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Autore: Zomi    31/07/2017    5 recensioni
Si erano incrociati qualche volta, lui rapido nell’implorare il suo Dead Eye a Satch per combattere gli attacchi di narcolessia, lei guizzante nel sfuggire con in mano un caffè altrettanto potente e adrenalinico.
Incrociati si, tante volte senza mai fare caso l’uno all’altra.
Conoscersi, parlare, scoprire che lei aveva le iridi viola, un scintillante piercing sullo zigomo sinistro, la passione per la tinta rosa Hot Pink e che la sua risata era calda ed eccitante come la caffeina no, quello non lo aveva mai fatto.
{AcexBonney ~ KiddxReiju ~ ZoroxNami ♥}
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Famiglia Vinsmoke, Jewelry Bonney, Portuguese D. Ace | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Caffè o Tè?” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 1801
Prompt/Traccia: 4.”Mi offri un caffé?" (da FairyPiece )
Note d'Autore: Non scrivo su Nami e Zoro da molto. E niente, si vede
 






 
Caffè.
Nella vita non chiedeva molto: una tazza di caffè alla mattina e qualcuno con cui addormentarsi alla sera accanto.
Due semplici desideri.
Uno forse più importante dell’altro dato che alla compagnia notturna poteva anche rinunciare, ma al caffè no!
Era chiedere troppo?
 
-Oh my dear! Don’t worry: I came this evening… are you happy?-
 
Sano, corposo, scuro, amaro e forte.
Un caffè deciso e determinato a dargli la carica, non abbandonandolo alla sua indole pigra e dormigliona.
Caffè.
Intenso, aromatico caffè!
 
-Yep, I miss you too: your lips, your hear, your strong arms, your dick…-
 
Una sola tazza alla mattina, niente di più.
Chiedeva solo quello!
Una tazza di caffè dopo la doccia per iniziare bene la giornata, carico e attivo, pronto ad affrontare ogni ostacolo giornaliero e a sopportare i vicini rompiscatole dei condominio o i colleghi esaltati del lavoro.
 
-... I wanna touch you for all night. I wanna kiss your skin and scream your name whatever you push in me and do it so hard…-
 
Gli andava bene anche del sciacquoso caffè solubile, o decaffeinato.
Gli andava bene tutto purché nella sua tazza, ogni santa mattina alle sette e mezza, ci fosse un liquido caldo e scuro.
Lui voleva del caffè, dannazione!
Caffè, caffè, caffè, caffè!
 
-… I’m wearing your favorite napkins, but I can lose it and arrive to you without it and other of my cloths…-
 
