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Autore: Fast    24/07/2017    6 recensioni
L'amor che muove il sole e le altre stelle. L'amore che rende folle il più saggio degli degli uomini, e coraggioso il più pusillanime.
Un uomo tormentato dal suo passato, una giovane donna armata soltanto del suo buon cuore e del senso dell'onore.
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Deglutì, e strinse forte i pugni per farsi coraggio. -Siete... Siete qui per mio padre?-.
Osservò non senza un un brivido le labbra del cavaliere davanti a lei piegarsi in un sorriso privo di qualsiasi tenerezza.
-No. Sono qui per te, Kagome...-
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nulla al mondo è più morbido dell'acqua

eppure nello sgretolare ciò che è più duro al mondo

nessuno può superarla.

La debolezza vince la forza, la morbidezza vince la durezza.

 

 

 

 

 

 

-Quindi Kagome mi assicuri che funzionerà?-

 

La ragazza annuì con un sorriso rassicurante. -Tranquillo, Koga. Ho curato decine di bambini con i sintomi di tua figlia,e sono guariti tutti. Lei poi non avrà problemi: essendo un demone è sicuramente più coriacea degli altri bambini-.

 

Il demone lupo si sentì sollevato. Erano mesi che la sua piccola non stava bene. Alternava periodi in cui era abbastanza in salute ad altri in cui veniva tormentata da febbri altissime, inappetenza e rigetti continui. Ne aveva parlato con Kagome, che gli aveva prestato la massima attenzione. A quanto pareva, la piccola era affetta da un'infezione piuttosto brutta, ma nulla che non si potesse curare.

 

Si rilassò e si soffermò  per sistemare le briglie al cavallo.

 

-Se vuoi- la sentì dire -Quando torniamo posso darle un'occhiata-

 

Koga trasalì.

 

Osservò la sua nuova amica guardarlo con occhi pieni di fiducia mentre si sistemava il mantello marrone scuro sul collo per proteggersi dal freddo.

 

Quando sarebbero tornati, lei non ci sarebbe stata.

Lo stomaco del demone si strinse in una morsa dolorosa, mentre il senso di colpa si faceva prepotentemente strada in lui.

Strinse forte le redini, mentre i denti digrignavano.

Adorava quella ragazza. Adorava i suoi sorrisi limpidi, la sua disponibilità, il suo senso dell'umorismo, la sua umanità.

E lei, ne era certo, ricambiava la sua simpatia.

Lo avrebbe ancora considerato un buon amico quando avrebbe contribuito al suo omicidio?

 Una parte di lui era con Inuyasha, ma l'altra parte era con quella ragazza che si preoccupava per la salute della sua bambina...

Ce l'avrebbe fatta a tenerla ferma mentre Kikyo affondava la lama?

 

-Koga? Che ti succede? Sei strano..-

 

 

Koga alzò il capo e venne inondato letteralmente dal buon profumo della ragazza che lo fissava con occhi interrogativi.

 

-Oh, no...niente, Kagome- si riscosse lui -Tranquilla-

 

La ragazza sorrise e si voltò un attimo per sistemare la borsa con i suoi averi legata alla sella.

 

-Non devi preoccuparti, davvero. La tua bimba guarirà e tornerà più forte di prima, garantito! Adesso, se non ti dispiace, allungo un attimo il passo e raggiungo Sango. Non vorrei che il povero Miroku avesse un collasso, con tutti gli schiaffi che sta prendendo!-

 

Scoppiarono a ridere.

 

-Ci vediamo dopo, Koga. È sera, dovremmo essere quasi arrivati, no?-

 

Il demone lupo annuì -Sì. Non manca molto-

 

-Beh, è già buio. Qui mi pare che il sole tramonti prima. Non potrò vedere i mille colori del lago, stasera. Recupererò domani-

 

Koga osservo la schiena sinuosa della ragazza allontanarsi. Il sorriso che rivolse a Sango era radioso come al solito.

 

Il demone sospirò.

 

La questione si faceva sempre più complicata.

 

                                                           *§*§*§*§*§*

 

Inuyasha lasciò che il vento gelido gli sferzasse il viso. Il sole era calato da qualche minuto, il cielo si stava riempiendo di stelle e l'aria era cristallina come può esserlo solo nelle fredde regioni del nord.

 

Un sorriso si fece strada sul suo volto stanco. Ancora pochi minuti, e dopo settimane avrebbe rivisto la sua amata Kikyo.

 

Una risata attirò la sua attenzione.

 

Gli occhi dorati non esitarono nemmeno un secondo e si andarono a posare su Kagome.

 

Osservò i lunghi capelli della ragazza ondeggiare al vento, e non poté evitare di pensare che le fossette che le si formavano agli angoli della bocca quando rideva la rendessero molto attraente.

 

La osservò scherzare con Sango e con quel maniaco di Miroku, che tra parentesi ne aveva combinata un'altra delle sue.

 

La guardò buttare la testa all'indietro e ridere nuovamente a pieni polmoni.

 

Per quanto detestasse ammetterlo, quella risata era ipnotica.

 

Un brivido gli corse lungo la schiena. Aveva rivalutato molto la sua ospite.

 

Con la mente ripercorse gli ultimi avvenimenti, fino ad arrivare a quello accaduto la sera prima...

