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Autore: elybetta    01/08/2017    4 recensioni
[JOHNLOCK]
Per tutti Sherlock e John sono una coppia. Una cosa sola è sicura: Sherlock è innamorato follemente di John.
Un'esplosione. La paura di perdere John per sempre...
[Dal testo]
“John!” urlo quando mi accorgo che si è messo a correre come una furia verso quei passi, ma è troppo tardi! L’esplosione, un rumore forte, fortissimo che mi stordisce immediatamente. L’onda d’urto mi scaraventa non so dove e tutto intorno a me sembra crollare.
Quando riapro gli occhi sembrano passati alcuni secondi, devo aver perso conoscenza. Le orecchie fischiano forte a causa dell’esplosione, la vista è annebbiata e c’è molta polvere nell'aria. L’immagine di John che corre verso quel rumore forte mi scuote fin dentro le viscere.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! :)
E' la prima volta che scrivo in questo Fandom, sono una novellina e...muoio di paura! XD
Detto questo, vi racconto del perchè ho scritto questa OS. Tutto è partito da un sogno che ho fatto una notte. Sono rimasta molto colpita dalla scena che avevo immaginato, così ho deciso di buttare giù qualcosa e, bho alla fine è uscito tutto ciò! XD
Il POV è di Sherlock, ed è stato molto difficile rimanere IC, infatti in alcune occasioni credo di averlo reso un po' OOC, ma diciamo che è giustificato dal suo "camibiamento" e dai sentimenti per John. Va beh, non vi spoilero altro! XD
La OS è ambientata durante la seconda stagione e non tiene conto ne della finta morte di Sherlock ne tanto meno di Mary!
Buona lettura e spero di leggere qualche vostra recensione :)
ely






Amazing How Fire Exposes Our Priorities


“Ascoltami, per una volta nella tua vita, Sherlock! E’ meglio che tu ne resti fuori, sei in pericolo” dice per
l’ennesima volta Mycroft, che addirittura è venuto fino a Baker street per tormentarmi.
“So quello che faccio” rispondo tranquillo mentre strimpello con le dita le corde del mio violino. Già il fatto di vedere mio fratello, seduto sulla poltrona di John mi infastidisce in un modo esagerato, poi sentire le sue stupide raccomandazioni è ancora peggio.
“Non mi sembra, sei troppo coinvolto! Non sei lucido, quel tipo è ossessionato da te in un modo malsano e tu ti stai divertendo. Non è un gioco fratellino, per l’ultima volta…stanne fuori!” continua alzando il tono della voce. Aah quanto gli piace esercitare la sua autorevolezza su di me.
“Ora puoi anche andare” faccio stufo e stanco di sentirlo parlare. Resta per qualche secondo a fissarmi contrariato, poi si alza, recupera il suo stupido ombrello e se ne va senza salutare. Leggo il messaggio sul cellulare. E’ lui, Morgan, mi ha dato appuntamento fra due ore in un posto un po’ fuori Londra, un posto abbastanza isolato. Evidentemente vuole sfidarmi, affrontarmi, ed io di certo non mi tirerò indietro! Avviso Lestrade, non voglio agire in modo sprovveduto, darei ragione a mio fratello.
Non posso fare a meno di essere eccitato all’idea di affrontare un serial killer di queste proporzioni, sicuramente non mi annoierò. Allungo le gambe e sorrido, un sorriso che John sicuramente non approverebbe: “E’ un assassino Sherlock” mi direbbe severo, col suo fare serio e colmo di decenza. In realtà ho bisogno di lui, del suo sguardo duro, aiuta a ridimensionarmi quando tendo a diventare “una macchina” come mi ha chiamato una volta. Forse una volta lo ero, o fingevo di esserlo ma da quando ho John al mio fianco, non sono più sicuro di niente e, ancora una volta mi ritrovo a pensare a lui, a non vedere l’ora che varchi la porta di casa e che togliendosi la giacca riveli uno di quei maglioni orribili che stranamente potrei sopportare soltanto addosso a lui. Mi ritrovo a sorridere, di nuovo, ma questo è un sorriso ben diverso da quello di prima. E’ un sorriso che mi blocca il respiro e che mi fa sentire uno sciocco, ma contemporaneamente felice. Con un tempismo perfetto sento i suoi passi salire le scale velocemente ed in secondo apre la porta e si palesa davanti a me. Mi alzo in piedi e non lo lascio nemmeno parlare, voglio informarlo subito della novità.
“John, John dobbiamo andare. Non toglierti la giacca! Finalmente potremo incontrare Morgan e…”
“Sherlock no” mi dice interrompendomi. Immediatamente capisco…
“Ah, bene. Mio fratello ha parlato anche con te” dico con una smorfia di fastidio. Lui apre un po’ di più gli occhi ma si riprende subito dallo stupore, d’altronde ormai è abituato.
“Sì e credo abbia ragione. Odio doverlo ammettere sai? Ma è così. Stai esagerando con questo caso e, con questo tizio!” dice come se mi stesse sgridando.
“E’ un serial killer, ed io sono un consulente investigativo. E’ il mio lavoro” mi giustifico aggiustandomi la giacca in modo arrogante. Lo sento sbuffare e fare qualche passo verso di me mentre io guardo fuori dalla finestra.
“Sherlock…è, è pericoloso e potresti essere in pericolo. Mycroft mi ha detto…”
“Mycroft!” sbraito infastidito. Perché? Perché da ascolto a Mycroft e non a me adesso? Di solito John è dalla mia parte, si fida di me. Il mio John non parlerebbe così! Mi rendo conto di averlo chiamato “mio” e stringo gli occhi. Lo faccio sempre più spesso ultimamente e la cosa mi preoccupa.
“Non sono uno stupido, o sprovveduto come lui crede!” rispondo soltanto, ancora un po’ provato dai miei stessi pensieri.
“No, sei un idiota!” mi risponde lui spazientito. Che fosse soltanto preoccupato per me? Non lo so, so solo che io lo vorrei al mio fianco, lo vorrei tanto.
“Io vado. Con o senza di te” gli dico in fine, poi cammino velocemente verso la porta e scendo le scale. L’aria fredda di Londra mi schiaffeggia in pieno viso, alzo il bavero del mio cappotto e guardo in fondo alla strada pronto per chiamare un taxi ma dopo qualche secondo sento i suoi passi dietro di me.
“Tu sei un idiota, ed io lo sono più di te” dice facendomi sorridere. Sapevo che il mio John non mi avrebbe abbandonato.

                                                                                                      °oOOO000000OOOo°

Avrei dovuto immaginarlo, perché sono stato così stupido!? Avrei dovuto tirarmi indietro subito dopo aver capito che era solo una trappola, una trappola fatta soltanto per colpire me. Sento dei passi veloci rimbombare in questo stabilimento abbandonato. Vanno verso destra ma li ignoro, penso invece a come uscire da qui il prima possibile perché il ticchettio che mi arriva all’orecchio immediatamente dopo è inconfondibile. 
“John!” urlo quando mi accorgo che si è messo a correre come una furia verso quei passi, ma è troppo tardi! L’esplosione, un rumore forte, fortissimo che mi stordisce immediatamente. L’onda d’urto mi scaraventa non so dove e tutto intorno a me sembra crollare.
Quando riapro gli occhi sembrano passati alcuni secondi, devo aver perso conoscenza. Le orecchie fischiano forte a causa dell’esplosione, la vista è annebbiata e c’è  molta polvere nell’aria. L’immagine di John che corre verso quel rumore forte mi scuote fin dentro le viscere.
Mi alzo di scatto ma subito le gambe mi cedono, arranco e solo dopo qualche passo riesco a ritrovare l’equilibrio, così aumento la velocità, sempre di più. Sento qualcuno che urla non molto lontano, un uomo, una bambina…non m’importa, devo raggiungere John. Penso a lui sotto le macerie, qui è tutto crollato su se stesso. E’ colpa mia, lui non voleva nemmeno venire! Aveva ragione Mycroft e a causa del mio egoismo e voglia di dimostrare a tutti di essere il più intelligente, il migliore, adesso John è da qualche parte qui sotto.
“John!” urlo col panico che rapidamente sento aumentare dentro di me.
