Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Altair13Sirio    25/07/2017    6 recensioni
***ATTENZIONE SPOILER MANGA***
"Sai, la tua determinazione mi ricorda una storia... Narra di quando i Giganti raggiunsero l'ultima città rimasta ancora in piedi nel regno di Mahle e come questi furono respinti da un semplice bambino armato di una fionda. Un bambino solo, con una fionda! E’ una storiella per bambini, una favola... Ma l'essenza del racconto rimane: Mahle è superiore agli sporchi Giganti di Eldia, e il popolo di Eldia deve essere sottomesso a Mahle! La tua determinazione mi ricorda tanto quel bambino del racconto..."
In una mattina grigia e coperta dalle nubi, due vecchi amici si incontreranno inaspettatamente sul campo di battaglia. In questo scontro alcuni lotteranno per la propria vita e la patria, altri per espiare le proprie colpe; qualcuno lotterà per l'amicizia e l'amore, qualcun altro perché non ha scelta.
"Non farmi pentire di aver fatto quella promessa!"
Il nemico dell'umanità e un eroe improbabile... La battaglia per la difesa dell'umanità e la rivincita contro secoli di persecuzioni... Il futuro del mondo intero...
"Non mi aspettavo di vedere proprio te, tra tutti quanti..."
Tutto sarà deciso da una casualità.
"Non importa come, io tornerò da lei!"
Genere: Angst, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Conny Springer, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Reiner Braun, Sasha Braus
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Il sole illuminava caldamente l'avamposto Gloria mentre delle nuvole grigiastre e una sinistra foschia sembravano farsi strada verso la costa da nord. L'oceano cantava dolcemente al colpo di ogni onda, la fresca brezza marina fischiava placidamente e trasportava salsedine sui volti dei soldati di guarda sulla scogliera.
Proprio quel luogo che aveva significato tanta sofferenza per il loro popolo, adesso era il posto da dove nascevano tutte le idee e i sogni di libertà che accomunavano tutti quanti. Quella lunga parete di cemento da cui la gente era precipitata nei decenni, adesso ospitava una base militare dove vigevano l'ordine e la fiducia reciproca, ma anche un condiviso senso di leggerezza dovuto all'ottimismo dilagato dopo la loro prima vittoria con Mahle.
Quella stessa vittoria era arrivata in modo tanto inaspettato quanto improvviso: la Legione era giunta alla barriera dell'oceano da poche settimane, quando all'orizzonte una delle vedette ebbe avvistato una nave diretta proprio lì. Era qualcosa di mai visto prima: un'imbarcazione in metallo che mandava fumo da una enorme cappa e si avvicinava al suo obiettivo a una velocità esageratamente superiore alla norma. Dopo essersi messi al riparo e aver nascosto i segni dell'accampamento – ancora in fase di sviluppo in quel momento – i soldati avevano atteso ulteriori sviluppi e avevano assistito allo sbarco dei passeggeri da lontano, protetti dai loro nascondigli mentre alcune poche vedette si spingevano fino in cima alla Barriera per osservare dall'alto i movimenti degli alieni; si era scoperto che non tutti erano uomini liberi e che, anzi, la maggior parte di loro era disarmata e legata in modo rudimentale. Prigionieri, schiavi di guerra, dissidenti politici… Che importava, quando la scena che stava avvenendo sotto ai loro occhi era la stessa descritta nella lettera di Grisha Jaeger, che si era ripetuta in tutti quegli anni mentre loro vivevano rinchiusi nelle Mura, assoggettati dal terrore?
Era stata organizzata rapidamente un'azione contro i soldati che stavano per portare i prigionieri in cima alla scogliera di roccia, evidentemente creata da mano umana, per neutralizzarli e liberare gli oppressi prima che potesse scatenarsi il peggio e altri Giganti venissero liberati nelle loro terre. Con una rapida imboscata, il Corpo di Ricerca aveva circondato gli uomini armati e li aveva costretti alla resa, mentre un piccolo gruppo di soldati a piedi portava in salvo i prigionieri esterrefatti e li liberava. Nessuno era stato ferito o ucciso, gli uomini di Mahle nemmeno avevano avuto il tempo di reagire tanto era stata grande la sorpresa di scoprire che non erano soli sull'isola quel giorno.
Dopo quella piccola vittoria, il Corpo di Ricerca aveva messo a segno altri successi mentre l'avamposto Gloria si espandeva e cresceva in modo da poter sostenere una più grande autonomia al suo interno, con una vita sempre più animata e uno sviluppo nei rapporti con i Territori Interni, che provvedevano al sussidio di viveri e beni di prima necessità. Le navi arrivavano, cariche di prigionieri destinati ad essere tramutati in Giganti, e una volta che attraccavano e i passeggeri venivano fatti scendere una squadra partiva all'attacco prima che uno solo degli uomini in catene potesse essere trasformato in quei mostri abominevoli. I soldati di Mahle, sempre colti alla sprovvista dagli attacchi a sorpresa del Corpo di Ricerca, venivano imprigionati e interrogati per ottenere più informazioni possibili, e le loro navi bruciate e affondate per non lasciarne traccia alcuna.
Certo era che si trattasse solo di pochi uomini disorganizzati e totalmente all'oscuro di ciò che li aspettava, inadatti alla battaglia anche come preparazione… Una sfida più ardua arrivò quando, dall'orizzonte, fece la sua comparsa una nave più grossa delle altre, più minacciosa, che fermatasi a poche decine di metri dalla costa cominciò a bersagliare la scogliera con i suoi cannoni. A quel punto i prigionieri di Mahle, sentendo le cannonate dalle loro celle, avevano già cominciato a cantare vittoria e a inveire contro le loro guardie; ma sia loro che la nave che era stata mandata ad abbattere la Legione Esplorativa in agguato sulle rive dell'isola non erano preparati a ciò che sarebbe accaduto dopo.
Nessuno sapeva che tra le persone che li avevano imprigionati sull'isola c'era uno in grado di trasformarsi in Gigante; nessuno sapeva chi fosse in mezzo a tutti quei soldati e nessuno aveva neanche lontanamente previsto l'eventualità che gli arretrati e tuttavia valorosi soldati delle Mura fossero provvisti di un piano di riserva per affrontare situazioni ben più gravi di una manciata di uomini armati. E' così che, con un lampo del tutto inaspettato, il Gigante che Avanza aveva sbaragliato anche quella nave.