 

 

La pozione era finita, e lui aveva il respiro mozzato e il corpo scosso da mille fremiti come se avesse avuto la febbre. Le lenzuola del futon erano scomposte come se vi avesse dormito un tarantolato.

La fronte era imperlata di sudore, il corpo veniva scosso da brividi di freddo e subito dopo da vampate di calore così forti da sembrare che qualcuno si divertisse a colargli lava nelle vene.

 

La degenza di quella ragazzina non era stata calcolata, e la pozione era terminata prima del previsto, lasciandolo cadere preda di dolori atroci.

 

Un'altra, fortissima fitta. Sembrava che qualcosa volesse strappargli le viscere.

 

Sembrava che un diavolo lo stesse graffiando, lacerando, bruciando, sbranando dall’interno.

 

Si morse con tutta la forza il labbro inferiore, conficcando i canini appuntiti nella carne.

 

Un rivolo di sangue scese lungo il collo, sulle vene pulsanti. Con rabbia si tolse l'haori, restando a petto nudo. I muscoli erano scossi,le vene in rilievo, la pelle grondava sudore.

 

Un diavolo che lo sbranava da dentro, eh?

 

Riuscì a ghignare, non seppe nemmeno lui come.

 

Era così davvero.

 

Quel maledetto di Naraku si era preso proprio tutto.

 

La vita di Kikyo, e la sua sanità mentale.

 

Quando la compagna era morta, per mano di quel dannato, una maledizione si era scagliata su di lui, lanciata da quell'ignobile essere.

 

Aveva fatto sì che la parte demoniaca di Inuyasha, che fino ad allora non aveva dato problemi se non in rare occasioni, facesse in modo di uscire e di prendere il sopravvento costantemente, in una battaglia così serrata che c'era mancato poco perdesse il lume della ragione.

 

Fortuna volle che quella strega, ma per lui poteva essere definita tranquillamente Santa visti gli sviluppi successivi alla sua conoscenza, conoscesse la formula di una pozione capace di tenere a bada il demone che viveva nel suo corpo.

 

Da allora la assumeva regolarmente, ed era riuscito a non dover più patire le pene dell'Infermo per controllarsi.

 

Ma adesso era terminata e il dolore lo stava uccidendo.

 

Le orecchie fischiavano, la testa vorticava, il battito era accelerato al massimo, riusciva a malapena a respirare.

 

Era stordito, paralizzato, ma doveva comunque rimanere cosciente per non impazzire.

 

 

-Dio mio, Inuyasha! Che vi succede?-

 

La voce di quell'odioso essere arrivò dritta alle sue orecchie, mentre una mano si andava a posare sulla sua spalla bollente.

 

Un ringhio gli uscì dalla bocca.

 

Ci mancava solo lei, il sangue di quel maledetto che lo aveva ridotto così.

 

-Vattene..- ringhiò ancora, la gola che si stringeva fino a togliergli quasi del tutto il respiro.

 

-No! Avete bisogno di aiuto!-

 

Alzò il viso di scatto, una rabbia incontenibile che premeva per uscire.

 

La ragazzina lo osservava con apprensione, i capelli spettinati ed una veste leggera a coprirle a malapena il corpo.

 

Digrignò i denti.

 

Non sapeva se essere più furioso con lei per il fatto che si preoccupasse per lui, oppure con sé stesso per trovarla dannatamente bella.

 

La afferrò di scatto per il polso, gli artigli che si erano allungati così tanto da ferirle la pelle delicata.

 

La fissò con gli occhi che sicuramente erano iniettati di sangue, il respiro affannoso e la testa che sentiva come premuta in una morsa impietosa.

 

-Ho detto vattene. È soltanto colpa di tuo padre se sono ridotto così. Vattene, a meno che tu non voglia farti male- disse con voce gutturale, lasciando violentemente la presa.

 

Si prese nuovamente la testa fra le mani, certo che sarebbe fuggita subito.

 

Nessuno riusciva a non provare terrore puro nel vederlo in quelle condizioni, nemmeno i suoi soldati, che pure erano da definirsi incoscienti, da quanto erano coraggiosi.

 

E come poteva biasimarli? Si trasfigurava, letteralmente.

 

Improvvisamente, un inaspettato profumo di fiori di ciliegio gli arrivò dritto alle narici.

 

-Adesso ascoltami, Inuyasha. Fai quello che ti dico-

 

La voce di Kagome riuscì a perforare l'ovatta che avvolgeva il suo udito, arrivandogli dolce e decisa allo stesso tempo.

 

Sentì le mani della ragazza posarsi sulle sue e spostarle gentilmente ma con fermezza. Lentamente, le sentì spostarsi sulla nuca per poi spingerla dolcemente fino a fargli posare la testa all'altezza delle ginocchia.

 

La sentì sistemarsi accanto a lui, i lunghi capelli che gli solleticavano lo sterno.

 

-Adesso, concentrati. Conta i respiri che fai, e tienili a mente-

 

Non seppe perché, ma seguì quello che la ragazza diceva con quella voce calma e leggera.

 

Fece quello che diceva di fare, concentrandosi sul respiro ed inalando il profumo di primavera che si sprigionava da quel corpo.

 

Rimase sbalordito quando i battiti rallentarono, avvicinandosi ad un ritmo normale.

