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Autore: fra_eater    27/07/2017    2 recensioni
Ulquiorra è un universitario annoiato, costretto ad una vita monotona senza interessi, circondato da gente che non sopporta; ma un giorno un vento di capelli rossi gli taglia la strada e qualcosa di nuovo si fa strada in lui.
la storia partecipa al contest "Da quale mio sogno sei uscito/a fuori?" indetto da missredlight sul forum di Efp
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Schiffer Ulquiorra
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Red Wind
 
   "Eddai, Ulquiorra! Resta a farci un po’ di compagnia!"
Rumorosi. Ecco cos’erano i suoi compagni di corso. Rumorosi e beoti. Specialmente quel buzzurro di Grimmjow che non prestava minimamente attenzione alle occhiate torve dei colleghi intenti a ripetere l’ultima lezione o disturbati in un loro momento di intima e momentanea pace dalle grasse risate di un branco di idioti del quale ci si interrogava sulle dubbie motivazioni che li avevano spinti a iscriversi all’università.
Il ragazzo richiamato alzà la mano bianca senza proferire parola. Il suo gesto, seguito da una rapida discesa giù per la scalinata di banchi, era eloquente: non aveva intenzione di rimanere con loro.
Il ragazzo dai capelli e gli occhi cerulei strinse la mascella, evidentemente offeso di esser stato ignorato così. L’ilarità, che prima aleggiava sul suo viso, aveva fatto spazio a due occhi furenti e un cipiglio nervoso.
"Già che vai via" urlò nella direzione del coetaneo che si fermò paziente, sollevando gli occhi verdi inespressivi "prendimi qualcosa da mangiare"
" E che sia buono!"aggiunse mentre il compagno di corso abbandonava l’aula senza una meta ben precisa e con la ferma intenzione di non rivedere quel mucchio di rumorosi perditempo fino al giorno dopo.
Vagare per i corridoi dell’università era un rigenerante passatempo, un modo per staccare dalle tediose lezioni che non destavano minimamente il suo interesse. Passava le sue giornate con sguardo vacuo, a fissare apatico la proiezione e le parole inutili che gli giungevano alle orecchie.
Idiozie.
Idioti tutti quei professori che arrancavano per spiegare a menti semplici argomenti complessi, contorti; troppo profondi per delle teste vuote, abituate a viaggiare in maniera lineare, semplicistica.
La filosofia non si studiava così; non aveva senso ascoltare inutili nozioni e non afferrare con mano i testi di Shoupenhauer, Hegel e Marx.
Il parlottare di quella marmaglia di studenti universitari, con le loro borse sgargianti e i loro sguardi che alternavano l’ansia all’ilarità, lo lasciavano indifferente.
Ulquiorra non era mai stato un adolescente comune: non era mai stato interessato ai divertimenti frivoli come l’uso smodato di alcool giusto per avere degli aneddoti da raccontare o alla compagnia di una ragazza che offriva il suo corpo per ripicca o semplice voglia di cambiare partner. Non avevano mai suscitato il suo interesse. E se qualcosa non gli interessava non valeva la pena sprecare il suo tempo.
Il percorso per raggiungere la biblioteca lo conosceva a memoria: vagava parallelo ai grandi armadietti dove venivano mal conservati tesi di laurea dagli argomenti più disparati e dalla natura più varia, dalle Malattie legate al timo al Il mito di Walt Diney: sognatore o truffatore?, sapeva perfettamente come evitare di scontrarsi con i passanti mentre con i suoi grandi occhi verdi, due fari veritieri su un volto fin troppo pallido che racchiudono una profondità ben celata, come qualcuno aveva avuto l’ardire di commentare; i quali  scrutano quello zoo di ormoni e xanax alla ricerca di qualcosa che potesse suscitare il suo interesse, la sua curiosità.
Tacchi a spillo, sneakers, jeans strappati, gonne super aderenti, felpe enormi e canotte striminzite. Una variegata fauna di esseri assolutamente insulsi, interessati a quel che possono far trasparire attraverso uno sguardo ammiccante, un’alzata di spalle o una risata fuori tema.