Facendosi strada nell'acqua dell'oceano, quell'acqua salata che lasciava una strana sensazione su tutto il corpo dopo essercisi immersi e increspava i capelli facendoli annodare tra loro, Eren Jaeger aveva evitato facilmente i colpi della nave – che tuttavia non erano abbastanza forti da causargli danni gravi, come mostrato quando fu colpito di striscio a un fianco – e l'aveva ribaltata con un grande gesto enfatico della parte superiore del corpo, afferrandola dallo scafo con entrambe le mani e sollevandola per poi farla ricadere a testa in giù nel mare, facendo riversare tutto il suo equipaggio nelle acque attorno a sé.
I superstiti erano stati recuperati e imprigionati assieme ai loro compatrioti, avviliti e sconvolti dalla mostruosa dimostrazione del Gigante Eren. Era la prima vittoria dei popoli dentro le Mura su Mahle, il primo passo verso una rivoluzione talmente grande da sconvolgere il mondo e consegnare nuovamente la libertà al popolo di Eldia. L'esercito quella notte aveva festeggiato in onore di Eren, incoraggiato dal recente successo e dalla prospettiva di un futuro migliore finalmente a portata di mano, dopo tanti sacrifici…
Quella mattina Connie era irrequieto. Non dormiva da parecchio tempo, nervoso com'era dal trasferimento al fronte e l'allontanamento dai Territori Interni; non c'era più nulla da temere là fuori, però a lui mancava comunque casa sua, la sua famiglia scomparsa, la vita fragile ma in qualche modo spensierata che conduceva assieme ai suoi amici all'interno delle Mura…  Quegli amici con cui era cresciuto assieme durante l'addestramento per diventare soldato erano quasi tutti lì; alcuni di loro erano morti, uccisi brutalmente dalla furia dei Giganti, mentre altri ancora se n'erano andati lasciando dietro di sé domande inascoltate e un grande vuoto inspiegabile. Il tradimento non era giustificabile, eppure Connie aveva sempre sperato che ci fosse un motivo valido per l'abbandono di Annie, Reiner e Bertholdt… Aveva continuato a desiderare di tornare a vederli sorridere al suo fianco, scherzare come vecchi amici mentre intanto tutto il resto del mondo veniva lasciato fuori da quelle Mura che li avevano intrappolati per tanto tempo. Perché non c'era altro se non una grande delusione nel suo cuore dopo il loro tradimento, e la speranza che tutto quello potesse non essere vero lo aveva corroso per tutto quel tempo, incapacitato a chiarirsi come si deve con loro.
O almeno, Connie aveva provato quel sentimento fino a che Reiner non aveva fatto del male ai suoi amici e aveva ferito Sasha. Quando aveva capito che il suo vecchio compagno non si sarebbe più redento, aveva perso la lucidità e per un attimo aveva pensato di scagliarvisi contro in preda all'ira, ma poi aveva capito che le priorità erano altre e che lasciar fare tutto all'odio non avrebbe condotto da nessuna parte, così si era ricomposto ed era andato ad aiutare la sua amica.
Sasha era una fifona, una che non ci si aspetterebbe di vedere in mezzo alla Legione Esplorativa, ma tra loro era forse uno di quegli elementi che avevano dato più di tutti; bastava pensare al fatto che avesse affrontato un gigante da sola, armata solo del suo arco per proteggere una bambina, per capire il suo valore. Sin da subito, quando entrambi erano stati redarguiti e ridicolizzati davanti a tutti dal loro istruttore, si erano capiti e avevano legato come nessun altro; era bastato poco perché cominciassero a comportarsi come fratelli, sempre insieme e sempre sulla stessa linea di pensiero.
Lui non era un tipo molto sveglio, tuttavia non si era mai fatto da parte per questo motivo e aveva dimostrato le sue doti sul campo anche se spesso gli altri avevano dovuto salvargli la pelle in momenti cruciali… Più ci ripensava, più si rendeva conto che a salvargli la vita in due occasioni erano stati proprio quelli che li avevano traditi: la prima volta si era trattato di Annie, che aveva messo in pericolo la sua stessa vita per tirarlo fuori dai guai, e poi Reiner durante l'attacco all'interno del Wall Rose, che si era fatto mordere all'avambraccio pur di salvarlo. Era proprio questo particolare ad impedirgli di credere fino in fondo al tradimento dei suoi compagni: era vero che, col senno di poi, entrambi ne sarebbero usciti comunque illesi grazie ai loro poteri da Gigante, ma era anche vero che in quel momento le loro menti avevano pensato a mettere tutto pur di salvargli la vita… Che cosa doveva pensare di quelli che adesso chiamava "traditori"?
Nel cortile sotto alla Barriera c'era puzza di fumo; qualcuno doveva aver acceso un fuoco durante la notte e si era dimenticato di spegnerlo. La colazione veniva preparata da alcuni commilitoni in una tenda vicino e loro sapevano cucinare bene, quindi Connie avrebbe escluso che fosse stata loro la colpa di quel fumo.
Tossendo un po' e coprendosi la bocca con una mano, il ragazzo attraversò rapidamente il cortile per raggiungere la tenda-cucina, dove un paio di commilitoni erano già all'opera per preparare la colazione a tutti i loro compagni, che da lì a qualche minuto sarebbero arrivati in massa. A dire il vero, erano stati organizzati dei turni perché i soldati non si ammassassero davanti alla tenda-cucina e i cuochi non venissero esasperati dalle loro pressioni, ma a volte qualcuno non rispettava il protocollo… Connie aveva il turno all'alba, quindi poteva fare colazione presto, e poi conosceva molto bene uno dei cuochi…
<< Buongiorno… >> Disse abbozzando un piccolo sorriso mentre faceva il suo ingresso nella tenda. Dall'altro lato, divise da una fila di banchi su cui veniva posato il cibo, due figure di spalle si agitavano di fronte a un fuoco sfrigolante. Una di loro aveva una lunga coda di capelli rossi legata dietro la testa e si muoveva con grazia tra le cibarie, come se sapesse esattamente quello che dovesse fare.