 

La lasciò fare anche quando, dopo un tempo che non seppe quantificare bene, lo aiutò a distendersi sul futon.

 

La lasciò fare quando gli unì le gambe, e la lasciò fare anche quando gli prese le mani e gliele posizionò sul ventre, un paio di dita appena sopra l’ombelico.

 

Supino, con lei china su di lui, poteva ammirare chiaramente la curva dei seni, i capelli che le scendevano scomposti sulle spalle, le gambe perfette lasciate scoperte da quella veste che era salita su.

 

La guardò mentre gli sorrideva, gli occhi grandi illuminati dalle candele.

 

-Adesso, con il respiro, voglio che tu spinga le mie mani in alto. Cerca di concentrare tutta l’aria che hai nei polmoni all’altezza dello stomaco; il tuo obiettivo è spingere in alto le mie mani. Concentrati-

 

E lui lo fece.

 

Si concentrò su quelle mani setose ed incredibilmente calde sulle sue, si lasciò guidare da quegli occhi che lo osservavano attenti e sicuri.

 

E pian piano che il respiro si stabilizzava, tutto scemava: la testa di pulsare, il cuore di essere un cavallo impazzito, il corpo di bruciare e il demone che aveva dentro si calmava e regrediva.

 

Chiuse gli occhi per un momento.

 

Si sentiva strano.

 

Era stanco, stremato, ma al tempo stesso era pervaso da una strana sensazione di benessere, adesso che il suo Io oscuro era stato domato.

 

Ed era tutto così… diverso. Lo aveva fatto sembrare così semplice, pensò sempre più sbalordito.

 

Quella voce calma e sicura, quelle mosse decise eppure così delicate…

 

Non Tessaiga, non una pozione stregata.

 

Soltanto la voce di lei che lo guidava.

 

Non fece in tempo a restare sconvolto da quella presa di coscienza che le mani della ragazza lasciarono le sue.

 

Aprì gli occhi di scatto, appena in tempo per vederla mentre si avvolgeva in una mantella.

 

Lei si girò subito verso di lui, sorridente. La luce soffusa che era  nella stanza fece brillare la pelle della ragazza, con dei giochi di luce e ombra che mettevano in risalto gli zigomi, le mani affusolate e le gambe tornite.

 

-Adesso come stai?- la sentì chiedere, lasciando cadere le inutili formalità che avevano contraddistinto il loro modo di interagire fino ad allora.

 

Si tirò su a sedere –Meglio- borbottò –Come mai sei entrata qui, nel ben mezzo della notte?-

 

Lei, per nulla intimorita dal tono brusco che aveva usato, sorrise.

 

-Ero uscita per prendere dell’acqua, e ho sentito dei lamenti… e la tenda era socchiusa, ed ho visto la tua ombra mezza contorta, e  quindi ho pensato che.. beh, che avessi bisogno di qualcosa, ecco- spiegò, calcando sulle congiunzioni in modo piuttosto buffo.

 

-Sei un medico nato, non c’è che dire-

 

Lei alzò le spalle – È  una vocazione, effettivamente. Vorresti… ecco, vorresti spiegarmi cosa ti è successo? È a causa di… uhm… mio padre se… ehm.. ti capita questo, ecco…-

 

Lui, in risposta a quella timida domanda, assottigliò gli occhi.

 

Poteva riversarle addosso tutto il veleno che aveva in corpo, solo perché era la figlia dell’uomo che glielo aveva iniettato?

 

No.

 

Kagome intercettò quello sguardo e capendolo al volo sospirò –Ho capito. Non vuoi parlarne. Però..Se un giorno volessi farlo, ecco… io potrei.. sì, insomma…-

 

Balbettava imbarazzata, ed era arrossita.

 

Involontariamente, lui sorrise. –Torna a dormire adesso-

 

Lei annuì, avviandosi verso l’uscita.

 

-Kagome- bisbigliò, bloccandola sul posto.

 

-Sì?-

 

-Grazie-

 

La osservò girarsi lentamente, con le labbra che si curvavano in un sorriso felice e gli occhi che brillavano di luce propria.

 

Solo in quel momento lui prese coscienza del fatto che la stanza  fosse impregnata del suo odore.

 

-Dovere, Capitano-

 

Sparì dietro la tenda.

 

Quel sentore di primavera rimase ovunque, anche parecchio tempo dopo che se ne fu andata.

 

E non poté fare a meno di sentirsi inspiegabilmente sollevato.

 

 

 

Il rumore del portone che si apriva lo distrasse dai suoi pensieri.

 

Alla sua destra, la superficie del lago brillava alla luce della luna.

 

Davanti a sé, l’enorme cortile interno della sua dimora era estremamente accogliente, illuminato dalle torce fatte sistemare sicuramente da Sesshomaru che doveva aver fiutato il suo arrivo quando era ancora a qualche chilometro di distanza.

 

Lasciò immediatamente le redini del cavallo che consegnò al primo soldato che gli capitò a tiro.

 

Velocemente sorpassò tutti e si fece strada fino all’ingresso, dove ad attenderlo c’era il fratello maggiore, Sesshomaru, in compagnia del servo Myoga.

 

-Bentornato, fratello-

 

La voce impassibile del demone dalla lunga coda bianca non tradiva nessuna emozione, ma Inuyasha sapeva che in fondo era sollevato di vederlo.

