillità che difficilmente avrebbe potuto avere in altre
circostanze,
perché ad Armheil gli occhi non servivano, tutto era uguale
e candido ed era
impossibile orientarsi con le stelle.
Così
il bambino aveva deciso di scappare da casa
sua, dove non si sentiva accettato, dove non era stato amato. Aveva
raccolto i
suoi pochi averi in una sacca ed era partito verso orizzonti ignoti e
verso la
speranza di un futuro migliore.
Camminava
da giorni ormai, i vestiti si erano
bagnati con la neve e si erano attaccati al suo esile corpo di
fanciullo, i
passi divenivano sempre più pesanti e le provviste
iniziavano a scarseggiare.
Ben presto le forze lo abbandonarono e si accasciò inerme
sulla neve candida,
prima che l’oblio lo colse riuscì a scorgere
un’ombra immensa davanti a lui e
un respiro pesante che non riuscì a identificare. Poi ci fu
solo il buio.
Si
risvegliò su una superficie soffice e insieme
dura, allungando la mano pallida e tastando meglio s’accorse
di trovarsi su una
distesa di squame e piume, che s’alzava e
s’abbassava piano, come un respiro
quieto.
Rotolò
di lato per poi finire con la faccia per
terra, sulla roccia dura e fredda. Allungò le braccia esili
per dare una forma
al luogo dove si trovava e sentì distintamente il suono
tranquillo di un
sospiro, si allungò in cerca della fonte e si
ritrovò abbracciato a una testa
enorme, coperta di piume morbide e squame dure, il naso della creatura
emetteva
di tanto in tanto degli sbuffi che si trasformavano in nuvolette di
vapore
condensato dritto sul viso del bambino, che chiuse gli occhi e si
lasciò
cullare da quel soffio estraneo e tuttavia così rassicurante.
Percorse
con la punta delle dita il muso della
bestia, dall’umido naso sensibile al collo lungo e possente,
si accorse che la
parte interna del ventre e del collo era ricoperta da piume morbide e
soffici
estremamente comode e calde, mentre sulla schiena e sul dorso vi erano
più
squame dalla consistenza resistente e metallica quasi, le ali erano
grandi come
il tetto di una casa, sottili e forti allo stesso tempo, sotto il palmo
sentiva
l’intricata ramatura delle vene. Spinto dalla
curiosità accarezzò anche le
quattro zampe possenti ciascuna munita di cinque artigli affilati e la
lunga
coda con l’estremità più assottigliata,
se la rigirò attorno al torace per
scaldarsi meglio e a quel punto sentì distintamente il drago
svegliarsi dal
torpore, aprire gli occhi grandi per fissarli sulla sua figura minuta,
ma non
avvertì alcuna minaccia o pericolo, solo uno sguardo
incuriosito e vagamente
perplesso che il drago gli puntò addosso vedendolo
attorcigliato alla sua coda.
Sentì
un movimento alle sue spalle e realizzò che il
drago aveva allungato il collo verso di lui in modo da trovarsi col
naso umido
di fronte al suo volto. Uno sbuffo e poi lo sentì espirare
per annusarlo, il
drago era confuso, poiché non aveva mai visto umani
così bianchi e così
temerari in tutta la sua lunga vita. La bestia lo aveva trovato riverso
nella
neve e lo aveva portato nella sua grotta per salvare
quell’umano diverso dagli
altri e ora lo guardava affascinato nelle iridi azzurrine, cercando di
capire
cosa passasse per la testa bianca di quel bimbo.
Restarono
abbracciati tutta la notte: il drago e il
bambino, condividendo un calore nuovo e meraviglioso, chiamato amicizia.
Da
quel giorno in poi rimasero sempre insieme, due
mostri odiati da tutti. Gli
occhi del
drago divennero gli occhi di Isryl.
E
la sera, nella loro grotta, si accucciavano
accanto al fuoco e il bambino iniziava a raccontare storie di regni
lontani,
accarezzando con la piccola mano il dorso squamoso del drago.
La
bestia, mossa da incredibile affetto verso il
cucciolo umano, decise di fargli un dono speciale...
Alcune
voci
giurano di aver visto un’ombra gigantesca nel cielo, che si
alzava e si alzava
sempre più in alto, fino a superare le vette delle montagne
e la coltre di
nebbia, fino al Sole.