La ragazza si voltò per sorridere a Connie, che aveva riconosciuto dalla voce. Sasha era ancora più luminosa del solito quella mattina… Era buffo come, quando lui fosse di cattivo umore, a lei avanzassero i sorrisi.
<< Connie! >> Lo salutò ad alta voce mentre l'altra figura accanto a lei – un uomo dai capelli biondi e una magrezza eccessiva, impegnato a pelare patate in quel momento – si voltò per vedere chi fosse entrato solo per un istante. Quello tornò poi al suo lavoro mentre Sasha avanzava verso il suo amico e si sporgeva dai banchi della tenda con in volto un sorriso birbante. << Un'altra alzataccia, eh? >>
<< Lo sai che questo è il mio compito. >> Rispose lui mentre prendeva posto sullo sgabello di fronte a lei e rimaneva a fissarla intontito per qualche secondo. La ragazza stava mordicchiando un rametto di legno trovato chissà dove, forse raschiando il fondo di un sacco di patate o qualche altra cibaria come faceva di solito. Gli rivolse un ghigno divertito mentre intanto si tirava indietro e tornava alla sua cucina, volgendogli le spalle.
<< Sai, ieri mattina abbiamo catturato un bel cinghiale… >> Cominciò borbottando, mentre intanto l'altro cuoco versava le patate appena pelate in una grossa scodella di metallo. La ragazza si voltò verso una pentola dentro cui ribolliva qualcosa e vi infilò un dito che leccò un attimo dopo per assaggiare. << Io volevo tenerlo in dispensa e conservarlo per preparare un pasto speciale ai soldati, ma il comandante Hanji ha deciso di spedirlo ai Territori Interni… Il che è un vero peccato, perché sarebbe sicuramente bastato per molti di noi. Ma non ti preoccupare, sono riuscita ad arraffarne un po' prima che me lo sottraessero… Adesso è nella mia tenda. Se ti va, più tardi potremmo mangiarlo assieme… Dopo tutto quello che abbiamo fatto penso proprio che ce lo meritiamo, no?>>
Connie non era molto attento a ciò che diceva Sasha; non appena aveva nominato quel cinghiale, il ragazzo aveva cominciato a viaggiare con la mente fino ad approdare a quando ancora si allenavano assieme per entrare nell'esercito. Una scommessa, una sfida culinaria e una strana caccia al cinghiale che aveva guadagnato alla ragazza il titolo di "Cacciatrice Furiosa" da Reiner…
<< Ah? >> Chiese sentendosi richiamato mentre Sasha gli rivolgeva uno sguardo interrogativo, chiedendogli se fosse attento. << Sì, perché no? Sei stata davvero furba a conservarne un po'… >> Di nuovo Reiner. Quel giorno sembrava che non riuscisse a pensare ad altro, eppure un motivo doveva esserci… Forse perché ripensando a quel giorno della sfida, tutto quanto per un attimo era sparito ed era rimasta solo l'amicizia con cui il traditore li aveva seguiti per tutto il tempo?
Sasha ammiccò eccitata, già con la bava alla bocca al pensiero di condividere un pasto a base di carne con il suo vecchio amico. Tutti quanti sapevano cosa fosse capace di fare, quando ci andava di mezzo una bistecca…
Connie ricevette una scodella con dentro una strana brodaglia che veniva servita quasi tutti i giorni ai soldati: i prodotti della terra con cui questa era preparata abbondavano nonostante l'inospitalità del suolo nella zona in cui si erano stabiliti, ed era facile preparare quel pasto tutti i giorni per centinaia di soldati. Dopo il loro arrivo al confine con l'oceano, il capitano Hanji si era personalmente incaricata di supervisionare la nascita e l'estensione di una parte di terreno destinata alla coltivazione nei campi, mentre un po' ovunque nella zona erano stati piantati alberi fatti portare direttamente dai Territori Interni in modo da poter sfruttare la manovra tridimensionale  in casi di emergenza; in breve sul terreno sabbioso e franoso dell’avamposto era diventato una morbida e accogliente radura erbosa, grazie all’azione dei soldati. I Giganti erano stati eliminati tutti al di fuori delle Mura, ma non potevano sapere cosa li aspettasse in futuro, né cosa potesse arrivare dall'oceano… Bisognava essere sempre pronti nell'eventualità che qualcosa di inaspettato accadesse all'improvviso.
<< Questa è per te… Non dirlo a nessuno o mi chiederanno dove l'ho presa! >> Sasha si avvicinò a Connie mentre immergeva il suo cucchiaio nella scodella e gli sussurro questa frase tirando fuori da chissà dove una sottile fetta di prosciutto. Il ragazzo non fece nemmeno in tempo a chiederle dove l'avesse presa, che lei gliela infilò direttamente in bocca avvistando dei soldati entrare nella tenda parlottando spensieratamente.
Connie masticò il prosciutto senza farsi notare e ingoiò tutto quanto assaporando quel pasto che raramente potevano gustarsi: era vero che i territori fuori dalle Mura erano stati liberati, ma si trattava di spazi così vasti che lo scambio delle merci era veramente difficile da controllare, e in più nei posti al fronte come l’avamposto Gloria arrivava solo lo stretto indispensabile alla vita dei soldati e dei pochi civili che vi abitavano. La carne era ancora un cibo raro e quella poca che riuscivano a reperire proveniva dai terreni attorno all'avamposto.
