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Autore: Allison_McLean    25/07/2017    1 recensioni
Allison McLean è una ragazza tormentata da mille demoni di cui non riesce a liberarsi, ma quando arriva al penitenziario minorile di Alkalie Lake, la sua vita cambia completamente. Qui troverà la sua strada accompagnata dai suoi stessi demoni e da una luce che scoprirà solo dopo molto tempo.
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«Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.» dal capitolo 1
AVVERTENZA : la storia è originale, solo alcuni dei personaggi sono tratti da A Tutto Reality, gli altri sono di mia completa invenzione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Nuovo Personaggio, Scott, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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BROKEN PIECES - Part 1
 
Ottobre
Il tribunale era gremito di persone. Sulle panche appena dietro le scrivanie degli avvocati, oltre alla staccionata di sicurezza, erano seduti Chris McLean, Sophie Kurdikis McLean e suo marito Lucien, i parenti dell'imputata, per la precisione lo zio e i nonni paterni. Dalla parte opposta sedeva Valery Johnson insieme al loro migliore amico e presto fidanzato di Valery, Viktor Blaine. Si tenevano la mano, lei continuava a piangere silenziosamente. 
Tutti fissavano la ragazza seduta alla scrivania sulla sinistra, compostamente posta accanto al suo avvocato. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una treccia dorata e il viso era pulito, senza la minima ombra di trucco, come sempre. Vestiva di nero, come sempre, con i suoi abiti migliori : pantaloni di pelle, una maglia a maniche lunghe, stivali con un piccolo tacco. Teneva lo sguardo fisso davanti a sè, in religioso silenzio; nessuna emozione trapelava da quegli occhi color ghiaccio, soltanto il vuoto. Molti l'avrebbero scambiata per una statua di sale se non fosse stato per gli occhi che si chiudevano di quando in quando.
La giuria si era appena ritirata per decidere che cosa farne di quella sedicenne troppo violenta; nell'aula del tribunale era calato un silenzio palpabile, portando con sè anche una tensione soffocante, opprimente, come se da un momento all'altro l'ossigeno minacciasse di terminare.
Quando i giurati e il giudice Miller rientrarono, circa venti minuti dopo, si sentì perfino lo scatto della serratura della porta che si apriva. Tutti i presenti, eccezion fatta per un uomo disabile, si alzarono in piedi. L'avvocato della difesa, Samuel Davenport, tremava d'ansia, così come i familiari della vittima e dell'imputata, o probabilmente l'intera sala. Probabilmente, quello era stato uno dei peggiori processi mai svolti.
-" Giurati, avete raggiunto un verdetto? "
tuonò il giudice Miller, un uomo sulla sessantina dallo sguardo arcigno e severo, quello di uno scorbutico vecchio saggio. Una donna di colore e vestita di tutto punto con un completo color pesca si alzò in piedi; teneva in mano un foglietto bianco dai bordi blu che decretava il destino della ragazza per il suo prossimo futuro. 
-" La giuria, dopo una lunga riflessione, ha ritenuto Allison Karen McLean... colpevole dell'accusa di aggressione di terzo grado nei confronti di Alexander Feltman. "
Nella sala si levò un'ondata di gemiti sorpresi e disperati, come quelli del popolo romano che assisteva allo sbrano di un gladiatore nelle arene.
-" Allison Karen McLean, la dichiaro colpevole di aggressione di terzo grado nei confronti di Alexander Feltman. La condanna è fissata ad un anno e nove mesi senza cauzione, che sconterà nel carcere minorile misto di Alkalie Lake. "
concluse Miller, battendo con forza il martello sull'apposito ciocco di legno massello. 
Mentre i presenti oltre la staccionata piangevano, bisbigliavano e si congratulavano, Davenport crollò seduto sulla sua poltrona, come se le gambe non fossero più state in grado di reggere il peso del suo corpo. All'altra scrivania, l'avvocato dell'accusa Edmund Reings, un uomo alto, dal completo grigio perfettamente stirato, stringeva fiduciosamente la mano ai signori Feltman, genitori di Alxander. 
Allison rimase perfettamente immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto esattamente come poco prima; si limitò a sbattere gli occhi e ricordarsi di respirare. Fu come se improvvisamente tutto attorno a lei fosse scomparso : nessuna persona, nessuna stanza di tribunale, nessun rumore, soltanto un immenso spazio bianco, il deserto, il soffio del vento in una landa desolata. Sembrò svegliarsi solo quando una guardia l'ammanettò delicatamente e la condusse verso l'uscita, sotto gli sguardi di un'intera aula di tribunale, giudice e giuria compresi; Davenport le diede una tenera pacca sulla spalla, non di incoraggimento, quanto di dispiacere. Tutto sembrava magicamente andare a rallentatore e sembrava anche che nessuno avesse un'anima; c'erano solo gusci vuoti in quel posto così strano. 
Allison guardó indietro solo una volta durante la breve, lunga travagliata verso la prigionia : vide Valery, la sua sorellina, che la fissava disarmata, con gli occhi pieni di lacrime. Al suo fianco, Viktor le cingeva amorevolmente le spalle; anche lui piangeva. Sembrava che stessero piangendo la sua morte, pensò, tanto per rendere minimamente meno doloroso tutto quello che stava accadendo, ma forse non si stava sbagliando del tutto. Sorrise ad entrambi, gli rivolse un'espressione che sembrava dire Non preoccupatevi, è tutto okay, ma no, non era tutto okay. Tornó a guardare davanti a sè, cercando di non pensare a ciò che stava accadendo, a dove stava andando, mentre alle sue spalle Valery si sentì morire.
 
Fuori dalla volante della polizia, di fronte al tribunale, quasi tutti si voltarono. I primi che vide furono i signori Feltman; come il resto della folla, la guardavano con apatia, quasi con pena, ma con un retrogusto di odio profondo e soddisfazione; per un momento ebbe l'istinto di fargli fare la stessa fine del figlio, ma il viso e le lacrime di Valery le fecero indubbiamente cambiare pensieri. Guardò gli altri, ma abbassò lo sguardo : preferiva vedere l'odio piuttosto che la compassione. In più c'erano i media, sette o otto giornalisti muniti di troupe, microfoni e almeno tre strati di fondotinta. Cercavano di raggiungerla, ma alcuni planarono come avvoltoi sulla sua famiglia devastata. Tutto per colpa di quel maledetto.
Dopo essersi accomodata nell'auto, fissò per qualche attimo le sue mani : non riusciva ancora a credere che i suoi polsi fossero incatenati dalle manette. Non avrebbe mai immaginato di fare una fine simile. Eppure sorrise. Ora staranno tutti meglio, Valery e Viktor prima di tutti. Forse è stato un bene che mi sia levata dalle palle, pensò. In fondo, forse ne aveva bisogno, e forse ne avevano bisogno i suoi familiari. 
Si mise più comoda sui sedili posteriori della volante e guardò per un secondo la sua cittadina che si allontanava lentamente, poi chiuse i suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio e cercò di immaginarsi di essere un'aquila, o un lupo, come faceva nei momenti più difficili. Sapeva che sarebbe stato un lungo viaggio, il più lungo della sua vita.
~~~
~Una settimana prima~
Non sapeva com'era cominciato tutto quel casino. Improvvisamente, tutto nella sua vita era diventato uno schifo, un puzzle i cui pezzi si stavano polverizzando, facendo crollare ogni certezza nella sua vita. 
La scuola andava male, ma era l'ultima cosa a cui pensava : studiare non era mai stata la sua passione, in quel periodo ancora meno; a casa quasi non ci metteva piede, tutti sembravano non volerla in mezzo ai piedi, o almeno i nonni, e per questo si andava a rifugiare nella sua bella soffitta, un posto dimenticato da tutti in un palazzo fatiscente di Castle Rock, uno di quei posti per ragazzi troppo soli in cui nessuno li può raggiungere. Ma la cosa peggiore, quella che la stava definitivamente logorando dentro, era che l'indistruttibile rapporto con sua sorella stava crollando. Avevano cominciato a litigare, non sapendo nemmeno perchè. Allison però lo sapeva. 
Valery aveva incontrato Alexander nella sua nuova classe; nulla da dire : un bel ragazzo, più vecchio di entrambe, simpatico, premuroso. Si erano messi assieme dopo poco e da quel momento la dolce Val sembrava essere la persona più felice su questa Terra, tutto andava bene nella sua vita. Allison era forse più felice di lei nel vederla così beata, così serena di aver realizzato uno dei suoi sogni : trovare il ragazzo perfetto. Ora aveva una vita perfetta, quella che aveva sempre desiderato e meritato, ma Allison? Allison mai ce l'aveva avuta una vita, figuriamoci perfetta. Il suo passato era tutto sepolto sotto a cumuli e cumuli di merda, dalla morte in un incidente di mamma e papà fino alle occasionali risse fuori dalla scuola, quella che lei aveva voluto usare nel tempo per diventare la stronza attuale. Così va il mondo, si diceva, mors tua, vita mea, cosa che aveva sperimentato sulla sua pelle dopo il bullismo e il cuore spezzatio più volte. E dopo tutto questo, il suo ruolo nella vita di Valery, l'unico che le aveva restituito un po' di vita, era finito. Lei aveva trovato quello che voleva ed ora non c'era più bisogno della piccola selvaggia McLean accanto a lei. Il suo compito di momentanea custode era terminato, si sperava con successo. Ora lei era sola. Non voleva un'altra ragione di vita, non voleva un ragazzo, una migliore amica, una sorella... Non voleva nessuno, solo stare ancora per un po' nella vita della persona che aveva amato più di se stessa, giusto per rendersi conto che era arrivata alla fine.
Allison stava impazzendo. Aveva così tanti scatti di violenza che suo zio si era preoccupato per l'incolumità della ragazza e del resto della famiglia e aveva pensato più volte ad un intervento drastico : uno psichiatra. Questa possibile terribile soluzione l'aveva meditata nel momento in cui aveva visto le pareti della cameretta coperte di tracce di sangue, causate dai ripetuti pugni che Allison ci tirava, e la porta sfondata da un calcio; aveva trovato almeno cinque bende usate per fasciarsi le nocche scorticate abbandonate in un cassetto. Inoltre, la sua amata nipote mangiava a stento, di notte scappava dalla finestra e rimaneva fuori chissà dove fino alle quattro del mattino, non parlava con nessuno.
Faceva bene a preoccuparsi, il caro vecchio Chris. 
Un giorno apparentemente normale, uno dei pochi in cui Allison si presentava a scuola, il solito gruppetto di stronzetti stava sparlando senza ritegno di qualsiasi cosa alla mensa. Sfortuna voleva che la ragazza fosse lì vicino. Tutti ormai sapevano che le stavano saltando tutte le rotelle in quel cervello malato, per questo le giravano alla larga : molti di loro avevano visto mesi, o anche anni prima quello che la McLean imbestialita poteva fare e di sicuro non volevano farle saltare del tutto quel complesso, instabile meccanismo che era il suo subconscio.