 

Si somigliavano molto, ma al contempo erano molto diversi.

 

Sesshomaru era un demone tutto d’un pezzo, serio, padrone della situazione.

Ottimo stratega militare, non lasciava mai che le emozioni prendessero il sopravvento ed aveva sempre e costantemente tutto sotto controllo.

Mentre Inuyasha… sarà stato per il sangue umano che gli scorreva nelle vene, ma non riusciva ad essere completamente distaccato, almeno non del tutto.

 

E questo, a volte, poteva essere un ostacolo.

 

-Sesshomaru. Le cose sono andate bene in mia assenza?-

 

L’altro annuì –Certamente. Nutrivi qualche dubbio?-

 

Inuyasha rise.

 

-Piuttosto…- continuò il demone – Lei dov’è?-

 

Inuyasha si scostò appena, accennando ad un punto al centro del cortile.

 

Eccola la, in mezzo agli uomini che si davano dando da fare per sistemare cavalli ed oggetti.

 

Aveva la testa su per aria, ed osservava attentamente l’ambiente.

 

Mentre se ne stava col naso all’insù, non vide Koga dietro di lei, finendogli addosso.

 

Il demone lupo la prese al volo, stringendola più del dovuto.

 

Lei si girò e rise, mettendo insieme qualche parola di scuse.

 

Scuse inutili, osservo Inuyasha, visto che il lupo non pareva troppo scocciato da quel piccolo incidente.

 

Le mani strette intorno alla vita della ragazza e lo sguardo di apprezzamento che aveva erano infatti  indice di ben altri pensieri.

 

Inuyasha sentì nascere un inspiegabile moto di stizza, nel vedere le zampe del suo commilitone addosso a Kagome.

 

-Koga!- urlò, facendo voltare entrambi Và a sistemare i cavalli! Subito!-

 

Koga borbotto qualche parola e salutò la giovane, correndo fuori.

 

Lei invece si sistemò la mantella ed accennò un sorriso, muovendo qualche passo verso di lui.

 

-E così, è lei… che stranezza- sentì dire al fratello.

 

Inuyasha si voltò e lo squadrò con aria interrogativa –Che vuoi dire?-

 

-Voglio dire che non ha nessuna traccia dell’odore di Naraku addosso. Non gli somiglia nemmeno un po’, a dirsela tutta-

 

-Beh, questo non ha molta importanza, visto che…-

 

-E così questa sarebbe la tua dimora, giusto? Devo farti i miei complimenti! Ho visto moltissimi alberi di ciliegio, in primavera deve essere una meraviglia!- esclamò entusiasta la giovane.

 

Sesshomaru inarcò un sopracciglio, nel sentire Kagome rivolgersi al fratello con tutta quella confidenza.

 

Inuyasha intercettò la perplessità del demone maggiore.

 

Dalla notte precedente, era stato naturale passare ad un linguaggio informale. E la cosa, strano a dirsi, non lo infastidiva nemmeno un po’.

 

-Kagome, lui è mio fratello Sesshomaru. Lei invece è..-

 

-Kagome, Signore- lo interruppe lei, inchinandosi ossequiosamente –Lieta di conoscervi-

 

Inuyasha osservò il fratello con la coda dell’occhio.

 

Era impassibile come al solito, ma quegli occhi indecifrabili stavano scrutando quella giovane donna vestita di abiti occidentali molto attentamente.

 

-Benvenuta, Kagome. Portate sempre abiti come questi? Correte un pericolo piuttosto importante. C’è un’aria molto tesa, ultimamente- rispose Sesshomaru, riferendosi alla politica interna  del Paese tutt’altro che inclusiva.

 

Kagome si alzò e si strinse in quella specie di mantello che era solita portare.

 

-Lo so, Signore. Ma il mio modo di essere è stato formato in Occidente, quindi non posso rinunciare alla mia identità. Comunque, fintanto che sarò in mezzo a questi guerrieri, non correrò alcun pericolo- concluse con un sorriso.

 

-Ka-chan! Vieni, Miroku ci mostrerà la nostra sistemazione!-

 

Kagome si girò nella direzione dell’amica Sango –Beh, direi che per me è ora di andare. A dopo. È stato un piacere fare la Vostra conoscenza Sesshomaru-

 

I due fratelli la osservarono raggiungere Miroku e Sango, per poi sparire dalla loro vista.

 

-Beh- esordì Sesshomaru dopo qualche istante di silenzio –La cosa si prospetta interessante-

 

Inuyyasha lo guardò con un sopracciglio alzato –Cosa vorresti dire con questo?-

 

Il fratello maggiore rimase impassibile e sistemò con cura Tenseinga, la spada ereditata dal padre, al fianco.

 

-Niente, fratello. Solo una sensazione-

 

 

                                                                       §*§*§*§*§*§*§*

 

 

 

-Santo cielo! Ma questa è una reggia!-

 

Kagome sorrise davanti all’entusiasmo di Sango.

Effettivamente, quello era uno dei luoghi più belli che avesse mai visto.

Il lago, la foresta, il giardino che aveva intravisto da dentro mentre percorreva il corridoio per arrivare alla camera.

 

Il profumo del tatami era inconfondibile, e la stanza era piacevolmente tiepida.

Il futon era fresco e profumato, e alle pareti erano appesi acquarelli di pregio raffiguranti vedute del luogo e animali selvatici.