Quando ebbe finito di fare colazione, il ragazzo si alzò con disinvoltura dal suo posto – la tenda intanto era stata assaltata da un gruppo di suoi commilitoni ammantati con le divise verdi del Corpo di Ricerca – e salutò Sasha dicendole che si sarebbero incontrati più tardi. Una volta fuori da lì, nel cortile che cominciava ad animarsi sempre di più come il sole illuminava a mano a mano gli ampi spazi che circondavano il piccolo villaggio formatosi attorno all'avamposto – villaggio nato da un gruppo di prigionieri Eldiani che avevano preferito rimanere lì piuttosto che essere spediti nei territori entro le Mura assieme alla maggior parte di loro – Connie si diresse verso la Barriera, il gigantesco composto di roccia simile al materiale utilizzato per fabbricare le Mura che dava sul mare e divideva l'isola dalla costa. Questa costruzione imponente doveva essere stata creata dai Mahleiani per poter effettuare incursioni sull'Isola Paradisiaca – come la chiamavano loro – senza temere l'attacco dei Giganti, e poter al tempo stesso trasformare in Giganti i loro prigionieri senza correre alcun rischio; bastava iniettare loro il liquido che serviva a tramutarli e poi spingerli giù per impedirgli di tornare a fare danni… Adesso erano state scavate migliaia di scalini nella roccia per poter permettere ai soldati i scalarla senza dover ricorrere all'utilizzo della manovra tridimensionale, ma i piani alti avevano preferito evitare di scavare anche all'interno della Barriera, temendo che si potesse trattare, come per le Mura, di un'altra "tomba" di Giganti colossali. A Connie non dispiaceva salire tutti quegli scalini, ma pensava che la Barriera fosse troppo sottile per poter nascondere qualcosa al suo interno…
In cima alla Barriera, ben piantato con i suoi stivali sul terreno e lo sguardo fisso sull'orizzonte nebbioso, Jean faceva la guardia dalla sua postazione mentre la sua squadra si dispiegava lungo una sezione della scogliera. Connie lo avvistò una volta salita l'ultima rampa di scale e lo chiamò da dietro facendolo voltare; il ragazzo dai capelli castani gli rispose con un cenno e un leggero sorriso mentre lui si avvicinava.
<< Brutto tempo in avvicinamento? >> Chiese Connie accostandosi a lui e osservando le nuvole nel cielo che, illuminate dai raggi del sole nascente, si muovevano lentamente in direzione della costa.
Jean non rispose subito; annusò l'aria sentendo altra salsedine poggiarsi sulla propria pelle e si guardò intorno con attenzione, forse cercando qualche componente della sua squadra nelle vicinanze. Alzò poi lo sguardo al cielo e osservò a sua volta le nubi. << Già… >> Disse. << Non ci voleva… >>
Connie ricordò i grandi danni che avevano sempre causato le tempeste quando vivevano all'interno delle Mura e anche la prima volta che si ritrovarono ad affrontare il maltempo lì fuori; non c'erano solo il vento e la pioggia a provocare danni in quel caso, ma anche l'oceano sembrava inasprirsi e infuriarsi con la terra durante una tempesta. L'acqua sbatteva violentemente contro la riva sabbiosa e i moli del porto che un tempo era stato utilizzato per far attraccare le navi di Mahle, tornava indietro trascinando con sé ciò che incontrava sul suo cammino e poi veniva spinta un'altra volta sulla riva con più potenza, sollevando schizzi e creando quella schiuma bianca che incuteva timore in gran parte degli uomini. In quell'occasione però, il comandante Hanji era riuscita a mettere a punto – con l'aiuto del capitano Levi – un pratico sistema di leghe di metallo posto per impedire alle saette dei temporali di abbattersi nei punti più scoperti della Barriera e metterne in pericolo la sicurezza: lo avevano chiamato "parafulmine" e sembrava funzionare molto bene; in pratica si trattava di una grossa asta di metallo piantata in cima alla Barriera che finiva per scendere fino alla riva e scaricava l'elettricità dei fulmini nel terreno. Era stato utilizzato molto materiale per fabbricarlo, ma alla fine i risultati avevano soddisfatto gli alti piani, che avevano avviato una produzione più massiccia per fare arrivare il parafulmine anche nei territori dentro le Mura.
Connie si voltò di tre quarti verso Jean e alzò un pollice indicando l'orizzonte, ottimista. << Però con la nuova invenzione del comandante Hanji, i temporali non sono più così terribili come un tempo! >>
Jean si voltò a guardarlo mesto. << E' vero… Ma non è per questo che mi preoccupo. >>
Connie lo guardò inarcando un sopracciglio mentre sul suo viso si poteva vedere tutta la confusione che regnava nella sua mente:<< Ma allora… Qual è il problema? >>
Lo sguardo del ragazzo più alto tra i due si perse nell'orizzonte a contatto col mare blu scuro che si fondeva alla nebbia a bassa quota dando un effetto suggestivo e surreale a quella vista; un'altra folata di vento scompigliò i capelli di Jean mentre fece rabbrividire Connie. Il capitano del piccolo plotone rimase a lungo a fissare l'orizzonte, e sussurrò:<< Loro. >>
Connie per un attimo non capì. Si voltò a guardare l'oceano nella stessa direzione del suo amico, poi sembrò ricordarsi del loro nemico e le continue spedizioni di Mahle per cercare di riprendersi quel porto che era stato rivendicato dalla Legione Esplorativa; Jean temeva un attacco da parte di Mahle? Quella nebbia avrebbe potuto nascondere le navi nemiche, sì, ma pensare che quella gente decidesse di condurre un'operazione così rischiosa contro degli avversari che fin'ora avevano dimostrato di saperli mettere in ginocchio tanto facilmente nonostante il loro svantaggio in fatto di armamenti era una follia! Connie pensava che Mahle avesse abbandonato l'idea di riconquistare la loro isola, e quindi loro avevano conquistato una pausa per riprendere fiato…
<< Gli attacchi si stavano intensificando ogni volta di più… Fino a che l'altra volta, più di tre mesi fa, sono cessati di colpo. >> Mormorò dubbioso Jean mentre Connie lo osservava con aria confusa. << Credimi, vorrei essere ottimista come te e pensare che ci abbiano rinunciato, ma… >> E si voltò a guardarlo. << Non ci credo neanche un po'. >>
Connie non sapeva cosa rispondere; Jean era un tipo abituato a guardare la situazione da ogni prospettiva per non farsi cogliere impreparato qualunque cosa accadesse… Però così sembrava esagerato e paranoico. Quando glielo disse, la sua risposta fu davvero inaspettata.