“Sherlock” intanto la voce di Lestrade mi raggiunge, mi illude per qualche millesimo di secondo. Io guardo giù, devo trovare John!
“Ma che diavolo è successo?” mi chiede  afferrandomi per il cappotto. La sua voce mi sembra lontana, gli occhi saettano da una parte all’altra veloci, nervosi.
“Stai bene?” continua.
“John era qui!” lo informo continuando a vagare fra le macerie. Lestrade apre gli occhi, inorridisce…
“Oh Dio no” impreca per poi cominciare a cercare insieme a me. Dopo alcuni secondi, scorgo i capelli di John spuntare da un grosso pezzo di cemento. Urlo il suo nome più forte che posso e comincio a correre verso di lui, il cuore batte troppo forte ed ho paura anche solo a guardare.
“She-Sherlock” sento la sua voce, è sveglio! E’ vivo! Il suo corpo è coperto dalle macerie, con le mani cerco di sollevare i grossi e pesanti pezzi ma un suo lamento mi ferma.
“Sherlock, que-quella bambina” mi dice indicando verso la mia destra col viso. Guardo in quel punto e la vedo. Una bambina intrappolata insieme al padre. Scuoto la testa con forza.
“No, no no no…” faccio mentre cerco di nuovo di liberarlo. Ma che gli salta in mente? E’ pazzo?
“Sherlock ti prego” mi supplica. Non può chiedermi una cosa simile, non può farlo! Faccio il grosso errore di guardare i suoi occhi e…lo faccio. Lascio lui e corro spedito verso quella bambina. Sposto le macerie e libero il padre che non fa che ringraziarmi, sta bene e in poco tempo col suo aiuto libero anche la piccola che non fa che piangere. Non guardo nemmeno come sta. Corro, corro più forte che posso, salto le macerie, continuo a correre finché non raggiungo John. Lestrade e altri uomini stanno togliendo dei grossi pezzi di cemento dalle sue gambe, per fortuna sono intervenuti loro, adesso John è libero.
“Chiamate subito l’ambulanza!” grido. Mi inginocchio a terra e mi abbasso verso di lui. Non so dove guardare, dovunque guardo, vedo cose che non mi piacciono ed il panico ormai fa parte di me.
“L’ho già chiamata Sherlock, l’ho…l’ho chiamata subito, subito ma, ma lui…” ha il fiatone ed è nervoso. Non sto più di tanto a sentire ciò che accade intorno a me. John mi guarda, e io dovrei forse assumere un’espressione più calma, per non agitarlo ma, non riesco! Come posso farlo?
“Sherlock...Perdo sangue, tanto..." mi dice cercando di alzarsi, ovviamente non ce la fa. Le gambe sono compromesse, molto compromesse, ossa rotte? Sicuramente. Tendini danneggiati? Possibile. Inoltre attorno a lui c'è del sangue, troppo per me, troppo da sopportare, troppo per essere attorno a John! Mi abbasso verso di lui, cerco di capire da dove venga il sangue ma, ha ferite un po' ovunque, il suo viso...Non riesco a concentrarmi, a pensare, maledizione!
"John...shhh, non parlare e, cerca di non muoverti adesso..." gli dico non sapendo bene dove mettere le mani. Cazzo John! Sei tu il dottore, sei tu, tu che solitamente ti prendi cura di me, delle mie ferite. Con una mano sotto la nuca gli alzo la testa, sangue, ancora, di nuovo sangue, sulla mia mano! Comincia a mancarmi il respiro, vorrei urlare, urlare talmente forte da perdere i sensi e risvegliarmi quando tutto sarà di nuovo sotto controllo.
"Guardami, s-sto sto tr-emando e perdo sangue da posti dove non-non dovrei..." continua John. Non posso, non riesco a sentire la sua voce così, non è la sua voce. Il suo viso è ricoperto di terra e sabbia, con delle striature più scure che gli scendono sulle guance: sono lacrime. John sta piangendo ed io sento che ogni fibra del mio corpo sta perdendo energia.
Continuo a guardarlo...È vero, trema, tantissimo e ha del sangue che gli scende lento dalla bocca e dalle orecchie, non è un buon segno, non è per niente un buon segno! Le sue mani adesso stringono forte la stoffa del mio cappotto sulle braccia, nei suoi occhi leggo la paura, quella vera, le ciglia piene di lacrime, il panico. Io non riesco più a pensare ormai, guardo Greg che si guarda intorno spaesato…
"Hai chiamato l'ambulanza?" urlo. Me ne accorgo solo dopo averlo fatto. Glielo domando anche se in realtà so che l’ha appena chiamata, mi sento stupido, faccio cose stupide e non so il perché le faccio!                   
"S-sì, arrivano... arrivano" dice guardando John con un'espressione disperata. Vorrei gridargli di non guardarlo a quel modo, come se fosse spacciato, come se fosse l'ultima volta che lo vede! Perché fa così? John non mi sta abbandonando...
"Sherlock" la sua voce, non sembra la sua, è roca, acuta, nulla a che fare con la sua quando mi dice cose come: “Fantastico Sherlock, straordinario” Vorrei che me lo dicesse ora: "Mi hai salvato Sherlock, sei grandioso". Invece no, non l'ho salvato, l’ho messo io in pericolo. Sto qua e non faccio niente, sono inutile!
È bianco, e la sua espressione è...non riesco nemmeno a guardarlo, mi concentro sui riflessi biondo grano dei suoi capelli, caccio indietro le lacrime e deglutisco forte, mi sembra di vivere un incubo, il mio peggiore incubo!
La sua mano destra mi stringe ancora più forte, come se stesse usando tutte le sue energie per aggrapparsi a me. Sento Greg bestemmiare in lontananza. Capisco dal rumore dei suoi passi che sta camminando avanti e indietro nervosamente. Nemmeno lui sa cosa fare, vorrebbe fare qualcosa ma è troppo preoccupato, non l'ho mai visto così preoccupato! Non mi piace.
 John, John non sta... no, lui non sta...
Metto le mani sotto la sua schiena e lo sollevo un poco, sedendomi per terra. Lo stringo a me, adagiandolo sulle mie gambe che tengo incrociate per accoglierlo meglio.
"Stai tranquillo, andrà tutto bene" gli sussurro ad un orecchio. Non vorrei ma la voce mi trema e sento le lacrime spingere inesorabili. Avrei dovuto usare un tono di voce sicuro e rassicurante, ma nemmeno se mi sforzo riesco a controllare i miei sentimenti. Classico in presenza di John, facile perdere la concentrazione con lui, coi suoi occhi, le ciglia lunghe, folte e bionde, l'espressione attenta, sincera...maledizione!
"No-non ne sarei così sicuro" risponde lui, il suo respiro debole sul mio collo. Una flebile risatina, come di rassegnazione, no...NO!
"Non scherzare" dico infilando una mano nei suoi capelli. Si agita appena al mio tocco, il suo respiro è improvvisamente affannato, irregolare.
"Respira piano, resta con me" lo imploro, ed un singhiozzo esce forte dalla mia gola, togliendomi del tutto le forze di fingere sicurezza. Poi improvvisamente non sento più il suo corpo muoversi, il suo respiro irregolare accarezzarmi terribilmente la pelle. Sento come un brivido freddo attraversarmi tutto il corpo! Sono paralizzato, per qualche secondo non riesco nemmeno a muovermi di un millimetro. E’ la paura, la paura di perderlo…
"John..." Lo chiamo ma lui non risponde, andrebbe bene anche la voce che non sembra sua adesso, ma nulla. Sposto la testa per guardarlo, ha gli occhi chiusi. Il cuore mi batte così forte che mi fa male il petto. Le tempie sembrano esplodere, le gambe tremano forte sotto il suo peso. Lo scuoto appena, non si muove, John non si muove.
"JOHN!" urlo forte, non so nemmeno come faccio a trovare ancora la voce, la gola adesso brucia, gli occhi pungono. Piango, comincio a piangere forte, come un bambino, come non ho mai fatto in tutta la mia vita. Non può lasciarmi, non può....
