Regina
aveva sperato
che sarebbe stato possibile frenare gli impulsi di malvagità
di Emma, e per un
periodo era sembrato che amore, supporto e attenzione fossero
abbastanza. Ma
poi Emma aveva dirottato l’unica stazione radio di
Storybrooke, trasmettendo le
canzoni dei Nickelback per quarantotto ore di fila, fino a quando non
erano
riusciti a demolire la torre di trasmissione. Era stata
un’enorme perdita per
la città, e in quel momento Regina aveva finalmente compreso
la complessità
della depravazione di cui l’Oscuro era capace. Nessuno poteva
dirsi al sicuro
finché il Signore Oscuro camminava per le strade libero e
fuori controllo, e
Regina si era trovata nell’inusuale posizione di essere
avvicinata da cittadini
imploranti che la supplicavano di salvare la città. E
così si era preparata a
cercare Merlino per trovare una cura.
Merlino
aveva
dimostrato di essere relativamente inutile, ma le aveva suggerito di
consultare
un antico testo che avrebbe potuto contenere dettagli riguardanti una
cura. La
ricerca che ne risultò era stata lunga ed ardua, e Regina
avvertiva un senso di
imparagonabile esaurimento sia fisico che spirituale. Le era mancato
disperatamente Henry, e perfino quella perfida idiota della sua
fidanzata –se
poteva veramente chiamarla in quel modo. La verità era che
non avevano mai
discusso riguardo che cosa erano loro due, e, durante i lunghi mesi del
suo
viaggio tra i reami e nel tempo, si era perfino chiesta se sarebbe
rimasto
qualcosa della Emma che conosceva quando lei sarebbe tornata a casa. E
c’erano
delle volte in cui si chiedeva anche se il successo della sua impresa
avrebbe
assicurato che restasse qualcosa di Emma per
lei, se era solo l’oscurità che aveva
permesso ad Emma di sfidare le
aspettative nello stare con l’ex Regina Cattiva.
Ma
adesso lei era di
nuovo a Storybrooke e non poteva più scappare dalla
verità. Aveva la cura: una
pozione composta al crine della coda di un unicorno, la piuma di un
grifone, il
petalo di un fiore che sbocciava solo una volta all’anno
durante la luna piena
e poteva essere trovato solamente sulla cima di una montagna
sorvegliata da un
drago di ghiaccio a tre teste, uno dei baffi di Markiz Scottish Fold*,
due
lacrime versate da Kristin Bell dopo aver visto un bradipo e una
singola
mollica dal bellissimo e leggendario cinnamon roll*. Nemmeno
l’oscurità suprema
poteva resistere a tanta bontà e purezza.
Si
diresse verso il
loft dei Charming, e sentì come un balsamo sul suo cuore
stanco alla vista del
figlio. Henry sorrise e, singhiozzando “mamma”, la
racchiuse in un abbraccio.
Era ormai più alto di lei –lei doveva quasi stare
sulle punte per poggiare il
mento sulla sua spalla- e Regina si domandò
cos’altro si fosse persa nell’arco
di tempo in cui era mancata.
Dopo
un po’ guardò
oltre, cercando Emma.
“Dov’è
Emma?”.
Henry
fece
spallucce. “L’ultima volta che ho controllato, era
nel suo covo malvagio”.
“Covo
malvagio?”.
Regina inarcò le sopracciglia, incredula.
“Sì.
Covo malvagio”. Henry
rilasciò un
sospiro, a corto di pazienza.
Regina
seguì Henry
nell’appartamento, e non poté non notare
l’elaborato fortino di cuscini nel bel
mezzo della casa. Lei sperò seriamente che facesse parte di
qualche gioco con
il piccolo Neal, ma, conoscendo Emma, c’erano poche
possibilità che questo non
fosse ciò che sospettava. “Questo
è…”.
Henry
alzò gli occhi
al cielo. “Sì. Questo è il covo
malvagio di mamma”.
Regina
scostò la
porta improvvisata che, fu molto scontenta di sapere, era stata fatta
con uno
delle sue lenzuola in cotone egiziano a 1200 fili. Il fortino era
vuoto, se non
per un assortimento casuale di action figures. Prese Capitan America e
Hulk,
che erano legati insieme, e li fissò interrogativamente.
Guardò poi Henry, che
alzò le spalle.
“Le
piace mettere in
scena i suoi piani prima di attuarli. Dice che i cattivi non sono mai
impreparati”.
