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Autore: NineInchNailsLover    02/08/2017    1 recensioni
Strizzò gli occhi per qualche secondo, giusto il tempo di abituarsi alla nuova luce del giorno. Giorno che, a quanto pare, aveva deciso di esprimere tutta la malinconia e tristezza con la sua fredda coltre di nubi. [...] Il suo cuore si incrinò ancora un po', aggiungendo una piccola crepa alla ragnatela di crepe che lo aveva avvolto. Non era triste per il fatto che non avrebbe visto il suo ragazzo quel giorno, ma in un qualche modo si sentiva delusa.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Castiel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore della pioggia battente era assordante. Gocce trasparenti correvano rapide lungo il vetro appannato della finestra, pareva facessero a gara per vedere quale toccasse per prima il davanzale di marmo bianco.
Grigio era il cielo, accecante per la troppa luce.
Strizzò gli occhi per qualche secondo, giusto il tempo di abituarsi alla nuova luce del giorno. Giorno che, a quanto pare, aveva deciso di esprimere tutta la malinconia e tristezza con la sua fredda coltre di nubi.
Un brivido le risalì sulla schiena mentre osservava la pioggia che cadeva fitta, le lenzuola del letto non trasmettevano abbastanza calore in quella mattina grigia d'estate.
Non voleva alzarsi dal letto, non ne aveva le forze. I suoi lunghi capelli corvini erano sparsi disordinatamente sul cuscino, creando dei giochi di cerchi e linee. Sbatté le palpebre, la vista ancora offuscata, più guardava il malinconico panorama della sua finestra e più le veniva un nodo alla gola.
Scacciò velocemente quei pensieri negativi che si stavano formando nella sua mente voltando il viso dall'altra parte.
Alla fine si fece forza, sollevò di poco la schiena e si puntellò con i gomiti al materasso. Osservò la sua stanza in uno stato di perenne disordine, il pavimento era difatti ricoperto dei resti del suo guardaroba. Sospirò, prima o poi avrebbe dovuto seriamente mettere in ordine quel disastro, sembrava fosse scoppiata una bomba in quel piccolo locale.
Si separò dal letto a malincuore per avvicinarsi al suo armadio, osservando che metà del suo vestiario era proprio ai suoi piedi sparso per il pavimento.
Il suo corpo nudo venne percorso da un violento brivido, essendo ancora abituato al debole tepore delle lenzuola. Un altro sospiro, si chinò a raccattare da terra i primi abiti che le vennero a tiro, una semplice t-shirt nera con la stampa dei Kreator e un paio di jeans a zampa d'elefante. Per essere a luglio faceva davvero freddo, quella notte le temperature si dovevano essere abbassate di parecchi gradi.
Si trascinò stancamente verso il bagno e si fermò di fronte allo specchio del lavandino: esso rifletteva l'immagine di una bellissima e giovane ragazza segnata dalla stanchezza e dal tempo, le occhiaie erano spaventosamente visibili sotto a quegli occhi gialli.

Beh, potrei sostituire le occhiaie al trucco a questo punto...

Quel pensiero la divertì parecchio, increspandole le labbra pallide e carnose in un sorriso amaro. Oggettivamente parlando, era davvero una bella ragazza. Pelle diafana, liscia e dal color della porcellana, le labbra succulente erano sovrastate da un naso sottile e delicato, alla francese. E poi c'erano gli occhi, quei grandi occhi che incantavano e spaventavano allo stesso tempo: le iridi erano colorate di un intenso giallo limone. Era arrivata persino ad odiarli, quegli occhi, perché a causa loro non riusciva a relazionarsi con gli altri, non riusciva ad avvicinare le persone senza che venissero pervase da un continuo senso di orrore e paura. E allora, quando ne aveva la possibilità, evitava a prescindere ogni tipo di contatto con gli altri.
Osservò ancora per un momento la sua immagine riflessa, il corpo asciutto e formoso, ma indebolito e trascurato.
Decise che sarebbe stato molto più conveniente lavarsi, così dopo una bella doccia rinvigorente uscì dal bagno con i vestiti indosso, linda e profumata.
Scese lentamente le scale del suo appartamento per dirigersi in cucina, non aveva fame ma qualcosa l'avrebbe pur dovuto mettere sotto i denti, a costo di buttare giù tutto con l'imbuto.
La sua attenzione venne attirata dalla spia luminosa del suo cellulare, malamente abbandonato sul divano, che lampeggiava. Lo accese. Il messaggio non era firmato, ma lei sapeva bene di chi era.