 

Kagome aprì gli shoji: il giardino era una distesa meravigliosa di alberi, pietre disposte armoniosamente, e di piante che nella bella stagione dovevano essere un balsamo per gli occhi.

 

Sorrise.

 

Come diceva Padre Riccardo, la bellezza stupefacente della  natura era un dono che Dio aveva fatto al mondo per sollevarlo dagli affanni.

 

La luna illuminava l’ambiente, donandogli un’aria eterea sì, ma anche spettrale.

 

Poi, ad un tratto, il canto flebile di una donna attirò l’attenzione della ragazza.

 

Kagome allungò il collo, cercando di capire da dove venisse quel suono.

 

Era una canzone così malinconica…

 

-Kagome!-.

 

La voce squillante di Sango la fece sobbalzare.

 

La ragazza dal kimono rosa la fissava con le mani posate sui fianchi –è un po’ che ti chiamo! Si può sapere dove hai la testa?-

 

Kagome boccheggiò –Ah, no.. scusami.. è che sono un po’ stanca-

 

L’altra scosse la testa –Sempre la solita. Andiamo a cena, ci aspettano. E dopo potremo finalmente riposare come si deve, i Kami siano lodati. Sai.. – chiacchierava Sango mentre si incamminavano per i corridoi –Ha detto Miroku che resteremo qui tre giorni al massimo, giusto il tempo perché Inuyasha sistemi un paio di cose… e poi, finalmente, in capo ad una decina di giorni arriveremo alla sfera! Pare che si trovi nascosta, o meglio custodita adeguatamente, nel punto più estremo delle regioni del nord-

 

Kagome annuì, mentre una serva, la stessa che le aveva sistemato la camera al loro arrivo, si adoperava per aprire gli shoji che conducevano alla sala apparecchiata per la cena.

 

-Prego, da questa parte- le guidò la ragazza, che non aveva smesso un attimo di guardarla da sotto la frangia.

 

Vennero fatte accomodare in disparte, lontano da tutti.

 

Mentre afferrava una ciotola di riso, Kagome potè osservare Inuyasha e suo fratello seduti in lontananza, accanto a Miroku e a diversi demoni che non aveva mai visto.

 

Mentre mangiava, Kagome notò che per quanto nessuno avesse interrotto il chiacchiericcio che regnava all’interno del salone, tutti non si erano persi nemmeno un suo movimento.

 

Si accorgeva chiaramente che tutti quei demoni la stavano osservando convinti di non essere visti, e la cosa la stava iniziando ad irritare parecchio.

 

Parevano tutti vagamente in subbuglio, alcuni parlavano sottovoce in maniera concitata, elettrizzata quasi.

 

Deglutì. La cena che fino a qualche minuto prima le era parsa invitante non le andava più.

 

Sospirando, si alzò.

 

Sango la guardò con aria interrogativa –Ka-chan? Ma dove vai?-

 

La ragazza scosse la testa –Non ho più molta fame. Sono… davvero stanca. Tu continua pure con comodo, io andrò a farmi un bagno e poi mi metterò a letto-

 

Sango si accigliò e fece per alzarsi –Vengo con te-

 

-Oh no! Figurati! Stai pure quanto vuoi, non ti preoccupare. Credo di essere più al sicuro in questo castello che in altri posti- concluse ridendo nervosamente.

 

Lo aveva detto, ma non lo pensava davvero.

 

Sango annuì, poco convinta. –Come vuoi, Ka-chan. Ma non tarderò troppo neanch’io-

 

Kagome salutò l’amica e seguì la serva che le era stata assegnata.

 

La studiò. Era una ragazza abbastanza giovane, anche se le mani erano consumate dal duro lavoro, e le gambe erano storte e magre come quelle di una donna più adulta.

Le spalle erano leggermente ricurve, e i capelli scuri erano striati qua e la da qualche capello bianco come la neve.

 

Kagome si schiarì la voce –Uhm… vorrei sapere dove posso trovare le terme. Vorrei farmi un bagno, se è possibile-

 

La ragazza annuì lievemente –Certamente, signora. Avevo già preparato l’occorrente per voi e per la vostra dama di compagnia-

 

-Oh, Sango non è una dama di compagnia. È un’amica sai… ehm…com’è che ti chiami?-

 

-Io sono Ayumi. Al vostro servizio- rispose quella, mentre si arrestava davanti davanti ad una porta in legno oltre la quale spuntavano dei bamboo verdissimi.

 

Kagome sorrise, mentre afferrava il necessario per il bagno che le veniva consegnato –Ti ringrazio Ayumi-

 

-Dovere, signora- rispose Ayumi, tenendo la testa bassa mentre si spostava per farla entrare.

 

Kagome era estasiata. Quelle onsen erano paradisiache.