Regina
si chiese se
non fosse troppo tardi, se l’oscurità non si fosse
irrimediabilmente radicata
in Emma. “Ora sì che sono preoccupata. Normalmente
Emma riesce a pianificare a
malapena di mettere calze e scarpe nel giusto ordine. Henry,
cos’è successo da
quando sono andata via?”.
“Tante
cose
orribili. Impiegherei troppo tempo a spiegartele tutte”.
Scosse la testa,
grave. Regina era preoccupata che suo figlio avesse visto troppe cose e
fosse
stato costretto a crescere troppo velocemente.
“E
com’è Emma?”.
Lui
si strinse nelle
spalle. “Cattiva. È arrivata al livello sette del
suo programma di
addestramento malvagio un paio di settimane fa ed ha cercato di
formulare un
nuovo motto da cattiva per festeggiare. Il meglio che è
riuscita a fare era: un cigno può
spezzarti un braccio, ma un
cigno nero può spezzarti il cuore”.
Regina
si strinse in
se stessa. “Ti prego, dimmi che non ha scelto
questa”.
“No.
L’ho convinta a
non farlo”. Sorrise cupamente. “Sarebbe potuta
andare peggio. Quella originale
era: un cigno può spezzarti un
braccio,
ma un cigno nero può spezzartele entrambe. Per
fortuna, quella ha fallito
sul palco del gruppo di discussione”.
“Vedo
che ha ancora
il dono della parola come suo padre” Regina disse aridamente.
“Avevo pensato
che i secoli di malvagità che occupano il suo cervello
avrebbero migliorato le
cose in qualche modo, ma a quanto pare no”.
Henry
si illuminò un
po’. “La sua risata malvagia sta diventando
abbastanza buona, in realtà.
Insomma, deve ancora prendere un paio di pastiglie al giorno, ma va
meglio,
sai. Ho visto uno dei nani scappare via da lei spaventato
l’altro giorno”.
“Allora
dov’è
adesso?”. Regina era ansiosa di provare la cura al
più presto.
Henry
alzò le
spalle. Non sono sicuro, ma credo che la nonna abbia pianificato
qualcosa di
grande oggi nel centro della città. C’è
stata molta confusione da quando sei
andata via”.
__________________
Regina
aggrottò le
sopracciglia mentre si avvicinavano alla strada principale.
“È la mia Mercedes
quella parcheggiata lì?”.
“Uhm,
sì. Emma ha
iniziato a guidarla dopo che te ne sei andata. Vincenzo ha detto che
aveva
bisogno di un mezzo di trasporto appropriato ad un cattivo se voleva
essere
presa sul serio”.
Mentre
si
avvicinava, si rese conto che le sue targhe erano state sostituite con
delle
targhe personalizzate. Alzò gli occhi al cielo. DARK1. Incredibilmente
creativa. Poi notò l’orrenda aerografia
sul cofano e involucri di cibo sul
sedile posteriore. Sentì di stare per piangere. La sua
bellissima, immacolata
auto era rimasta vittima dell’oscurità.
Indicò l’aerografia e si voltò verso
Henry. “Cos’è questo?”.
“È
il logo della
mamma. Vincenzo ha detto alla mamma di accrescere il suo marchio
visivo, perciò
lei ha assunto un graphic designer per svilupparne uno”.
Regina
realizzò di
aver visto quel simbolo su vari edifici in città, mentre si
avvicinavano alla
strada principale. “E perché è su
metà degli edifici che abbiamo superato?”.
“Fa
parte del suo
piano principale di trasformare Storybrooke in Swantown”.
Quando
arrivarono al
centro della città, Regina pensò tra
sé e sé che tutti a Storybrooke avrebbero
dovuto rifiutarsi di accettare ciò. Regina vide la scena di
fronte a sé e
scosse la testa. Non poteva credere che Snow avesse veramente fatto
questo.
Insomma, poteva, ma non voleva farlo.
Andò
incontro a
Snow, che stava tenendo un microfono, in piedi sotto
un’insegna. “Stai
prostituendo tua figlia? Davvero, Snow? Veramente elegante da parte
tua”.
Snow
riuscì a
ignorare completamente l’acidità di Regina. Il suo
viso si illuminò e lei
attirò Regina in un abbraccio piuttosto indesiderato. Regina
riuscì ad
abbracciarla a sua volta, ma non poté controllare il
tremolio che colpì la sua
guancia sinistra.
“Regina,
sei
tornata” mormorò Snow. “Questo
significa…”.
Liberata
dall’abbraccio, Regina fece un passo indietro e
incrociò le braccia. “Lo spero,
ma non lo sapremo finché non l’avrò
provato”. Indicò l’insegna e poi Emma.
“Spiegami”.