Buongiorno Keyra, ti va se oggi passo a prenderti? Così facciamo un giro in centro.”

Non aveva voglia di uscire, men che meno con quella giornata così lugubre e piovosa. No, decisamente non ne aveva voglia. Le sue dita si muovevano veloci sulla tastiera digitando una breve e coincisa risposta.

Fa freddo, preferisco stare a casa oggi.”

Abbandonò nuovamente lo smartphone sul divano rosso e finalmente poté dedicarsi alla sua scarsa colazione.
Dopo aver consumato velocemente il suo pasto, Keyra scelse un disco tra il numero infinito che possedeva, ordinatamente riposti in uno scaffale a muro. Il suo scaffale dei cd musicali era l'unica parte della casa ad essere ordinata, tutto il resto era immerso nella confusione più totale, tra vestiti sparsi ovunque e libri abbandonati in giro per le stanze.
Dopo qualche secondo l'appartamento fu avvolto da violenti riff di chitarra e veloci ritmi di batteria, riproducendo Nuclear Winter dei Sodom.
- Adesso sì che si ragiona... - mormorò la ragazza soddisfatta, gettandosi di peso sul divano.
Chiuse gli occhi e agitò la testa a tempo con la musica. Amava il metal, era tutto ciò che aveva di bello e di certo la musica non l'avrebbe mai delusa, fin da bambina si era appassionata a quel genere musicale tanto violento quanto espressivo. Attraverso la musica lei riusciva a sfogare tutta la sua rabbia e la sua frustrazione repressa, era un momento di liberazione per la sua anima stanca.
I suoi pensieri furono interrotti dalla vibrazione del suo cellulare di fianco a lei, disturbando il suo ascolto.
- Chi diavolo è adesso? - Keyra lo afferrò scocciata per visualizzare il messaggio che aveva appena ricevuto.

Dai, come sei noiosa! Sei sempre la solita rompicoglioni! Era per stare un po' insieme... Va beh, allora niente.”

Il suo cuore si incrinò ancora un po', aggiungendo una piccola crepa alla ragnatela di crepe che lo aveva avvolto. Non era triste per il fatto che non avrebbe visto il suo ragazzo quel giorno, ma in un qualche modo si sentiva delusa.
Delusa perché lui era sempre così distante, così poco interessato a lei, che quasi si era convinta che lui non l'amasse più. In fondo si aspettava una risposta del genere, sapeva che lui non avrebbe insistito per vederla, perché forse lui si annoiava a stare in sua compagnia.
Certe volte si sentiva usata da lui, come se fosse solo il suo divertimento a letto.
Sbuffò, socchiudendo gli occhi in un'espressione rassegnata.

Se vuoi puoi venire a casa mia, ti preparo qualcosa per pranzo così possiamo mangiare insieme.”