In quel gruppetto c'era anche Alexander, che però o non si era accorto della sua presenza, o se ne fregava. Continuava a vantarsi di avere mille ragazze al suo seguito, cosa non vera, vista la sua stupidità, ma qualcun altro nella grande stanza rumorosa stava ascoltando attentamente le sue viscide parole.
-" Avete visto Valery? Ma quanto stupida è?! È così cotta che non si sta minimamente accorgendo di nulla. "
Quel nulla significava in realtà molte cose, ad esempio che Alexander non voleva fare altro che prendere in giro la dolce e fragile Valery, la voleva far sembrare una nullità in confronto a lui, solo un'altra stupida ragazzina che si era innamorata di lui e che usava a proprio piacimento. La stava usando, e avrebbe continuato ad usarla se Allison non fosse stata lì. Nessuno infatti si accorse dell'incontenibile furia della ragazza finchè non prese il caro, dolce Alexander da dietro, afferrandogli violentemente il colletto della felpa e facendolo volare dalla sedia sopra il tavolo vicino. Negli occhi di Allison, ormai diventata una copia mille volte più distruttiva di Terminator, sfolgoravano le emozioni più primordiali, più crudeli, più gelide del subconscio umano. Tutti fuggirono terrorizzati, comprendendo un nanosecondo prima dell'Apocalisse che cosa sarebbe accaduto.
Si avventò nuovamente sul povero pargolo Feltman, stringendogli le dita fine attorno al collo e trascinandolo sul pavimento per poi colpirgli ripetutamente il viso con una scarica di pugni. Due valorosi ragazzi del quarto anno tentarono di separarla dalla sfortunata vittima, ma questi ebbero in compenso una gomitata nel ventre e un pugno nel naso. Allison tornò alla sua precedente occupazione, cercando in ogni modo possibile di sfondare il cranio di Alexander a suon di cazzotti. Non riusciva a fermarsi : più pensava a quell'essere che baciava sua sorella, più forza metteva nei pugni. Ormai la parte animale, la peggiore di lei, era stata liberata e nessuno la poteva rinchiudere di nuovo. Nessun dolore alle nocche ferite, nessun controllo sulla propria forza : non si sarebbe fermata finchè uno dei due non avesse smesso di respirare.
Qualcuno allora ebbe la brillante idea di chiamare la polizia, che si precipitò immediatamente alla scuola. Quando gli agenti arrivarono la trovarono ancora lì a sfogarsi sul corpo ormai esanime di Alexander e a tratti dovettero usare un taser. Ci vollero cinque uomini piuttosto robusti e capaci per arrestarla e, quando l'ammanettarono, videro che le sue mani erano coperte dal sangue del ragazzo e dal suo, così come i suoi vestiti. Pareva un animale, con i denti digrignati, le mani insanguinate e gli occhi demoniaci e fiammeggianti. Più di un agente si fece il segno della croce al suo passaggio, e nel frattempo Alexander Feltman venne traportato d'emergenza all'Angel Of Mercy Hospital.
Più tardi, in commissariato, i poliziotti pensarono che fosse un'altra persona. Era perfettamente calma e collaborativa, disse quello che era successo per filo e per segno, ammise le sue intere colpe senza omettere il minimo dettaglio. Ma fu una sola frase che sconvolse tutti i presenti al suo interrogatorio.
-" Sa che quello che ha fatto è incredibilmente grave? "
chiese uno dei due agenti nella sala interrogatori. Allison alzò per la prima volta i suoi bellissimi e raggelanti occhi azzurri, facendo deglutire il poliziotto che osò pronunciare quelle parole. Gli parve di vedere un lupo indemoniato e non una ragazzina di sedici anni. 
-" Non avrebbe dovuto usare mia sorella. "
La freddezza di quel tono li spaventò a morte. Entrambi uscirono e si sedettero alle loro scrivanie, circondati dai loro colleghi. Mai e poi mai avevano incontrato un essere tanto inquietante, raccontarono, e che probabilmente il giudice l'avrebbe cacciata in un manicomio criminale, ma dissero ciò solamente perchè erano spaventati.
Allison chiese solo una cosa, che dicessero ciò che era successo a Valery prima che a chiunque altro, che le dicessero perchè l'aveva fatto e, soprattutto, che sarebbe andato tutto bene, anche se non era così. Questo fu quello che fece il commissario stesso della stazione, che si commosse alle lacrime disperate della ragazzina dall'altra parte del telefono.
Poco dopo arrivò il referto medico del ragazzo : due denti scheggiati, naso, mascella e zigomo sinistro frantumati, piccole lesioni alla trachea; i medici stavano cominciando a dare l'okay per gli interventi di chirurgia plastica. Per poco Allison non gli aveva spedito le ossa del naso nel cranio, avevano aggiunto, e il commissario raggelò : era stata molto fortunata ad essere accusata soltanto di aggressione di terzo grado e non di tentato omicidio, ed era stata ancora più fortunata a ricevere una condanna di solo un anno e nove mesi in un riformatorio e non in un manicomio criminale.
Anche se andava contro i principi di Allison, avere uno zio ricco faceva comodo in queste occasioni.
~~~
Un tuono la fece svegliare. Per prima cosa vide il cielo plumbeo dell'isolata campagna a quasi cento chilometri sud-ovest da Castle Rock, poi sentì la pioggia battente che cadeva impetuosa sul tettuccio della volante. La strada era solitaria, immersa nel verde della magnifica campagna del Colorado. Dopo poco, quel panorama così rilassante, un po' simile a quello delle colline della Scozia, fu sostituito dalla vista di un enorme e maledettamente cupo rettangolo grigio circondato da tre recinzioni, una delle quali elettrificata; tutte erano munite di filo spinato alle estremità e perlustrate perennemente da uomini coperti da mantelle blu scure. Le torrette di avvistamento si stagliavano minacciose contro il cielo grigio, esattamente come il blocco di cemento in cui avrebbe passato poco meno di due anni della sua vita : Alkalie Lake, il riformatorio più duro dell'intero Colorado.
La storia del carcere minorile inizia durante la Guerra di Secessione con il suo utilizzo come prigione di guerra, converitita agli inizi del Novecento in un carcere federale dopo anni di disadattamento ed infine in un riformatorio misto dopo gli anni Sessanta. O almeno, così era stabilito sulla carta. Quel posto era stato classificato troppo duro per le ragazze e perfino per qualche ragazzo : Alkalie Lake non era più un riformatorio misto dal 1987 circa, e dalla fine dei Novanta ospitava esclusivamente i soggetti più pericolosi, ma questo nessuno l'aveva ufficiato e tanto meno diffuso : la gente sapeva solo poche cose riguardo a quel macabro luogo, e tutto grazie a delle leggende metropolitane partite da qualche ex galeotto uscito di lì. Dei cinque piani di celle presenti, tutti agibili, solo due erano occupati, il che suggeriva molte cose sui suoi ospiti, i peggiori reietti sotto i ventun'anni di quattro intere contee.
La volante raggiunse in poco tempo la prima recinzione, davanti a cui era stanziato un piccolo box. Mentre il poliziotto spiegava al secondino perchè era lì e gli mostrava il mandato di Miller, Allison si sporse minimamente per osservare la situazione. I secondini, prudentemente muniti di impermeabili e armati fino ai denti, perlustravano l'intero perimetro della recinzione. A dare una mano c'erano i loro colleghi sulle otto torrette che circondavano l'intero edificio. Più che essere spaventata, Allison sembrava curiosa; ormai poche cose la spavantavano e, per il momento, quel mostro di cemento grigio non lo faceva.
Due delle recinzioni si aprirono automaticamente con un ronzio familiare, facendo procedere la volante-taxi di duecento metri. Davanti al terzo ingresso, due guardie stavano aspettando impassibili; dall'impermeabile blu notte si vedevano spuntare manganello e pistola d'ordinanza. Uno di loro aprì la portiera, dopo aver letto molto rapidamente il mandato, e rimase spiazzato nel verificare che la nuova ospite di Alkalie Lake era una ragazza, dannatamente bella e quasi angelica. Se non fosse stato per le manette, l'avrebbe scambiata per una delle fidanzate di quei manigoldi a cui faceva la guardia tutti i giorni o per uno scherzo di cattivo gusto : lavorava in quel postaccio da otto anni e non aveva ancora visto una meraviglia simile entrare in uno schifo come quello. 
-" Finch! Hai un ombrello? "
gridò il secondino da oltre la portiera mentre si cacciava il mandato in tasca, e il suo collega gli lanciò il piccolo ombrello mimetico che teneva allacciato al cinturone; anche se avrebbe voluto, non fece domande : di solito nessuno si prendeva la briga di tenere un futuro galeotto asciutto dalla pioggia, Berry in particolare, perciò Finch fu piuttosto perplesso.
Allison lo guardava languidamente, ancora leggermente assonata e sfiancata, mentre apriva l'ombrello, osservandolo attentamente. Era giovane, sui trent'anni, con i capelli castano chiari tagliati a spazzola sotto il cappello blu scuro a tesa larga, e uno sguardo gentile, malgrado i suoi fallimentari tentativi di celarlo.
-" Su, vieni. "
le disse, porgendole la mano. Allison si alzò di buona lena e si affiancò al secondino, che le circondò delicatamente il braccio con la grande mano cercando di farla stare il più possibile sotto l'ombrellino. Quando Finch la vide, quasi prese un infarto : dopo undici anni ad Alkalie Lake, una ragazza come galeotta era l'ultima cosa che si aspettava di vedere.
-" Berry, vedo quello che sto vedendo?! "
-" Finch, lascia perdere, okay? "
lo intimò Berry, facendogli segno di aprire il portone; evidentemente aveva compreso la difficile situazione per quella ragazza, e in verità si dispiaceva per lei. 
Entrarono frettolosamente, con passo lungo, nel cortile totalmente infangato del riformatorio. L'edificio ora pareva un enorme mostro dai mille occhi pronto ad ingoiare chiunque, con quelle minacciose sbarre alle finestre e i fucili mitragliatori sulle torrette. Allison si sentì improvvisamente oppressa da quella visione, anche se cercò di celarlo a sè stessa più che al resto del mondo; respirò profondamente e diede la colpa dei suoi tremori all'umidità.
Il tepore dell'ingresso degli uffici riscaldò i due dall'orrenda umidità dell'esterno, ma Allison non smise di rabbrividire. Quella che sembrava una reception era in realtà il magazzino degli oggetti personali e dietro alle sbarre di sicurezza un uomo sulla sessantina con un paio di occhiali a goccia e lo sguardo serio e freddo scrutò Allison da sopra la montatura in ottone con non pochi dubbi; Ma che diavolo ci fa lei qui?! si chiedeva. Scambió qualche rapido sguardo con Berry, il quale annuì a malavoglia e gli passò il mandato leggermente stropicciato di Miller. 