“Sei
stata via per
tanto tempo, e noi dovevamo provare a fare qualcosa. I primi due
tentativi con
Killian non hanno funzionato, così abbiamo pensato di
espandere la cosa
all’intera città”. Regina non
poté non notare i segni di esaurimento sul volto
di Snow e provò compassione per un momento, nonostante non
fosse d’accordo con
i suoi metodi.
Regina
superò una
lunga fila di cittadini e raggiunse il posto in cui Emma era seduta e
si stava
pulendo le unghie con un pugnale dall’aria pericolosa,
un’espressione di totale
e assoluta noia occupava il suo volto.
“Lo
sai che essere
cattivi non ti preclude di fare la manicure”.
Emma
alzò lo sguardo
lentamente, tracciando con gli occhi un tortuoso sentiero lungo il
corpo di
Regina, uno sguardo che Regina riconobbe viste le varie volte in cui
l’aveva
usato su altre persone. “Ho fatto le mie ricerche. Mi
conferisce un’aria di
pericolo e imprevedibilità”. Lanciò il
pugnale in aria, cercando goffamente di
afferrarlo e finendo invece per tagliarsi il pollice. Nonostante
l’incidente,
Emma continuò a guardarla con quel fascino sconcertante,
prima di saltare in
piedi e gettare le braccia al collo di Regina.
Era
strano sentirsi
così piccola e troppo informale accanto ad Emma; era come se
si fossero
scambiate i costumi. Gli stivali bassi e robusti di Regina e quelli con
l’alto
e precario tacco davano ad Emma un vantaggio significativo in termini
di
altezza, che Regina scoprì di non disprezzare. Aveva speso
tutto il primo anno
di Emma a Storybrooke torturandosi indossando i tacchi più
alti che possedesse,
solo per assicurarsi quel vantaggio di due centimetri. Ma anche essere
più
bassa aveva i suoi vantaggi; tra le altre cose, la sua nuova
prospettiva le
permetteva di apprezzare completamente l’impressionante Evil
Cleavage* che Emma
stava sfoggiando. Questo sì che era uno dei migliori lavori
di Vincenzo,
rifletté Regina.
“Hey,
aspetta il tuo
turno. C’è una fila e tu l’hai appena
saltata”. Regina sentì una mano sul
proprio braccio, e si voltò, oltraggiata nel trovare Uncino
in piedi dietro di
sé.
“Toglimi
la mano di dosso, sporco
pirata!”. Lui
non lo fece, e Regina preparò una palla di fuoco.
Emma
alzò gli occhi
al cielo. “Hai già fallito due volte, Killian. I
cattivi non hanno tempo per
l’incompetenza”.
Regina
cercò di
soffocare il pensiero che chi ha la casa di vetro non dovrebbero
gettare pietre
contro quelle degli altri. Ma Emma l’aveva detto con
un’ironia così
inconsapevole che Regina non riuscì a distruggere
quell’illusione.
“Sì,
ho fallito”.
Lui agitò le sopracciglia suggestivamente. “Ma ho
realizzato che il mio
approccio era sbagliato, perché chi ha detto che il Bacio di
Vero Amore deve
essere sulla bocca?”.
“Che
schifo”. Emma
mosse una mano e la bocca di Uncino scomparve. “Oh, bene. A
quanto pare sei
squalificato”.
Regina
era colpita,
suo malgrado. La cattiveria e il tempismo comico di Emma erano
certamente
migliorati durante la sua assenza. “Pensavo che lo avessi
trasformato in un
gatto”.
Emma
fece spallucce.
“Biancaneve alla fine l’ha scoperto che il randagio
rognoso con tre zampe a cui
aveva dato da mangiare per mesi era Uncino. Mi ha ordinato di farlo
tornare
come prima. Ma basta parlare di Uncino”. Sorrise, e per un
momento a Regina
ricordò la donna che Emma era prima. “Allora,
immagino che tu sia qui per
provare a curarmi. Per tua informazione, se tu
fallisci, ti concederò di sicuro più di tre
tentativi”.
Regina
non ebbe
l’opportunità di ribattere, perché Emma
la stava già baciando e tutto ciò che
riusciva a pensare era che le era mancato questo.
Si permise di godersi il momento quanto più poteva,
finché ancora poteva. La
cura avrebbe funzionato ed Emma avrebbe ricordato chi fosse e chi fosse
Regina.
Sarebbe ritornata a uscire con persone socialmente accettabili, come
pirati
sterminatori e ladri viaggiatori tra mondi e scimmie volanti.