A malincuore inviò quella risposta, detestava dover essere sempre lei a correre dietro agli altri, detestava quando era lei a dover insistere per gli altri.
Dopo qualche minuto il cellulare vibrò nuovamente. Il suo ragazzo le aveva dato conferma per il pranzo, senza fronzoli, senza un qualsiasi segno che desse l'idea che fosse contento.
Keyra si alzò svogliatamente dal divano e cominciò a raccogliere i libri che aveva lasciato sul tavolo e sulle sedie della cucina da una settimana ormai, forse era meglio che facesse un po' di ordine almeno nella zona cucina prima di mezzogiorno.
Guardò l'orario dall'orologio appeso al muro: segnava le nove e un quarto. Aveva tutto il tempo a disposizione.
Sulle note di Persecution Mania riordinò come meglio poté la stanza, il continuo senso di vuoto non la lasciava andare. Viveva da sola da anni ormai, i suoi genitori non si erano mai interessati della sua vita o di ciò che faceva, perciò era stato molto facile per lei andarsene di casa, a soli 16 anni.
E loro non l'avevano mai cercata in quei quattro anni di lontananza.
Keyra non aveva mai avuto un vero e proprio rapporto con i suoi genitori, forse perché era stata un errore, nata da una gravidanza indesiderata. Si sentiva rifiutata dal mondo intero, uno scarto, e quando finalmente trovava qualcuno che vedeva del buono in lei quest'ultimo l'abbandonava dopo poco tempo.
Proprio come i suoi genitori.
I suoi occhi si appannarono di calde lacrime, si sentiva terribilmente sola.
Terminò di riordinare la casa, passando anche per la camera da letto, constatando che ormai era ora di pranzo e che avrebbe dovuto preparare qualcosa da mangiare.
Ormai il disco dei Sodom era finito da un pezzo, ma decise lo stesso di lasciarlo all'interno dello stereo, forse più per svogliatezza che per altro.
Che cosa preparo adesso? Ecco, non sapeva proprio cosa cucinare. Il frigo era, come sempre, mezzo vuoto e in quel momento non aveva l'ispirazione per mettersi a spadellare. Era brava a cucinare, in fondo se l'era sempre dovuta cavare da sola in cucina fin da piccola, non essendoci nessuno disposto a spendere del tempo per lei.
Mentre rifletteva sfilò dal polso destro un elastico per capelli nero, nel quale legò i lisci capelli corvini, lunghi fino al fondoschiena, in un disordinato chignon.
Alla fine optò per una normalissima pasta al pomodoro, essendoci in casa solo quello. Lo stretto necessario insomma.
L'acqua bolliva e Keyra la stava osservando assorta nei suoi pensieri, quando improvvisamente il campanello alla porta la fece trasalire, risvegliandola di colpo dal suo stato di trance. Si precipitò alla porta aprendola, sicura di sapere chi si sarebbe trovata davanti.
- Ciao piccola! - la salutò il suo ragazzo con il suo solito sguardo beffardo sul volto. Le stampò un leggero bacio sulle labbra.
- Ciao Castiel. - la giovane cercò di nascondere quel suo tono mogio nella voce, ma era sicura che non ci sarebbe riuscita.
Castiel entrò in casa inspirando a fondo l'aria: - Ma che buon profumino! Cosa stai preparando di buono? -
- Della pasta al pomodoro, purtroppo avevo solo questo in casa. - le rispose Keyra mestamente, avvicinandosi ai fornelli per controllare la situazione.
Il ragazzo si sfilò la giacca di pelle nera e la lasciò sul bracciolo del divano, sedendosi di fianco ad essa ed emettendo un rumoroso sospiro.
Sentendo i suoni che avevano provocato i movimenti di Castiel, Keyra dedusse che si fosse accomodato sul divano, probabilmente con il telefono in mano, come sempre quando stava sul divano.
Almeno un po' ci aveva sperato, aveva sperato che lui si sarebbe avvicinato da dietro stringendola a sé e mormorandole parole dolci e rassicuranti. Ma nulla, l'unica cosa che era stato capace di fare era lasciarle sulle labbra un veloce e insignificante bacio. Dopo un momento di incertezza si voltò ad osservarlo.
Castiel era stravaccato a gambe aperte sul divano, la testa appoggiata al grosso cuscino. Eppure non ci poteva fare niente, ogni volta che la ragazza lo guardava cadeva vittima del suo fascino, del suo aspetto perenne da “bad boy”, con quel suo fare sicuro e strafottente.
I suoi capelli color del sangue gli ricadevano sulle spalle, incorniciandogli il viso sottile e delicato. La sua bocca era socchiusa, mettendo in risalto il labbro inferiore più carnoso, e i suoi occhi stavano fissi in un punto del soffitto, grigi come il cielo di quella giornata. I suoi occhi avevano sempre attirato Keyra, senza un apparente motivo, eppure le erano magnetici, in quelle iridi ci poteva vedere una tempesta che si scatenava con forza.
Evidentemente doveva sentirsi osservato, perché spostò i suoi occhi in quelli gialli della giovane.
- Che c'è? -
Keyra scosse in fretta la testa: - Nulla. È pronta la pasta. - disse subito dopo, accorgendosi che ormai doveva spegnere i fornelli.
Mangiarono silenziosamente per la maggior parte del tempo, scambiandosi ogni tanto qualche sguardo indagatore accompagnato da un commento riguardo alla giornata, talvolta domandando come fosse andata la mattinata.