I suoi passi si fecero tranquillamente guidare dalla memoria sovrappensiero fino a raggiungere il grande atrio che separava la biblioteca dai laboratori di ricerca e, come ogni volta, il suo sguardo si posò sulle brave scimmie ammaestrate che sostavano d’avanti alla macchinetta del caffè, schiavi di un eccitante che inibisce il loro cervello dalla stanchezza, placebo inutile per le loro dubbie fatiche mentali.
Questa volta vide solo tre ragazze in attesa del liquido scuro. Li dedicò un’occhiata, ma nessun particolare lo incuriosiva.
 Un fruscio di capelli ramati svolazzanti gli si parò sotto gli occhi, attirando inesorabilmente la sua attenzione.
Gli era passata d’avanti, tagliandogli la strada come un vento rosso, per andare ad aggiungersi al gruppo di fronte alla macchinetta.
Lunghe gambe magre strette in calze nere con semplici stivaletti senza tacco; una gonna a pieghe grigia non troppo corto per non sembrare indecente; un maglioncino corallo che si appoggiava sulle forme generose dalle ragazza che aveva interrotto il suo cammino.
Ulquiorra si fermò ad osservarla a lungo. Era leggermente girata nella sua direzione, non riusciva a vederne il viso; oltre al suo abbigliamento, poteva ammirare solo i suoi lunghi capelli ramati ondeggianti e i suoi movimenti fluidi e decisi, tipici di una personalità allegra e anche un po’ imbranata, a giudicare da come si portò la mano destra dietro la nuca, come se fosse in imbarazzo.
Era strano per lui essere attirato da una schiena. Scosse il capo, dandosi dello stupido e stava per riprendere il proprio cammino , quando la ragazza si voltò nella sua direzione e lui rimase immobile ad ammirare il suo viso.
I lineamenti erano graziosi, gli occhi grandi, le labbra piene e una gioia che sembrava essere emanata dal sorriso che rivolgeva a una delle ragazze accanto a sé.
Il giovane non le guardava, sembrava che il tempo si fosse fermato, che tutto il mondo fosse stato oscurato da quel raggio di sole.
I suoi piedi si muovevano soli nella direzione del gruppetto. Che stava facendo? Era forse impazzito?
Sembrava assurdo, a lui per primo, ma sentiva un impulso disumano di conoscere il nome di quella ragazza.
Ma che fare? Piazzarsi d’avanti e dire “Ciao” ? Non era da lui.
Quando il gruppetto gli fu vicino la ragazza sollevò lo sguardo nella sua direzione, senza vederlo.
Allora Ulquiorra capì la sua idiozia.
Passò accanto a loro dando una violenta spallata alla rossa e oltrepassandola.
“EHI! DICO A TE!”
Ulquiorra si voltò. Una ragazza bassina dai corti capelli neri lo guardava con astio, i grandi occhi scuri furenti e il dito puntato in fare accusatorio.
Ulquiorra le dedicò la sua migliore faccia apatica che sembrò rendere la ragazza ancora più furente “Chiedi immediatamente scusa ad Orihime, razza di cafone!”
“Tatsuki,non mi ha fatto niente!” si intromise la rossa, cercando di calmarla “Non è necessario”
“Puoi anche non ritenerlo necessario” Ulquiorra avanzò piano verso le ragazze “Ma sono stato maleducato” disse e prese la mano di Orihime, portandosela all’altezza delle labbra per poggiarle delicatamente.
“Sei perdonato” ridacchiò la ragazza.
“Ulquiorra” si presentò senza lasciar trasparire il tumulto di eccitazione che aveva provato un attimo prima nel rivolgerle la parola.
“Orihime” rispose l’altra con un sorriso che provocò nel ragazzo una tachicardia che non credeva di poter provare.
“Ora scusami, ma abbiamo lezione” disse e se ne andò, trascinata dalle amiche non prima di averlo salutato con la mano.
Ulquiorra seguì il suo passo e un sorriso sincero, forse il primo da giorni, affiorò sul suo viso.
Aveva appena conosciuto una principessa e lei aveva smosso il suo interesse: ora voleva sapere tutto di lei.
Un veloce pensiero gli fece accapponare la pelle: c’era una sola persona a cui poteva rivolgersi per sapere qualcosa su di lei. E quel qualcuno era Grimmjow.
  
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