Perché?
Perché quella sua piccolo e semplice richiesta non era ascoltata?
Perché anche quella mattina, schivando valigie e ignorando il suo chiacchiericcio civettuolo al telefono e in una lingua che prima delle nove del mattino per  lui era marziano, nella sua tazza non c’era del sano caffè ma…
-… thè? Ancora thè?- domandò sollevando il capo nella sua direzione.
-Shh!- lo zittì Baccarat , riservandogli un’occhiataccia assassina prima di riprendere la sua conversazione –Pardon? Nope. It was only he…-
Zoro grugnì, addossandosi con la schiena al bancone della cucina, la luce del mattino che filtrava tra le fronde degli alberi del giardino condominiale fino a illuminargli il viso.
Rovesciò il contenuto della sua sacra tazza nel lavandino, voltandogli poi le spalle mentre gorgogliava nel ingerire quell’orrida brodaglia che la sua “ragazza”, così l’additavano i vicini, continuava a imporgli ogni santa mattina.
Braccia strette al busto, Zoro ringhiò, gli occhi d’ossidiana fissi a seguire l’avanti e indietro della donna formosa e dalla chioma rosata che rideva, parlottava, flirtava, fingeva di parlare con il suo capo assumendo un aria austera proprio come da copione per il suo viaggio di lavoro già programmato quando invece il suo sorrisetto lascivo e gli occhi dorati brillavano a ogni parola anglofona che esalava, tradendo che in realtà dal suo capo non andava a lavorare.
O per lo meno, i lavoretti che gli faceva non rientravano nella sua busta paga.
Sbuffò stringendo la presa delle braccia al busto, il capo ruotato verso l’unica finestra ben illuminata della cucina e che dava sull’altra facciata del condominio. Con le iridi nere vagò sulla parete dell’edificio, riconoscendo la figura di Sanji fumare a torso nudo sul balcone di casa propria e, quando i loro sguardi si incrociarono, si diedero il buongiorno ricambiandosi il dito medio.
Le gioie di abitare su due fronti diversi del medesimo condominio, divisi soltanto dal cortile in comune!
Ghignò, ma l’ilarità durò ben poco sul suo viso non appena sentì ridere sguaiatamente Baccarat, ricevendo l’ennesimo ammonimento della mattina a tacere quando provò ad aprir bocca per chiederle perché rideva tanto.
Grugnì, questa volta imbestialito non solo per la mancata dose di caffeina quotidiana.
Perché poi convivevano ancora se ben sapeva che lo tradiva?
Non era certo una novità per lui quei falsi viaggi di lavoro in cui la rosa si assentava per giorni per una fuga romantica con il suo amante non proprio tanto segreto.
-… I love you too Tesoro…-
Roteò gli occhi al soffitto, trattenendosi dall’imprecare, tornando svelto a concentrarsi sul studiare il condominio dirimpettaio.
Che razza di situazione.
Costretto a rinunciare al suo caffè mattutino sorbendosi una brodaglia giallastra e zuccherosa e a beccarsi pure le corna… tutto offerto dalla sua dolce metà, amante della bevanda inglese!
Bell’affare davvero.
Chi glielo aveva fatto poi di andare a convivere con lei?
Ah già, sua madre, certa che una convivenza avrebbe riallacciato i loro rapporti amorosi e che lei, accortasi di quanto fosse bello convivere con lui, avrebbe mollato l’altro, guadagnando così nuora fissa e vita sentimentale felice per il tanto adorato figlio.
Ingenua.
L’unica cosa che ci aveva guadagnato Zoro da quella convivenza forzata non era altro che del schifosissimo thè, oltre che a un palco di corna esponenziale che avrebbero potuto far impallidire anche il più giovane e valoroso cervo delle montagne.
Fosse solo bastato poi.
Se pensava ancora una volta al suo adorato caffè assente gli saliva una sana voglia di gettare Baccarat dalla finestra.
Lei, il suo accento inglese e quel demente di Gild che non se la portava via con sé.
Sollevò lo sguardo dall’arredamento della cucina, le chiacchiere civettuole della rosa ignorate bellamente, cercando una qualche attrattiva con cui distrarsi dall’ennesimo torto alla caffeina ricevuto e agli uggiolii innamorati di quella che doveva essere la sua ragazza.
Zigzagò con gli occhi sulla facciata opposta del condominio finché lo sguardo non gli fu attratto  da una finestra appena aperta sul piano dirimpetto al suo.
Un’esile mano chiara aveva aperto il balcone, lasciando sgattaiolare al sole un gatto dal folto pelo bianco, a cui aveva donato una carezza prima di riemergere nel tessuto svolazzante di una colorata tenda.
Erano passati pochi secondi prima che una rimbombante radio urlasse note e canti dal medesimo balcone, annunciando l’uscita dell’inquilina dalla chioma ramata e felice che ballava sulle punte dei piedi mentre innaffiava le vistose peonie che ornavano il terrazzo,  abbassandosi ogni tanto ad accarezzare il micione che serpeggiava tra le sue lunghe e invitanti gambe.
-What? Sorry my darling but there is a noise and I can’t…-
Zoro piegò il capo all’indietro, incuriosito dalla nuova vicina, osservandola con attenzione mentre apriva un altra finestra, permettendogli così di seguirla nella sua cucina e brandendo una caffettiera per ora vuota di oro bruno.
