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Autore: Sharon_SassyVampire    24/07/2017    1 recensioni
Priest!Gerard
UniversityStudent!Frank
«Teneva entrambe le mani del ragazzo nelle sue, accarezzandole delicatamente e con fare premuroso.
Frank guardò il dipinto sopra di loro, e credette di vedere una dolce compassione anche nello sguardo delle Vergine.
Una parte di lui sperava che Lei stesse cercando di dirgli, tramite quei Suoi misericordiosi occhi pennellati, che non c’era nulla di sbagliato nel suo amore.
Gerard, invece, ammirava ancora le sue mani e giocava con le dita intorno ad esse, e tutto quel doloroso peso, che si era trascinato fin lì, sembrava sciogliersi ad ogni carezza.
Frank aveva da sempre notato, talvolta con una certa punta di gelosia, quanto al sacerdote piacesse avere le mani altrui tra le sue, stringerle, punzecchiarle, torturarle.
Mikey non riusciva proprio a sopportarlo e si lamentava di quanto, sin da piccoli, sentisse questa necessità di prendergli le mani ogni volta che doveva dirgli qualcosa.
Quello che invece non sapeva, era quanto il sacerdote amasse custodire le sue, quanto ci indugiasse, quanto avesse il bisogno di insistere su ogni singolo solco e per ogni avvallamento delle dita, e non per semplice abitudine o fissazione.
Guardò ancora la Vergine dipinta.»
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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5. You don’t know a thing about my sins