<< Quindi pensi che Mahle, la grande nazione che per secoli ha lottato contro Eldia e che finalmente è riuscita a isolare i suoi nemici su di un isola sorvegliata dai Giganti mentre il resto di loro veniva trattato come schiavi, abbandonerebbe tanto facilmente la propria sicurezza per lasciarci scorazzare felici nella nostra bella isoletta libera dai mostri? >> La domanda retorica del ragazzo lasciò Connie spiazzato, che non si aspettava una schiettezza simile dal suo amico né una tale brutalità nel ricordargli la verità. << Eren ha detto che quelli vogliono riprendersi il potere del Gigante Primordiale, e ora che abbiamo ucciso Bertholdt non saranno certo felici di lasciarci altri giganti nelle nostre mani… Non si arrenderanno mai. >>
Improvvisamente l'atmosfera si era fatta pesante. Connie era completamente rivolto verso Jean e nessuno dei due più scrutava l'orizzonte; Jean gli lanciava uno sguardo minaccioso che lasciava intendere quale fosse lo stato d'animo con cui andava affrontata una qualunque situazione in quel periodo tanto da far sentire in colpa Connie per essere stato ottimista per un attimo.
Il ragazzo tornò ad incupirsi e ricordò perché quella mattina fosse particolarmente nervoso; non aveva chiuso occhio per tutta la notte sentendo un insistente e fantomatico ronzio pressargli nelle orecchie e costringendolo a rigirarsi ogni minuto nel tentativo di soffocarlo tra le coperte o con uno di quegli scomodi cuscini in dotazione al Corpo di Ricerca. Aveva continuato a voltarsi nella notte, imprecando sottovoce insulti verso quel ronzio che lo aveva torturato per tutto il tempo e ora che era rimasto in silenzio con Jean e si era concentrato un po' di più su sé stesso, ricordandosi di quel ronzio, aveva cominciato ad avvertirlo nuovamente come se non se ne fosse mai andato ma avesse aspettato l'occasione giusta per tornare a tartassarlo.
Jean gli diede uno strattone che fu avvertito troppo violentemente da Connie, perso nei suoi pensieri, e gli disse con un sorriso mesto:<< Comunque… Fai buona guardia mentre io vado a richiamare la mia squadra. >>
Connie annuì in silenzio prima di tornare ai suoi pensieri. Vide Jean voltarsi e allontanarsi lungo la Barriera alla ricerca dei componenti della sua squadra; era diventato il capitano di un piccolo plotone, dopo che il Corpo di Ricerca aveva raggiunto l'oceano e le speranze avevano cominciato a rinascere: ufficialmente faceva ancora parte della squadra Levi, come tutti loro, ma in quella occasione era stato necessario suddividere la Legione in diversi gruppi che potessero darsi il cambio alla ronda, che facessero i turni ai magazzini, alle stalle e alle prigioni, in modo che tutti quanti potessero ricevere la giusta quantità di riposo e licenza – anche se in quel posto era difficile far fruttare una licenza. Dato che aveva sempre dimostrato buone doti da leader, Jean era stato incaricato di guidare un piccolo contingente di giovani reclute nei turni di ronda in modo da farli abituare alla vita militare, passando poi a compiti più complessi e faticosi; l'unica cosa che quei ragazzi non avevano avuto modo di affrontare di persona era la guerra.
Connie sentì i brividi scuoterlo quando ripensò alla guerra. Quella parola gli metteva ansia e lo faceva sudare, mentre una morsa allo stomaco lo faceva sentire sempre più affaticato; solo ricordare la guerra e i suoi orrori gli dava tanto sconforto. Pensava sempre a quello che aveva vissuto: la cospirazione della famiglia Reiss, i Giganti che divoravano i suoi compagni di corso, il suo primo omicidio, il tradimento di Reiner e Bertholdt…
Reiner. Tornava sempre su quel punto… Che cosa aveva che non andava quel giorno? La mancanza di sonno gli aveva bloccato il cervello? Oppure non aveva ancora del tutto accettato la verità e aveva sperato che tutto quello fosse solo un sogno, o ancora meglio, uno scherzo? Ma dopo tutto quello che aveva visto, poteva davvero pensare che ci fosse qualcosa di buono in Reiner? Dopo tutto quello che aveva rischiato di perdere per colpa sua, poteva davvero permettersi di concedergli il beneficio del dubbio?
Il vento cambiò. Da una leggera brezza che proveniva dal mare, questo si trasformò quasi in un tifone parallelo alla Barriera che faceva sventolare violentemente le bandiere, e le onde del mare assumevano delle forme inusuali spinte dalla forza del vento che aveva cambiato improvvisamente direzione. Connie si strinse al petto il mantello verde con sopra il simbolo della Legione Esplorativa e abbassò lo sguardo pensieroso sul bordo della Barriera; in fondo quel luogo non era poi tanto diverso dalle Mura. Anche lì dei soldati stavano continuamente a sorvegliare il mondo all'esterno per proteggere chi stava all'interno da eventuali attacchi; però, se prima loro si difendevano solo dai Giganti, adesso dovevano vedersela con altri uomini, spietati, malvagi, pieni di odio nei loro confronti… Ma peggio di tutto, quegli uomini – solo alcuni di loro – un tempo si erano fatti chiamare loro "amici".
Connie affondò il mento sotto al mantello verde della Legione Esplorativa, abbassando nuovamente lo sguardo dubbioso e si soffermò a guardare il mare; quella mattina aveva un colore bluastro scuro, quasi grigio, che prometteva tempesta e agitazione. Il suo colore era dovuto da quello del cielo, però Connie pensava che fosse molto più esplicito il mare quando si trattava di decifrare il tempo atmosferico; per lui, se il mare cominciava a incresparsi violentemente, significava che stava per arrivare una tempesta.
A un tratto Connie tornò ad avvertire quell'odioso ronzio che lo aveva accompagnato per tutta la notte. Sbuffò spazientito e cercò di stapparsi un orecchio facendovi pressione sopra con un dito, nel tentativo di attutire quel suono oppure farlo andare via, ma sembrò non funzionare. Tornò a guardare sconfortato il cielo grigiastro mentre quel ronzio continuava a rimbombare nelle sue orecchie come un suono di fondo intramontabile; c'era qualcosa di strano in quel suono, era impossibile che potesse rimanergli nella testa per così tanto tempo.