-" Allison Karen McLean, sedici anni nell'anno dei diciassette, condannata ad un anno e nove mesi di reclusione qui ad Alkalie Lake. "
enunciò il vecchio secondino con apatia, scrutandola dalla testa ai piedi con numerosi dubbi finchè non vide le nocche ancora profondamente scorticate. Allison osservava a sua volta il vecchio secondino che leggeva e rileggeva rapidamente il pezzo di carta. Scomparve per qualche minuto in uno stanzino e poi tornò con uno scatolone su cui c'era un'etichetta con scritto il suo nome e sotto una specie di codice : AK24ML11. Ne tirò fuori alcuni vestiti, sia arancioni che bianchi, e due paia di scarpe, uno di anfibi e uno da ginnastica. 
-" Puoi cortesemente consegnarmi i tuoi oggetti personali? "
Allison ubbidì e cominciò a levarsi i braccialetti e gli orecchini, che ripose in un sacchetto di carta marrone che il vecchio le aveva posto. Esitò però prima di togliersi la collana d'argento con sopra inciso Sant'Antonio da Padova, quella che zia Adeline le aveva dato poco prima di morire di cancro. 
-" Devo togliere anche questa? "
domandò la ragazza con voce così fievole che perfino Berry di fianco a lei fece fatica a sentirla. Le due guardie si lanciarono nuovamente qualche occhiata, mettendola molto a disagio. 
-" No, quella la puoi tenere. Ora, per favore, vai lì dietro e cambiati, poi consegnami i tuoi vestiti. Ehm... So che è un argomento imbarazzante, ma tu qui sei un caso straordinario e sono obbligato a parlartene. Qui non abbiamo in dotazione biancheria femminile da quasi trent'anni, quindi chiederemo ai tuoi di mandarti qualcosa del genere, d'accordo? Ottimo. Cella 42B. "
Nonostante la voce seria, Allison, rossa come un peperone, notò la sottile punta di gentilezza del vecchio secondino. Berry le tolse le manette e l'accompagnò fino al camerino non molto distante dal box-magazzino, dove la ragazza si cambiò il più in fretta possibile. Indossò la canottiera bianca, i larghi cargo e la camicia arancione su cui c'era scritto lo stesso codice dello scatolone e gli anfibi neri, in cui infilò l'orlo dei pantaloni. Tutto l'abbigliamento tranne le scarpe era di almeno due taglie più grandi della sua, ma andava bene così. 
Berry la riammanettò e diede i vestiti al suo collega, mentre Allison teneva faticosamente il suo cambio sotto braccio. Il secondino poi, sempre tenendola delicatamente per un braccio, cominciò a condurla attraverso i corridoi fortificati del riformatorio; odoravano di chiuso, di maschi e di detersivo al limone.
Il boato delle celle improvvisamente calò al passaggio di Allison, che si sentì maledettamente piccola. Non alzò mai lo sguardo dal pavimento verde e sbiadito per osservare l'enormità di quei corridoi e a tratti aveva il passo più lungo di Berry. Egli comprese perfettamente lo stato d'animo della ragazzina e cercò di essere il più gentile possibile, anche se sapeva perfettamente che non poteva scoprirsi troppo : bisognava essere duri in quel luogo, mai mostrarsi deboli in mezzo a tutti quei lupi, altrimenti si rischiava di essere divorati.
-" Il coprifuoco è alle 21, sveglia alle 7. Dieci minuti di doccia e cinque per vestirsi, e poi in sala mensa per la colazione. Pasti alle 12.30 e alle 19. Ricreazione alle 15. Il resto della giornata si divide tra le aree ricreative della prigione, la cella e il luogo di lavoro. "
Allison si limitò ad annuire. Dentro di sè stava esplodendo; il cuore le martellava dolorosamente nel petto e si sentiva tremare perfino i muscoli delle gambe. Era consapevole delle decine di sguardi sotto cui era, delle decine di commenti, di risatine, di malvagi piani in quelle menti malate che la circondavano, e per la prima volta nella sua vita si sentì vulnerabile come un cerbiatto circondato dai lupi, una sensazione che non le piaceva proprio per niente. 
All'improvviso Berry si fermò e aprì una cella, la 42B, entrando insieme a lei e richiudendo rapidamente la porta di sbarre alle sue spalle. L'ambiente era stranamente ampio, malgrado l'illuminazione scarsa lo rendesse angusto, ma una piccola finestra sbarrata mitigava quell'angustia facendo entrare un minimo di luce esterna. Due letti a castello con l'intelaiatura di metallo scrostato erano accostati alle pareti laterali, ognuno con il proprio comodino; nell'angolo di destra, nascosta da una tenda, c'era una minuscola toletta con water e lavandino con tanto di portaspazzolini, qualcosa che Allison trovava squallido ma allo stesso tempo funzionale. Era in un carcere minorile, dopo tutto.
-" Nei prossimi giorni arriveranno degli indumenti adatti a te e magari qualcosa di tuo, un MP3 o un blocco da disegno. Nel cassetto trovi una piantina del riformatorio. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami. "
le sussurrò teneramente la guardia mentre le toglieva le manette. Allison si sforzò di sorridere e ringraziò con un filo di voce; prima che Berry si fosse ritirato, era già salita sulla scaletta a pioli di metallo del letto di destra, avendo visto un ragazzo sull'altro letto. Ficcó la tuta di ricambio sotto il cuscino e cacciò le scarpe in un angolo del letto lungo e largo, poi si nascose sotto il piumino grigio topo, accoccolandosi su sè stessa e fissando la parete rovinata della cella su cui c'erano incise o scritte migliaia di storie. Chiuse gli occhi e si sforzò di non piangere, ascoltando attentamente la pioggia battente di ottobre e i tuoni che rimbombavano all'esterno, in libertà.
 
La sala mensa era affollata di ragazzi. Dall'angolino seminascosto in cui si era rifugiata, Allison si prese il tempo di osservare i suoi compagni di riformatorio. Erano tutti maschi, tra i diciasette e i diciannove anni circa; pochi di loro non avevano tatuaggi e ancora meno se ne stavano per conto proprio guardando di tanto in tanto la sala e consumando tranquillamente la loro cena. In tanti l'avevano notata, malgrado il posto isolato in cui era. Alcuni stavano in silenzio, si limitavano a fissarla con malizia, compassione o, raramente, con simpatia; altri invece bisbigliavano con i loro compagni di tavolo, che a loro volta si voltavano e la squadravano dall'alto in basso. Come i primi, la guardavano in modi molto differenti : chi rideva, chi faceva a finta di nulla e chi la guardava con astio. Allison percepì che l'argomento principale nelle discussioni in quella grande sala era lei, e ciò non le fece per niente piacere. Riabbassò umilmente lo sguardo, cercando di nascondere il viso dietro ai lunghi ciuffi di capelli biondi sfuggiti alla treccia, e continuò a mangiare rapidamente l'insipido hamburger con carote bollite. 
Dopo un'altra ora e mezza suonò la campana del coprifuoco e le guardie arrivarono a chiudere a chiave le celle. Allison si sentì così piccola, così insignificante, un cane randagio : era brutto non poter più uscire per passeggiare nella notte, all'aria fredda sotto le stelle o nella pioggia battente. Le luci principali si spensero, ma si accesero quelle delle piccole lampade da ufficio poste sui comodini; in questo modo, per la prima volta, scorse il suo compagno di cella. Era un ragazzo molto alto, circa un metro e novanta, e anche muscoloso; vide che i suoi capelli erano neri, un misto tra punk e emo, tutti sparati, e che portava un simpatico pizzetto altrettanto nero. I suoi occhi erano molto chiari, anche se non seppe distinguerne il colore preciso, e dallo sguardo costantemente serio, quasi arrabbiato. I tratti del volto erano squadrati, le labbra fine, ma tutto contribuiva a renderlo un ragazzo molto bello, malgrado la sua aura mettesse costantemente soggezione. Non le aveva mai rivolto la parola, e non sembrava nemmeno intenzionato a farlo, ma forse era meglio così. Stava leggendo un libro molto usurato, di cui non seppe nemmeno leggere il titolo.
Quando le luci si spensero definitivamente, Allison ne approfittò per levarsi la camicia, restando in canottiera, ma avvertì comunque lo sguardo fisso di quel ragazzo su di lei. Si cacciò immediatamente sotto le coperte, con il cuore in gola e il respiro sull'orlo dell'iperventilazione. 
Quella notte sarebbe stata la più lunga della sua vita.
~~~
La sala mensa era gremita come la sera precedente ed Allison, come la sera precedente, si era cacciata in un angolino della stanza. Ancora un po' addormentata, stava ripensando alla sua mattinata : aveva dormito poco quella notte, ovviamente, ma era stato un sonno stranamente profondo; non capiva come, ma la sua cella era l'unico luogo che le infondeva sicurezza in quel posto, nonostante il ragazzone con cui la condivideva. Appena svegliata, si era alzata a sedere e aveva scorto il suo coinquilino nell'angolino della toletta intento a fare i suoi bisogni mattutini; non aveva tirato la tenda, quindi si era visto tutto, dalla grande schiena nuda e tutta tatuata fino a tutto il resto. Allison era arrossita immediatamente e aveva guardato subito altrove, facendo finta di cercare qualcosa sotto il cuscino; aveva poi sollevato lo sguardo solo quando aveva sentito scrosciare lo sciacquone. Incrociò per un secondo gli occhi azzurro ghiaccio del ragazzo, per poi tornare frettolosamente a fissare il suo cuscino, arrossendo come mai aveva fatto prima di allora; rinunciò alla doccia e si limitó ad infilarsi la camicia, arrotolando le maniche fino al gomito, e raccogliersi i capelli in una lunga coda di cavallo.
Arrivata per prima nella mensa, aveva finito in fretta e furia la tazza di latte e le due fette tostate con burro e marmellata di albicocca che sapeva di medicinale e ora stava aspettando la fine di quei lunghi minuti chiedendosi cosa sarebbe accaduto in quella giornata, la prima di tante, tante altre. Nel frattempo, osservava le persone attorno a sè : la maggior parte di loro aveva dei visi così anonimi, degli sguardi così vuoti, non molto diversamente da quelli che vedeva a scuola, ma altri nascondevano mille cose dietro le iridi e i sorrisi, dietro i tatuaggi e l'aria da duri. Uno di questi era il suo compagno di cella : lo aveva notato seduto in mezzo ad altri ragazzi ma silenzioso, a fissare il sandwich al burro d'arachidi con l'aria di chi si chiede in continuazione che cosa ci faccia in un certo posto, del perchè ha commesso certe cose, l'aria di qualcuno che pensa molto. Un altro ragazzo che aveva notato se ne stava in disparte, proprio come lei, con gli occhi fissi sul tavolo e immerso nei suoi pensieri; aveva i capelli neri, un po' lunghi, e non sembrava molto alto, ma aveva uno sguardo gentile, o almeno più gentile della maggior parte dei commensali.