''Ti prego svegliati" ora la voce mi esce acuta, un po’ come la sua poco fa, ho un peso sul petto che mi schiaccia, che mi trascina giù, in un baratro, buio, freddo, soffocante…
"John... John..." Continuo a dire il suo nome, come in una cantilena senza senso, mentre sfrego il mio viso contro il suo. Mille pensieri mi attraversano la mente, ma non riesco a fermarli, a catalogarli a concentrarmi. Immagini di John, il suo sorriso, il suo rimproverarmi, il suo essere presente…lui, tutto lui, John. Non so cosa fare, dovrei fare qualcosa, ma non faccio altro che piangere e dire il suo nome. Piango, non curandomi dei suoni vergognosi che escono dalla mia bocca, piango talmente tanto che le lacrime mi bagnano la sciarpa, la inzuppano. Guardo di nuovo il suo viso, indifeso, immobile. Realizzo che preferirei morire piuttosto che vedere il suo viso in questo modo. Non il suo viso solare, le espressioni buffe e tenere. Quando si arrabbia, labbra tirate, occhi azzurro mare che sembrano in tempesta, amo tutte queste cose di lui. Mi avvicino piano, con cautela e poi…poi lo bacio, sulle labbra, piano, delicatamente, maledicendomi per non averlo mai fatto, per non averlo mai stretto così al mio corpo, per aver sprecato il tempo a fingere, a dirmi che i sentimenti sono inutili. Ora è troppo tardi, troppo tardi per dirgli che lo amo, ma lo faccio lo stesso.
"Ti amo" dico non lasciando mai le sue labbra che sono ancora calde e bagnate dalle mie lacrime. Le sue labbra dovrebbero rispondere, reagire al bacio, pronunciare un “ti amo” che non so quante volte ho sentito nei miei sogni. Tutto dovrebbe essere diverso! Ma questo non è un sogno, è un terrificante incubo.
"John, io ti amo" sembra così strano dirlo ad alta voce, non dovrei farlo, non adesso, non così. Ma non riesco a smettere, non riesco a fare nulla di sensato. Perché? So il perché, ma non voglio pensarlo, non voglio pensare che non potrò più dirglielo, che questa alla fine è l’ultima occasione di dirlo a lui, anche se non può sentirmi!
"Sherlock" sento una mano sulla mia spalla: è Lestrade, muovo la schiena di scatto, non voglio la sua mano ad accarezzarmi, non voglio nessuno! Sembrerò ridicolo, un pazzo, ma non m'interessa, non voglio staccarmi da lui, non può lasciarmi! Se lui muore, io morirò con lui, qua...Adesso!
Mentre mi rendo conto che ho pensato quella parola, quella che non avrei mai voluto associare a John, mai nella mia vita, sento le sue ciglia che mi solleticano appena la guancia. Alzo di scatto la testa, il cuore riprende a battere più veloce di prima. John è vivo! È ancora vivo!
I suoi occhi si muovono a scatti, piano. Passo una mano sulla sua guancia e lo chiamo di nuovo, lui muove la bocca, ma non riesce a parlare, troppo stanco per parlare. Apro la bocca a vuoto più volte senza riuscire a dire una parola, il respiro ora è troppo accelerato! Chiudo gli occhi, cerco di concentrarmi, di non urlare, di riprendere un ritmo respiratorio regolare. Le sue dita si muovono debolmente sul mio braccio, vuole dirmi qualcosa ma, non deve! E’ vivo, John è ancora con me e questa volta non manderò tutto a puttane!
"Non importa, non sforzarti, risparmia le forze ti prego!" dico ricominciando a piangere, un misto fra lacrime di gioia e lacrime di paura. Paura di perderlo, paura che possa sentire di nuovo il cuore dilaniarsi come poco fa.
"Oh Cristo santo, John!" Grida Greg con una risata quasi isterica, inginocchiandosi più vicino a noi.
"Non stargli addosso" dico rabbioso dimenando una mano, per poi accarezzare piano le guance di John, sperando che continui a respirare e a tenere gli occhi aperti.
"John ti prego resisti, ti prego!" solo ora mi viene in mente di sentirgli il polso, è debole, non resisterà ancora per molto. Mi volto verso la strada ma l'ambulanza non arriva. Sento la rabbia crescere a dismisura!
"Chiamala ancora Greg!" dico al mio amico che guarda me e John in un religioso silenzio.
"Non credo servirà a farla arrivare più in fretta..." Ma mentre parla, un forte rumore mi fa sobbalzare. Guardo in alto, un elicottero. Conosco troppo bene quel tipo di elicottero, nuovo, moderno a giudicare dal rumore che producono le pale, veloce. Contando il fatto che c'ha messo molto poco tempo, beh, sicuramente qui c'è lo zampino del governo inglese!
"Guarda!" Urla Lestrade dalla gioia, si alza in piedi e comincia a sbracciarsi per segnalare la nostra posizione. Una cosa abbastanza stupida visto che sono venuti qui apposta per noi. Io sorrido, la speranza ritorna prepotente ma non faccio altro che piangere, di nuovo, e stringere John al mio petto. Tornerà tutto come prima, non permetterò mai più che accada una cosa simile, mai...
"Sei salvo, vedrai...Ve-edrai” balbetto appoggiando la fronte alla sua. Scorgo l'azzurro dei suoi occhi, forse ora un po' più vivo, più da John, ma non posso essere certo di nulla in questo momento.
L'elicottero finalmente atterra non molto distante da noi, riparo John dalla terra e dai detriti che inevitabilmente ci colpiscono. In un secondo due paramedici scendono e corrono verso di noi. Lascio andare John a terra, piano, continuando a controllargli il polso, come se potesse andarsene da un momento all'altro. I medici gli immobilizzano la testa e gli arti mentre lui non fa che guardarmi spaventato. Lo sollevano e lo mettono su una barella. Non voglio lasciarlo, corro dietro a loro anche se Greg cerca di fermarmi.
"Signor Holmes non può venire con noi" mi urla uno dei paramedici mentre le pale ripartono. Non li ascolto. Voglio stare con John, penso che non mi vorrò mai più staccare da lui, non posso lasciarlo solo, o forse sono io che non voglio rimanere solo, senza di lui. Voglio poter tenere il suo corpo fra le braccia e consolarlo, dirgli che tutto andrà bene, perché andrà tutto bene non è vero?!
"Non ci staremo tutti! Se sale anche lei sarà più complicato curarlo lo capisce?" mi accorgo solo ora che l'uomo mi sta scuotendo forte, tenendomi per le braccia. Ha ragione, sarei soltanto d’intralcio, e non mi perdonerei mai se gli accadesse qualcosa per causa mia, a causa dei miei sentimenti. Mi fermo, guardo John allontanarsi, prendere il volo e rimango immobile finché il braccio di Greg non mi circonda le spalle.
"Hey amico, andiamo, mi ha chiamato Mycroft, raggiungiamo John" fa scandendo le parole e parlandomi piano, come se fossi sotto shock. Mi guardo, ho il sangue di John fra le mani, sui vestiti, le sue lacrime mischiate alle mie, il suo odore addosso, Forse lo sono, sono scioccato, penso solo che se qualcosa dovesse andare storto io non potrei più vivere. Annuisco soltanto, e mi preparo alla vista di una qualche auto nera che, infatti, non tarda ad arrivare. Quando tutti e due saliamo, mi accorgo solo dopo essermi seduto che anche mio fratello è nell'auto. È preoccupato per John? Il soldato, come lo chiama lui? Sicuramente lo è di più per me. Non l'ho mai visto guardarmi così, nemmeno osa parlarmi, eppure so che muore dalla voglia, vorrebbe specificare che l'aveva detto lui che sarebbe finita male, farmi stare ancora peggio di come sto ora ma, non lo fa. Mi specchio nel finestrino perfettamente pulito e stento a riconoscermi io stesso. Nessuno parla, non vola una mosca e non so se la cosa mi aiuta, in realtà scopro di non riuscire nemmeno ad isolarmi nel mio palazzo mentale, e che banalmente vorrei soltanto continuare a piangere. Non faccio altro che pensare a lui, e al bacio che gli ho dato, così disperato. Guardo Greg di sfuggita, chissà cosa deve aver pensato, non avevo mai esternato i miei sentimenti in questo modo per nessuno, ma John, il solo pensiero di poterlo perdere mi annienta completamente. Lui mi sorride, cerca di confortarmi. Stringo forte i pugni, questa ansia, questa preoccupazione, non ce la faccio più, sto crollando.