 
Gerard si sedette all’estremità opposta della panca in cui si trovava Frank, con il viso talmente oscurato e assorto che quest’ultimo, per un momento, pensò di essere passato completamente inosservato agli occhi del giovane sacerdote.
Frank lo aveva cautamente osservato risalire con discrezione verso la cappellina laterale, e per un qualche motivo si sentì in imbarazzato, sia a causa dall’infelice scena cui aveva appena assistito, sia per i rapporti ultimamente conflittuali con Gerard.
L’altro, tuttavia, si era mostrato piuttosto abile nell’ignorarlo, con una nonchalance che sempre gli era appartenuta e che sempre aveva accompagnato il suo carattere burrascoso, una dote per lui e una maledizione per chi ne veniva eventualmente colpito, grazie alla quale riusciva ad affermare sfacciatamente la propria indifferenza, anche dietro ad un’espressione così sconfitta come quella che aveva dipinta in quel momento.
Eppure Frank sapeva bene, molto bene, che Gerard l’aveva notato, il punzecchio di uno spillo che viene spinto nella carne senza preavviso.
Quella scena gli riportò alla mente un episodio risalente a diversi anni prima, loro due su quella stessa panca, l’uno seduto all’estremità opposta dell’altro, entrambi a disagio e a loro modo colpevoli, con gli sguardi che temevano di incontrarsi e con la Vergine che li osservava dall’alto, malinconica e ammonitrice insieme.
Come se avesse udito il suo pensiero Gerard alzò improvvisamente il capo, volto alla materna figura che li sovrastava.
Cominciò a mordersi le dita intorno alle unghie e ad ingobbirsi, rannicchiandosi lievemente su se stesso.
Gesti che apparivano goffi e al limite del comico a vedersi sul corpo di quello che avrebbe dovuto essere ormai un uomo, un sacerdote per di più, la lunga e scura silhouette che si richiudeva protettivamente in una posizione quasi fetale e le grandi mani affusolate portate alla bocca.
Nervosamente, ora che Frank ci aveva fatto caso.
Un gesto da bambino che per un momento tradì quanto Gerard si sentisse perduto, in ogni significato e interpretazione che questo termine avrebbe potuto assumere nel vocabolario interiore di Frank.
Quando ad un tratto si volse, raddrizzandosi e congiungendo le mani in grembo, Frank distolse l’attenzione e guardò altrove.
Gerard si avvicinò scivolando lentamente verso di lui finché non si trovarono finalmente vicini, i loro gomiti che si sfioravano, e quello che Frank si trovò di fronte quando si voltò di nuovo verso di lui fu prima il volto composto di un parroco, al quale poi si aggiunse, subito dopo, anche quello vero e proprio di Gerard.
-“Quale penitenza devo soffrire affinché tu mi ritenga degno dell’assoluzione, Frank?”
Il sorriso era sghembo e sarcastico, ma allo stesso tempo timido e leggermente triste, come se fosse comunque memore di una sofferenza segreta.
Questa volta fu Frank a percepire la punta acuminata di uno spillo, dritta nel suo stomaco.
-“Portarmi cornetti alla crema pasticcera a colazione per una settimana intera potrebbe essere sufficiente. Anzi no, facciamo due settimane.”
-“Sono piuttosto mattiniero, dovrei svegliarti molto presto per portarteli.”
-“Oh no, ovviamente dovrai aspettare che io sia sveglio e ti chieda di andare a comprarmeli.”
-“Va bene.”
Si lasciò sfuggire una timida risata non appena si accorse del sorriso sulle labbra di Frank, per poi divenire bruscamente serio.
-“Mi dispiace… Devi scusarmi, sono molto nervoso in questi ultimi tempi e mi rendo conto di essermi comportato in modo davvero imperdonabile.”
-“Non ti preoccupare. Lo capisco. Hai molte cose a cui pensare e può capitare di av- “
-“No, Frank. Non può capitare.”
-“Sì che può capitare, sei solo… molto sotto pressione ultimamente… da come credo di poter intuire.”
-“No. Non ad un sacerdote.”
Lo disse con una risolutezza e una fermezza tali che Frank non poté fare altro che restarsene in silenzio, consapevole di non poter trovare una risposta immediata.
Quello che disse poco dopo defluì dalle sue labbra con la stessa forza improvvisa e irrequieta di un fulmine che appaia in cielo quando nessuno si aspetterebbe una tempesta in arrivo.
-“Sei un bravo sacerdote, Gerard. Lo sei davvero. Non so esattamente cosa ti stia mettendo così a dura prova di questi tempi e posso capire che sono questioni che non dovrei sapere, per quanto vorrei essere nelle condizioni di aiutarti, ma sono convinto che non ci sia nulla di male se ogni tanto ti lasci un po’ andare con qualcuno che conosci e con cui puoi permettertelo. Solo che… Ad essere sincero, parlando egoisticamente, devo ammettere che mi ferisce in modo particolare questo tuo modo di indirizzare sempre su di me le tue frustrazioni e i tuoi nervosismi, senza poi spiegarmi cosa c’è che non va. Da quando ci conosciamo, spesso mi è capitato di notare quanto io venga da te a confidarmi, a sfogarmi, a raccontarti di ciò che mi accade e dei dubbi che mi assillano, ma tu… Tu con me questo non lo fai mai, o meglio, quasi mai. So che probabilmente il ruolo che ricopri te lo impedisce, e so che non vuoi gravarmi con il peso dei tuoi pensieri, ma non posso impedire a me stesso di sentirmi così impotente e inutile. Ti vedo uscire distrutto dopo aver parlato nel confessionale con Padre Giordano con la consapevolezza che non mi dirai mai cosa è successo, ma anche con la consapevolezza che sarai di pessimo umore e irritabile, e che ciò ricadrà esclusivamente su di me. E sono stanco di essere costantemente in ansia per te senza capirci mai nulla.”
Mano a mano che Frank aveva condotto il suo piccolo monologo il volto di Gerard aveva preso ad incupirsi e ad oscurarsi sempre più, mentre abbassava inconsciamente lo sguardo in preda ad una singolare vergogna, le labbra strette in una linea tremante.
Non parlò subito, ma continuò a far scorrere lo sguardo su per il pavimento.
Schiuse le labbra, e l’altro si accorse di quanto effettivamente tremassero.
Gerard accolse le mani di Frank nelle sue, e il caldo e familiare tocco colse quest’ultimo impreparato.
-“Frankie…”
Nel pronunciare il suo nome rialzò lo sguardo, gli occhi che davano l’impressione di vibrare.
“i miei pensieri, i miei dubbi, le mie paure, non… non sono puri come i tuoi. No. Non ho né il privilegio, né la possibilità, anche se lo volessi, di poter parlare liberamente come te e soprattutto, con te.”
La presa sulle mani dell’altro si fece più forte, benché ormai tremassero anche le sue dita.
Scosse la testa, come a rimproverare se stesso.
Era serio e lontano come raramente Frank lo aveva visto, ma allo stesso tempo lo sentiva così vicino, così sinceramente esposto, che il contrasto lasciava il presagio di un sapore assai amaro.