Anche quando gli capitava di udire dei fischi nelle orecchie o di sentire tutti i suoni come attutiti, come se fosse rimasto in apnea, Connie finiva per non pensarci troppo e alla fine se ne dimenticava; quei disturbi sparivano nel passare di pochi minuti solitamente, quindi perché questo era così insistente?
Continuando a pensarci, Connie lo aveva fatto crescere ancora di più. Diversamente da quella notte, adesso il ronzio rimbombava pesantemente nelle sue orecchie e dentro la sua testa rasata, facendo tremare il suo corpo come se stesse avendo le convulsioni; anche i battiti del suo cuore erano stati sovrastati da quel ronzio, tanto era diventato forte e insistente, quasi assordante. Connie si coprì le orecchie con le mani a coppa per cercare di isolare quel rumore e poter finalmente tornare a concentrarsi, ma ormai sembrava che quel semplice "ronzio" non fosse più recluso nella sua testa, bensì si fosse esteso uscendo dalle sue orecchie che aveva tanto martoriato durante la notte e aleggiando nell'aria in quel mattina ventosa e silenziosa. Era così forte che sembrava che uno sciame enorme di calabroni stesse sorvolando Porto Gloria, facendo scuotere le fondamenta della Barriera stessa.
Ma che cos'era quel suono? Non era possibile che Connie se lo stesse sognando, anche perché gli altri soldati sulla Barriera assieme a lui sembravano esserne attoniti allo stesso modo; si guardavano intorno con aria persa e cercavano una fonte in quel ronzio che a quel punto era diventato un rombo assordante e costante nell'aria. Allo stesso modo loro, Connie faceva andare lo sguardo da destra a sinistra, ma non cercava sulla barriera o all'interno dell'avamposto Gloria; lui guardava il mare.
Osservò con attenzione l'intera linea dell'orizzonte alla ricerca di qualcosa che spiegasse quel fenomeno, aguzzando la vista per cercare di cogliere il minimo particolare su quelle acque scure che cominciavano ad agitarsi sempre di più. Non vide nulla, ma a un tratto scoprì qualcosa in alto nel cielo bucare le nubi fitte e burrascose che in quel momento sembravano essersene rimaste a distanza di sicurezza dalla costa: quello che vide era qualcosa che non aveva mai visto prima, qualcosa di stranamente minaccioso che non fece che incutergli timore.
In alto nel cielo, sbucando a velocità costante dal fitto nelle nuvole, un grosso quanto insolito mezzo scuro e scintillante munito di grandi ali nere stava avanzando verso la costa; era quella la fonte di quel rombo assordante che ora era chiaro e udibile, tutti potevano capire da dove provenisse.
In un attimo quella vista terrorizzò Connie e i suoi commilitoni sulla Barriera, che cominciarono a domandarsi su cosa fosse veramente quell'enorme uccello metallico. Le loro domande persero significato quando, pochi istanti dopo, dalla nebbia che sfiorava il pelo del mare all'orizzonte, vennero fuori delle enormi navi in acciaio, corazzate e minacciose con le loro miriadi di cannoni puntati verso la Barriera e il fumo nero e pesante che veniva fuori dalle loro ciminiere. Le navi erano in formazione e convergevano tutte su di una nave posta al centro che portava un grande vessillo su una delle ciminiere e sembrava guidare tutte le altre.
Ci stanno attaccando! Fu il pensiero che invase la mente di Connie quando vide spuntare dalle nuvole un altro paio di quegli strani uccelli corazzati. Scattò verso una delle numerose campane poste sul bordo interno della Barriera a intervalli regolari e cominciò a urlare dando l'allarme alla gente all'interno.
Quei vessilli sulle navi li aveva già visti tante altre volte, ma quella volta per qualche motivo gli misero una grande paura. << ALLARMI! ALLARMI!!! MAHLE CI STA ATTACCANDO! >> Gridò fuori di sé mentre la campana appesa al paletto cominciava a squillare fortemente, scossa con violenza dal braccio di Connie che aveva afferrato la cordicella sotto di essa. Dopo alcuni istanti che ebbe cominciato a suonare l'allarme, un'altra campana non molto distante da lui cominciò a squillare, e dopo di questa toccò a quella dall'altro lato; le campane erano distribuite lungo la Barriera in modo che fosse possibile dare l'allarme in più punti della Barriera e allo stesso tempo era un buon modo per poter confutare la veridicità degli avvistamenti: se una sola campana stava suonando, significava che poteva essersi sbagliata la vedetta, mentre se tutte le campane risuonavano assieme, doveva esserci effettivamente qualcosa dall'altra parte.
<< Connie! >> Connie sentì chiamare il proprio nome da una voce amica. Si voltò rapidamente mentre il braccio continuava a scuotere con forza la campana: a una ventina di metri da lui c'erano Jean e un gruppo di cinque altri soldati ammantati di verde che correvano alle sue spalle. Il caposquadra si fermò davanti all'amico e riprese fiato velocemente prima di rivolgersi a lui; la sua squadra non fu tanto rapida a recuperare le energie spese nella corsa.
<< L'hai visto anche tu? >> Chiese il ragazzo dai capelli castani.
Connie annuì senza smettere di scuotere la campana, che a quel punto era stata affiancata da altre decine di campane dallo stesso suono fino a creare una grande confusione sonora in cima alla Barriera. Non aveva guardato sotto, nel villaggio ai piedi della Barriera, ma era sicuro che a quel punto tutti quanti avessero cominciato a mobilitarsi.