"Più veloce avanti!" Ordina Mycroft all'autista. Dovrei ringraziarlo, dovrei davvero ma, forse un'altra volta, per oggi ho anche sopportato troppi sentimenti. Dopo venticinque minuti e qualche infrazione del codice stradale siamo finalmente all'ospedale.
"Dov'è?" Chiedo a mio fratello non appena ne scorgo le mura. Lui mi passa un foglietto ed io scendo dalla macchina che ancora non è del tutto ferma. Corro, scanso la gente, mi tolgo la sciarpa e la getto chissà dove. Quando raggiungo il terzo piano un dottore mi ferma tenendomi per il braccio. Sapeva già che stavo arrivando, ancora Mycroft.
"Il signor Watson sta subendo varie operazioni. Ha molte lesioni interne ed alcune ferite più o meno gravi. Non appena sarà stabile la informeremo immediatamente" fa deciso per poi tornare in sala operatoria. Non posso nemmeno immaginare John sotto i ferri, coi chirurghi tutti intorno a lui mentre lotta per stare al mondo. Mi strofino il viso con le mani, poi dopo qualche passo stanco mi lascio cadere su una delle sedie gialle scolorite di questo corridoio asettico.
"Saputo qualcosa?" Mi chiede Lestrade quando tutti arrivano e prendono posto vicino a me.
Ripeto quello che mi ha detto quel dottore e torno a fissare il pavimento. I minuti, le ore passano, non parlo, non mangio. Gli altri vanno a casa, io non guardo nessuno, penso solo a lui, ininterrottamente finché non chiudo gli occhi e sento le forze mancare...
 
"Sherlock svegliati" la voce irritante di Mycroft mi fa scattare in avanti.
"John sta bene" fa appena in tempo a dire prima che io mi alzi e corra verso la sala operatoria.
"È nella stanza a destra" mi urla mio fratello. Già, che stupido che sono. Cambio direzione velocemente e mi fiondo sulla porta. Quando vedo John nel letto, i suoi parametri vitali sullo schermo, sospiro sollevato. È tutto apposto, è vivo, è ancora qui con me.
"Sta dormendo, non lo disturbi mi raccomando" mi informa l'infermiera prima di lasciarci soli.
Dorme, sembra quasi rilassato, ma vedere tutti quei tubi intorno a lui mi spezza il cuore. Le gambe sono tenute in alto da delle costruzioni di ferro, la testa fasciata, punti di sutura, tubi di drenaggio. Di nuovo sento le lacrime bagnarmi gli occhi. Sposto piano i capelli dalla sua fronte, accarezzandogli la pelle, poi prendo la sua mano.
"John" mi ritrovo a sussurrare come un idiota. Ne accarezzo il dorso delicatamente, mentre osservo quasi estasiato l'alzarsi e l'abbassarsi a ritmo perfetto del suo petto. Una cosa così stupida, ma che ora mi sembra così bella, così essenziale...
D'ora in poi sarà tutto diverso, io sarò diverso. Non sarò più così codardo da nascondere continuamente ciò che provo per lui. Lo toccherò, sempre, voglio sentire il suo corpo contro il mio, lui che si aggrappa a me, lui che si affida a me. Voglio poter per sempre guardare il suo petto muoversi proprio come sto facendo ora. Non so nemmeno come il mio cervello possa formulare simili sciocchezze mielose, eppure l’idea di riuscirle a pensare mi rende in qualche modo più leggero. Prendo la piccola poltrona vicino alla finestra e la trascino fino al letto, poi mi siedo ed appoggio le braccia e la testa sul materasso. Chiudo gli occhi, beandomi del silenzio e della pace che regna in questa stanza un po’ triste.
 
“Sherlock” di nuovo la voce di Mycroft mi sveglia. Mi sono addormentato ancora, con la mano di John stretta nella mia. Mi gira la testa e sono tutto un dolore, ma di nuovo guardo lui, che respira profondamente ed è come se rinascessi all’improvviso.
“Torna a Backer street adesso, hai bisogno di rimetterti in sesto” mi dice serio, col suo solito tono impostato.
“No” rispondo piano, continuando ad osservare John, le sue bende sporche di sangue, le lacrime calcificate intorno agli occhi, sulle ciglia. Mi alzo senza dire nulla, vado in bagno e inumidisco un asciugamano, poi torno accanto al suo letto e chinandomi su di lui passo il pezzo di stoffa morbido sul suo viso, sugli occhi, sulle guance scendendo poi sulla bocca e togliendo le tracce di sangue coagulato agli angoli delle labbra e sulle tempie.
“Qui si prenderanno cura di lui, nel modo migliore, io stesso me ne sono preoccupato e continuerò a farlo affinché si riprenda nel migliore dei modi e al più presto possibile. Ora, per favore torna a casa” mi ripete aumentando leggermente il tono di voce.
“No” rispondo di nuovo.
“Sherlock…”
“Non posso!” lo interrompo cercando di non urlare. Mycroft fa un sospiro profondo, poi poggia una mano sulla mia spalla, lo guardo stupito, questo gesto non è da lui.
“Io, io capisco che tu adesso voglia stargli vicino, ma quando John aprirà gli occhi, non vorrà certo vederti in questo stato, e soprattutto sarebbe meglio per lui che tu fossi lucido. Riposati, basterebbe qualche ora, tanto dormirà ancora per un po’. Una volta rimesso in sesto potrai tornare qui quando vorrai ma, adesso è ora che tu vada a casa Sherlock” mi dice, la mano sempre sulla spalla, stranamente rassicurante.
“Ma se, se gli capitasse qualcosa?” chiedo. Sembro quasi un bambino impaurito, mi sembra di essere tornato indietro di vent’anni, quando Mycroft mi consolava rimboccandomi le coperte.
“Non lo permetterò, lascia che ci pensi io” fa premuroso. Sembra tutto così surreale. Non so come ma mi convince. Mi alzo, le gambe quasi mi cedono mentre mi avvio verso la porta. Prima di andare guardo di nuovo John, come per assicurarmi che stia ancora respirando e poi lo faccio…
“Grazie” dico piano guardando mio fratello di sottecchi. Lui alza un sopracciglio, è chiaramente spiazzato ma, felice?
“Dovere fratello” risponde appoggiandosi al suo fidato ombrello.
 
                                                                                                   °oOOO000000OOOo°
 
“Grazie signora Hudson, ora devo andare” le dico abbozzando un sorriso, poi preso dall’impeto le stampo un bacio sulla guancia afferrandola per le braccia esili. Quando sono tornato a casa ho dormito per dieci ore filate, se non fosse stato per la signora Hudson non avrei nemmeno mangiato ma, ora l’unica cosa che voglio, è vedere John.
Quando entro nella sua stanza noto che è vuota, solo Mycroft sta seduto sulla poltrona a leggere un quotidiano.
“Oh, eccoti qui, gli altri se ne sono appena andati via” dice senza nemmeno alzare lo sguardo dalla sua lettura.
“Gli altri?” chiedo mentre mi aggrappo alle sbarre di ferro del letto di John. Da quanto è qui Mycroft? Osservando meglio i suoi vestiti, posso dedurre sia qui da almeno otto ore, non posso crederci che abbia sorvegliato John per tutto questo tempo.
“Sì, Gregory Lestrade e…
“Molly” rispondo sentendo il suo profumo delicato arrivarmi alle narici. Sento Mycroft sorridere e posare il giornale sul davanzale della finestra dopo averlo ripiegato per bene.
“Ora puoi andare, sicuramente la regina ti aspetta” scherzo, mentre accarezzo con un dito la pelle del braccio di John. Mio fratello non risponde, si alza dalla poltrona e mi raggiunge fermandosi al mio fianco.
“Circa un’ ora fa ha aperto gli occhi per qualche secondo” fa poi sospirando. Il mio cuore perde un battito.
“Davvero?” chiedo mentre sorrido incondizionatamente.
“Si sta svegliando, piano piano…ora è meglio che vada” dice facendo un cenno veloce con la testa.
“A presto Mycroft” dico senza guardarlo, poi sento la porta chiudersi. Come l’ultima volta, trascino la poltrona vicino al letto e mi ci siedo. Osservo il suo profilo per non so quanto tempo, quando vedo le sue ciglia vibrare appena. Mi alzo di scatto e mi abbasso su di lui.