 

 –Potrete tornare alle vostre stanze percorrendo il corridoio che trovate qui alla vostra destra- sentì dire ad Ayumi

 

-Grazie mille. Ah… dimenticavo… sapresti dirmi come raggiungere il giardino che si vede dalla mia stanza? È meraviglioso!-

 

-Non dovete fare altro che camminare lungo quel muro. Troverete la porta di accesso dopo pochi passi-

 

-Grazie-

 

-Dovere. Adesso mi ritiro per lasciarvi la vostra intimità. Se doveste avere bisogno di me, basterà chiamarmi. Resterò nei paraggi-

 

Kagome scosse la mano –Lascia perdere Ayumi, io me la caverò benissimo da sola. Piuttosto, torna da Sango. Lei avrà bisogno di te per trovare le terme-

 

-Come volete, signora-

 

Kagome aspettò che la serva se ne fosse andata per spogliarsi ed immergersi in quelle acque invitanti. Il calore che la avvolse era corroborante ed estremamente distensivo per il suo corpo stanco.

 

Mentre si strusciava con l’asciugamano, gli occhi le caddero sulla cicatrice, ancora rossa, sulla coscia.

 

Alzò un sopracciglio. Le era andata decisa,mente bene, poteva rimetterci l’uso della gamba.

 

Oltre i bamboo che contornavano l’ambiente, una montagna si stagliava imponente. La vetta era illuminata dalla luce della luna, rendendola magnifica.

 

Kagome sospirò. Osservò con attenzione quella palla perlacea  che sempre l’aveva affascinata.

 

Ricordò la storia del tagliatore di bamboo.

 

Quante volte, da piccola ma anche da adulta,  aveva sognato di venire da un altro mondo, da un altro universo. Un mondo dove magari Naraku non era suo padre, dove c’erano genitori amorevoli ad attenderla, e magari una vita più tranquilla.

 

La ragazza storse la bocca.

 

Inutile girarci intorno. Suo padre era un poco di buono, un individuo che non possedeva un briciolo di moralità e di giustizia. Non aveva nessuna delle qualità proprie di un Samurai. Non era un signore giusto e giudizioso, e a quello che dicevano doveva aver fatto qualcosa di terribile ad Inuyasha.

 

Pensando al “Capitano”, rabbrividì. Ma non era assolutamente un brivido di paura.

 

Scivolò giù nell’acqua finchè non le arrivò sotto al naso.

 

Ripensò alla notte precedente.

 

Si era spaventata a morte, quando lo aveva visto in quelle condizioni. Era sofferente, e per un attimo le era parso come uno dei dannati che popolavano i dipinti dei vari Giudizi Universali.

 

Sembrava dilaniato da dentro, e lei non aveva potuto fare a meno di aiutarlo, anche se lui non voleva.

 

Sospirò.

 

Inuyasha le piaceva, davvero. Sentiva che sotto quell’apparente cattiveria, sotto quella maschera di insensibilità c’era un individuo diverso.

 

Lo stomaco le fece una capriola, e si sentì arrossire.

 

Le erano tremate le mani, quando aveva sfiorato quella pelle ambrata e bollente.

 

Aveva osservato molto bene quel corpo, purtroppo con poco amor di scienza.

 

Aveva registrato ogni muscolo ben definito, ogni vena in rilievo. Aveva apprezzato il modo in cui le gocce di sudore scivolavano con grazia sui pettorali ben delineati, sugli addominali scolpiti da anni di allenamento.

 

Arrossì ancora di più. Se Padre Augusto e Padre Riccardo avessero anche solo lontanamente immaginato i pensieri che aveva fatto, l’avrebbero rimproverata.

 

Non si addiceva certo ad una ragazza come lei, fare certi pensieri così.. poco casti.

 

-Aaah… Kagome, che razza di pensieri- disse a voce alta mentre si alzava ed usciva dalla vasca.

 

Si asciugò e si infilò il kimono che le aveva preparato Ayumi. Era molto bello, con quel blu notte e quei ricami rosati a formare degli alberi di ciliegio.

 

“Ottima scelta” pensò.

 

Improvvisamente, il canto che aveva sentito qualche ora prima, si fece sentire ancora.

 

La ragazza alzò la testa. Era piuttosto vicino.

 

Cercò di vedere qualcosa oltre il vapore poi, ricordando la strada per arrivare al giardino, decise di trovare la misteriosa proprietaria di quella voce.

 

Era un canto molto malinconico, osservò mentre percorreva il sentiero di pietra che solcava quel giardino meraviglioso.

 

Uno stagno splendido faceva mostra di sé, contornato dai rami spogli di un albero di ciliegio che doveva essere uno spettacolo per gli occhi durante la fioritura.

 

Il canto continuava, ed era sempre più vicino.

 

Kagome si fermò subito, non appena vide una figura di donna seduta su un sedile di pietra in prossimità di una statua raffigurante una volpe.

 

Il canto cessò subito, e la figura femminile si alzò.

 

Kagome trattenne il fiato. La donna che aveva davanti era di una bellezza eccezionale.

 

Lunghissimi e liscissimi capelli neri come la notte accarezzavano un corpo minuto ricoperto da un kimono nero decorato di disegni rossi e dorati. Le mani erano finissime, affusolate, adeguatamente composte sull’obi rosso.

 

Il viso era di una bellezza unica. Una bocca che pareva un bocciolo di rosa, il naso piccolo e gli occhi allungati, meravigliosamente neri e a mandorla contornati da lunghe ciglia scure.

 

Sembrava una Dea.

 

-Alla rugiada scesa, sui fiori di miscanthus quando si annuncia l’autunno assomiglio, io che devo svanire- recitò con voce flautata.

 

Kagome deglutì.

