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Autore: Blue Eich    03/08/2017    3 recensioni
Una risatina soave, mentre con una mano si scostava tranquillamente una ciocca di capelli, dando involontario sfoggio della perla blu luccicante all'orecchio. «Oh, honey, vuoi davvero eliminare una ragazza così carina come me? Penso che le mie urla attirerebbero le guardie, e sarebbe difficile togliere il sangue da un parquet così costoso.»
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Elisio, Gold, Green
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Tutte le luci nel castello in cima alla collina di Romant-sous-Bois erano spente. Però una figura si muoveva furtivamente, appiattendosi ai muri e correndo da un corridoio all'altro. Come durante ogni colpo, Blue sentiva un fremito d'adrenalina animarle il corpo, mentre un sorriso furbo le increspava le labbra dolci come un cioccolatino alla ciliegia, che non vedevano l'ora di posarsi sul tesoro di quella dimora. Sempre con scaltrezza, fece scivolare un passepartout nell'angusta fessura della porta laccata di bianco, in legno di cipresso. La serratura scattò e con una risatina portò la mano inguantata al pomello, per entrare in una delle stanze più proibite.

Si prospettava un lavoretto semplice. In fondo un po' le dispiaceva rinunciare all'azione, ma era meglio non esporsi troppo. Si lasciò distrarre dall'arredamento che la circondava, anche se alla luce del sole aveva già valutato che non ci fosse niente di valore da poter portare via, tranne un'antica armatura medievale nell'angolo, dei vasi provenienti dall'oriente e una spada – affilata solo a guardarla – che troneggiava fieramente sul muro. Peccato che sarebbe stata troppo pesante da trasportare e aveva già perso tempo a sufficienza. Decise sul momento che, una volta ottenuto il denaro in cambio della refurtiva, avrebbe comprato al suo fratellino Silver una sciarpa di cachemire direttamente da una boutique di Illumis. Magari di una sfumatura di grigio, per intonarla alle sue iridi. Oppure una eau de parfum ambrata in una delle più prestigiose profumerie di Kalos.

Con un balzo si sedette sulla scrivania, incurante di avere sotto al fondoschiena un disordinato ammasso di documenti, di sicuro contratti e scartoffie di economia di poco conto. Spostò il portatile verso sé, iniziando a trafficare.

«Però» commentò, con un sorrisetto, nel constatare la modernità dell'apparecchio. Le sue dita affusolate cominciarono subito a correre sulla tastiera, come agili zampe di ragno. Bastò un'altra manciata di secondi per entrare nel database principale, mentre sul monitor si susseguivano sfilze di complessi codici una dopo l'altra. A quel punto, portò la mano in mezzo alla scollatura del tubino ed estrasse come per magia la custodia di un dischetto: per lei non esisteva nascondiglio più astuto e sicuro. Lo inserì in una delle fessure laterali del laptop e subito dopo un altro paio di click comparve una barra di caricamento a sovrastare le mille pagine aperte. Nell'attesa, cominciò a tamburellare ritmicamente le dita sulla superficie, mentre con l'indice girava piano il mappamondo dai colori antichi là vicino. Finalmente apparve la scritta: elementi copiati con successo. Le sbocciò un altro sorriso, stavolta compiaciuto e un po' emozionato, mentre riprendeva possesso del disco e con una mossa decisa lo infilava di nuovo dentro al reggiseno dall'orlatura di pizzo.

«E con questo, mon cher, potrò ottenere il tuo silenzio…» sussurrò, come se il proprietario dello studio potesse udirla. Cliccò il tasto di spegnimento e si preparò a saltare giù, con le gambe snelle come quelle di una gazzella unite. Prima che i suoi stivaletti col tacco potessero toccar terra sentì qualcosa di pesante e metallico pressarle sulla tempia.

Soffocò un leggero verso di stupore nel buio, prima di sorridere di nuovo. «Finalmente sei uscito allo scoperto, darling. Ho notato da un po' la tua presenza, ma non ti consiglio d'intralciarmi.»

«Non sono io ad avere una pistola puntata contro» replicò una voce giovane in un sibilo.

Una risatina soave, mentre con una mano si scostava tranquillamente una ciocca di capelli, dando involontario sfoggio della perla blu luccicante all'orecchio. «Oh, honey, vuoi davvero eliminare una ragazza così carina come me? Penso che le mie urla attirerebbero le guardie, e sarebbe difficile togliere il sangue da un parquet così costoso.»