“John” lo chiamo piano…i suoi occhi si aprono lentamente, deve dargli fastidio la luce.
“Sherlock” dice con la voce più rauca che abbia mai sentito ma, Dio, sono così felice di sentirlo pronunciare il mio nome ancora! Prendo la sua mano e guardo i suoi occhi aprirsi del tutto, mi sembra di rimanere abbagliato da quel blu intenso, contornato dall’oro delle ciglia, non so cosa avrei fatto senza i suoi occhi.
“Acqua” mormora sofferente. Che stupido! Avrei dovuto pensarci prima! Mi fiondo sulla bottiglia e velocemente verso un po’ d’acqua fresca nel bicchiere di plastica che trovo sul comodino.
Metto una mano sotto la sua testa, e con l’altra avvicino il bicchiere alle sue labbra. Si lamenta e stringe forte gli occhi quando faccio per alzarlo dalla nuca, subito mi torna alla mente il suo sangue sulla mia mano.
“Scusa, maledizione scusami” faccio fermandomi e togliendo la mano. Sono impacciato, sono completamente incapace! Poso momentaneamente il bicchiere, dopo aver notato la manovella in basso. Le gambe non sono più appese in alto, posso sollevarlo, così, comincio a girarla ed il busto di John si alza lentamente, quando è quasi dritto mi fermo, e di nuovo afferro il bicchiere e lo avvicino alla sua bocca che già è socchiusa. Beve in fretta, a grandi sorsi avidi, doveva avere molta sete.
“Piano” lo sgrido bonariamente io, per poi asciugargli una goccia d’acqua che gli scende lentamente sul mento.
“Grazie” mi dice abbozzando un piccolo sorriso. La sua voce è già più cristallina ora, ed improvvisamente, non so perché, scende un silenzio quasi imbarazzante.
“Chiamo il dottore, lo informo del tuo risve…”
“No, no aspetta” m’interrompe alzando la mano verso di me. Deglutisco a vuoto un paio di volte, poi mi avvicino di nuovo a lui e, le sue dita stanche cercano chiaramente le mie. Lascio che la sua mano afferri la mia, è debole ancora, ma mai quanto sento deboli i muscoli delle mie gambe in questo momento.
“Non, non lasciarmi solo, vorrei stare ancora un po’ con te” dice sospirando. Il cuore comincia a battere più forte mentre annuisco impercettibilmente. Mi siedo di nuovo, senza lasciare la sua mano.
“Certo John, sono qui” lo rassicuro, pensando che mai e poi mai potrei lasciarlo solo.
“Come stanno gli altri?” mi chiede subito dopo.
“Bene, stanno tutti benissimo, Donovan ha subito solo qualche ferita superficiale” lo informo.
“E…quella bambina?” continua girando appena il viso verso di me.
“Oh, si riprenderà presto, è fuori pericolo” dico anche se in realtà non so come stia veramente, la prima cosa che farò dopo sarà informarmene, per lui. Sorride, come al solito pensa prima agli altri che a se stesso.
“Morgan è scappato?” chiede con un tono un po’ impaurito e un po’ arrabbiato.
“L’hanno preso John, non tornerà più a darci fastidio” rispondo sincero.
“E…tu?” chiede infine puntando gli occhi nei miei. Abbasso lo sguardo, ricordandomi di quando lo tenevo fra le braccia pensando fosse morto.
“Ora sto bene” rispondo.
“Ora?” mi guarda preoccupato, crede che anche io sia stato ferito.
“Ora che so che tu starai bene” specifico. Mi sforzo di guardarlo negli occhi, d’ora in poi non voglio nascondere i miei sentimenti per lui. John sbatte gli occhi più volte, e continua a guardarmi come se fossi impazzito.
“Mi hai fatto prendere un bello spavento” dico cercando di sdrammatizzare, lui sorride incerto…
“Non farlo mai più, ti prego” dico poi ritornando ad un tono più serio. John è ancora più sorpreso…già, non è abituato a sentirmi parlare in questo modo.
“E’ colpa mia” faccio dopo qualche secondo di silenzio. Non riesco più a fermarmi, è come se il fiume di parole nella mia testa straripasse fuori e addosso a John.
“Non dovevi venire, mi avevi avvisato ma io, io non ho dato ascolto a nessuno e ti ho quasi fatto ammazzare” termino con una tale rabbia per me stesso che mi fa quasi paura.
“No Sherlock, non è colpa tua io…io ho voluto venire con te” risponde dispiaciuto. Faccio no con la testa ma lui stringe più forte la mia mano.
“Non pensare che sia colpa tua ok? Non farlo. Ora è tutto a posto e, io non ti incolpo di nulla” dice con fatica, i tubi che tirano, la voce un po’ rauca ma, sempre melodiosa e rassicurante
Sto per dire ancora qualcosa ma la porta della sua stanza si apre.
“Signor Watson, è sveglio!” esclama l’infermiera correndo verso di noi. Le nostre mani si separano e in poco tempo vengo cacciato via, mentre tre o quattro fra e infermieri e dottori circondano John.
 
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“Beh, ci vorrà soltanto molto impegno e molto esercizio, sono sicura che tornerai meglio di prima” fa la signora Hudson sedendosi accanto a John sul letto. Il tempo sembra passare lentamente, John sta bene, ma le sue gambe hanno subito un grosso trauma, ci vorrà del tempo prima che ricominci a camminare, o a correre con me per le strade di Londra.
“Non lo so, non ho più vent’anni ormai…” dice John sconsolato. Ha paura, ha paura che non tornerà più quello di una volta.
“Finiscila con queste sciocchezze John” sbotto un po’ acido. Lui alza lo sguardo verso di me, poi scuote la testa.
“Non…beh, non credo di riuscire a superare anche questa” dice poi con la voce rotta. La signora Hudson mi guarda malissimo, poi accarezza la spalla di John che tiene lo sguardo basso. Il cuore mi si spezza in due, mi fa male vederlo così, come se si fosse arreso! Deve sempre pensare di non essere abbastanza, non capisce che è straordinario e, forte!
“Vado a prenderti del thè caro” gli dice per poi venire verso di me.
“Sii gentile e chiedigli scusa” mi sussurra per poi darmi una piccola sberla sul braccio. Non appena la donna esce, prendo il suo posto sul letto accanto a lui.
“Ce la farai John, non devi arrenderti così” gli dico dopo qualche secondo di silenzio. I suoi occhi sono lucidi…
“E se non dovessi farcela nonostante ce la mettessi tutta?” mi chiede con quell’espressione tanto indifesa, che mi viene voglia di abbracciarlo. Perché dice così? Non crederà forse di deludermi, impossibile.
“Sono stanco, sono…potrei tornare a zoppicare o…non riuscire più a…”
“Smettila” lo interrompo. Sorrido e, cercando di non pensare a quello che sto facendo, porto una mano fra i suoi capelli, spostandoglieli dalla fronte e lasciando una lieve carezza. Era da un secolo che volevo farlo…
“Vedrai che ce la farai, è normale essere un po’ abbattuto. Quando vedrai i primi progressi ti sentirai più tranquillo” dico nel tono più rassicurante che riesco a fare. John mi guarda, fisso, non toglie gli occhi dai miei ed io sono costretto a distogliere lo sguardo perché, non riesco a sostenerlo, non quando mi guarda a quel modo. Forse ho esagerato con quella carezza, ma dal giorno dell’incidente non riesco a fare a meno di toccarlo.
“E, se invece non riuscissi più a…ad aiutarti con i casi e…” fa un po’ insicuro. Allora è proprio questa la sua preoccupazione maggiore, ha paura che io non lo stimi più come prima. Torno di nuovo a guardarlo, sono un pochino sorpreso e lui se ne accorge.
“Voglio dire, magari, magari non potrò più starti dietro e…” si ferma di nuovo, forse voleva “rimediare” a quello che aveva detto ma, senza grossi risultati. Non riesce a finire una frase ed il mio cuore palpita in un modo assurdo.