<< Bisogna andare ad avvisare Hanji! >> Esclamò Jean voltandosi verso l'interno dell'avamposto. Connie era d'accordo, ma le sue gambe non sembravano volersi muovere. Il caposquadra si voltò a fissare la flotta che si avvicinava pericolosamente all'isola. << Certo che a volte vorrei proprio non avere ragione… >>
Connie si voltò a guardare nella stessa direzione di Jean: una flotta intera accompagnata da tre di quegli strani mezzi volanti in acciaio, minacciosi con le loro ombre scure e il loro rombo assordante; un attacco come quello non lo avevano mai ricevuto, non avevano mai assaggiato in pieno la potenza del loro nemico e il fatto che avessero sempre vinto contro piccole squadre impreparate ad incontrarli lì andava a loro svantaggio, che adesso non potevano verificare la vera forza di Mahle. Si girò poi a guardare i ragazzi della squadra di Jean: erano tutti più giovani di lui, reclute inesperte che ancora non avevano provato cosa significasse lottare per la propria vita; proprio come lui e gli altri ragazzi del suo gruppo una volta riusciti a graduarsi. Non avevano ancora affrontato il vero terrore, quella sensazione di non poterne uscirne tutti interi…
Connie e gli altri avevano avuto il loro battesimo del fuoco a Trost, quando i Giganti riuscirono a sfondare per la seconda volta le Mura; quei ragazzi non erano di fronte all'orrore dei Giganti, bensì di fronte all'orrore della guerra. Per certi versi era peggio di prima: quando ci fu l'attacco a Trost, né Connie né gli altri sapevano nulla sui Giganti; adesso nessuno sapeva nulla sul popolo di Mahle, non erano riusciti ad ottenere informazioni sui loro armamenti e quella sensazione di terrore che bloccava tutti quanti lì sul posto era ben giustificata.
Connie finì per concentrarsi su una ragazza in mezzo al gruppo: aveva i capelli corti di un bel colore ramato e gli occhi grandi e verdi erano pieni di incredulità, terrore, paura nel suo stato più puro. La ragazza se ne stava stretta accanto a un ragazzo alto e biondo dai lineamenti affilati; nonostante lui sembrasse uno in grado di mantenere la calma anche in situazioni come quella, i suoi occhi erano sconvolti alla vista di quella flotta di navi in avvicinamento. I pensieri che attraversavano la mente di quei ragazzi dovevano essere diversi: si saranno sicuramente chiesti se fosse arrivata la loro ora, se sarebbero stati in grado di lottare… Come loro, anche grandissima parte del Corpo di Ricerca era nuovo alle battaglie: tutti quei ragazzi si erano uniti alla Legione Esplorativa solo dopo la battaglia di Shiganshina, dove Connie e gli altri erano riusciti a mettere Reiner in ginocchio e sconfiggere Bertholdt, mentre dall'altro lato delle Mura il resto dell'esercito veniva letteralmente spazzato via sotto i colpi del Gigante Bestia. Quasi tutti all'interno del Corpo di Ricerca erano cadetti alle prime esperienze che non avevano mai combattuto neanche con un Gigante; quanti di loro sarebbero riusciti a mantenere il sangue freddo di fronte a uno scenario così minaccioso, se anche un veterano come Jean riusciva a malapena a controllarsi?
Il caposquadra si voltò verso Connie e gli puntò un dito contro:<< Connie! Tu sei il più veloce tra noi, scendi il più in fretta che puoi dalla Barriera e avvisa il comandante Hanji! >> Si avvicinò al suo gruppo e si rivolse alla ragazza; il protocollo voleva che le campane continuassero a suonare senza interruzioni fino alla completa mobilitazione delle truppe, quindi questo significava che qualcuno doveva prendere il posto di Connie. << Briest, prendi il suo posto alla campana! >>
Non appena sentì nominare il proprio nome, la ragazza scattò sull'attenti tornando a concentrarsi sul suo capitano e rispose con decisione, pur sudando copiosamente al pensiero di dover affrontare una battaglia. Sembrò muoversi con difficoltà verso la campana e con mani tremanti e scivolose afferrò il cordino a cui era legata; Connie la fissò per un attimo con sguardo addolorato, dispiaciuto nel vederla tanto spaventata. Lo sguardo basso della ragazza in quel momento sembrava dire che non sarebbe sopravvissuta allo scontro, che sarebbe morta là.
<< Connie! >> Lo richiamò Jean, vedendo che ancora non era partito. << Sbrigati! Noi resteremo qua a controllare la situazione, se dovessero esserci novità manderò qualcun altro ad avvertirvi. >> Detto questo si voltò verso l'oceano e tornò ad osservare le navi in rapido avvicinamento.
Connie annuì riprendendo il controllo del proprio corpo. Si voltò di nuovo verso la ragazza e vide un'ultima volta i suoi occhi sconsolati prima di voltarsi verso l'interno della Barriera e prendere la rincorsa verso il bordo: spiccò un salto con gran determinazione estraendo le due else per le spade e preparandosi a premere i grilletti per lanciare i rampini e accompagnare dolcemente la sua discesa.
Si voltò verso un lato della Barriera e premette i grilletti. I rampini vennero fuori dall'attrezzatura per la manovra tridimensionale ai suoi fianchi e si agganciarono nella roccia della Barriera; il ragazzo oscillò lateralmente dirigendosi verso la tenda del comandante e sganciando i rampini prima di superare la metà del suo volteggio. Sfruttò la spinta data dalle corde e scivolò lungo la parete scendendo ancora di parecchi metri. Prima di avvicinarsi troppo al suolo, Connie adocchiò una torre piena di punti di appiglio posta appositamente perché i soldati potessero aggrapparvisi per scendere dalla Barriera e inoltrarsi nell'avamposto continuando ad utilizzare la manovra tridimensionale.
Connie oscillò rapidamente accanto alla torre, sganciandosi da essa quando la corda ebbe cominciato a tendersi al contrario e continuò a saltare da un albero all'altro scivolando sopra le teste dei tanti suoi commilitoni e civili che adesso si muovevano per le vie dell'avamposto Gloria con fare concitato.
Nello spiazzo che circondava la tenda del comandante stavano riunite una decina di persone tra cui il comandante Hanji e il capitano Levi; tutti erano con il naso per aria alla ricerca di un messaggero che portasse loro notizie sulla situazione in cima alla Barriera. Quando fu avvistato, Connie cercò subito un punto libero dove atterrare e non si curò minimamente di effettuare un atterraggio morbido.
Arrivato a terra, le ginocchia del ragazzo cedettero e Connie ruzzolò per un paio di metri ritrovandosi faccia a faccia con gli stivali del capitano Levi, che gli rivolgeva il suo solito sguardo tetro; Connie si rialzò subito ma rimase con un ginocchio a terra mentre eseguiva il saluto di fronte ai suoi superiori e cominciava subito a parlare rivolgendosi ad Hanji.