 

La donna sorrise lievemente, ed iniziò a muovere qualche passo verso di lei

 

-La canzone della fanciulla di Nagara è bella e triste allo stesso tempo, non trovi? Eppure è quanto accade a noi esseri umani. L’inverno non risparmia nessuno, e la vita è breve e splendida come un fiore di ciliegio-

 

La donna si fermò a pochi passi da lei.

 

Kagome si sentiva maleducata, a non formulare una parola, ma quella era davvero una situazione irreale, trascendentale quasi.

 

 

Si sentiva come prigioniera di un sogno, soltanto l’aria fredda sulle guance le ricordava che quella era la realtà.

 

-La vita corre, è vero. Sta agli uomini diventare immortali tramite le loro gesta- le uscì detto.

 

Magnifico, pensò.

 

Replicare ad una poesia con un frase da guerrieri, ottimo.

 

La donna non sembrò offesa.

 

-Non tutti gli uomini sono nati per essere immortali. Cosa fai qui, nel ben mezzo della notte, con questo freddo?-

 

-Perdonatemi se vi ho disturbata signora. Stavo facendo due passi prima di andare a dormire, ed ho sentito quella canzone così triste che…-

 

Kagome si interruppe. Ennesima figuraccia.

 

La donna sorrise.

 

-Capisco. Qual è il tuo nome, ragazza?-

 

-Io sono Kagome, signora. Piacere di fare la vostra conoscenza- rispose inchinandosi.

 

Le labbra della donna si piegarono per un brevissimo istante in un sorriso.

 

-Piacere mio, Kagome. E non sai quanto…- bisbigliò.

 

La ragazza alzò gli occhi blu su quella donna così perfetta da farle quasi paura.

 

Cosa diavolo intendeva dire?

 

-Io, invece, sono Kikyo. Sono la Signora di questo castello. La compagna di Inuyasha-

 

Kagome era sempre inchinata.

 

E grazie a Dio.

 

Al sentire quale fosse il ruolo che ricopriva quella donna, sussultò neppure troppo lievemente.

 

Una sgradevole sensazione si irradiò dal centro dello stomaco a tutto il corpo, elettrizzandola e seccandole la gola.

 

-Piacere di fare la vostra conoscenza, Signora- riuscì a dire in qualche modo.

Anche se a dirsela tutta non era affatto un "piacere".

 

-Hai un accento terribile. Non sta bene per una donna del tuo rango-

 

Kagome si rialzò lentamente, strinse gli occhi ed alzò il mento –Mi spiace Signora, ma ho vissuto anni in Occidente. Oramai questo accento fa parte di me e non intendo perderlo-

 

Kikyo sogghignò. In un altro momento, avrebbe apprezzato quell’impudenza.
 

-Non è affar mio, ovviamente. Ma in Giappone abbiamo regole molto rigide, e non apprezziamo troppo i cambiamenti. Ho sentito dire di occidentali che arrivano sulle nostre coste con lunghe vesti nere e parole di uguaglianza, speranza e pace. Ma non sono i benvenuti qui. Vengono giustiziati senza pietà-

 

Lo stomaco di Kagome si piegò non appena sentì quelle parole. Il suo pensiero andò inevitabilmente a Padre Augusto e Padre Riccardo.

 

-È profondamente ingiusto quello che succede- replicò

 

Kikyo sospirò e tornò a sedersi, i lunghi capelli mossi dalla leggera brezza.

 

-Può darsi. Ma non si può scegliere sempre la cosa giusta-

 

Non seppe perché, ma Kagome ebbe la sensazione che quelle parole volessero dire molte cose.

 

-Adesso Signora, col rischio di sembrare scortese, andrei a dormire. È stata una giornata lunga-

 

Kikyo la guardò –Passa una buona nottata, Kagome-

 

La ragazza si inchinò un’ultima volta per poi andarsene di buona lena.

 

Quella donna era tanto bella quanto… insopportabile.

E poi.. le aveva chiesto quale fosse il suo nome, come se non la conoscesse, per poi sottolineare che non era "degno per una donna del suo rango" avere un accento straniero.

A che gioco stava giocando?

 

Percorse velocemente il corridoio che conduceva alla sua stanza, trovandovi una Sango decisamente preoccupata.

 

-Si può sapere dove eri finita? Ti ho cercato per un sacco di tempo! Ho fatto il bagno e tu non c’eri, pensavo fossi rientrata e invece sei rientrata solo adesso, a notte inoltrata! Ma dove sei stata?-

 

Kagome scostò le coperte del  futon, sciolse i capelli ed iniziò a spazzolarli.

 

-Scusami Sango. Ero andata in giardino, e li.. beh, li ho incontrato la “Signora del Castello” come si è pomposamente presentata-

 

Sango inarcò il sopracciglio –e chi sarebbe? Non c’era nessuna signora a cena-

 

Kagome alzò le spalle –lei si è presentata così. Kikyo, si chiama. Non ho dubbi che sia vero, aveva un kimono dall’aria pregiatissima. Ha detto che è la compagna di Inuyasha- terminò a denti stretti.