Un verso di stizza, mentre la Walther PPK scura si abbassava. Fu solo allora che la ladra si decise a osservare colui che ancora non sapeva se definire un amico o un nemico. Doveva avere all'incirca la sua stessa età, un po' di gel gli scarmigliava disordinati ciuffi castani verso l'alto. La bocca era contratta in una smorfia diffidente, mentre i suoi occhi riuscivano quasi a trasmetterle una scarica di gelo. Per una collezionista come lei fu quasi automatico paragonarli a due pietre di giada, perché non possedevano la brillantezza tipica degli smeraldi. Dall'abbigliamento e la sicurezza con cui maneggiava l'arma dedusse che non era un novellino.

Si squadrarono in un silenzio tagliente, carico di tensione, durante il quale ognuno aspettava una mossa falsa da parte dell'altro per attaccare. Lei, infatti, teneva l'indice e il pollice in posizione per estrarre la FN Model 1910 da 7.65 millimetri dalla fondina, nella fascia avvolta alla sua gamba.

«Sei una spia?» domandò cauto il ragazzo.

«Oh, no» rispose lei, con spensieratezza. «Sono semplicemente una ragazza con una grande passione per gli oggetti preziosi» spiegò, sfiorando con un polpastrello l'inestimabile orecchino, rubato durante un gala su una nave da crociera.

Il castano inarcò un sopracciglio. «Mi trovo di fronte a una ladra, dunque.» Soffocò un riso scettico, per poi rifoderare l'arma, anche se tese l'udito pronto ad estrarla al minimo cenno di pericolo.

«Così mi offendi, honey» replicò la giovane, sfiorandosi il petto prosperoso con un palmo. «Trovo solo che la Pierre Lune sia sprecata per un uomo meschino come Elisio.»

«Non è affar mio, ho questioni più importanti di cui occuparmi» replicò l'agente, piccato, avviandosi verso il computer.

La brunetta ridacchiò ancora. Approfittando della vicinanza, si portò l'indice alle labbra, inumidendolo fugacemente, per poi posarlo sulla bocca del ragazzo. «Ecco a te il mio speciale bacio della fortuna. Bye bye, sweetie!» Fece un distratto cenno di saluto, avviandosi fuori dalla stanza senza voltarsi indietro.

La spia, con un leggero batticuore, restò imbambolata alcuni istanti prima di realizzare pienamente quell'incontro. Dopodiché scosse bruscamente il capo, intimandosi di sbrigarsi: doveva hackerare il sistema e mandarlo in tilt dopo aver salvato una copia di tutti i dati. Se quella era davvero una ladra, si chiese come mai anche a lei interessassero i loschi affari della Flare Company, ma non aveva tempo per pensarci.

 

Blue camminava tra interminabili corridoi, incontrando ogni tanto tele dalle cornici d'oro barocche, raffiguranti in gran parte paesaggi dai colori caldi e variopinti. Li osservava con la coda dell'occhio, riconoscendo opere di pittori ottocenteschi viste nei libri, ma bastò un'occhiata per etichettarle come misere imitazioni. Proseguiva concentrandosi mentalmente nel ricordare la cartina alla quale aveva lavorato durante l'ultima settimana, sul blocchetto degli appunti che doveva fingere di prendere, da brava finta segretaria.

Svoltò un'ultima volta a destra, trovandosi davanti a un portone blindato. Riestrasse la tessera magica dal seno, per sgattaiolare dentro senza problemi. Quasi le dispiaceva per l'ingenuità di Elisio: aveva accettato con gratitudine il caffè che gli aveva offerto, senza sospettare che al posto dello zucchero ci fosse sciolta la pastiglia di un potente sonnifero. Perciò era stato fin troppo facile sfilargli il passepartout dal taschino della giacca e andarsene mentre lui dormiva, un feroce leone dalla criniera rosso fuoco neutralizzato e divenuto un innocuo gattino.

Prima di avanzare oltre, doveva premurarsi di disattivare le telecamere di sorveglianza. Sorrise estasiata al buio, pensando già a quanti soldi le avrebbe fruttato la Pierre Lune. Non intendeva cederla per meno di otto milioni di dollari, non prima di averne impiegata una parte per ottenere dei fantastici gioielli, pezzi unici ovviamente, tutti per lei. Quando indossò il Silph Scope per vedere i laser invisibili a infrarossi che la separavano dalla teca di cristallo in fondo all'antro, si chiese come se la stesse cavando il ragazzo di prima. Curioso che entrambi avessero scelto lo stesso giorno per agire.