“Vorrà dire che ti prenderò in spalla” dico serio, per poi alzare un sopracciglio e guardarlo ironico. Lui sgrana gli occhi, poi comincia a sorridere, finché entrambi non scoppiamo in una risata liberatoria. Ridiamo, forte, la sua mano sinistra finisce sulla mia spalla destra e la sua testa sul mio petto mentre è scosso dalle risa che raggiungono prepotentemente le mie orecchie. Istintivamente porto la mano sulla sua schiena, e man mano che le risate scemano, entrambi ci rendiamo conto della posizione in cui siamo. Quando alza lo sguardo su di me, rimango incantato dai suoi occhi, che ora luccicano a causa delle lacrime che si sono formate per le risate di un attimo fa. E’ così vicino, mi piace averlo vicino e per la prima volta nella mia vita, sento un senso egoistico di proprietà, come se John fosse mio, mi appartenesse e, suona così ridicolo, eppure stringo il suo maglione nella mia mano e lo spingo un po’ di più verso di me, tanto che il mio mento sfiora i suoi capelli ed il suo respiro s’infrange sul mio collo. Ultimamente compio dei gesti che prima non mi appartenevano, li compio con una strana naturalezza ma, subito dopo ne rimango stupito, tanto che non riesco più a gestirne le emozioni. Mi irrigidisco, sentire il corpo di Jhon  contro il mio è piacevole, fin troppo piacevole direi.
“Sherlock” la sua voce mi distrae dai pensieri ma, non certo dalla sua mano sulla mia spalla, dal calore del suo corpo, la mia mano sulla sua schiena e tutto, tutto il resto…
La mano di John scivola piano sul mio petto, facendomi rabbrividire, poi mi spinge con lentezza finché non è in grado si guardarmi bene negli occhi, ad una certa distanza, una distanza comunque troppo piccola per rimanere concentrato.
“Ecco qui caro, ti ho…” la voce della signora Hudson di ritorno dalla macchinetta in corridoio mi fa sobbalzare. Senza pensarci troppo, spingo via John da me, scordandomi delle sue condizioni fisiche. John scivola per terra, col culo per terra per essere precisi!
“Ahi!” grida cercando di aggrapparsi alle lenzuola.
“Oh santo cielo…” fa invece la donna, che poggia il bicchierino di te sul davanzale e corre verso il povero John.
“Oh Dio” impreco. Non mi sono mai sentito più stupido in vita mia! Mi abbasso per aiutarlo, circondo la sua vita con le braccia e lo sollevo con non poca fatica, poi faccio per adagiarlo sul letto ma il suo peso mi trascina con lui, su di lui…
“Ehm…” bofonchio. Le mie braccia sono bloccate sotto di lui, i nostri visi vicinissimi, sto per esplodere. John fa leva per sollevarsi, così da liberarmi, ma nel mentre le nostre teste si avvicinano al punto di toccarsi fra loro. Mentre sento la faccia surriscaldarsi, scatto come un’ anguilla lontano dal letto. Ma che è successo?
“O-ok…ehm, vuoi ancora il te John caro?” fa la signora Hudson, che evidentemente starà cercando di non ridere.
“Oh, s-sì…grazie” risponde John portandosi le mani alla faccia, come per nascondersi. Vorrei sprofondare in questo momento!
“Ti sei fatto tanto male?” gli chiede la donna mentre porge a John il suo bicchierino di tè. Io e John ci guardiamo di sfuggita per poi cambiare direzione velocemente.
“N-no no, sto bene, non mi sono fatto male” risponde lui nervoso, forse non vuole farmi sentire in colpa. La signora Hudson prende a massaggiargli piano le gambe attraverso le fasciature.
“Le gambe…” mormora lei un po’ preoccupata, ed io mi sento un disastro! John agita le mani.
“Non si preoccupi, sono atterrato sul sedere” dice ridacchiando, poi sorseggia il suo tè. Che situazione, per fortuna a salvarmi arriva il Dottor Smith con l’infermiera.
“Watson, dobbiamo rapirla per qualche minuto” scherza il dottore brandendo la sua cartella clinica.
“Voi andate?” ci chiede John mentre lo aiutano a sedersi sulla sedia a rotelle.
“No ti aspettiamo, così poi ti salutiamo per bene” risponde la signora Hudson accarezzandogli una guancia.
“E’ una questione di pochi minuti, un quarto d’ora” ci tranquillizza l’infermiera prima di sparire insieme a John e ai dottori. Non credo di voler restare qui per oggi, ma non appena faccio un passo verso l’appendi abiti la signora Hudson mi ferma.
“Giovanotto, vieni qua un momento” praticamente mi ordina mentre si siede sul letto facendomi spazio. Avrei dovuto immaginarlo, dopo la scena patetica di poco fa. Obbedisco e senza replicare mi siedo affianco a lei rassegnato. Mi osserva per dei secondi che sembrano interminabili, con un sorrisetto malizioso stampato sul viso, vorrei darle una delle mie risposte, di quelle che la fanno scappare di sotto scandalizzata o offesa, ma non ce la faccio, sono sopraffatto da tutte queste situazioni, sono completamente incapace di fare qualsiasi cosa adesso.
“Tra te e John, esattamente cosa c’è?” mi chiede poi avvicinandosi. Direi che l’ha presa abbastanza alla larga! Faccio un piccolo sospiro, poi la guardo.
“E’ il mio coinquilino, il mio…amico” rispondo serafico. Lei storce il naso, come se mi dicesse: “Ma chi vuoi prendere in giro?”
“Guarda che vi ho visti prima” dice subito dopo accarezzandomi il braccio. Già, come se non me ne fossi accorto!
“E cos’ha visto?” le chiedo retorico, non tanto per sviare o dilungare, più che altro per capire come potevamo sembrare da fuori, visto che io non ci capisco più niente!
“Beh, eravate avvinghiati e, vi guardavate con occhi sognanti!” dice alzando la voce ed assumendo un’ espressione stralunata.
“Occhi sognanti? Che sciocchezze!” rispondo piccato, questi argomenti mi mettono a disagio.
“Beh, John ti guardava proprio a quel modo mio caro” fa poi dandomi delle fastidiose pacche sulle spalle.
“John? Io non credo” dico imbarazzato. John che mi guarda in un qualche modo che non sia dettato da un sentimento d’amicizia?
“E invece è così, fidati di me, pensavo che foste lì lì per darvi un bel bacio, mi chiedo cosa sarebbe successo se non fossi entrata io!” dice dispiaciuta, come se lei vorrebbe davvero che ci baciassimo, aspetta un momento, lei lo vuole sul serio!
“Dice davvero?” sentire queste cose mi fa sentire strano, strano e leggero, stupidamente felice, come non mai. La donna mi guarda confusa, sicuramente non ha capito del tutto la situazione.
“Sinceramente non ne sono nemmeno tanto stupita, era palese che prima o poi sarebbe accaduto” continua ridacchiando. Sembra così sicura di quello che dice, peccato che non ci sia nulla di vero.
“Mi spiace deluderla ma, non è accaduto proprio nulla e, non credo accadrà mai” e mentre lo dico sento una fitta al petto che mi fa perdere il respiro per qualche secondo. Sento la sua mano accarezzare la mia spalla, ultimamente sono così tanto coccolato, da tutti…potrei quasi farci l’abitudine.
“Sherlock, non capisco…pensavo…”
“Sì, lo so cosa pensava ma, è, è complicato” la interrompo. Non so se ho voglia di continuare questo discorso.
“Però mi sembra di capire che tu vorresti che accadesse qualcosa” dice con un tono di voce quasi nervoso. Non rispondo. Mi sento così stupido a parlare di queste cose, soprattutto con la mia padrona di casa ultra settantenne.
“Ascoltami bene caro…quello che ho visto poco fa era inequivocabile, non so cosa sia successo, se i dubbi li hai tu, li ha lui o tutti e due ma, sareste due idioti se non ci provaste nemmeno. Gli occhi non mentono tesoro e per una volta, prova a fare qualcosa che ti renda veramente felice, senza pensare a nulla. A volte mi stupisco di come un uomo intelligente come te, sia capace di essere così ottuso e stupido quando si tratta di rapporti umani” dice guardandomi dritta negli occhi, diretta ed esaustiva.
“Io, io non so che fare!” sbotto dopo qualche secondo.
“Lui non fa che dire che non è gay e…io, io non so gestire i sentimenti è, è tutto nuovo. Sinceramente dal quel giorno, quando ho pensato di perderlo per sempre, non riesco più a fingere completamente. Non faccio che pensare a lui e, non posso fare a meno di toccarlo, di stargli vicino ma, nello stesso tempo ho paura e non riesco a capire cosa pensa lui!” dico tutto ad un fiato per poi strofinarmi la faccia con le mani. Sto davvero diventando pazzo, sembro un completo idiota, non mi riconosco più!
