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Autore: Erikarry    24/07/2017    1 recensioni
Una foresta magica, ma terribilmente pericolosa. Ma attraversarla è l'unico modo per riottenere la libertà. è tutto scritto nel Contratto. Ma come può una foresta stilare un Contratto?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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capitolo 1

Capitolo 1

 

                                                          

Strani incontri

 

 

 

 

 

 

 

S

pesso le leggende non sono altro che fatti veri che, man mano che vengono raccontati, vengono poi ingigantiti.

Le leggende sulla Foresta costituiscono un’eccezione. La Shadowshiny sembra davvero più cupa di qualsiasi altra, e sicuramente è la più pericolosa. La notte, se ti avvicini abbastanza, puoi sentire strani rumori, rumori che non hanno nulla di silvestre: ticchettii, lo scrosciare di fiumi inesistenti (o almeno, nessun fiume entra o esce dalla Foresta), ululati, sibili, crepitii, sussurri, urla. A volte strane e sinistre luci brillano tra le fronde o nel sottobosco. Anche gli uccelli e il bestiame, perfino i topi, si tengono a distanza. Chi è costretto a passarvi vicino, come spesso facevo io, cerca di non pensarci. In fondo, a nessuno che non sia mai entrato nella Foresta è mai capitato niente di male che possa essere correlato ad essa…

Adesso però mi torna in mente tutto, e di nuovo non sono più così sicura della mia scelta.

Ormai è deciso, non puoi più farci niente, mi dico. Deglutisco a fatica, osservando la foresta.

«Nikole Liberty Wallis» esordisce il Governatore.

Il silenzio cala come un velo invisibile ma fortemente presente. Tutta l’attenzione si concentra su di me. «Tu hai scelto la via più pericolosa per ottenere la tua libertà: attraversare la Foresta Shadowshiny».

Tutti, guardie e spettatori, si sporgono istintivamente in avanti. Sento i loro occhi puntati dappertutto. «Avrai a disposizione una bussola e un indizio per cominciare. Il cibo e tutto il resto dell’occorrente ti verrà fornito dalla Foresta stessa, come stabilito dal Contratto».

Ora adesso tutti guardano verso la Shadowshiny. Nessuno sa bene come possa esistere un contratto con una Foresta, eppure è così. E i due sopravvissuti al suo attraversamento erano ben nutriti a impresa compiuta. O almeno, così ho sentito dire. «Buona fortuna, Nikole Liberty Wallis».

Faccio un respiro profondo. So che tra gli spettatori ci sono anche i miei fratelli, ma sento che se li guardassi probabilmente scoppierei a piangere. Mi volto verso la foresta. Faccio un altro respiro. Impugno la bussola in una mano e il foglietto nell’altra. È ancora sigillato, potrò aprirlo solo quando sarò dentro. Così dice il Contratto.

Respiro per la terza volta e mi inoltro tra le fronde.

 

 

Gli alberi mi inghiottono. Mi volto a guardare indietro ma vedo solo foglie. Eppure, meno di un metro fa ero fuori dai confini della Foresta…

Do una sbirciata intorno a me. Sento alcuni fruscii e alcuni rami che si spezzano, ma stranamente mi sembrano suoni armoniosi, perfettamente normali per un bosco.

Mi tremano le mani. Apro il foglietto. Dentro è completamente nero, e le scritte risaltano per il loro colore bianco-giallo fosforescente.

Le mani mi tremano troppo, non riesco a leggere.

Calmati, mi impongo, Se perdi la testa sei morta. È questo che ti ha detto McKinsley, quindi segui il suo consiglio.

Chiudo gli occhi e quando li riapro le mani non mi tremano più così forte. Comincio a leggere:

 

Esploratrice Nikole Liberty Wallis,

Hai scelto di combattere. E per uscire dalla Foresta Shadowshiny dovrai combattere con tutte le tue forze. Le regole stabilite dal Contratto, l’accordo tra il mondo degli Umani e la Foresta, sono semplici:

1.     Al suo ingresso nella Foresta Shadowshiny, l’Esploratore dovrà essere munito solo di una bussola e del suddetto Manuale che la Foresta si premurerà di consegnare.

2.    L’Esploratore dovrà seguire gli indizi scritti con questi caratteri e con questo inchiostro per poter trovare la strada per uscire. Se decide di seguirne altri, la responsabilità di questa scelta ricadrà solo ed esclusivamente sull’Esploratore.