- Keyra, vieni qui. -
I due avevano finito di mangiare da una decina di minuti e ora, sazio, Castiel si era nuovamente seduto sul divano, invitando la sua ragazza ad accomodarsi al suo fianco. Keyra non aveva abbandonato quello sguardo abbattuto che aveva dalla mattina.
Non fece in tempo a sedersi di fianco a Castiel che lui le afferrò il polso e la fece sedere sulle sue ginocchia, stringendo un braccio attorno alla sua sottile vita. La guardò un attimo prima di avventarsi sulle sue labbra fredde, gustandosi la morbidezza di quella carne e cercando di insinuarsi più a fondo, nel caldo tepore del suo interno. Le sue mani si erano insinuate al di sotto dei vestiti, causando un brivido a Keyra che rispose affondando le sue dita tra i lunghi capelli rossi del ragazzo.
Si separarono solo per prendere il respiro, entrambi sopraffatti dalla foga del momento. Castiel afferrò saldamente la corvina per le cosce e si alzò dal divano con lei in braccio, avvinghiati in un bacio passionale, dirigendosi verso la camera da letto al piano di sopra.
I capelli di Keyra vennero sciolti, lasciando che si agitassero dietro alla sua schiena, permettendo loro di spargersi ovunque.
Ci furono attimi di frenesia mentre l'uno spogliava l'altra e viceversa, momenti di ardente desiderio, c'erano sguardi intensi e occhi che si mangiavano a vicenda.
I due amanti erano legati in un intreccio dove le loro anime si incontravano e si fondevano, un legame non solo carnale ma anche spirituale. I corpi parevano in sincronia in quella danza focosa e primordiale, una danza che faceva uscire la vera essenza dei giovani, l'incontro di due vite che si univano.
Le dita correvano sulla pelle morbida, graffiavano e stringevano, gli sguardi si incrociavano, i loro cuori battevano forte all'unisono, come se fossero dovuti schizzare fuori dai loro petti da un momento all'altro.
Sospiri prendevano vita dalle loro labbra, esalavano respiri accelerati e rumorosi, pervadendo le loro orecchie del piacere reciproco.
Solo quando il battito cardiaco di entrambi si fu stabilizzato Castiel si sdraiò al fianco di Keyra, guardandola in viso. Per un tempo che per loro parve infinito si guardarono senza dire niente, solo osservando le linee dei loro volti rilassati. La ragazza saggiò con lo sguardo il petto muscoloso di Castiel, osservando gli addominali non troppo sviluppati.
Keyra fu la prima ad alzarsi, raccogliendo a terra i suoi vestiti rovinosamente gettati in giro per la stanza e rivestendosi in fretta, coprendo le sue nudità. Il rosso attese ancora un po', seguendo con lo sguardo la ragazza che sembrava avere fretta. Solo quando vide che lei si stava dirigendo verso le scale decise di alzarsi e di vestirsi a sua volta.
- Keyra, va tutto bene? Non ti è piaciuto? - le domandò lui scendendo in salone.
Che domanda stupida. Certo che le era piaciuto, a lei piaceva sempre fare l'amore con Castiel. Ma era stanca, stanca perché finiva sempre così, perché ormai loro due si erano ridotti a questo e nient'altro.
Lei rimase voltata di spalle, non voleva guardarlo. Le lacrime spingevano per uscire dalle sue iridi gialle, ma lei strizzò gli occhi sperando che sarebbe bastato a fermarle.
- Keyra... -
La mano forte di Castiel le prese delicatamente un braccio, facendola voltare verso di lui. Troppo tardi, le lacrime stavano già scivolando sulle sue gote. Gli occhi grigi del ragazzo si sgranarono a quella vista.
- Castiel, io... - Keyra tentò di formulare una frase di senso compiuto, cercò le parole giuste per dire quello che le vorticava per la testa da ormai troppo tempo – Io non sto bene. Sono stanca. -
- Questo lo vedo, si può sapere cos'hai? - la domanda di Castiel in qualche modo urtò nel profondo la sensibilità della corvina, che scoppiò in un pianto disperato non appena udì quelle parole. Possibile che non capiva? Possibile che non si rendeva conto di come potesse sentirsi?