“chi sono e cosa sono, sia come uomo che come funzionario di Dio, sono la prova di ciò. Frank, tu, insieme alla mia famiglia, per il semplice uomo mortale che è in me, sei la persona a cui tengo di più a questo mondo. Ma lo sai che, per il sacerdote invece, dovresti essere un fedele come tutti gli altri, sai che non potrei permettermi nessuna preferenza, e questo mio dualismo, insieme a molte altre cose, moltissime altre cose, mi aiuta e mi costringe a doverti tenere lontano e all’oscuro di parecchi dei miei problemi. Non ho il candore che ti aspetti… io sono in difetto di… troppe doti che mi vengono attribuite… che tu mi attribuisci. Io non posso rovesciarti addosso le responsabilità di un sacerdote e di conseguenza non posso metterti nelle condizioni di venire a conoscenza di qualsiasi altro dei miei pensieri più dolorosi di uomo.”
Gerard guardò in alto, rifiutando le lacrime, e si voltò per un istante a guardare il dipinto della Madonna.
Il suo stato d’animo già provato e giunto ben oltre il limite della sopportazione era sul punto di frantumarsi del tutto, da un momento all’altro, la tempesta preannunciata inaspettatamente dal fulmine che ora mandava inequivocabilmente le prime gocce contro il suolo.
“non posso parlartene e non voglio che tu sappia, ed è per questo che non saprai mai, né tu, né nessun’altro.”
Rise amaramente, mentre una lacrima solitaria gli cadde a terra, senza nemmeno inumidirgli la pelle, ma gettandosi direttamente al suolo come se si fosse pentita di essersi esposta.
Senza capire cosa stesse accadendo, tanto fu rapido e inspiegabile il cambiamento, Frank vide panico e confusione rincorrersi freneticamente nel viso e nella voce alterata di Gerard, l’autoritratto isterico e surreale che il sacerdote stava scarabocchiando in modo cieco e confusionario.
C’era qualcosa di stralunato ed esasperato nei suoi occhi irrequieti, come se cercassero una rassegnazione necessaria ma non voluta.
“sono un completo fallimento. Tutta la mia vita è stata un fallimento. Non dovrei affatto essere qua. Ti sto parlando della mia dualità ammettendo quanto io sia falso dopotutto. Una dualità che non dovrebbe neppure esistere. Sai, è esattamente questo ciò che mi ha detto Padre Giordano durante la mia confessione, e la cosa più esilarante è che non sono stato nemmeno in grado di confessare tutto. Non ne sono mai stato capace. Me lo ha detto chiaramente e in faccia, per la prima volta, anche se so che lo ha sempre pensato. Non sono adatto ad essere un sacerdote. Me lo ha proprio detto. Non so adeguarmi alla dottrina cattolica, non sono ben allineato con il metodo della Chiesa, e continuo a distinguere me stesso dal mio ruolo di sacerdote, quando questi due lati della mia vita dovrebbero essere un tutt’uno, la mia sola e unica condizione di esistenza e la mia sola e unica personalità. E non solo le tengo distinte, ma sono del tutto incapace di gestirle, sia separatamente che insieme. Se solo sapesse poi quante cose gli ho nascosto, tutte quelle cose che non ho mai avuto il coraggio di raccontare, nemmeno nel segreto del confessionale.”
-“Gerard, ma che dici?”
-“Non guardarmi così, Frank. Questa è la realtà. Non so gestire le mie responsabilità e le mie scelte come sacerdote, non sono capace di essere semplicemente questo, né nient’altro. Non avrei dovuto nemmeno farti tutti questi discorsi, Dio mio, ma cosa ho in testa. Non posso davvero dirti cosa mi tiene sveglio quasi ogni notte, ma conosci piuttosto bene le mie reazioni in quanto ne sei stato la vittima, e te ne chiedo ancora scusa. Non è ammissibile. Tu sei un fedele come tutti gli altri, e io non posso permettermi di trattarti in quel modo, e allo stesso tempo non posso permettermi di ferire senza motivo il mio migliore amico. Ho sbagliato terribilmente su tutti i fronti, e tutto a causa della mia instabilità e del mio carattere, inadatto al sacerdozio. Dio mio, Dio mio, aiutami Tu …”
Frank provò la stessa straziante visione che aveva avuto qualche domenica prima, la visione di un grosso macigno di dolore che si sollevava e che poi si posava sopra la schiena di Gerard.
-“Credo che ora tu sia solo confuso e frastornato. Parli come se io non ti conoscessi affatto, come se non passassi la maggior parte del mio tempo con te, come se non vedessi ogni giorno la splendida persona che sei, e non solo, perché credimi quando ti dico che sei un prete eccezionale. È vero, non rispecchi la classica figura del prete tradizionale, ma questo non significa assolutamente nulla, anzi hai fatto così tanto, hai migliorato questo posto come nessuno aveva mai fatto prima. Padre Giordano ormai è vecchio e a volte fin troppo antiquato, sicuramente oggi si è alzato anche lui con la luna storta. Gerard, io non capisco di cosa tu stia parlando, tu non-“
-“Non devi capirlo. E questa è la prova del perché non posso raccontarti alcune cose che mi riguardano. Non avrei dovuto dirti nulla di tutto ciò e mi sono lasciato andare fin troppo. Non ne ho il diritto, e tu non devi sopportare sulle tue spalle il peso di faccende che nemmeno io riesco a reggere. E come ti ho già detto, non potrei parlartene in ogni caso.”
Quando una coppia di lacrime scese greve e questa volta limpidamente sulle guance di Gerard, Frank, nel turbinio di quelle parole prive di reale significato ai suoi occhi, liberò una delle mani dall’addolorata presa di Gerard e gliela posò sul viso, ripulendolo da una delle lacrime.
-“Ma Gerard, io voglio sapere, io voglio che tu ti confidi con me. Perché anche tu, insieme a pochissimi altri, sei la persona a cui tengo di più nella mia vita, e non ce la faccio a vederti così senza poter fare niente. Tu come uomo, come sacerdote, come qualsiasi cosa tu sia.”
E liberata l’altra mano, accarezzò via anche l’ultima lacrima.
Era tutto così surreale e distorto, simile ad una stanza ordinata che venga messa improvvisamente a soqquadro, che Frank non si preoccupò affatto dell’intimità di quel gesto.
Ogni residuo di infantile ed egoistica rabbia si era perduto tra le mani calde di Gerard da molto tempo.
Reggeva a accarezzava il suo viso smarrito, vedendovi nient’altro che la figura angelica quale egli realmente era, e sperò ardentemente che il suo sguardo riuscisse a raccontare quella dolce visione senza l’ausilio delle parole.
Con gli occhi ancora impregnati ma decisi a non gettare altre lacrime, Gerard scosse il capo.
Afferrò i polsi di Frank con una fermezza e una violenza che stridevano con la sua espressione fragile e angosciosamente disperata, e allontanò dal suo viso le mani del ragazzo.
Senza rendersene conto, Frank provò a fare resistenza, in una silenziosa lotta contro la dura presa del parroco, finché si ritrovò libero e con le mani abbandonate sul legno della panca, mentre Gerard si allontanava, ignaro o solo incurante dell’asprezza del suo gesto, gli occhi indecifrabili.
-“Non fare così. Ti prego. Tu non puoi capire, Frank. Tu non puoi capire.”
 