La campanella trillò per pochi secondi, seguita da una voce amplificata dai megafoni attaccati al soffitto, cose che fecero saltare Allison di mezzo metro sulla sedia.
-" Buon giorno, sacchi di merda! Come ogni mattina, andrete tutti a lavorare fino alle 12.20! Oggi rotazione dei turni! "
Un brusio infastidito dei galeotti accompagnò i pensieri di Allison, che trovava il tipo che aveva parlato con quella voce così tonante e piena di autorità una copia più antipatica di Hartman di Full Metal Jacket. Doveva essere un bel cervellino se parlava in quel modo ai detenuti, lei compresa, si ricordó. 
Nella sala entrò una nuova guardia, che richiamò non proprio con gentilezza l'attenzione dei commensali già alterati per la rotazione dei turni. 
-" Qui ho i nuovi gruppi di lavoro! Conoscete tutti le istruzioni! "
E cominciò a srotolare una serie infinita di nomi, settori di lavoro come i lavori forzati, la pulizia interna ed esterna del riformatorio, sala computer e inventario, e infine il nome del secondino che avrebbe guidato il gruppo. Tra tutte le cose e le persone nominate, Allison non sentì nemmeno una volta il suo nome. La sala mensa si svuotò rapidamente, lasciandola sola con i pochi destinati al lavoro della cucina. Le si avvicinò Berry, con la sua finta aria da secondino perfetto, dicendole di alzarsi e di seguirlo. I corridoi, eccezion fatta per i ragazzi che avevano cominciato a pulirli, erano deserti, e per la prima volta Allison li osservò davvero : erano infiniti, senza soffitti, che continuavano per numerosi piani fino al buio; erano angusti, opprimenti, dall'aria viziatissima e in cui ristagnava l'odore di maschio e di detersivo al limone.
-" Per la tua sicurezza, il Grande Capo ha deciso di assegnarti ai lavori meno pesanti. Ti piacciono i libri? "
-" S-sì. "
mormorò appena la ragazza, collegando automaticamente "il Grande Capo" all'uomo che aveva dato al riformatorio un buon giorno non proprio piacevole. 
-" Ottimo, allora ti piacerà il tuo lavoro. "
Camminarono fino al quinto piano, quello delle salette ricreative; lesse rapidamente PalestraSala TVInternet, SOLO PER GLI AUTORIZZATI, ma loro camminarono oltre, fino all'ultima porta, su cui c'era scritto Biblioteca. A quella parola, gli occhi di Allison si illuminarono, ma sembrarono esplodere come fuochi d'artificio quando la porta si aprì : era una delle biblioteche più grandi che avesse mai visto. Malgrado la stanza sembrasse angusta a causa del colore grigio-blu delle pareti, era stipata di libri : scaffali su scaffali che arrivavano fino al soffito erano riempiti di volumi catalogati per genere, poi autore e infine per ordine alfabetico. Di fronte a lei, davanti agli scaffali, c'era una grande scrivania di legno brunito e piuttosto rovinato, con un piccolo pc, un registro, qualche quadernetto e un barattolo di penne e matite, mentre al centro dell'enorme stanza vi erano quattro vecchie poltrone di pelle sgualcita su un grande e fintissimo persiano; in fondo a sinistra, in un angolino quasi nascosto, una porta era contrassegnata con la targhetta Magazzino. Come ogni biblioteca, odorava di vecchia carta stampata e inchiostro e polvere, di luogo vissuto, uno di quelli che piaceva ad Allison. 
-" Sai come funziona? "
-" S-sì signore, ho già lavorato in biblioteche e librerie. "
disse sorridende Allison, benedendo tutti i lavori estivi che aveva svolto negli ultimi anni per conto dei signori Prior e anche quel "Grande Capo" che le aveva assegnato quel compito.
-" Ottimo. Puoi metterti subito a lavoro allora, con te ci sarà McCord. McCord! "
Dal magazzino apparve il ragazzo dai capelli scuri e il viso gentile che aveva notato alla mensa, il quale portava con sè uno scatolone colmo di libri che, a quanto vide Allison, erano parecchio datati. Come tutti, quel tale McCord indossava la tuta arancione con la rispettiva etichetta identificativa, ma a differenza della maggior parte dei galeotti non la guardava con malvagità o scherno, ma con gentilezza. Era una cosa strana, pensò la biondina, ma era sempre meglio che avere accanto qualcuno che avrebbe potuto farle del male da un momento all'altro. 
Berry si allontanò, cedendo il testimone ad un altro secondino seduto in un angolo vicino alle finestre sbarrate; differentemente da Berry, questa guardia era corpulenta, per non dire sovrappeso, con due folti baffi castani e uno sguardo costantemente scocciato, come se stesse maledendo il giorno in cui aveva deciso di lavorare ad Alkalie Lake; Allison non si permise di biasimarlo.
-" E dunque tu sei la nostra ospite... "
esordì McCord, facendola sorridere imbarazzata e arrossire. Si sentiva a disagio più che mai : forse stare in posto in cui era l'unica femmina non era poi indifferente come pensava, soprattutto perchè ora si rendeva conto che le sarebbe stata spesso rivolta la parola. Era decisamente confusa.
-" Molto piacere, Trent McCord. "
Trent allungò la mano dopo aver poggiato lo scatolone accanto ai suoi piedi e Allison la strinse con un po' di timidezza.
-" Allison McLean. "
-" Beh, sono contento di lavorare con te, Allison. "
La ragazza non rispose, si limitò a guardarsi intorno concentrata sul suo ambiente di lavoro; osservava attentamente i muri, gli scaffali, la scrivania, cercava di cogliere ogni minimo particolare di quella grande stanza pullulante di libri. Trovava che fosse terribile venire a leggere in quel posto, con le poltrone di pelle rovinata in mezzo ad un ambiente così triste ed opprimente : leggere voleva dire libertà, anche in un carcere minorile. Nel piccolo infinito cervello di Allison già cominciavano a spuntare idee, ma esprimerle appena un giorno dopo il suo arrivo non sembrava qualcosa di troppo intelligente, oltre al fatto che doveva mettere bene a fuoco il suo piano.
-" Beh, spero tu non voglia rimanere lì a guardarti intorno : al Grande Capo non piacciono i nullafacenti. Prima che suoni l'ora del rancio dobbiamo fare un inventario completo, compito che spetta ai bibliotecari una volta al mese. "
-" Come mai così spesso? "
-" Beh, siamo in prigione : bisogna controllare che nessuno rubi nulla. "
Allison si limitò ad annuire, perdendosi un momento negli occhi allegri e gentili di Trent; erano di un colore strano, tra il verde e il grigio, ma erano molto belli, espressivi, un vero e proprio specchio dell'anima.
-" Dunque, sai come procedere? "
La ragazza annuì minimamente entusiasta di aver trovato un po' di normalità in un posto come quello, già pronta a mettersi all'opera.
-" Bene, allora io direi che ti puoi mettere al computer e cominciare a registrare un po' di libri, intanto io controllo. Ah, la pagina del registro è l'unica che puoi aprire. "
Allison ridacchiò tra sè e sè mentre si accomodava alla grande scrivania, accendendo la schermata del vecchio pc un po' malandato e controllando che fosse sulla pagina giusta, poi rovistò tra i tanti quaderni e finalmente trovò il registro, un pacco di fogli di circa cinque centimetri con sopra stampato il numero del registro e l'anno a cui appartenevano i documenti. Quando lo aprì e sfogliò le pagine si sentì mancare, non si sa se per l'emozione o la mole di lavoro : i fogli di un inventario mensile erano circa sette, stampati fronte retro a caratteri microscopici, il che voleva dire un'infinità di libri da registrare. Si schiaffò la fronte, impazzendo ancora prima di iniziare quel duro lavoro che lei e quel Trent avrebbero dovuto completare in sole tre ore. Determinata com'era, però, Allison non si fece intimidire troppo da quella mole erculea di fogli, titoli e autori : prese una penna, una matita e una gomma e cominciò ad enunciare i vari libri, aspettando conferma dal suo collega. 
Anche Trent si mise subito al lavoro, seguendo con criterio tutte le istruzioni della nuova arrivata, che, per la cronaca, trovava molto carina -non contando che fosse chiuso ad Alkalie Lake da quasi un anno e che anche un troll gli sarebbe sembrato meraviglioso. Sembrava un ragazzo robusto, anche se non muscoloso come la maggior parte dei galeotti, il suo comoagno di stanza compreso, e sembrava anche muoversi molto bene tra gli scaffali; allison ne dedusse che aveva lavorato lì più di una volta. 
Per un momento si scordò di essere in un riformatorio e pensò di essere di nuovo nella piccola libreria dei signori Prior, seduta alla sua scrivania a leggere un romanzo in attesa di qualche cliente. Aveva passato lì pomeriggi interi, in mezzo all'odore meraviglioso della carta stampata di fresco e alle storie di centinaia di persone che passavano tra le sue mani, anche se solo per un secondo.
-" Tu non parli molto, eh? "
cercò di attaccare bottone Trent, mentre sistemava un volume fuori posto.
-" No. Anna Karenina, Lev Tolstoij. Davvero avete libri di questo genere? "
-" Abbiamo libri di ogni genere e ogni autore possibile immaginabile. Al contrario di quello che puoi pensare, qui si legge moltissimo. "
La ragazza sorrise un po' a quella brillante notizia, poi tornò a lavoro : c'era decisamente molto da fare e inoltre non poteva permettersi di pensare al mondo che le stava cadendo sotto i piedi. No, proprio non poteva.
 
A casa, nel frattempo, tutto sembrava aver perso colore, senso. Mentre Chris cercava in ogni modo di non pensare a sua nipote -cosa che non riusciva a fare, Valery nemmeno si sforzava di provarci. Era distrutta, non aveva la più pallida idea di cosa fare. Se ne stava da due giorni distesa a letto a fissare piangendo la foto di lei e sua sorella che aveva poggiato sul comodino; le ritraeva sedute tranquillamente sul vecchio molo al Rockford Lake, l'una abbracciata all'altra. Ricordó quel magnifico weekend in compagnia di zio Chris e nonna Phillis, uno dei più belli della loro vita; ricordò ogni momento insieme, tutto spazzato via in pochi, lunghi minuti.
La settimana precedente, con la chiamata del commissario Carminati, tutto era svanito in una nube di polvere. La notizia che Allison fosse in commissariato era grave, la sua accusa peggiore, l'atto commesso proprio ad Alexander ancora peggiore, ma il culmine era stato raggiunto dal motivo per cui l'aveva fatto : proteggerla. La sua sorellina aveva gettato tutto al vento per proteggerla, per difendere il suo onore. E più ci pensava, più si disperava, si sentiva colpevole. Allison l'avrebbe severamente rimproverata per pensare e dire queste cose : odiava che la sua sorellina si sottovalutasse e che si prendesse colpe non sue, ma in quei giorni proprio non riusciva a farne a meno. Cosa ne sarà di me, si chiedeva, ora che lei non ci sarà?