- Ma quanto puoi essere idiota?! Vuoi sapere che cos'ho che non va? Tutto! A partire da te! - lei gli vomitò addosso quelle parole con una tale rabbia che impietrì Castiel, non capendo a cosa si stesse riferendo. Gli puntò contro un dito, enfatizzando il fatto che lui avesse la colpa di tutto.
- Keyra, ma di cosa stai parlando? - tentò di avvicinarsi ma lei indietreggiò velocemente, impedendogli di afferrarle il braccio.
Adesso lo stava guardando dritto negli occhi, perforandolo con il suo sguardo magnetico e accusatorio, le lacrime che continuavano a cadere copiose ai suoi piedi: - Non ti rendi conto di cosa stai facendo? Non lo capisci proprio eh? Stiamo insieme da tre anni e in tutto questo tempo non ho mai provato a dire nulla, non mi sono mai lamentata dei tuoi comportamenti, ma adesso hai superato il limite! -
- Di quali comportamenti parli? - il ragazzo continuava a non capire, cercando di mantenere la calma per evitare di scatenare un putiferio.
- Della tua continua distanza, del tuo completo distacco da me, dei tuoi comportamenti da egoista! Pensi solo a te stesso, non credi che anche io abbia bisogno di un minimo di affetto ogni tanto?! Quando ci vediamo sei sempre assente, se non quando mi porti a letto, e non ti preoccupi mai se io in quel momento sono d'accordo o meno! Non mi chiedi mai se sto bene, quelle volte che mi chiedi di uscire e io non accetto tu mi rispondi incazzato e mi lasci a casa da sola, non mi dici mai una frase di conforto, qualche parola dolce, neanche una! -
Keyra si stava finalmente sfogando, dopo tanto tempo che si teneva dentro tutto quanto adesso finalmente poteva liberarsene. Come quando ascoltava la musica.
I suoi capelli si erano appiccicati al viso bagnato, donandole un aspetto sofferente. Urlava quelle parole in faccia a Castiel, urlava sperando di fargli arrivare al cervello tutto ciò che gli stava vomitando davanti, voleva che si rendesse conto di quanto lei avesse sofferto di quella situazione.
Lui di tutta risposta la guardava, immobile come una statua, uno sguardo sconvolto e stordito gli si era palesato sul volto.
- Mi hai fatto sentire insignificante per troppo tempo, come se non fosse bastato il trattamento ricevuto dai miei genitori... Sai, mi sono chiesta tante volte se tu effettivamente mi ami davvero oppure stai con me solo per sfogarti un po' a letto! Me lo sono chiesta anche sta mattina, e continuo a chiedermelo anche adesso! Ma non lo vedi come sono? Non vedi che sono dimagrita di parecchi chili ultimamente e che ho delle occhiaie che arrivano fino a terra?! - per un momento Keyra calmò la sua furia, dando il tempo al rosso di riflettere sulle sue parole.
- Keyra, io... Mi dispiace piccola, davvero... -
- Ti dispiace?! Credi che tutto si possa risolvere con un “mi dispiace”?! - il corpo di Keyra venne scosso dai singhiozzi, un forte calore le scaldò il viso provocato dalla rabbia che sentiva in quel momento – Dimmi quando mi hai dimostrato di amarmi davvero, dimmi quando! Vuoi sapere quando? Mai! Non hai mai mosso un dito, sono sempre stata io a correrti dietro! E sai cosa? Ormai siamo finiti solo a fare sesso e nient'altro, come se io fossi la tua valvola di sfogo! Non sai quante volte ho desiderato che tu mi rivolgessi delle parole dolci e sincere... Non mi hai mai detto nulla per aiutarmi ad uscire dalla mia perenne tristezza e, beh, a dirla tutta forse non te ne sei neanche mai accorto! Non mi hai mai detto “ti amo”! -
Nel sentire l'ultima frase Castiel strabuzzò gli occhi, la bocca mezza aperta. Era vero. Non aveva mai fatto qualcosa di carino per lei, qualcosa che proveniva dal cuore, non le aveva mai dedicato qualche dolce parola per rassicurarla, per renderla più forte, nulla. Aveva commesso un errore imperdonabile.