†‡†
 
Tornando a casa, Gerard non si fermò.
Proseguì senza il bisogno di rifletterci sopra, oltrepassando le estranee e anonime abitazioni della città, la grigia zona periferica e gli ultimi accenni di vita cittadina.
Presto lo abbracciarono le morbide colline della campagna nel suo pieno splendore primaverile, circondandolo finché scomparve anche l’ultima traccia urbana alle sue spalle.
Per qualche ragione si sentì un fuggiasco, e quando questa riflessione si concretizzò razionalmente tra i suoi pensieri storditi lo colse una lieve angoscia di essere raggiunto da qualcosa che voleva fuggire.
Tentando di trovare uno sbocco di libertà per la sua anima tra i suoi più cari paesaggi, venne invece preso da una pesante quanto familiare oppressione, un fardello che non riusciva ad abbandonare.
Continuò a guidare la sua auto ammirando il paesaggio che gli si prospettava davanti, le strade prive di asfalto e le coltivazioni ancora acerbe che guardavano con mortale consapevolezza all’estate.
Il cielo era cupo e nuvoloso, e sembrò stupirsene, come se non se ne fosse accorto prima e si aspettasse di vedere quindi un sole abbagliante.
Eppure di tanto in tanto il sacerdote vi scorse, caldo e imperioso, un raggio trafiggere il tessuto di nubi, come se lo sguardo di Dio volesse avvicinarsi all’infelicità umana con la sua sicura promessa di calore, a ricordare l’amorevole e salvifica presenza della Sua luce tra il cieco vagabondare nelle tenebre.
Gerard pensò a tutto questo, indeciso se sentirsene rassicurato o terrorizzato.
 