 

Sango sgranò gli occhi, sedendosi accanto all’amica –Veramente? Quel diavolaccio ha una compagna? C’è davvero speranza per tutti!-

 

Kagome ridacchiò –A quanto pare…-

 

-Non ne sembri molto felice, comunque. Domani chiederò delucidazioni al monaco deviato. Ne voglio sapere di più-

 

-Piuttosto- cambiò discorso Kagome –Come va con lui?-

 

Sango gonfiò il petto –Quel dannato maniaco. Mi piacerebbe proprio sapere come ha fatto a conseguire il titolo di venerabile monaco. Con la scusa di aiutarmi ad alzarmi, mi ha toccato il sedere. È la quinta volta oggi. Più che gonfiargli il viso a suon di schiaffi, non so che fare-

 

Kagome rise, mentre si tirava le coperte fin sopra al naso.

 

-Gli piaci parecchio- commentò.

 

-Bah- liquidò il discorso Sango, infilandosi nel futon –Se quel dannato non chiarisce le sue intenzioni, te lo dico io come finisce: con la testa fracassata, giù da una rupe-

 

Kagome scoppiò a ridere per l’aria solenne con cui l’amica aveva pronunciato quell’intento.

 

Sango, con un sorriso che le aleggiava sulle labbra, spense l’ultima lanterna.

 

Kagome si rigirò, osservando le ombre che gli alberi scossi dal vento proiettavano sulla parete.

 

Aveva la sensazione che qualcosa di portentoso sarebbe successo di li a poco.

 

 

                                                                       §*§*§*§*§*§*§*§*§

 

 

Le braccia esili di Kikyo si avvolsero intorno al suo collo.

 

Lasciò che le labbra coprissero le sue, mentre lui infilava le mani in quei capelli perfetti.

 

-Mi sei mancato così tanto-sussurrò lei dopo un po’.

 

-Anche tu, anche tu…- rispose lui, fissando gli occhi dorati in quelli color cioccolato di lei.

 

La aiutò a sedersi sul sedile di pietra, accanto alla statua della volpe. Era sempre stato il loro luogo preferito. Da li si aveva una vista meravigliosa del lago.

 

-Sai- disse Kikyo, la testa appoggiata sul suo torace –L’ho conosciuta. Kagome, intendo-

 

Inuyasha si scostò –E quando?-

 

-Prima. Passeggiava per il giardino, e l’ho incontrata. È davvero strana, con quegli occhi acquosi e il naso appuntito. E quell’accento poi.. terribile-

 

-E’ piuttosto… inusuale-

 

Kikyo storse il naso –Per non parlare della sua sfacciataggine. Kami… impertinente come pochi.-

 

Inuyasha si fece scappare un breve sorriso –Un’altra delle sue caratteristiche-.

 

Kikyo alzò la testa, disorientata dal tono divertito che per un attimo aveva assunto la voce del suo uomo.

 

-Ma a noi non interessano le sue qualità. Quello che conta è il sangue che le scorre nel corpo-

 

Inuyasha si zittì, fissando gli occhi sulla superficie del lago.

 

Aveva addosso una strana sensazione, non la sapeva descrivere… era come… come se Kagome…

 

Una mano aggraziata si posò sul suo collo, scostandogli l’haori.

 

Le labbra di Kikyo si andarono a posare una scia di baci lungo la clavicola.

 

Inuyasha non potè fare a meno di paragonare il calore della pelle di Kagome al freddo che invece sprigionava quella di Kikyo.

 

-Mi sei mancato così tanto- la sentì bisbigliare, mentre l’obi rosso cadeva a terra seguito dal kimono.

 

-Anche tu, Kikyo-.

 

La afferrò per la vita sottile, lasciandola sedersi a cavalcioni sulle sue gambe.

 

Dopo essersi liberato degli ultimi indumenti per sdraiarsi accanto alla sua donna, l’occhio gli cadde sul ciliegio spoglio che sovrastava lo stagno delle carpe.

 

Kikyo lo accarezzava in modo sempre più spinto, e lui ricambiava.

 

La brezza si era trasformata in vento.

 

I rami del ciliegio vennero scossi dal vento, cozzando tra loro e producendo un suono estremamente musicale.

 

Mentre Kikyo saliva su di lui, Inuyasha non poté fare a meno di pensare se i mille fiori di cui si ricopriva quel ciliegio in primavera avessero lo stesso profumo della ragazza che stava dormendo sotto il suo tetto.

 

 

Qui è passato più di un anno abbondante, ed io mi ripresento in un pomeriggio afoso con questo capitolo ^^. d
Della serie "chi non muore si rivede"
Spero che la lunghezza possa ripagare almeno un pochino per l'attesa imperdonabile (c'è ancora qualcuno che la segue?!?!).
Non posso promettere, purtroppo, aggiornamenti costanti. La vita quotidiana è intensa, ricca (anche se sarebbe meglio dire strabordante) di cose da fare tra lavoro, studio, lavoro2 e hobby personali, quindi...
Però il mio mostriciattolo così come è stato iniziato verrà finito, state tranquilli.
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo piuttosto ricco di avvenimenti e informazioni sparse qua e la. La canzone che canta Kikyo è un richiamo alla splendida opera di Natsume Sooseki "Guanciale d'erba". Se siete appassionati di letteratura giapponese, non potete assolutamente non leggerlo! meraviglioso è dire poco.

Sperando di non far passare più di un anno per il prossimo aggiornamento, auguro a tutti una buona estate :)

See you!! 
Vostra affezionatissimissima 
Fast :-*


 

 

 

 

  
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