Per smettere di piangere, Valery si sporse verso il comodino e riprese in mano per l'ennesima volta il block-notes e la penna, cominciando a concentrarsi sulle parole da scrivere. Per la prima volta nella sua vita non sapeva cosa scrivere sulla lettera più importante che avesse mai scritto, eppure era da due giorni che tentava almeno di buttare giù qualche idea, anche qualcosa di stupido e senza significato. La sua mente era un turbinare di frasi poetiche e un barattolo vuoto allo stesso tempo, non si era mai sentita così confusa e devastata. Era triste non riuscire a trovare qualcosa di sensato da dire alla ragazza che le era stata accanto per tutta la vita, proprio come un Angelo custode, ma dopo lunghi, lunghissimi minuti, iniziò quella lettera con le parole più semplici e forti che le erano apparse davanti agli occhi : Cara Ally, ti voglio bene e te ne vorrò per sempre. Detto ciò, il resto venne da sè.
~~~
Era stata una giornata impegnativa per Allison : un nuovo ambiente a cui fare l'abitudine, rendersi conto che non poteva più fare quello che le piaceva quando desiderava e, soprattutto, non poter uscire quando voleva era qualcosa di opprimente per uno spirito selvaggio come lei. Malgrado il lavoro che le era stato assegnato la aiutasse a superare tutte le sconvolgenti novità che stavano cambiando completamente la sua vita, un vuoto abissale si stava allargando nel suo petto, lentamente, in modo da torturarla pian piano. Il Karma è una bagascia, si ripeteva irritata, per poi cadere in brevi momenti di sconforto in cui pensava a quegli ultimi nove giorni d'Inferno.
Durante la giornata ne aveva avuti parecchi, ma il compito di bibliotecaria la svegliava. Infatti, durante le ore di ricreazione, dopo aver svolto un ottimo lavoro d'inventario, moltissimi dei detenuti avevano fatto visita alla vecchia biblioteca polverosa. Trent aveva insistito nel voler consegnare lui stesso i libri, mentre lei poteva semplicemente registrarli; dagli sguardi spesso astiosi o di scherno dei detenuti, comprese il perchè dell'atteggiamento protettivo del ragazzo. Nessuno degli altri galeotti le rivolse mai la parola, e, d'altronde, lei si rifiutava di guardarli per più di brevissimi secondi : troppa malvagità e rigetto in quelle occhiate. Trent l'aveva rincuorata più volte, facendola anche sentire un pochino meno piccola, insignificante, indifesa, un po' meno cerbiatto in mezzo ai lupi.
Più tardi, a cena, si erano seduti vicini, e anche se non avevano parlato molto si erano sentiti in sintonia, due luci che si trovano nell'oscurità. A dir la verità, era stato proprio Trent ad andare da lei. Le aveva rivolto un sorriso amichevole, forse anche un po' timido, e le aveva chiesto cortesemente se sul tavolo deserto c'era posto per lui; Allison aveva annuito sorridendo appena e in quel modo aveva trovato una compagnia piacevole, o quanto meno gentile.
Ora, dopo il coprifuoco, era nella sua cella con le fioche lampade da ufficio accese e il suo coinquilino che se ne stava sul suo letto come un fantasma; un'altra cosa a cui fare abitudine, forse la più difficile : condividere lo spazio vitale con un ragazzo sconosciuto.
Fece un respiro profondo e prese dal cassetto la piantina di Alkalie Lake di cui Berry le aveva parlato, tanto per distrarsi; era una semplice piantina colorata e plastificata che indicava tutte le aree del carcere minorile : l'ufficio del "Grande Capo", gli alloggi per alcuni dei secondini, le celle di isolamento, il magazzino degli oggetti personali, le sale ricreative, la lavanderia e persino una piccola cappella. Al contrario di quello che poteva suggerire la forma grossolana e stupidamente enorme del riformatorio, era un posto con tutto il necessario, forse anche troppo per essere un centro di reclusione.
Non appena ripose la piantina e s'infilò sotto le coperte, dando di spalle al suo compagno di cella, tutti i pensieri che era riuscita a scacciare durante il giorno erano tornati a galla, addirittura saltati fuori, come un pupazzo a molla di quelle inquietanti scatole a manovella. Come starà Valery? E il resto della mia famiglia? Come sarà il cielo stanotte? Che cosa staranno facendo tutti, mentre io sono chiusa qui? si chiedeva, mentre si ricordava che ora non era più nulla se non una ragazza in un riformatorio maschile, non aveva più nessuna libertà. Niente passeggiate sotto le stelle, niente giornate al lago, niente mattinate alla libreria dei Prior, niente scuola, niente di niente. Niente libertà. A quelle due semplici e potentissime parole, Allison non potè fare a meno di piangere : uno spirito ribelle e desideroso di libertà come il suo non poteva sopportare qualcosa di così grande per tutto il tempo che avrebbe dovuto scontare in quel posto. Un anno e nove mesi di prigionia... Un anno e nove mesi. Che cosa le sarebbe successo in tutto quel tempo? L'avrebbero dimenticata? A proposito, aveva pensato di fare qualcosa che mai nella sua vita avrebbe immaginato di fare, ma era qualcosa di fondamentale sia per lei che per Valery e zio Chris, ma per il momento era meglio aspettare.
 Le lacrime scesero sempre più copiose finchè non ricordò la presenza del ragazzo che condivideva la sua cella; allora tacque ogni sospiro, si asciugò le gote pallide con l'orlo della canottiera e cercò in ogni maniera possibile di soffocare tutti quei pensieri che la stavano soffocando. Quando le luci si spensero definitivamente, chiuse gli occhi e immaginò di essere un cavallo che correva libero in una prateria.
~~~
Finalmente quella mattina erano arrivati i suoi indumenti intimi. Berry glieli aveva consegnati quando il suo coinquilino senza nome se n'era andato sotto la doccia e lei fu felice come non mai di vedere reggiseni e mutandine e perfino assorbenti. In fondo ad essi, c'era l'MP3 verde fluo che Valery le aveva regalato tre anni prima insieme alle cuffiette abbinate, regalate da zio Chris. Prima di tutto, lanciò un'occhiata di permesso a Berry, che, malcelando un sorriso, annuì; Allison controllò che ci fossero tutte e tre le schede di memoria e quando le vide tutte sorrise di sollievo. Insieme a quelle cose c'era anche il caricabatterie, e dopo circa cinque monotoni giorni si sentì sollevata.
-" Le docce ora sono libere, ti conviene andarci subito. Nel pomeriggio ti daremo un cestino in cui mettere le cose da lavare. "
le comunicò Berry con falsa serietà, ed Allison sembrò voler saltare di gioia. Cacciò il contenuto del borsone sotto il suo materasso, MP3 compreso, poi si lanciò come un razzo verso le docce con il suo cambio pulito sotto braccio. Quando vi arrivò, rimase sorpresa : erano un labirinto di muri divisori da cui spuntavano dei soffioni, con un grande tavolo di metallo in un angolino vicino all'entrata su cui erano stati piegati una moltitudine di asciugamani; l'ambiente era ancora caldo e umido, quasi piacevole, a causa dell'uso in massa dei minuti precedenti, ma ora non sembrava esserci nessun altro tra quei muri di piastrelle rettangolari color avorio. Si spogliò in fretta e furia e si cacciò sotto uno dei soffioni dopo aver arraffato un flaconcino di sapone e shampoo, apprezzando appieno la sensazione dell'acqua calda che sciacquava via tutti quei giorni terribili. S'insaponò il corpo snello e proporzionato e i lunghi capelli dorati, risciacquandosi poi con un'allegria oltre il normale : non era mai stata così felice di farsi la doccia. Si asciugò un po' alla meglio con un telo da bagno piegato sul tavolo, indossò il suo cambio pulito e si sentì rinata. Si stava ancora asciugando la lunga cascata di capelli quando Berry si affacciò imbarazzato all'entrata; vedendola vestita, tirò un sospiro di sollievo e tornò quello di sempre, il secondino perfetto intenerito dalla nuova arrivata.
-" Sei pronta? "
-" P-più o meno... C'è un phon da qualche parte, se non chiedo troppo? "
A quella domanda, Berry non seppe come rispondere. Si tolse un momento il cappello a tesa larga, massaggaindosi la fronte e rimuginando su che gran problema era quella ragazza lì dentro, sia per il riformatorio che per lei. Maledisse cento volte Miller per averla cacciata in quel postaccio.
-" Purtroppo no, non penso. Sai ragazzina, penso che uno dei prossimi giorni dovrò portarti dal Grande Capo : avrete molte cose di cui discutere, ne sono sicuro... "
Allison non comprese bene quell'affermazione, ma le mise parecchia inquietudine : questo "Grande Capo" per lei era più o meno il direttore di una scuola, solo mille volte più spaventoso, una specie di mistica entità superiore che aveva conosciuto solamente attraverso le urla di un altoparlante al mattino e alla sera, e l'idea di parlargli faccia a faccia dopo così poca permanenza ad Alkalie Lake non la entusiasmava per nulla.
Dopo pochi minuti, quando i capelli furono più o meno umidi e non fradici, li legò in una trecciona, cacciò i vestiti sporchi in un angolino e seguì Berry in sala mensa, dove il primo pasto stava per volgere al termine. Si sedette al suo solito tavolino, mangiò la sua colazione più in fretta del solito e ingoiò l'ultimo boccone nel momento in cui la campanella suonò, annunciando l'inizio delle solite impegnative tre ore di salutare lavoro mattutino.
Come ogni mattina, il rumore di voci, passi e sedie rimbombò nella mensa e nei corridoi, dando un'illusione di brio e vita, ma tutti sapevano esattamente che quei rumori erano solo una conseguenza della natura umana : un sordo, infatti, non avrebbe percepito nessuna emozione, non positiva almeno. A dir la verità, nemmeno Allison. Intorno a lei vedeva solo corpi in movimento, nessuna anima in vista, soltanto demonietti dietro alle iridi di qualcuno dei compagni galoetti che la scrutava dall'alto in basso. Possono esserci solo corpi come gusci vuoti al mondo? , si chiese curiosa, e la risposta ce l'aveva davanti : una mandria di ragazzi in tute arancioni che le lanciavano occhiate di nascosto.
-" Buon giorno. "
la salutò cortesemente Trent, come aveva cominciato a fare da tre giorni, affiancandosi a lei e sorridendole affabilmente. Con un grande aiuto offertole indirettamente da quello che poteva considerare quanto meno un alleato, il caro detenuto McCord, Allison stava lentamente cominciando ad ingranare la marcia nella sua nuova routine quotidiana : sveglia, doccia, colazione, lavoro, pranzo, cella, tempo libero e ora d'aria quando il tempo lo permetteva, quindi praticamente mai, cena, tempo libero, cella, branda. Monotonia, "normalità" , giornate grige : questo la aspettava per il suo prossimo futuro e, per quanto fosse contrariata, ribelle e selvaggia contro ciò, avrebbe dovuto accettare questa sua nuova e terrificante situazione e far fronte a ciò che più temeva e odiava : la mancanza di libertà.