“Awwn, Sherlock” fa la donna. E’ intenerita, sicuramente sembro un povero stupido in questo momento.
“Sei innamorato, è normale sentirsi in questo modo” mi dice ridacchiando. Certo, per lei è tutto semplice, tutto normale ma, non è così per me.
“Ah, beh, allora forse non vorrei esserlo” dico, ora parlo come un bambino? La donna ride ancora, poi mi da un abbraccio veloce.
“Tu continua a non nascondere i tuoi sentimenti e, dagli tempo” mi dice poi serena, talmente tanto che ne trasmette un po’ anche a me. Ci rechiamo in corridoio per prenderci un tè alla macchinetta e la signora Hudson non fa che parlare di amore, di come ci si dovrebbe comportare, di stupide regoline non scritte di cui io ignoro completamente l’esistenza e di molto altro. Credo che preferirei alla lunga essere torturato, ma voglio aspettare John e vedere come sta dopo gli esami.
“Oh guarda, sta arrivando il bel biondino” dice ridendo come una civetta.
“Chi?” domando io mentre mi giro, poi vedo John. “Bel biondino” penso, e non so come, sento diventare la faccia bollente. La risata della mia padrona di casa aumenta di tono, deve vedersi molto!
“La smetta di comportarsi come una ragazzina adolescente! E’ ridicola” la sgrido in malo modo facendola sussultare, poi finisco il mio tè e rientro in stanza. Dopo tutti i discorsi fatti finora, guardare John è ancora più difficile.
“Com’è la situazione?” gli chiedo mentre si lascia andare con la testa sul cuscino. Sembra stanco. Intanto anche la Signora Hudson mi raggiunge.
“John caro, sembri stanco, forse hai bisogno di dormire” dice curvandosi verso di lui per aggiustargli il cuscino. Lui sorride e la ringrazia, poi guarda me.
“Mi tengono ancora due settimane, per le varie terapie e da domani comincio la riabilitazione, ginnastica per rinforzare le gambe. Comunque va tutto bene” spiega.
“Dovrai fare molti esercizi” fa la signora Hudson accarezzando la spalla di John.
“Ma sei un uomo forte e ce la farai, guarda che spalle!” continua, poi mi manda una di quelle occhiate maliziose delle sue. Ma perché lo fa? Deglutisco con un po’ di fatica mentre John ride imbarazzato dalle strane attenzioni della nostra padrona di casa. Credo che d’ora in poi le cose non saranno tanto semplici con lei intorno!
 
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Sono geloso. Provo questo strano, odioso, stupido sentimento ormai da anni, da quando conosco John e lo vedo uscire con una miriade di ragazze sempre diverse. Me ne vergogno e spesso, per non dire sempre, ho fatto di tutto per sabotare le sue relazioni romantiche. Ovviamente c’ho messo del tempo a capire che ciò che facevo e le mie reazioni erano dettate proprio da questo sentimento, e non è stato bello scoprire di provare un sentimento banale e senza senso come la gelosia ma, ora ne sono consapevole e riesco a conviverci, più o meno. Perché questa infermiera nuova, giovane, capelli rossi e con due grandi seni prosperosi mi sta facendo seriamente perdere la pazienza. Stranamente non mi ha chiesto di lasciare la stanza per visitare John, non so per quale motivo, ma se avessi saputo, sarei uscito e anche di corsa!
“Stia così, bravissimo” le dice auscultandogli il cuore, il tutto sbattendogli le tette in faccia, con quella scollatura ridicola! Osservo John, chiaramene è imbarazzato, ce la mette tutta per non sbirciare ma, alla fine i suoi occhi si fiondano in mezzo a quella scollatura e a me aumenta la pressione  in modo esponenziale.
“Può togliersi la maglietta?” gli chiede poi. Mi irrigidisco sulla sedia. John annuisce e poi si sfila la maglietta bianca dalla testa, spettinando i capelli che stanno crescendo a vista d’occhio. John, su un letto che si sfila la maglia in un modo, perfetto. Non riesco a non guardare le sue braccia, le spalle larghe e le clavicole. Il petto completamente glabro e la pancia leggermente morbida sui fianchi. Penso che vorrei stringerli e comincio ad avere caldo. L’infermiera lo fa sdraiare e passa una mano sulla sua ferita, la esamina ed io oltre ad essere geloso sono pure invidioso.
“E’ il paziente più bravo del mondo” le dice poi sbattendo le ciglia. Ma che? John ridacchia, per poi grattarsi la nuca. Ora la ragazza comincia a chiacchierare, ci sta provando, con John! E’ ovvio!
“Bene, penso che lei abbia finito” faccio alzandomi dalla poltrona in fondo alla stanza. L’infermiera si gira di scatto verso di me e poi imbarazzata ci saluta ed esce. John mi guarda in uno strano modo, poi ride.
“Sherlock!” mi riprende, poi scuote la testa a destra e sinistra. Non so cosa dire, ma non mi pento di quello che ho fatto!
“Era noiosa” dico infine sbuffando appena.
“Sì ma…”
“Stai facendo la ginnastica?” lo fermo cambiando discorso. Lui fa un piccolo verso di rassegnazione.
“Sì” risponde secco. Trascino la poltrona di nuovo affianco al suo letto e poi mi siedo.
“Fa vedere” dico. Lui mi guarda confuso, poi fa spallucce ed aiutandosi con le braccia si mette seduto con le gambe a penzoloni dal letto. Con un po’ di sforzo, riesce ad alzare la gamba, prima una, poi l’altra.
“In palestra mi mettono anche i pesi” dice nel frattempo.
“Ti fanno male?” gli chiedo un po’ preoccupato. Non ha di certo un’espressione rilassata.
“Quando le muovo sì, e…mi stanco praticamente subito” dice per poi lasciarsi cadere sul letto con le braccia all’indietro. Nel compiere questo movimento, i pantaloni si abbassano notevolmente ed i muscoli del petto e delle braccia sono in tensione. L’ombelico è circondato da una lieve peluria bionda e andando più giù s’intravede una lieve “V” che sparisce direttamente nell’elastico della tuta. Mordo con forza il labbro inferiore e mi costringo a non guardare le forme di John attraverso la stoffa fine dei pantaloni. Porto le mani al viso e cerco di calmare i bollenti spiriti. Finalmente si decide a rimettersi in una posizione decente e ad indossare la maglietta.
“Stai seguendo qualche caso?” mi chiede mentre aggiunge un cuscino dietro di sé per appoggiare più comodamente la schiena. Non mi aspettavo questa domanda, e poi sto ancora pensando al suo corpo nudo disteso e credo che la mia espressione non sia molto intelligente in questo momento.
“Sì” rispondo dopo qualche secondo. Ora so come ci si sente ad essere stupidi. John mi guarda perplesso.
“Davvero? Io credevo…”
“Cosa credevi John?” faccio tornando pian piano alla ragione. Lui fa una di quelle sue faccette che adoro, e di nuovo sento i neuroni morire.
“Beh, sei…sei quasi sempre qui” dice poi schiarendosi la voce. Sorride appena ed io mi sento strano. Vorrei dirgli che no, non sto seguendo nessunissimo caso, niente. Vorrei dirgli che mi sveglio la mattina pensando a lui e che non m’importa nulla di nessun delitto se lui non è con me, che amo immensamente stare con lui e fargli compagnia. Vorrei dirgli che lo amo, ogni giorno penso che glielo dirò ma poi la paura di un rifiuto mi paralizza. Mi ero ripromesso di non nascondere più i miei sentimenti per lui e, qualche progresso l’ho fatto, ma la paura di rovinare tutto e di essere respinto l’avevo dimenticata.
“Sai bene che io non mi muovo di casa per meno di un otto. In questo momento non c’è nulla di intrigante. Do qualche aiutino a Lestrade anche da qui” rispondo sventolando il cellulare. Le sue labbra si chiudono strette, ci passa la lingua per poi fare spallucce.
“Ah, capisco” risponde annuendo. Sembra quasi deluso. Forse si aspettava un altro tipo di risposta.