3.    Lo scopo dell’Esplorazione non è di uccidere gli Esploratori, ma di testarne il coraggio, l’astuzia, la forza, la capacità di mantenere la calma in momenti di grande tensione e l’ingegno. Non saranno dunque sottoposti a prove non necessarie.

4.    La Foresta provvederà al sostentamento e a tutto ciò di cui l’Esploratore avrà bisogno. Non gli saranno forniti oggetti o viveri che non siano strettamente necessari. Se l’Esploratore deciderà di cibarsi di ciò che non proviene dai fagotti a lui consegnati, la responsabilità di questa scelta ricadrà solo ed esclusivamente sull’Esploratore.

5.    Se l’Esploratore riuscirà nella prova, potrà entrare a suo piacimento nella Foresta Shadowshiny ogni qualvolta lo desideri, tutti i crimini che ha commesso verranno cancellati dalla sua fedina penale e otterrà un premio di diecimila denari.

Buona fortuna, giovane Esploratrice.

 

La Foresta Shadowshiny

 

PS: Si consiglia di conservare il suddetto Manuale.

PPS: Albero cavo.

 

Rileggo la lettera due volte per stamparmela bene in testa. Il PPS mi lascia leggermente perplessa.

Albero cavo? A prima vista direi che il consiglio è di cercare un albero caso. Ma se invece avesse voluto dire proprio il contrario, e cioè che dovevo starvi alla larga?

E poi non c’è nessun un alb…

In quell’istante lo vedo. Là, a qualche decina di metri, illuminato da un sottile cono di luce.

O la va o la spacca.

Con circospezione, mi avvicino. Individuo un bastone piuttosto robusto a terra. Lo impugno, decisa a usarlo come arma in caso di necessità. Avanzo fino a trovarmi a un metro dall’albero. Sul legno è disegnata una freccia che indica la cavità con quello che sembra proprio lo stesso inchiostro della lettera.

E se non fosse lo stesso?

Deglutisco a fatica e caccio il bastone nella buca. Uno zaino militare rotola fuori. Sopra è appuntato un foglietto.

 

210 NW

 

Apro lo zaino. Dentro trovo carne essiccata, radici, funghi, frutta e bacche che avrei potuto mangiare, una torcia elettrica, un kit di pronto soccorso, un sacco a pelo e un set da arrampicata.

Quello che mi occorre, immagino, penso. Quello che mi preoccupa di più è il set da arrampicata: soffro di vertigini, ho il terrore del vuoto sotto di me. Spero che non sia obbligatorio usarlo.

Sto ancora riflettendo quando sento un suono dietro di me. Un suono che non avevo mai udito prima. Sembra il verso di qualche animale, ma non potrei mai identificare quale. Chiudo lo zaino.

Il verso si ripete. Lo localizzo alle mi spalle. Mi volto di scatto, lo zaino premuto contro la schiena. Impugno saldamente il bastone.

Con un fragore assordante, la creature piove dalle fronde sopra di me. Urlo, perché nemmeno nei miei incubi più cupi sarebbe mai potuto spuntare un ragno alto dodici metri.

Ho una naturale avversione per tutte le creature con più di quattro zampe, e quando lo vedo vengo immediatamente pietrificata dal terrore.

Gli otto occhietti del ragno lampeggiano. Mi vedo riflessa in ognuno di loro. Poi la creatura spalanca le tenaglie ed esibisce quella specie di ruggito. Altri ragni piovono dietro il primo.

Urlo e perdo la testa. Comincio a correre alla cieca, la mente invasa dalle immagini di ragni che mi divorano.

I ragni non si muovono agilmente nell’intrico di fronde. Forse… forse ho una speranza di seminarli!

Accelero e noto, disegnate sui tronchi, altre frecce. Comincio a riacquistare la ragione e a seguirle.

In quel momento sento un forte bruciore al braccio sinistro. Lo guardo: sulla manica della felpa ci sono tracce di una sostanza bianca e appiccicosa.

Ragnatele!

I ragni ne sparano altre intorno a me, cercando di catturarmi. Corro a zigzag nel tentativo di evitarle, ma le scie bianche sono troppe. Lacrime calde cominciano a rigarmi le guance.

Non voglio diventare cibo per ragni giganti!

Una freccia mi indica di svoltare decisamente a destra. La vedo in ritardo e continuo dritta. È un grosso errore.

Mi trovo impantanata in una pozza di sabbie mobili. Mi dibatto cercando di non andare a fondo, ma comunque mi blocco non appena vengo immersa fino alla vita. Continuo a dimenarmi. Poi i ragni spuntano dietro di me.