<< Comandante! Abbiamo avvistato una flotta di navi corazzate venir fuori dalle nubi all'orizzonte, e sono scortate da altri tre strani mezzi che hanno tutta l'aria di essere delle nuove armi! >> Disse tutto d'un fiato il ragazzo mentre intanto raddrizzava la schiena e portava a chiudere il pugno destro sul cuore e il sinistro dietro la schiena, come il suo istruttore gli aveva insegnato a furia di percosse.
Hanji, che sembrava aspettarsi una notizia del genere, sembrò preoccuparsi di più della nuova arma sconosciuta. << Nuove armi, hai detto? >> Chiese spalancando con stupore il suo occhio rimasto. Connie si alzò da terra e annuì ancora un po' disorientato. << Che tipo di armi sono? >> Il suo sguardo brillò dalla curiosità, spaventando Connie per un attimo.
Ma il ragazzo non sapeva come spiegare il perché ritenesse che quegli strani oggetti volanti potessero essere armi, e in più non poteva dare informazioni dettagliate su di loro avendoli visti solo da lontano. Vedendo che non avesse idea da dove cominciare, il capitano Levi lo fulminò con un'occhiata delle sue e lo riportò all'ordine.
<< Descrivicele. >> Disse senza un tono e guardando di sbieco il ragazzo, che sentendosi quegli occhi gelidi addosso riuscì a trovare la determinazione per parlare.
<< Si tratta di tre grandi mezzi… Le loro dimensioni sono minori delle navi, ma non è questo a renderli particolarmente spaventosi. >> Cominciò a spiegare. Hanji lo esortò a sbrigarsi, non avevano tutto il tempo del mondo e moriva dalla curiosità di sapere cosa ci fosse oltre la Barriera. << Il fatto è che… Questi oggetti non corrono sulla terra come delle automobili, né viaggiano per mare come navi… Ma volano! Volano senza reggersi a nulla, senza alcun apparente sostegno. >> Di fronte agli occhi sbigottiti del comandante Hanji e a quelli di tutti gli uomini riuniti attorno a loro, Connie continuò a parlare descrivendo ciò che aveva visto. << Si spostano producendo un grande rombo e a prima vista sembrerebbero essere fatti di metallo… Hanno la forma di grandi uccelli e… >> Levi lo interruppe bruscamente.
<< Quanto distano da noi? >> Fu la domanda del capitano.
Connie lo guardò perplesso per un istante, poi comprese la vera priorità della situazione e rispose balbettando:<< Ci… Cinque chilometri dalla costa… Forse quattro. >>
<< Si muovono in fretta… >> Mormorò a bassa voce Hanji rivolgendosi a Levi. Quello annuì. Connie continuò a parlare senza che gli fosse stato chiesto.
<< Se non ci fosse stata la nebbia avremmo potuto avvistarli prima… Le navi e gli oggetti volanti si muovono in una sorta di formazione; non so chi dei due sia più veloce, ma rimangono sempre vicini… Forse si fermeranno per attaccarci da lontano… >>
<< D'accordo, basta così! >> Esclamò Levi lanciandogli un'ultima volta il suo sguardo di sufficienza prima di tornare a concentrarsi sul comandante. << Dobbiamo mobilitare le truppe. Una flotta così non si era mai vista prima d'ora. >>
Hanji annuì. << Ci penso io. Tu vai con i tuoi a fare il punto della situazione e assicurati che sulla Barriera siano pronti a rispondere a qualsiasi tipo di attacco! >>
Levi rispose con un piccolo cenno della testa e si voltò dicendo a Connie di andare con lui. Il ragazzo faceva parte della sua squadra, assieme a Jean, Eren, Armin, Mikasa e Sasha; sicuramente avrebbero riunito gli altri prima di salire in cima alla barriera, ma avrebbe potuto volerci troppo tempo.
<< Connie. >> Esordì il capitano senza voltarsi a guardarlo, mentre avanzava nel sentiero in mezzo agli alberi. << Trova Eren, Mikasa, Armin, Sasha e Jean, poi raggiungetemi tutti in cima. >> Aveva già estratto i suoi puntatori e stava per premere i grilletti per spiccare il volo e utilizzare la manovra tridimensionale per raggiungere la cima più in fretta possibile, quando Connie lo fermò un istante.
<< Jean… E' già in cima… >> Mormorò intimorito dallo sguardo di Levi, che andava evidentemente di fretta.
Quello lo guardò ancora più infastidito del solito, ma questa volta si girò a guardarlo perlomeno; era quasi alto quanto lui, a Connie non capitava spesso l'occasione di poter parlare con qualcuno che non lo guardasse dall'alto. << D'accordo. >> Disse seccato. << Allora trova Eren, Mikasa, Armin e Sasha, e poi raggiungetemi! >> E detto questo rilasciò i suoi rampini che andarono a conficcarsi nel tronco di un albero e lo tirarono su, spinto dal gas in fuoriuscita dalle bombole attaccate ai suoi fianchi.
Connie osservò immobile la figura del capitano allontanarsi sempre di più, diventare ancora più piccola di quanto non fosse già, e confondersi con il colore bruno della Barriera che torreggiava su tutto l'avamposto Gloria. Lo aveva sempre messo in soggezione, nonostante la sua piccola statura; il capitano Levi era inquietante e anche quando non ce l'aveva con te sapeva metterti una paura tremenda.
In un attimo Connie si destò da quello stato inebetito che aveva preso dal suo arrivo alla tenda del comandante. Che diavolo gli aveva preso? Erano in piena emergenza, non c'era tempo per lasciarsi sopraffare da pensieri idioti come l'altezza del capitano o le sue paure nei suoi confronti! Sicuramente aveva fatto perdere tempo prezioso a Levi e Hanji con le sue ridicole titubanze.
Si voltò e cominciò a correre infilandosi in una stradina che portava dentro all'avamposto e, lui ne era sicuro, direttamente alle tende dei soldati; il comandante Hanji non voleva sentirsi diversa dal resto dei suoi uomini, per questo la sua tenda era accanto a quelle dei soldati semplici, nel punto più esposto di tutto l'avamposto, al suo limite con l'interno e quindi non protetto dalla Barriera. Connie era fortunato quella mattina, forse avrebbe trovato facilmente i suoi compagni…
   
 
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