 

Il bruno aveva appena terminato il suo lavoro: cliccò sulla barra di spazio e lo schermo si annerì, mentre al centro compariva la testa di un teschio stilizzata. La Flare Company poteva dire addio al suo traffico di merce clandestino, perché ora avrebbero potuto rintracciare la posizione di tutti i suoi clienti e sequestrare le scorte nei magazzini a nord della città.

Accese la torcia dell'orologio da polso per selezionare alcuni documenti da portare via, ma proprio quando ne aveva intascati alcuni sentì un coro di sirene risuonare per l'edificio.

«Dannazione» borbottò, dirigendosi in fretta verso la finestra prima che l'entrata principale si riempisse di guardie.

Usò un rampino per scendere sul muro di mattoni e raggiungere l'esterno. Il furgoncino scelto per la missione lo attendeva parcheggiato in mezzo al bosco. Probabilmente in quel momento quell'idiota di Gold se ne stava sul sedile anteriore, con la musica rock nelle orecchie e un pacchetto di patatine in grembo, o nel peggiore dei casi poteva essersi addormentato. Mentre lui era lì, a rischiare di essere catturato dal nemico.

«Ma tu guarda! È un piacere rivederti, sweetie

Si voltò di scatto, trovandosi dietro la ragazza dello studio. Si sorprese di non aver avvertito prima la sua presenza e ancor di più di vedere che impugnava la Pierre Lune. Non c'erano dubbi che fosse autentica, perché sotto il fulgido bagliore lunare risplendeva come se la superficie fredda fosse ricoperta da un manto di lustrini. Il suo furto era riuscito, dunque.

«Era necessario far scattare l'allarme?» le domandò con una lieve acidità. «Rischiamo di essere scoperti entrambi, per colpa tua e di quella stupida pietra

«Non è una stupida pietra!» obiettò Blue, stringendola a sé come un figlio, sentendosi quasi personalmente offesa. «Hai almeno la minima idea di quanto valga?» Avrebbe potuto stilare una lunghissima lista di capi o accessori di marca per rendere l'idea, ma era certa che non gli interessasse. «Ah, non preoccuparti per le guardie. Stanno controllando al piano superiore, ma lì troveranno solo qualche piccola bomba fumogena.» Ridacchiò.

Lui le rivolse un'occhiata che esprimeva tutta la sua scocciatura. «Vattene, prima che mi venga voglia di consegnarti alla polizia.»

«Ma che paura» ironizzò la brunetta, passandogli accanto, con la chioma mossa che si agitò in un movimento fluente. Sfiorò forse per sbaglio la sua giacca di pelle, per poi dirigersi verso la moto nascosta dietro a dei cespugli di rose. Notò con stupore che si trattava di una Harley-Davidson argentea. La sconosciuta lo salutò mielosamente un'altra volta, mentre con un sorriso più malizioso partiva a tutto gas, per passare da chissà quale scorciatoia di cui lui non era a conoscenza. Stava per tirar fuori il walkie-talkie per avvisare Gold della riuscita della missione, quando si accorse che nella tasca dei pantaloni mancava il suo distintivo. «Quell'imbrogliona…» bofonchiò, stringendo i pugni con rabbia.

 

Nel frattempo, una risatina furba echeggiò nella notte. Ormai lontana, Blue rimirava il tesserino luccicante seduta sulla sella della vettura. «Ci rivedremo, Green Oak…» sussurrò. «O meglio… Agente 002.» Lo infilò con nonchalance nella scollatura: insieme al passepartout e al cofanetto del gioiello nel bagagliaio, sarebbe stato un ottimo souvenir.


 

 

Angolo Autrice
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Salve!
Per chi si fosse chiesto il perché della mia assenza: non sono morta, ho semplicemente iniziato a vivere da sola e lavorare, quindi purtroppo non ho più molto tempo per le fanfiction…
Ho scritto questa shot di getto, quattro mesi fa, dopo una settimana passata ad acculturarmi su Lupin III.
Ho sempre trovato delle somiglianze tra Fujiko e Blue, ragion per cui le ho dato la stessa pistola e la stessa moto della donna, ispirandomi ad alcuni dei suoi trucchi. Green invece ha “preso in prestito” il modello di James Bond!
I nomi delle città sono in francese perché mi sembravano più eleganti e la Flare Company sarebbe l'equivalente del Team Flare.
In futuro magari creerò una serie usando sempre questo universo e questi personaggi, ma per adesso è solo un'idea. Spero che mi lascerete una piccola recensione e che la storia, siccome è molto descrittiva, non sia risultata troppo noiosa.
Alla prossima!
-H.H.-
 
   
 
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