-" Buon giorno a te. "
rispose Allison, accennando un sorrisetto. 
-" Oggi dovremo fare un po' di pulizie, purtroppo... "
Alla ragazza non dispiaceva : odiava lo sporco, e in quei cinque giorni in cui aveva dovuto rinunciare alla doccia erano stati infernali; era più che felice di mettersi a pulire un posto polveroso come la biblioteca e, come ogni giorno, non vedeva l'ora di mettersi al lavoro.
Nella biblioteca, dopo aver preso gli attrezzi da inserviente necessari, i due galeotti avevano cominciato di buona lena a spazzare il pavimento, passare l'aspirapolvere sul tappeto e spolverare gli scaffali, oltre a mettere in ordine la scrivania. Quella cara biblioteca necessitava urgentemente di una rinfrescata.
-" Dunque Allison, come mai soggiorni in questo magnifico luogo di ritrovo per la gioventù? "
scherzò Trent mentre spolverava gli scaffali più alti. Era un ragazzo curioso, pensò Allison, che esitò parecchio prima di rispondere.
-" Aggressione di terzo grado. Tu? "
-" Cosa?! Aggressione? Wow, non mi sembri tipo che picchia gente a sangue... "
Le venne da ridere : avrebbe dovuto vedere il pargolo Feltman ancora all'Angel Of Mercy Hospital di Castle Rock, con il viso non ancora del tutto rimesso a posto dalla chirurgia facciale e che doveva mangiare con una cannuccia.
-" Comunque, io sono qui per furto con scasso e resistenza all'arresto. È da qualche mese che sono in questo posto, ma uscirò presto, a maggio. Per quanto sarà la tua permanenza qui? "
-" Un anno e nove mesi. "
Trent si fermò per qualche secondo ad osservarla riordinare diligentemente quaderni, registri e articoli di cancelleria, come se fosse stata in una biblioteca qualsiasi, una di quelle in cui i ragazzi vanno a lavorare in estate per racimolare qualche dollaro extra e per ammazzare il tempo. Sembrava così a suo agio, calma, timida e malinconica, una ragazza normale in tutto e per tutto, eppure così diversa dalle ragazze che ricordava, diversa da tutti quelli che aveva incontrato. Nonostante la conoscesse poco, si chiese chi e che cosa diavolo avesse fatto per farle commettere un reato tanto grave.
Allison, intanto, scacciò di nuovo dalla mente ciò che aveva fatto e ciò che la aspettava, concentrandosi su ordine, pulizia e un ciuffo ribelle che le era scappato dalla treccia. 
~~~
 
Novembre
I giorni, al contrario di quello che pensava, erano passati in fretta. Per quello che poteva vedere dalle finestre opache e sbarrate del riformatorio, aveva notato che le giornate si stavano accorciando sempre di più. Novembre era arrivato senza alcun cambiamento particolare, senza notizie da casa e senza avere altri rapporti sociali oltre a quello con Trent. I due si stavano conoscendo sempre meglio, con qualche piccolo discorso che sfiorava argomenti personali solo in superficie e che guardava al presente, a come uno si comportava nei confronti dell'altra e viceversa. McCord era un ragazzo molto affabile e gentile, sempre disponibile ad aiutarla e spesso a proteggerla dagli sguardi astiosi degli altri detenuti. Anche se da poco, aveva imparato a considerarlo un amico. 
Per il resto, tutto era uguale. Il colloquio con il "Grande Capo" ancora non era stato accordato, ma ad Allison andava bene così : ancora non conosceva bene il riformatorio, figuriamoci se voleva conoscere subito il direttore, il quale ogni mattina salutava gli ospiti del suo prestigioso carcere minorile con un Buon giorno, sacchi di merda! No, non si sentiva psicologicamente pronta per compiere quel grande passo.
Come tutti gli altri, quello era stato un giorno normale, grigio e monotono. Il lavoro alla biblioteca stava cominciando a farsi un po' più movimentato del solito, ed ora qualche detenuto le rivolgeva pacificamente la parola, anche se solo per chiedere un libro in prestito; sorprendentemente, ringraziavano con cortesia, o forse erano bravi a fingerla. Dopo il lavoro durante il tempo libero, si era potuta rifugiare nella sua cella a leggere un libro per conto proprio, in buona compagnia del suo silenzioso ed ectoplasmatico compagno di cella. Era una vecchissima copia dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, un romanzo che ammirava infinitamente. L'aveva trovato quasi per caso cercando un altro volume per uno dei tanti frequentatori della biblioteca e ne aveva approfittato subito per prenderlo in prestito. Era indubbiamente molto sollevata di aver trovato un'altro modo per distrarsi dai suoi oscuri pensieri riguardo al presente lontano da lei e dal futuro ancora più lontano del presente.
Ora era a cena, al solito tavolo in compagnia del suo amico Trent. Le chiacchiere e le risate sguaiate, oltre al rumore di sedie e stoviglie, accompagnava il pasto come ogni volta, facendo venire ad Allison una leggera emicrania e la voglia di scappare in cella e dormire beatamente. Le era sempre stato difficile convivere nelle mense, tanto a scuola quanto lì ad Alkalie Lake, e, oltretutto, le mense adesso riaprivano ferite ancora in fase di lenta rimarginazione per motivi già noti.
-" Signori, la posta! "
esclamò un secondino, piombando improvvisamente nella grande sala, in cui calò un silenzio tombale; nessuna parola sussurrata sotto voce, nessun movimento, soltanto sguardi quasi impanicati tra vicini di posto. Al fianco, il postino portava una grande tracolla blu con lo stemma del penitenziario, una torre medievale con delle manette ai piedi di essa, da cui strabordavano buste bianche con francobolli provenienti da diversi Stati, ma soprattutto dal Colorado. Ad Allison cominciò a battere forte il cuore in quell'estraneo petto di donna, chiedendosi insieme all'eco della sua mente Ci sarà una lettera per me? In verità, non era sicura di volerlo sapere : se ci fosse stata una lettera, sarebbe scoppiata a piangere, se non ci fosse stata, sarebbe successa la stessa cosa.
Il secondino cominciò ad elencare una lunga serie di nomi, ed ogni detenuto chiamato si alzava per ritirare la propria posta. Ad ogni nuova busta da leggere, bianca o gialla che fosse, il cuore di Allison aumentava inevitabilmente il battito, mentre il suo corpo s'irrigidiva e i suoi occhi erano fissi sulle labbra della guardia. Non si accorse minimamente dello sguardo confuso e preoccupato di Trent, che notò inevitabilmente il suo rapido cambiamento di espressione e colorito; non l'aveva vista così spaventata e pallida prima di allora, nemmeno la prima volta che era entrata nella mensa.
Per un attimo la guardia si bloccò con due buste in mano, leggendo e rileggendo varie volte mittente e soprattutto destinatario. Credeva di essere improvvisamente diventato dislessico, e invece no, lui ci vedeva ancora magnificamente e il destinatario era esattamente quello : incredibile! 
-" Allison McLean! "
Allison sentì un brivido correrle lungo tutta la schiena fino alle punte dei piedi mentre l'intera sala della mensa si voltò verso di lei, secondini e cuochi compresi. Il silenzio era opprimente, palpabile, la tensione alle stelle, il tempo sembrava essersi fermato. Tremava come una foglia e dovette aspettare lunghi secondi prima di alzarsi e percorrere il trionfante cammino verso le due buste di sua appartenenza. Rigida come un bastone, cercava di non inciampare nei suoi piedi e di fissare costantemente le lettere, ignorando quanto più possibile più di duecentocinquanta sguardi puntati su di lei, sulla sua lunga treccia dorata che rimbalzava nervosamente contro la sua schiena e sul suo corpo fragile come una statua di cristallo. Senza guardare il secondino negli occhi, gli sfilò rapidamente le buste dalle dita, ringraziando con un filo di voce, e il tempo tornó a scorrere normalmente. Arrivò nuovamente al suo tavolino quasi correndo, mentre altri nomi cominciavano a scorrere con tranquillità, e, non appena si sedette, tirò un gran sospiro di liberazione, sciogliendosi da tutta la tensione e quasi il terrore che fino a pochi istanti prima l'aveva avvolta completamente.
-" È tutto okay? "
le chiese Trent, notando che ancora tremava, e lei annuì come una bambina spaventata. 
Allison si cacciò le lettere nel bordo dei pantaloni e continuò a mangiare, fingendo che i tre minuti precedenti non fossero mai esistiti.
 
Da lunghi, lunghissimi minuti Allison teneva in mano quelle dannate lettere senza averle aperte; fissava semplicemente i due mittenti scritti a mano sulle buste candide : Valery e zio Chris. Non sapeva se avrebbe mai avuto il coraggio di aprire quelle buste e leggere quelle parole così dolci che sapeva fossero scritte lì, le parole che l'avrebbero fatta affogare nei sensi di colpa o, peggio, parole di promesse future come Ti scriverò sempre, ti verrò spesso a trovare, ci sarò sempre per te : come poteva lasciare che le due persone più importanti della sua vita sprecassero momenti della loro vita per lei, che si trovava in un limbo in cui il futuro non esisteva? 
Alla fine si arrese e lesse per prima la lettera di zio Chris; aprì il foglio bianco piegato in tre e riconobbe la scrittura un po' bambina di quell'uomo che, in fondo, non era cresciuto mai. Era stata scritta con una comune penna a sfera, ma forse era quella che usava per firmare i contratti con importanti magnati della TV, la sua penna fortunata, quella tutta dorata che avevano comprato insieme un Natale di molti anni prima. Non c'era scritto molto su quel comune foglio bianco, ma zio Chris era sempre stato uno di poche parole e molte speranze.
 
Cara Ally,
la vita a casa è molto grigia senza di te. I nonni ora hanno smesso di lamentarsi della tua presenza e hanno cominciato a farlo per la tua assenza. Sai come sono, devono sempre trovare qualcosa per cui rompere le scatole, ma ora che non ci sei hanno perso gusto nel farlo.
Non so che altro raccontarti che non riguardi me, perciò ti scrivo che mi manchi. Manchi a tutti quanti. Penso ogni istante a te, a come stai, se ti sei ambientata, se ti faranno mai del male. Non so come puoi sentirti leggendo questa lettera, ma non voglio che tu ti senta in colpa. Hai fatto quello che pensavi fosse giusto per difendere la tua sorellina e, anche se non ho mai approvato la violenza, sai che io sono sempre dalla tua parte. Sei mia nipote, ma allo stesso tempo sei la mia figlioletta mancata : tale e quale a tuo padre e tua madre, non puoi fare a meno di distruggere le cose intorno a te per motivi familiari. Non m'importa che tu abbia quasi ucciso una persona (basta che non sia io) , avevi i tuoi motivi fondati per farlo, in ogni caso io ti vorrò bene per sempre. Sono e sarò sempre orgoglioso di te, piccoletta.
