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Autore: Hoshimi_    04/08/2017    2 recensioni
Lo Yamazaki è un liquore da assaporare lentamente, in modo da apprezzarne ogni singola sfumatura ambrata. È un processo da gustare gradualmente dall'inizio alla fine, lasciandosi trascinare nel vortice dei suoi sapori. All'inizio si è investiti da un aroma fruttato, che lascia presto spazio al profumo di spezie, con un curioso accento di vaniglia. Tuttavia, è solamente quando il liquore avvolge la lingua e scende lungo la gola che la sua vera essenza si rivela, impregnata della dolcezza della cannella e accompagnata, al contempo, da un retrogusto deciso di sherry e tè nero.
Non è dunque difficile capire il motivo per cui, quando Min Yoongi pensa a Park Jimin, lo collega a questo particolare whisky: entrambi ambrati e delicati ad una prima impressione, ma, più a fondo vengono gustati ed esplorati, più emerge la loro vera anima.
*yoonmin & taekook*
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti
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Ok so. Ciao a tutti.
Non so bene come sia successa questa fanfiction. In realtà non so bene come sia successo il kpop nella mia vita in generale. O i bts. O le ship nei bts. But still. 




Even if you died and came back to life,
we're still young;
every night, take a shot.













 

La pioggia aveva bagnato sin dall'alba un'autunnale Kyoto, cospargendo le vetrate dei grattacieli di rigagnoli e rinfrescando le strade asfaltate. Non era inusuale che la città rimanesse sommersa da un caldo umido durante quella stagione, ma sembrava che, in quel particolare anno, essa sarebbe stata più fredda del solito.

 

Quell'inverno sarebbe stato terribile, pensò Min Yoongi, che rabbrividì, stringendosi nelle coperte e rigirandosi nel letto, svegliato dalla fredda aria autunnale, che entrava dall'abbaino rimasto socchiuso dalla notte prima. Il ragazzo avrebbe preferito di gran lunga rimanere avvolto nel calore confortante di quel piumino bianco, al sicuro e al riparo in un appartamento in cui era finito più per sorte che per scelta, quando il suo flusso di pensieri fu interrotto da alcuni colpi alla porta, che lo costrinsero a destarsi da quel tepore immaginario.

 

Guardò l'orologio: erano le sei di sera.

 

Prima di sentire un'altra bussata, decise di alzarsi e aprire. Due uomini in divisa gli fecero un cenno, entrando senza fare complimenti. D'altra parte, perché avrebbero dovuto?

Il giovane li squadrò: tipiche guardie del corpo, i due potevano sembrare gemelli. Stesso portamento, stessi indumenti, persino stessi occhiali, che rendevano indistinguibili gli occhi. A differenziarli, solamente la leggera sfumatura di pelle, qualche centimetro di altezza, nonché il colore di capelli.

 

“È ora.” Disse quello biondo con voce atona.

 

Yoongi scrollò le spalle, scuotendo il capo mentre i due in piedi lo fissavano, evidentemente in attesa che si cambiasse e li seguisse. Senza avere scelta, il ragazzo si avviò verso il bagno, sbattendo la porta alle proprie spalle. Si appoggiò al lavandino in marmo bianco e si guardò allo specchio: la sua pelle diafana risaltava più pallida del solito, probabilmente perché circondata da tutto quel dannato bianco.

 

Bianco ovunque.

 

Il suo sguardo scivolò distrattamente sul marchio che aveva sulla spalla, unico segno che scalfiva quel colore marmoreo, per poi concentrarsi sui capelli, indeciso se quel verde bosco sarebbe presto cambiato o meno.

Piegati su un cassetto lo aspettavano, dalla sera prima, gli indumenti per l'occasione, tutti neri, che provvide a indossare velocemente, senza nemmeno guardare come gli stavano addosso.

 

Una volta uscito, non si sorprese nel vedere che i due lo stavano aspettando nella stessa posizione di prima: in un'altra situazione lo avrebbe trovato divertente, ma in quel momento non poté impedirsi di esserne irritato. Le guardie fecero per muoversi verso la porta, ma il ragazzo tornò nella propria stanza.

 

“Al capo non piace aspettare.”

 

Yoongi si girò, fulminando con lo sguardo la guardia, che, nonostante i suoi anni di addestramento, non poté evitare di rimanere turbata da quegli occhi neri tanto carichi di odio e disprezzo, inadatti ad un ragazzino così magro e apparentemente innocuo.

 

“Sto prendendo le mie cose.” Sibilò con voce tagliente.