‡†‡
 
Frank sedeva insonne accanto alla finestra, un libro in mano e una sensazione di smarrimento nel cuore.
Riprese a leggere, deciso ad impedirsi di pensare a Gerard e alle sue parole.
Impotente e confuso, sperò di potersi addormentare per ritrovarselo almeno nel sonno.
 
†‡†
 
Due settimane dopo
 
Come preso dal torpore di un sogno, Gerard udiva distrattamente il profondo susseguirsi delle note sopra di sé.
L’organo sembrava sospirare ogni suono con una grave solennità che giungeva remota alla sua mente assorta, il fragore di un giudizio che appesantiva le sue preghiere disperate.
La Toccata e Fuga in Re Minore si ripeteva e si rincorreva incessantemente per le mura della Chiesa, e sebbene non potesse vederlo, la parte di lui che era rimasta legata alla realtà sapeva che John ne era l’esecutore.
Tuttavia, non poté fare a meno di sentirsene ammonito e nauseato.
Nauseato dall’impossibilità di sentirsi di nuovo libero.
Mentre si sforzava di immaginare la chioma bionda e lo sguardo concentrato di John, cercando di aggrapparsi più che poteva a quella figura reale, cedette ad un’inquietante istinto irrazionale di andarsene, sentendosi braccato dal Demonio e giudicato da Dio, cosicché fu lui stesso in fuga e ansioso di uscirsene al più presto da quel luogo sacro e, a suo modo, paradossalmente senza pietà.
Col rosario ancora avvinghiato tra le dita uscì all’aria aperta, quasi correndo, oltrepassando sgraziatamente il portone principale, indeciso se credere di esserne fuggito per proprio volere o se piuttosto sentirsene cacciato.
Condannato e maledetto dal proprio tribunale interiore, se ne andò.
In auto, avvolto dalla calda aria di metà maggio, i finestrini abbassati e le maniche della camicia nera arrotolate maldestramente fino al gomito, si diresse accelerando verso il suo solito luogo, con la campagna che si dischiudeva in una materna promessa davanti ai suoi occhi.
Avvertiva la glaciale sensazione del sudore freddo che gli impregnava fronte, collo e schiena contro il calore ingenuo e inconsapevole del sole, ogni giorno sempre più estivo.
Senza che ne fosse realmente consapevole, la melodia di Bach veniva ancora involontariamente eseguita nei suoi pensieri.
Un nastro nero di cui ignorava l’origine era annodato alla base dello specchietto laterale situato alla sua sinistra, un piccolo fiocco con una delle due estremità che si allungava in un’elegante coda, e fu solo in quel momento che si ritrovò consapevole della musica che continuava a danzargli nella mente, accompagnando il nastro accarezzato dal vento.
Non sapeva se fossero le note provenienti dall’organo, fresche e vivide nella sua memoria, a suggerire i passi di danza all’affusolata gamba di tessuto del fiocco, o se fosse invece quest’ultimo a dirigere l’esecuzione della sinfonia, ma Gerard rimase incantato ad osservare quel balletto trascinato dall’aria.
La musica che si faceva rapidamente più concitata, il nastro che ne seguiva prontamente il ritmo, rendendosi sempre più ipnotico, la brezze che lo solleticava con insistenza sempre maggiore, grazie all’auto che accelerava considerevolmente e al sacerdote che non se ne rendeva conto.
Osservava ammaliato la nera coda ballerina del nastro che si contorceva in modo tanto sbarazzino quanto funereo poco più in là del suo finestrino abbassato, e per un istante, in una delle sue celeri contorsioni, sfiorò in modo surreale il gomito di Gerard.
La melodia era divenuta così limpida e forte da dare l’impressione di provenire dall’esterno, come se qualcuno la stesse suonando da qualche parte nella sua macchina.
Non vedeva né il volante, né la strada, né le colline coltivate, non si accorgeva del rossore del tramonto, non sentiva il rombo furente della vettura che saliva in velocità e non avvertiva il vento fischiare dai finestrini spalancati.
Come sotto l’effetto di un incantesimo, il suo sguardo era fisso sul fiocco danzante, ignaro di tutto il resto, eccetto quella musica che gli impregnava le orecchie.
Col piede premuto sull’acceleratore, abbandonò lentamente il volante, una mano che si appoggiava al bordo del finestrino abbassato e l’altra che si allungava verso l’esterno, le dita distese e il palmo accogliente, pronto a ricevere il tocco di quel nastro magico.
Un suono metallico e improvviso, un rimbombo lontano e inizialmente ovattato, poi sempre più concreto, tintinnante.
Ora echeggiava intromettendosi in quella magistrale esecuzione della Fuga di Bach, riportandolo lentamente a galla, verso il suo stato cosciente.
Il tintinnare lontano si rischiarava e si faceva mano a mano più familiare, più complice, più ammaliante di quella melodia.
Uno stridore assordante di urla disumane che urlavano distintamente soltanto dentro la sua testa e una glaciale stretta attorno al cuore e allo stomaco.
Quando tornò del tutto in sé, fece solo in tempo a pensare “Dio, perdonami!”, frenando bruscamente all’ultimo secondo, le mani di disperate intorno al volante spinto da tutta la sua forza di volontà e da tutto il suo spirito.
Oltre il muso della macchina, a pochi centimetri dalle ruote anteriori, il precipizio si apriva minaccioso attorno alla curva e gli alberi là sotto già prigionieri delle ombre artigliate della notte, gli ultimi raggi di sole che invece lo colpivano al viso e che si andavano estinguendo dietro ai contorni delle montagne più lontane.
Il suono metallico ora era divenuto presente e nitido, costante e rassicurante, e si stava prolungando stranamente a lungo, come se avesse dovuto dire qualcosa di eccezionale che solitamente non diceva.
Alzò gli occhi e cercò con lo sguardo la direzione dalla quale giungeva quel tintinnare, benché sapesse perfettamente che cosa fosse e da dove provenisse.
Lucente per il crepuscolo, alta tra le case della piccolo paesello addormentato di campagna, la Chiesa lo sovrastava, le campane che ancora non cessavano di suonare.
Il nastro era scomparso.