Fai la brava, non fare male a nessuno se non in casi d'emergenza. Ti voglio bene. Zio Chris
 
Non sapeva se ridere o piangere a quelle parole; come sempre, suo zio cercava di rendere tutto meno tragico, di darle conforto nel miglior modo che conosceva : dicendole che era tutto okay, facendo qualche battuta di pessimo gusto e, soprattutto, dicendole che era orgoglioso di lei. 
Ma il bello doveva ancora venire : mancava la seconda lettera. Ingoiò le lacrime che già minacciavano di sfuggire dai suoi occhi e, con un immenso sforzo di coraggio e volontà, aprì pian piano la busta di sua sorella. Anche quel foglio era piegato in tre, scritto con la calligrafia perfetta e unica di Valery; l'inchiostro aveva un odore così familiare, le sembrava quello di quella particolare penna che le aveva regalato per il suo compleanno, poco più di due mesi prima, ad agosto, quella penna trovata in un negozietto vintage in cui Valery aveva raccattato metà delle cose presenti nella sua stanza. Chissà se ci era stata negli ultimi giorni, si domandò Allison, giusto per sviare l'attenzione dai suoi pensieri funesti, ma poi si decise a leggere quella dannata lettera.
 
Cara Ally,
ti voglio bene e te ne vorrò per sempre. Non importa dove sei e dove sarai in futuro, non importa se per quasi due anni cresceremo separate, noi saremo sempre unite. Il filo rosso, te lo ricordi? Era molto tempo fa, ma sono sicura che non l'hai dimenticato. 
Ti ringrazio per quello che hai fatto, anche se continuo a chiedermi perchè hai dovuto sacrificare la tua libertà per me. Grazie a questo, però, ho aperto gli occhi. Ho trovato vero affetto da persone più vicine di quanto pensassi e ora sono di nuovo felice, o almeno in parte, perchè senza di te la vita non ha senso. Mi sto riprendendo lentamente, mentre sono sicura che tu l'hai già fatto, forte come sei. Sei sempre stata la più forte, anche se non l'hai mai voluto ammettere.
Ora che non sei qui, ho paura di quello che verrà. Quasi due anni senza di te saranno un Inferno, nonostante abbia qualcuno che mi vuole bene, ma vedrò di sopravvivere. Forse è una sfida voluta da un'entità superiore, una sfida per entrambe : stare insieme anche da separate, crescere e trarre forza dalla speranza di rivederci, in futuro. Ma sono sicura che noi ce la faremo, anche se a molti chilometri di distanza, vero sorellina? Saremo sempre unite, qualsiasi cosa accada, ed io sarò sempre qui ad aspettarti. 
Ti auguro il meglio in quel postaccio in cui ti trovi, ma penso sia abbastanza inutile : saranno tutti spaventati a morte da Allison McLean, la ragazzina che ha affrontato il suo stesso mondo.
A scuola stanno ancora parlando di te. Per alcuni sei un'eroina, per altri una psicopatica, per altri ancora tutti e due (io continuerò a sostenere la prima opinione). Anche quello è un posto brutto senza le tue battutacce e il tuo sorriso, le ore sembrano interminabili. Pensa che gira voce che perfino la tua insegnante di latino senta la tua nostalgia!
Ma questo è un altro discorso. Volevo solo dirti che a tutti i tuoi compagni devi dimostrare chi sei sorellina, sei forte come un uragano e so che non ti farai piegare da niente e nessuno, come hai sempre fatto. Quindi sii forte sorellina, sia per te che per me, ed io farò lo stesso.
Ti voglio bene, te ne vorrò per l'eternità. La tua sorellona, Valery
 
Le guance le si erano rigate di lacrime senza che se ne accorgesse; se ne rese conto solo quando arrivò alla firma di sua sorella, perchè una goccia era caduta esattamente sul bordo del foglio, strappandole di bocca qualche sana imprecazione che, incredibilmente, attirò l'attenzione del misterioso compagno fantasma disteso sulla sua branda liberamente in boxer e canottiera, con il suo libro in mano. Allison non si era resa conto che da cinque minuti a quella parte quello strano ragazzo quasi inesistente l'aveva osservata in silenzio, aveva visto le sue lacrime e i suoi sorrisi involontari, aveva scrutato ogni sua emozione, ma non aveva detto una parola, nè mosso un muscolo, anche se forse avrebbe voluto.
La ragazza piegò le lettere, infilandole cautamente nelle rispettive buste e ficcandole rapidamente nel suo cassetto; si asciugò gli occhi con il dorso delle mani e cercò minimamente di ricomporsi. Non le importava troppo del suo compagno di cella, perciò alla fine avrebbe potuto piangere tutte le lacrime che voleva. E, in fondo, chi mai avrebbe potuto biasimarla? Una ragazza di soli sedici anni, quasi diciassette, che si era fatta prendere dall'istinto, cacciata in un riformatorio tra i più duri di cinque contee a più di cento chilometri da casa e senza il minimo appiglio per riprendersi la sanità mentale perduta un momento e per sempre.
No, nessuno avrebbe potuto biasimare il suo pianto, che quella notte fece da colonna sonora gli incubi di cento persone.
~~~
Quel giorno era insolitamente soleggiato. I raggi dorati penetravano attraverso le sbarre delle finestre, dando un minimo di allegria e vitalità ai corridoi e le celle anguste di Alkalie Lake; quel sole non era come quello tiepido dei bellissimi pomeriggi d'estate, quelli che amava passare sempre all'aperto insieme a Valery, era il sole che preannunciava l'inverno, quello pallido e freddo che spunta tra le nubi candide prima della neve. 
Quella mattina Allison, dal momento che aveva accumulato troppi vestiti sporchi nel suo cestello della biancheria, cacciato nell'angolo più nascosto della sua parte di cella, aveva chiesto a Berry se poteva andare a lavarli, spiegandogli ovviamente le sue ragioni.
-" Mi sentirei a disagio se un ragazzo dovesse lavare le mie mutandine. "
aveva preso decisamente posizione la ragazza, incrociando le braccia al petto e guardando dal basso il secondino, che arrossì fino alla punta dei capelli. Negli ultimi tempi, i due avevano stretto una specie di segreta alleanza tra guardia e detenuta, qualcosa di speciale e segreto, una sorte di piacevole violazione delle regole umane che sembrava essere utile ad entrambi. In fondo, Berry non era capace di essere duro con lei come lo era con tutti gli altri : gli ricordava molto la sua sorellina ormai adulta quando aveva anche lei diciassette anni e proprio non poteva trattenere la tenerezza che provava per quella ragazza così fuori posto; dal canto suo, Allison non era capace di essere ostile con lui : gli sembrava tanto un fratello maggiore, o qualcosa di molto simile, con lei era sempre molto gentile e si vedeva che ci teneva a lei, proprio non poteva evitare di ricambiare.
Il secondino si sentì messo al muro e, nonostante fosse un pochino contro le regole, le diede il permesso di andare a fare il bucato. Ma in fondo, pensò, Allison stessa era qualcosa di "contro le regole" .
La lavanderia, come il resto delle stanze del riformatorio, era un posto angusto e dall'aria calda e viziata, sia a causa dei motori delle lunghe file di lavatrici e asciugatrici e delle caldaie, sia per l'accumulo di vestiti da lavare che spuntava da una grande cesta metallica. Il rumore era costante, un ronzio un po' inquietante faceva da continuo sottofondo ai pensieri di Allison, rivolti totalmente altrove rispetto al suo bucato. Pensava infatti alle lettere che le erano arrivate tre giorni prima, a cosa avrebbe potuto rispondere, ma soprattutto, se mai avrebbe risposto. Era combattuta tra il voler far sapere alla sua famiglia che stava bene e tra il voler essere morta per il mondo esterno ad Alkalie Lake. Qualsiasi cosa avesse scelto di fare, sarebbe stato doloroso in egual misura. 
Mentre continuava a pensare, cacciò tutti i suoi vestiti nella lavatrice e rimase a fissare quella macchia di colori di calzini, mutandine e reggiseni che giravano pigramente in acqua e sapone al profumo di muschio bianco. Qui troppe cose profumano di muschio bianco... pensò ad un tratto, ed in effetti era vero : bagnoschiuma, saponi per le mani, detersivi, deodoranti per ambienti, deodoranti e perfino i deumidificatori profumavano di muschio bianco. Chi ordinava il vasto assortimento di prodotti per igiene e pulizia o era un grande amante del muschi amante, o era troppo pigro per scegliere profumi diversi tra loro.
Finito il lavaggio, passò all'asciugatrice e poi allo stendipanni, che cacciò in un angolino nascosto vicino alle caldaie. Stese i panni in tempo record, per poi coprirli con un vecchio lenzuolo per evitare che si vedessero, nonostante non ci fosse nessuno nella lavanderia oltre a lei. Malgrado fosse stufa di quell'ostentato odore di muschio bianco chimico, fu felice di sentire i suoi indumenti profumare.
Terminato quel compito, si era diretta come ogni mattina alla biblioteca, dove insieme a Trent aveva riordinato minimamente il ripostiglio. Purtroppo, quello non era un lavoro da fare in due ore o poco meno : scatoloni, su scatoloni, su scatoloni di volumi erano accatastati sopra a delle mensole metalliche che arrivavano fino al soffitto, insieme a qualche altra cianfrusaglia. Non appena i due tentarono di spostare qualcosa, un disumano cumulo di polvere di anni nevicò sopra le loro teste e facce, facendoli correre fuori a tutta birra tossendo e stropicciandosi gli occhi. Allison in particolare sembrava terrorizzata : continuava ad agitare le mani e saltellare prima su un piede poi sull'altro tentando di fare una specie di rito magico-propiziatorio contro i germi, attirando perfino l'attenzione di Carven, il secondino della biblioteca, che la squadrò come se fosse stata un pagliaccio del Circo di Monaco.
-" Sento che mi verrà un cancro ai polmoni... "
affermó la ragazza, con voce strozzata, strappando una sincera risata al suo compare. Se c'era una cosa che Allison detestava, erano i germi. Nonostante lo fosse solo da pochi anni, era una germofoba incallita; si lavava le mani molto spesso e teneva infinitamente ai suoi denti e ai capelli. Quella zaffata di polvere era stata peggio di un pugno in piena faccia per la poverina, che continuava i suoi gesti magico-propiziatori, anche se in modo più contenuto. 
-" Penso proprio che ci vorrà un bel po' per sistemare quel posto... "
concluse pensoso Trent, portandosi le mani ai fianchi e fissando la porta aperta del piccolo ma pienissimo magazzino.