“E…poi…” faccio un grosso respiro “mi sento perso senza il mio blogger” continuo. John apre la bocca sorpreso, poi sorride dolcemente. Le gambe mi tremano, credo che non mi abbia mai sorriso in questo modo, e fa quasi male da quanto è bello.
“Io, mi sentirei solo senza di te” mi dice guardando in basso. La sua mano che si stringe a pugno. Cala il silenzio. Forse è adesso, dovrei farlo adesso?
“Che ne diresti di un tè schifoso della macchinetta?” gli chiedo invece. Devo uscire da qui, prendere aria…
Lui ridacchia, poi annuisce velocemente. Cammino per il corridoio e mi sento così imbecille, incapace, inetto, inutile! Perché non riesco a prenderlo, baciarlo, e dirgli che lo amo tantissimo? Ci vorrebbe una bella sigaretta in questo momento. Sono sicuro che mio fratello le avrebbe, ma Mycroft non c’è mai quando serve!
                                                                 
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Scendo dalla macchina con Mycroft diretto all’ospedale, per l’ultima volta. Oggi dimettono John e finalmente potrà tornare a casa con me, a casa nostra!
“Non c’è bisogno che tu corra Sherlock, datti un contegno” mi dice mio fratello. In effetti sto quasi correndo. Ultimamente Mycroft non fa che prendermi in giro sul fatto che sia innamorato di John, anche se come al solito: “Io ti avevo avvisato, non farti coinvolgere” non ha resistito a dirmi poco tempo fa. Si diverte a farmi notare come, quando si tratta di John, ormai non riesca più a controllarmi o a come diventi uno stupido sentimentale. La cosa peggiore è che non riesco nemmeno a rispondergli a tono, e sicuramente è anche per questo che si diverte così tanto. Rallento, e sbuffando come un bambino mi dirigo al terzo piano. Quando arriviamo in prossimità della sua stanza, vedo John e Mr Hudson fuori dalla porta che ci aspettano. Non so perché ma mi sembra una specie di visione.
"John..." cammino verso di lui, è in piedi, con le stampelle. Noto che ha una postura più solida, sta guarendo. Mrs. Hudson gli sta accanto e lo tiene per un braccio, voglio farlo io.
"Aspetta Sherlock, fermo lì" mi dice invece lui con uno strano, dolce sorriso sulle labbra. Mi giro appena verso Mycroft, che sta due metri circa dietro di me. Mi fermo. John consegna le stampelle a Mrs. Hudson che lo guarda orgogliosa, poi fa un passo, un piccolo passo traballante verso di me. Sto per raggiungerlo ugualmente, non voglio che si faccia male, ma capisco dal suo sguardo che non devo, assolutamente. Vuole camminare da solo, vuole farmi vedere che ne è capace, che è forte...Oooh …John!
Le sue gambe si muovono lente ed insicure una davanti all'altra, sembra un bambino che sta ancora imparando a camminare, le braccia protese verso di me. Istintivamente faccio lo stesso anche io, stendo le braccia in avanti pronto per sorreggerlo. Ancora qualche passo e poi me lo ritrovo addosso, le sue mani sulle mie spalle, il suo viso così vicino al mio e il fiato già corto che s’infrange contro la mia guancia.
"Ooh, bravo John! Hai fatto tanti progressi!" cinguetta la signora Hudson dietro di lui.
"Bravo" sussurro un po' imbarazzato dalla sua vicinanza, dalla posizione dei nostri corpi. Le mie mani sui suoi fianchi, sento la sua pelle sotto la stoffa fine della maglietta, la immagino a diretto contatto con le mie dita. Le sue gambe che toccano le mie, che quasi si intrecciano. Lui sorride, tenero, poi diventa un po' più serio, come se fosse agitato, e dopo aver guardato in basso, si spinge ancor di più verso di me e poggia le sue labbra sulle mie. Istintivamente chiudo gli occhi, il cuore mi batte all'impazzata, non me l'aspettavo. Perché lo sta facendo? Perché ora? Decido che non m' importa poi molto capire questa volta, voglio solo godermi la stupenda sensazione senza pensare.  Spingo la testa appena un po' più verso di lui, in modo tale da sentire meglio la morbidezza delle sue labbra, mentre sostengo il suo peso, lui aggrappato a me, che stringe il bavero del mio cappotto. La sua bocca è calda , appena umida, nel giro di una manciata di secondi decido di dischiudere appena le labbra, per poi richiuderle attorno al suo labbro inferiore. Ho il cuore in gola, lo sento sospirare piano e lo stomaco si ribalta sotto sopra. Mi sembra di tenere fra le labbra qualcosa di dolce, come un piccolo frutto maturo, vorrei poterlo mordere, ma mi limito a stringere con più forza i suoi fianchi. Quando si ritrae, lentamente lo seguo, senza staccare le mie labbra dalle sue finché mi è possibile. Si sistema meglio, reggendosi sulle sue gambe ma tenendo le mani ancorate alle mie spalle. Faccio quasi fatica a respirare, lo guardo sbattendo gli occhi più volte, cercando di riprendere le mie facoltà mentali ma credo che il mio cervello sia andato in tilt! John mi ha appena baciato! Ci siamo baciati…
Come prima cosa incontro i suoi occhi azzurri che, da appena socchiusi si riaprono piano e si puntano nei miei, poi il suo sorriso che si apre insieme al mio. Ci guardiamo entrambi con un pizzico di insicurezza e d’imbarazzo.
"Aaawww" Mrs. Hudson emette un verso che ha del comico, poi si porta le mani alla bocca e infine le batte piano una contro l'altra in modo buffo. Sembra quasi quando s'incanta a guardare una delle sue stupidissime telenovela. Mi ricordo solo ora che mio fratello è dietro di me ed ha assistito a tutto. Sento le guance riscaldarsi ad una velocità impressionante...
"Io, mi-mi sono allenato tanto in questi giorni quando tu non c’eri...Per farti una...sorpresa" mi dice tirando in giù il ciuffo un po' troppo lungo, come se volesse nascondervisi dietro, non l’ho mai visto così impacciato con me ed è spaventosamente adorabile. I suoi occhi saettano per un secondo dietro di me, si morde il labbro nervosamente e poi torna a guardarmi. Credo che si senta molto a disagio per Mycroft, chissà che faccia avrà adesso mio fratello.
"Mi hai decisamente sorpreso...pia-piacevolmente sorpreso" rispondo rimanendo leggermente a bocca aperta. Ha fatto un bel pezzo di strada camminando tutto da solo, senza nemmeno le stampelle, sono sicuro che in poco tempo tornerà forte come prima.
"A cosa ti riferisci?" mi chiede lui ironico, un sorriso a metà…
Scoppiamo a ridere entrambi, insieme, e come vorrei non ci fosse nessuno, così da poter ripetere il bacio una, due, più volte... approfondirlo, studiarlo...assaporarlo per bene.
"Una scena adorabile" fa Mycroft avvicinandosi, nella sua voce leggo un pizzico d’imbarazzo.
“Ma la macchina ci sta aspettando, potrete proseguire con le vostre smancerie più tardi a Baker Street” continua. Smancerie! Questa giuro che me la paga! John si schiarisce la voce:
“Ce-certo” dice abbassando gli occhi. Fa per staccarsi da me ma io lo blocco.
“Ti porto io” dico deciso. Lui alza lo sguardo e spalanca un poco gli occhi. Suona forse stupido ma, non riesco a lasciarlo adesso, è troppo bello sentirlo addosso così. Cerco di non pensare a cose troppo sconvenienti, da quando sono così debole? Forse da quando so com'è anche solo poter toccare innocentemente John. Scuoto la testa e porto un braccio di John sulla mia spalla, gli circondo la vita col mio e comincio a camminare.
“Ce la fai?” gli chiedo. Lui sorride ed annuisce affidandosi completamente a me. Voglio prendermi cura di lui.
“Mycroft prendi le sue cose!” dico a mio fratello che storce il naso indignato, ma che sorprendentemente va verso la stanza di John. Lui scoppia a ridere coprendosi la bocca con una mano, io lo seguo a ruota incantato dall'espressione meravigliosa che ha assunto il suo viso. Ora vorrei baciarlo, ancor più di prima. Sono un sociopatico nei guai. Guai grossi!

             THE END         
  
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