La gola gli si scaldò alla vista, e ignorare le proteste di Baccarat per la musica troppo alta che le impediva di parlare con il suo amante era ora ancor più facile.
-Per la miseria!- sbottò la rosa, sgomitando il compagno e affacciandosi alla finestra della cucina –Perché diamine tiene la musica così alta quella!?!-
Zoro ghignò, scrollando le spalle in risposta alla donna, che cellulare alla mano sbraitava per le note alte e prolungate.
-Dev’essere quella fastidiosa nuova vicina di cui mi ha accennato la signora Tsuru- sbottò, riportando il cellulare all’orecchio e allontanandosi in fretta –Che sfortuna! Dear? Are you there?-
-Nuova vicina?- borbottò Zoro, seguendo la rossa che macchinava abile con la caffettiera, cantando a mezza voce e non accennando ad abbassare il volume della radio.
La vide piroettare snella a ritmo di musica, ondeggiando i fianchi invitanti, la chioma rossa che la seguiva e abbelliva.
Ora che ben ricordava, gli sembrava che anche a lui la signora Tsuru, in una delle rare e sciagurate volte in cui avevano condiviso l’ascensore per scendere al piano terra, l’avesse informato dell’arrivo di una ragazza solare ed energica, rossa di capelli e con un gattone troppo grasso per essere alimentato solo a crocchette.
-Fa la maestra all’asilo qui all’angolo!- ricordava che aveva gracchiato fiera e saccente nel suo metro di altezza –Seria e devota: non viaggia per lavoro!-
Sghignazzò al ricordo, gli occhi attenti a non perdere alcun movimento della vicina tanto allegra e quasi armata di caffè, da quanto poteva scorgere dalla sua finestra.
Si ritrovò ad alzarsi sulle punte quando la vide afferrare l’elettrodomestico colmo di espresso, osservandola con desiderio quando se ne versò, ancora danzante, un’abbondante dose in una tazza ornata da onigiri e alzare gli occhi a… dannazione!
Distolse lesto lo sguardo quando lo incrociò a quello felino e nocciola –oh ne era sicuro!- di lei, masticando imprecazioni e maledicendosi per la figuraccia.
Beccato a spiare la vicina versarsi una tazza di caffè: quanti anni gli avrebbero dato?
Sperava nell’ergastolo a vita in una caffetteria a essere sincero.
-Oh God!- strillò Baccarat tornando in cucina, sfrecciando alla finestra e aprendola armata di cellulare e accento anglosassone.
-La vogliamo abbassare quella maledetta radio?!?- si fece sentire dall’intero quartiere –Qui c’è gente che deve parlare al telefono!-
La rossa la fissò attonita, le labbra incollate alla sua tazza di caffè retta con entrambe le mani.
Con nonchalance, si sporse dalla finestrella del suo cucinino, mostrando il suo florido petto e, sorriso ammaliatrice sulle labbra, rispose a Baccarat con un semplice –No!- accompagnato da una linguaccia infantile rivolta direttamente alla rabbiosa donna rosata.
Zoro scoppiò a ridere, gettando il capo all’indietro e per nulla intimorito delle minacce della patner che gli aveva rivolto per la sua ilarità, picchiandolo su un fianco prima di afferrare la sua borsa e andarsene con tanto di porta sbattuta, l’indignazione per la spavalderia della vicina che le aveva colorato anche le gote di un rosa shocking.
La udì disseminare parolacce inglesi e ordini perentori a un presunto taxista arrivato a scortarla all’aeroporto, minacciando la pena capitale se anche un suo solo bagaglio si fosse smarrito per strada.
Ancora ghignate il verde riportò gli occhi alla vicina, ridacchiante e ferma a fissarlo.
Le rivolse un cenno del capo, in segno di saluto, a cui lei rispose aprendo una mano a salutarlo.
Fu spontaneo e semplice ricambiare il gesto imitandola, strappandole un sorriso quando si accorse di aver agitato nel saluto la sua tazza da caffè, vuota e triste.
-Tsk- scosse il capo Zoro, abbassando gli occhi alla tazza e rigirandosela tra le mani –Anche stamattina niente caffè- borbottò.
Poteva consolarsi con il pensiero che per una settimana Baccarat sarebbe stata assente: avrebbe potuto comprare un nuova moka, nasconderla assieme a una dose massiccia di caffè, girare nudo per casa, guardare le partite con Rufy e magari anche cambiare la serratura dell’appartamento e buttare fuori di casa Baccarat senza dirle nient…
-Ehi!-
Sollevò la testa di scatto al richiamo, voltandosi verso la finestra ad osservare la vicina sbracciarsi per richiamare la sua attenzione.
Si sporse curioso, rivolgendole un sorriso storto.
-Si?- parlò roco senza dover nemmeno alzare più di tanto la voce, quasi che la musica ancora rimbombante non assordasse le sue parole ma le accompagnasse da lei.
-Caffè?- gli propose la rossa –Offro io!- gli mostrò la caffettiera ricolma.
Zoro ghignò, e armato di tazza, uscì di casa a passo di marcia.
Perché Zoro nella vita non chiedeva molto: una tazza di caffè alla mattina e qualcuno con cui addormentarsi alla sera accanto.
E ben presto le avrebbe avute entrambe: una liquida e densa nella sua tazza, l’altra rossa e profumata di mandarino stretta al suo fianco.
   
 
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