-" Decisamente... Posso chiedere guanti e mascherine, vero? "
Tutti nella biblioteca, compreso Carven, ridacchiarono.
Dopo quel breve momento di ilarità, la giornata procedette normalmente. I due colleghi di lavoro sistemarono per l'ennesima volta la biblioteca, riorganizzando in modo ancora più efficiente la scrivania, ben sorvegliati dal burbero Carven, che mai aveva visto quella biblioteca così pulita e ordinata in quindici anni di servizio ad Alkalie Lake.
Arrivò poi l'ora del pranzo e come al solito Allison e Trent si accomodarono al tavolino più isolato della sala; non parlarono molto, come al solito, e si limitarono a scrutare la mensa, esaminando discretamente ogni viso e ogni movimento, ogni tatuaggio e ogni sguardo. Vagando con gli occhi come faceva abitualmente, Allison si trovò per un momento in contatto con le iridi acqua marina del suo compagno di cella; stava proprio guardando lei, con un'espressione di indecifrabile calcolo, qualcosa di quasi soprannaturale e addirittura raggelante. Al contrario di ciò che chiunque si sarebbe mai aspettato, fu l'enigmatico ragazzo a distogliere lo sguardo per primo, riportandolo al suo piatto vuotato a metà. Nonostante la voglia di imitarlo fosse forte, quella di osservarlo meglio vinse; Allison aguzzò invisibilmente la vista e cominciò ad esaminarlo seriamente per la prima volta. Era un tipo curioso, pensava, ma decisamente molto bello. Era uno di quei ragazzi che sulle prime fa molta fatica a piacere, uno di quelli che si etichetta subito come il cattivo della situazione, ma quando lo si guarda meglio si capisce che è tutto fuor che poco piacevole alla vista. Aveva spesso visto il suo fisico prestante, ma non ci aveva mai fatto troppo caso, e nemmeno al suo viso, tanto che quando lo vedeva al di fuori della cella spesso doveva pensare qualche secondo per capire che si trattava del suo coinquilino.
-" Allison? "
Il suo nome la fece svegliare dai suoi assurdi filmini mentali, quelli che si faceva almeno una volta ogni cinque minuti, e tornò a guardare Trent con l'aria di chi si è appena svegliato. 
-" È tutto okay? "
-" Certo. "
rispose frettolosamente, mangiando un pezzo dell'hamburger che ultimamente aveva cominciato a saper di qualcosa di molto simile a carne bollita e non ad un pezzo di cartone bagnato; McCord la guardò un po' perplesso e cercò di guardare nella direzione in cui pochi secondi prima erano puntati gli occhi di ghiaccio della sua amica, trovando quello che probabilmente stava fissando con tanto interesse.
-" L'armadio con i capelli neri e gli occhi azzurri? "
A quella deduzione impeccabile, Allison arrossì e si fece piccola piccola, rabbrividendo un po' per l'intuito eccellente di Trent; non sapeva perchè, ma sentiva che aveva fatto qualcosa di sbagliato. 
-" Beh, hai dei buoni gusti in fatto di aspetto. "
Sì, aveva decisamente fatto qualcosa di sbagliato. 
 
Carven quel giorno aveva acceso la radiolina portatile che di solito teneva pigramente abbandonata sotto la sua sedia, selezionando il canale della buona musica dei vecchi tempi, da cui partivano solo canzoni country, indie rock e pop anni Sessanta. 
Sia Allison che Trent se ne stavano tranquillamente seduti alla loro scrivania, entrambi con un buon libro in mano che abbandonavano momentaneamente soltanto per aiutare i detenuti a cercare un romanzo o per riporre quelli restituiti. Quel giorno, insolitamente, molti dei loro compagni avevano fatto visita alla biblioteca; alcuni si erano ritirati nelle loro celle, mentre molti altri erano rimasti lì, seduti sulle poltrone o addirittura sul tappeto, in religioso silenzio, a leggere serenamente. Era incredibile come la lettura potesse portare alla liberazione dello spirito, si meravigliava sempre Allison guardando di tanto in tanto lo spazio di lettura.
-" Vorrei un altro libro, per cortesia. "
Al suono di quella voce giovane e profonda, leggermente gracchiante, stranamente diversa dalle altre che aveva udito fino a quel momento, abbassò il libro e alzò gli occhi, trovandosi davanti il suo chilometrico compagno di cella in tutto il suo splendore, con la camicia aperta a scoprire la canottiera bianca e le maniche arrotolate ai gomiti che lasciavano scoperte le muscolose braccia tatuate. La guardava dall'alto, con un'apatia quasi arrabbiata, mettendole soggezione, ma soprattutto curiosità, esattamente com'era successo la prima volta che aveva visto Alkalie Lake.
Fece per rispondergli, ma Trent, da buon amico qual era, s'intromise.
-" Di quale hai bisogno? "
-" Non l'ho chiesto a te. "
rispose quasi ringhiando il misterioso ragazzo corvino, rivolgendo a McCord uno sguardo di puro e semplice odio, uno di quelli che un lupo alpha lancia ad un giovane beta nella contesa per la femmina. 
-" M-me ne occupo io Trent... "
mormorò imbarazzata Allison, stemperando la tensione in quella guerra di testosterone che aveva sollevato l'attenzione di tutta la biblioteca, di Carven in particolare; cominciavano a tremarle le mani, brutto segno per una come lei.
-" Dunque, che libro ti interessava? "
-" Amleto, Shakespire. E devo restituire questo. "
Il tono con cui le parlava era totalmente diverso da quello che aveva usato con Trent : non era dolce e zuccheroso, ma era apaticamente gentile per uno come lui, anche se si vedeva che si stava sforzando. Con calma, come se non volesse spaventarla, le porse davanti una copia di Romeo e Giulietta con un'aria strana, quasi a voler nascondere ciò che aveva preso in prestito. E così tu leggevi Romeo e Giulietta, grande lupo cattivo? , pensò quasi con sarcasmo Allison, sorridendo intenerita e cercando in ogni modo di celarlo.
Diede un'occhiata all'elenco alla ricerca dell'Amleto, e quando lo scovò sia sul registro che sulle mensole, spalancò gli occhi : era una spanna più in alto rispetto a quanto poteva arrivare lei in punta di piedi e con le braccia alzate. Prima di levarsi dalla sua poltrona, fece un respiro profondo e pensò che avrebbe soltanto dovuto saltellare due volte e acchiapparlo al volo, consegnarlo al figliolo tascabile e registrarlo, nulla di più.
Si alzò con calma e il Grande Lupo Cattivo la affiancò, facendola sentire minuscola : la testa di Allison, infatti, gli arrivava a malapena al petto. Era una sensazione assurda, ma ancora più assurdo fu quando arrivò sotto al libro prescelto. Come diavolo faceva ad arrivarci?! Si concentrò il più possibile, si mise in punta di piedi, allungò il braccio e tirò fuori la punta della lingua, come faceva sempre nei momenti di maggior concentrazione; fissò attentamente il suo bersaglio, un dannato libricino dalla copertina color vermiglio rifinita in oro consumato, poi spiccò un saltello, che la portò soltanto a sfiorarlo con la punta delle dita. Ci provó altre tre volte, senza successo; più o meno tutta la biblioteca stava ridacchiando per la tenerezza, anche involontaria, che quella ragazza ispirava.
-" Ti serve una mano? "
le chiese il Grande Lupo Cattivo con il suo tono così particolare e coinvolgente, ma Allison era troppo determinata a prendere quel dannato volume : era una sfida personale tra lei e quella stramaledetta opera teatrale shakespiriana.
-" No. Ce la faccio, grazie. "
rispose dura, per poi osservare bene la situazione. Esaminó il ripiano più basso, l'altezza a cui si trovava il libro e la distanza alle sue spalle, poi le venne in mente qualcosa di fenomenale; avrebbe rischiato di rompere una mensola e di spezzarsi una gamba, ma era un rischio da correre. Risoluta come non mai, prese una bella rincorsa, usó il ripiano più basso come trampolino e spiccò un bel salto, afferrando con forza quel deprecato Amleto e atterrando con quel libro finalmente in mano. Ritta nel suo pieno orgoglio e soddisfazione, Allison consegnò fieramente il volume nelle grandi mani del Lupo Cattivo, sorridendo in modo semplicemente smagliante.
-" Ecco a te. Trent, per favore, registralo tu. Buona lettura. "
concluse la ragazza continuando a mostrare il suo bianchissimo e splendido sorriso, momentaneo ritratto delle gioie della vita, tornando alla scrivania e rifilando al caro McCord Romeo e Giulietta da ricacciare al proprio posto; ora tutta la biblioteca sorrideva divertita tra le pagine dei libri prescelti, perfino il Grande Lupo Cattivo, il cui piano non aveva funzionato, proprio come sperava.
~~~
Alla luce della sua lampada da ufficio, in quella che ormai considerava la sua nuova camera, stava pensando da vari minuti a cosa scrivere; davanti a sè, un block-notes e una penna a sfera blu attendevano soltanto di essere utilizzati. Era incredibile : nella sua vita aveva scritto decine di lettere, ma per quelle due, le più importanti della sua vita, non aveva proprio idee. Non sapeva nemmeno come cominciare.
Da giorni e giorni Allison tentava inutilmente di raccogliere il coraggio di prendere uno dei tanti block-notes a disposizione nella biblioteca e scrivere alle due persone più importanti della sua vita, ma non ci era riuscita fino a quella sera di metà novembre, appena una settimana prima del suo diciassettesimo compleanno. Era frustrante non poter esprimere ciò che pensava, ma ancora più frustrante era il non riuscir a pensare. Le due lettere che da due settimane erano rinchiuse nel suo cassetto ora erano a fianco a lei e il suo sguardo cadeva puntualmente su di loro, i suoi pensieri toccavano costantemente le dolci parole scritte all'interno di quei fogli bianchi macchiati ordinatamente da inchiostro nero e blu.
Caro zio Chris, cominciò, io sto bene. Erano le uniche parole che in quel momento le balenavano nel cervello e le uniche che avrebbe voluto scrivere, perchè in fondo non aveva altro da dire. Non sapeva perchè, ma non sentiva di voler uscire immediatamente da quel riformatorio : quel posto stava cominciando a diventare un luogo di meditazione, un luogo di ritrovo per lei; perciò non aveva senso scrivere del suo desiderio di tornare a casa. 
Ad un tratto, però, le parole le spuntarono proprio davanti agli occhi e la sua penna cominciò a scrivere velocemente, con una calligrafia ordinata; scrisse finchè le luci non si spensero, sia a suo zio che a sua sorella, poi ripose blocco e penna nel cassetto e si rifugiò sotto il suo caldo piumino grigio, rivolta verso il suo compagno di cella. Fissó intensamente la sagoma imponente del ragazzo sul letto dall'altra parte della cella forse in cerca di conforto, di qualcuno che le desse la risposta alla domanda Devo davvero spedire quelle lettere? . Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.
 
End of part 1
 
   
 
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