- Keyra, ti prego... ascolta... -
La ragazza non gli diede neanche il tempo di finire di parlare che gli sputò in faccia tutta la sua furia un'altra volta: - Non provare a cercare qualche stupida scusa! Dovresti solo vergognarti! Ti odio!! - non seppe dire se ciò che aveva detto lo pensava sul serio o se era la rabbia a parlare al posto suo, seppe solo che si sentiva pervasa da un profondo odio.
Basta. Era troppo per lui. Lacrime calde cominciarono a rotolare giù per gli zigomi fino al mento di Castiel. Il suo volto si era trasformato in un'espressione tremendamente addolorata e sofferente, si sentiva così male ad aver trattato in quel modo la sua Keyra, e senza nemmeno essersene accorto per di più...
Sentiva il suo cuore stretto in una morsa d'acciaio, dura e fredda, se lo sentiva stritolare nel petto e non poteva fare niente per evitarlo. Forse non voleva neanche.
E la vista di Keyra in quello stato, così delusa, arrabbiata e sofferente, lo rendeva disperato.
In un gesto dettato dall'istinto afferrò Keyra e se la portò al petto, stringendola forte a sé, così forte che per poco non mancò il respiro ad entrambi. Lei tentò di liberarsi dalla stretta ferrea divincolandosi, ma ogni movimento era inutile in quanto Castiel era nettamente più forte di lei. I due corpi erano continuamente scossi dai singhiozzi, i quali non accennavano a calmarsi.
- Io ti amo, Keyra. Ti ho sempre amata, fin dal primo giorno che ti ho vista. Tu sei stata la luce che ha illuminato le mie giornate buie, hai riportato la calma in questo cuore che pensavo fosse ormai irrecuperabile! Tu mi hai aiutato ad essere felice e ad andare avanti, mi hai reso più forte... Non mi sono mai accorto di come ti trattavo perché mi sentivo così bene con te che mi ero convinto che anche tu stessi bene come me, ma mi sbagliavo... -
Castiel si sentiva strano mentre pronunciava quelle parole che venivano dal cuore, per la prima volta poteva dire di essersi aperto completamente a Keyra, e ne era davvero felice. I suoi sentimenti si riversavano nei pensieri di Keyra mentre parlava con sincerità, lui non era mai stato bravo ad esprimere i suoi sentimenti e le sue emozioni, ma quel giorno avrebbe fatto un'eccezione mostrandosi per ciò che era realmente.
Lentamente sentì che la ragazza si stava calmando, ascoltando attentamente le sue parole, ancora stretta nel suo abbraccio.
- Non ho mai voluto approfittare del tuo corpo meraviglioso, non ho mai voluto calpestare i tuoi sentimenti ignorandoli, ma a quanto pare non sono stato capace di evitarlo... Keyra, ti prego di perdonarmi... Non voglio perderti per un mio errore, non voglio perderti! Sei troppo importante per me, io ti amo davvero! -
Finalmente la corvina si abbandonò completamente in quell'abbraccio ricambiandolo; strinse forte la schiena di Castiel e affondò il viso nel suo petto, versando lacrime amare.
Dalla bocca impastata di Keyra si poté udire una breve frase, attutita dalla maglia di Castiel impregnata di lacrime: - Anche io ti amo... -
Il rosso sollevò di poco il viso stravolto di Keyra poggiandole due dita sotto al mento e la avvolse in un bacio lento e dolce, un bacio che trasmetteva troppe emozioni e sensazioni tutte insieme.
Dolore, rabbia, delusione, gioia, sicurezza e affetto si fusero tra di loro, dando origine ad una sensazione sconosciuta che dava quasi sollievo. Le labbra che si mischiavano alle lacrime, donando un sapore particolare e singolare al bacio.
La pioggia aveva finalmente smesso di cadere, dando spazio al sole di bagnare la terra con i suoi ultimi raggi della giornata, riscaldando le anime ferite.

  
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