Emma
ruppe il bacio
e sogghignò. “Ancora cattiva. Ho appena pensato a
un fantastico piano per
conquistare il mondo con un esercito di velociraptor. Vuoi farne
parte?”.
Regina
sorrise e
scosse la testa. “Mi stavo solo riscaldando. Fammi provare di
nuovo”. Questa
volta, mentre la bocca di Emma incontrava la sua, Regina non
esitò e tirò fuori
la fiala di pozione, rovesciandola sulla testa di Emma. E
funzionò. Lo seppe
senza doverlo vedere, senza dover chiedere. Lo seppe
nell’istante in cui le
labbra di Emma si fecero da decise a esitanti. Si tirò
indietro, e poté leggere
la confusione e l’incertezza sul viso di Emma.
“Regina?”.
Regina
sorrise
lievemente e fece un passo indietro, scomparendo nella folla mentre
Emma veniva
inghiottita dai suoi felici familiari, amici e sostenitori.
__________________
Regina
guardò di
sbieco l’orologio sul comodino, assonnata. Erano passate le
due e c’erano dei
suoni strani provenienti dal piano di sotto. Sospirò
pesantemente. Erano
passati mesi da quando aveva dormito nel proprio letto
l’ultima volta ed era
seriamente irritata per essere stata svegliata prima del previsto.
Scese le
scale e seguì il rumore fino alla cucina. Entrò,
scoprendo Emma Swan
appollaiata sul bancone della sua cucina a mangiare il gelato
direttamente
dalla vaschetta. Emma Swan, che appariva ancora cupamente invitante,
vestita di
pantaloni in pelle ed un corsetto.
“Non
eri alla festa
questa sera” disse Emma, con occhi e parole languidi, che
fecero pensare a
Regina che lei fosse ubriaca.
“Mi
conosci. Non mi
piacciono le feste”. Davvero non le piacevano, e
l’idea di partecipare a questa
era ancora meno allettante.
“Nemmeno
a me, e mi
piacciono ancora meno se tu non ci sei”.
Regina
aggrottò le
sopracciglia. Era sicura di non aver sentito bene, a meno
che… “Ero certa che
la cura avesse funzionato. Ma…”. Indicò
l’outfit di Emma.
Emma
alzò le spalle.
“Infatti. È che non ho altro da indossare.
Vincenzo mi aveva fatto bruciare
tutti i miei vecchi vestiti. Devo fare shopping domani, ma per stanotte
o
questo o i vestiti di mia madre”. Emma rabbrividì.
“Ho commesso crimini inspiegabili,
ma di certo nessuno così terribile da meritare il guardaroba
di mia madre”.
In
effetti quella
sarebbe stata una punizione crudele e inusuale, rifletté
Regina. Nessuno
meritava di essere costretto a indossare maglioni di lana color
pastello. “Allora
che fai qui, Emma?”.
Emma
studiò
intensamente il cucchiaio che stava rigirando nella vaschetta mentre
parlava.
“Mangio il gelato. Mi nascondo dai miei. Scopro se mi parli
ancora”. Emma alzò
gli occhi mentre diceva l’ultima parte, catturando quelli di
Regina. “So di
aver combinato molti casini e mi dispiace”.
Regina
sentì un
piccolo tralcio di speranza sbocciare nel suo petto.
Accorciò lo spazio tra di
loro, mantenendo però una distanza di sicurezza.
“Certo che ti parlo ancora”.
“Anche
dopo quello
che ho fatto alla tua macchina?”.
Regina
sospirò.
“Avrà bisogno di tanto amore, ma starà
bene”.
“E,
visto che sei
dell’umore, probabilmente dovrei dirti che ho inondato il tuo
bagno cercando di
formare un esercito di calamari psichici geneticamente modificati nella
tua
vasca da bagno –faceva parte del mio ingegnoso piano di
controllo mentale”.
“Ti
perdonerò anche
questa, a una condizione”.
“Dimmi.
Qualsiasi
cosa” disse Emma, con tono colmo di sincerità.
Scese dal bancone e prese le
mani di Regina nelle proprie.
Regina seppe in quel momento che sarebbe andato tutto bene. Sorrise e disse: “Per favore, puoi tenere questi pantaloni?”.
Ciao a tutti, scusate se non ho detto nulla nei capitoli precedenti ma non volevo annoiarvi con le mie chiacchiere. Detto questo, è stato bello tradurre questa mini-storia per voi e vi ringrazio per i commenti positivi e per aver letto questi tre capitoli!
Non so se tornerò a scrivere o tradurre molto presto, ma vi saluto e ringrazio ancora.
A presto (forse)
Swan