 

Innanzitutto vorrei chiedere umilmente perdono per il ritardo disastroso di questo aggiornamento. Tra la maturità, lo scoraggiamento generale che ogni tanto mi coglie, il piccolo lavoro estivo che ho trovato e tutto, ho rimandato sempre di più la stesura del nuovo capitolo. So che suonerò patetica e paranoica, ma questo è il brutto delle persone ipomaniache come me, perciò vorrei chiedervi di dirmi sinceramente cosa ne pensate di questa storia. Come ho già detto in passato era nata come una breve OS, poi decisi di allungarla leggermente e all’improvviso mi sono venute sempre più e più idee, e ora eccoci qua, è anche un po’ per questo se impiego secoli per aggiornare, perché ho mille dubbi e ripensamenti. Solo che appunto per questo i personaggi hanno cominciato ad essere sempre più indipendenti e a voler comandare, ed eccomi qua a chiedermi se ho praticamente rovinato tutto o se invece sto facendo un buon lavoro. La parte di azione e davvero articolata l’avevo pensata per il seguito che ho in mente da un anno, e quindi questa qui mi sembra così dark e così… non lo so, perdonatemi, sono davvero un disastro in tutto.

Vorrei comunque ringraziare in modo particolare Chiara ed Alessandra per il fangirlamento e il sostegno, e per avermi fatto credere un po’ di più in me e sulle mie capacità,“John” aka Costanza per essere il mio principe e per avermi dato l’ispirazione di citare Bach (sappi che l’idea mi è venuta ascoltando le fughe che mi avevi mandato e scusami se non sono stata “musicalmente accurata” nel parlarne, e ti avevo detto di ricordarti di John eheheh), e soprattutto vorrei ringraziare Alberta per essere sempre la mia best fangirl e per molte altre cose per cui non mi basterebbe una giornata per dirle tutte, basti dire che è in grado di sopportarmi e di essere al mio fianco quotidianamente e non so come ci riesca senza avermi già ucciso lol.
Ma insomma vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita e a cui piace la storia, anche se magari silenziosamente.

Okay mi sono dilungata un sacco e ora me ne vado, fatemi sapere e spero che vi piaccia questo nuovo capitolo. Un abbraccio e tante ostie(?)

p.s. non sono morta, sono solo senza un telefono da più di una settimana.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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