La paura mi immobilizza. Il ragno, potrei giurarlo, sta ghignando. Evito la prima ragnatela, e anche la seconda, ma la terza mi colpisce dritta in faccia. Mi manca l’aria. Cerco di strapparla ma altre ragnatele mi bloccano le braccia. Il ragno mi solleva dalle sabbie mobili. Scalcio, invano. Attraverso il sottile strato di tela bianca vedo che il ragno mi trascina verso di sé. Dalle tenaglie cola una sostanza verde acido. Urlo mentre il ragno mi imbozzola. Poi mi inietta la strana sostanza verde. Sento il liquido bruciarmi nelle vene, le tempie prendono a pulsarmi. Poi non ricordo più niente.

 

 

Quando mi sveglio la testa mi pulsa. Qualcosa, premuto contro la faccia, mi rende difficile respirare.

Comprendo di trovarmi a testa in giù. Fatico a ricordare quello che è successo, ma alla fine realizzo di essere appesa a una ragnatela gigante, in attesa di essere mangiata.

Sento raschiare.

È finita, penso. Mi dimeno, ma una voce – una voce umana – mi parla: «Stai ferma e zitta».

Mi irrigidisco immediatamente. Che ci fa qualcun altro nella Foresta?

Il raschiare continua. Capisco che un coltello sta tagliando le ragnatele. La lama trova la strada vicino alla mia testa, e ben presto mi libera la faccia. Respiro profondamente. Con gli occhi cerco il mio salvatore. Si tratta di uno strano ragazzo. Deve avere qualche anno in più di me, i suoi capelli neri hanno sfumature di blu e per un attimo mi fissa con occhi d’argento. Si muove silenzioso come un fantasma, e leggero. Sa dove mettere mani e piedi per non rimanere incollato alla ragnatela.

Quando mi libera completamente mi aiuta ad aggrapparmi, ma ce la faccio a malapena. La testa mi gira, mi sembra di precipitare appena la muovo.

Il ragazzo mi fa segno di salirgli in groppa. Obbedisco. Appena mi sono assicurata sulle sue spalle, lo sconosciuto salta giù e comincia a correre.

 

 

«Nikole!»

July è davanti a me. Mi offre un vassoio.

«Nikole, guarda, ho fatto i biscotti!». Il suo sorriso va da un orecchio all’altro.

«Sono bellissimi». Ne mangiao uno, ma il biscotto comincia a bruciarmi in gola e a soffocarmi.

«Non ti piacciono, Nikole?»

 

«Devi andare in quella casa, Liberty».

Guardo Mitch come se mi avesse detto che gli era cresciuta la coda. «Ma sei matto?!»

«Sono talmente ricchi che non si accorgeranno nemmeno se manca qualche gioiello».

 

Mi hanno trovato. Le guardie mi hanno trovato. Tre mi tengono inchiodata a terra e altre due mi legano. Le corde bruciano come se fossero state imbevute di acido.

Mi portano in prigione. La gente mi addita e pronuncia quella parola: ladra…

 

Quando mi sveglio mi ritrovo a fissare il fogliame sopra di me. La testa mi pulsa ancora e mi sento pesante e intorpidita.

«Sei sveglia».

Cerco di voltarmi per vedere chi ha parlato, ma il proprietario della voce mi blocca la testa.

«Sta’ ferma. Non sei ancora del tutto guarita».

Sento un fruscio di foglie, poi un volto compare nel mio campo visivo. Si tratta del ragazzo che mi ha salvato. Osservo incuriosita i capelli nero-blu, gli occhi argentei e la pelle pallida. È abbastanza robusto, anche se non sembra in grado di affrontare da solo un branco di ragni giganti.

«Chi sei?» gli domando.

«Chi sono non ha importanza» replica lui, «Tu sei l’Esploratrice?»

Annuii. «Mi chiamo Nikole Liberty Wallis».

«Nikole, stai attenta la prossima volta» ribatte lui, «Perché non potrò essere sempre pronto a salvarti».

Avvampo. Ma chi si crede di essere, quello?

«Lo so benissimo. E, per la cronaca, un modo per uscire da quel guaio l’avrei trovato».

«Ne sono certo». Non c’è traccia di ironia nella voce del ragazzo, cosa che mi fa imbestialire ancora di più.

Non ho tempo di ribattere perché il ragazzo scompare tra gli alberi.

   
 
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