 

Dopo qualche minuto uscì dalla propria camera con uno zainetto a metà spalla e una tracolla neri, in tinta con un berretto e una mascherina a coprire il volto. Senza dire una parola, si avviò verso la porta. In silenzio, i due gli fecero strada fino ad un cayenne nero dai finestrini oscurati. Yoongi salì senza fare domande e la guardia dai capelli marroni mise in moto.

Gli edifici di Kyoto sfrecciavano veloci davanti ai suoi occhi mentre il ragazzo li guardava con una mano appoggiata sul mento e le cuffie alle orecchie, in cui stava ascoltando una melodia al pianoforte che dava un senso di pace e stabilità estranee a quella situazione.

 

Yoongi registrò mentalmente il percorso fatto, più per abitudine che per un vero scopo, poiché non aveva idea di dove stessero andando. Aveva solo un nome: Tanaka.

 

Dopo circa mezz'ora, la macchina si fermò davanti ad un grattacielo dalle vetrate nere quanto i finestrini dell'auto. Yoongi procedette osservando l'edificio che si stagliava di fronte ai suoi occhi e contando mentalmente i piani che lo componevano.

 

Trentotto.

 

I due uomini in divisa passarono senza problemi i controlli di sicurezza, garantendo anche per lui e scortandolo poi fino ad un ascensore.

 

Il giovane dai capelli verdi rallentò il passo, consapevole che non lo avrebbero mai lasciato salire le scale da solo e respirò a fondo quando le porte si aprirono di fronte a lui. Inspirò profondamente ed espirò solamente quando, una volta entrato, si fu appoggiato alla parete dell'ascensore, allungando i polsi dietro la schiena e stringendo la barra di metallo che percorreva la cabina. Il biondo premette il tasto 36 e le porte si chiusero. Non appena l'ascensore si mosse verso l'alto, un nodo si conficcò nella gola di Yoongi e il ragazzo si sforzò di non dare a vedere il proprio nervosismo, tentando in ogni modo di non serrare la mascella. I denti si strinsero fino a dolere e il respiro cominciò a non essere regolare. Ringraziò mentalmente che le due guardie gli dessero le spalle e con lentezza, in modo che non se ne accorgessero, si sfilò la mascherina per poter respirare meglio. Yoongi chiuse gli occhi, tentando di controllarsi e cercando un punto stabile, un'ancora qualsiasi che concentrasse il suo cervello per la durata di quell'interminabile ascesa. Sbatté le palpebre, guardandosi intorno, finché i suoi occhi non notarono come fosse facilmente visibile, tramite lo smoking, il ritmo regolare del respiro dei due uomini robusti davanti a lui. Le loro spalle si alzavano e abbassavano ogni due secondi e mezzo. L'uomo biondo alla sua sinistra impiegava un secondo intero ad inspirare e uno e mezzo ad espirare mentre l'altro tendeva a prendersela con più calma nella prima fase. Il giovane si appuntò mentalmente di cercare possibili collegamenti tra tempo di respirazione e problemi cardiovascolari, una volta tornato a casa.

 

Si corresse: se fosse tornato a casa.

 

Nel frattempo, la salita proseguiva, anche se, in Yoongi, il panico era stato sostituito dai calcoli. Percorrevano circa un piano ogni tre secondi e mezzo, con eccedenza verso quattro. Erano ormai al quarto, quindi sarebbero bastati ancora 112 secondi. Un minuto e 52 secondi. 44 alzate di spalle.

Yoongi si perse poi pensando a quanto tempo avrebbe richiesto l'entrata imprevista un uomo, includendo perciò anche una fermata in un piano di mezzo. Un plus di circa 9 secondi.

 

Purtroppo, nessuno fermò l'ascensore e verificò le teorie del ragazzo, il quale, comunque, era piuttosto certo dei propri calcoli.

Soddisfatto, constatò che mancavano solamente due piani all'arrivo, fatto che non gli diede il tempo di far riemergere il panico poiché poco dopo le porte si riaprirono con un trillo confortante, annunciando il loro arrivo.

 

I tre uscirono, le due guardie a capo, che salutarono una giovane dietro una scrivania alle prese con una telefonata e proseguirono per una serie di corridoi, che Yoongi memorizzò facilmente. Infine, giunsero davanti ad una stanza circondata da pareti di vetro, le quali lasciavano facilmente intravedere l'interno, completamente bianco, che fece storcere il naso al ragazzo.

 

Non c'era alcuna porta per accedere all'ufficio, ma era necessario passare in una cabina automatica, che costrinse i tre ad entrare uno alla volta. Il primo, su cui si chiuse quella specie di tubo per quello che Yoongi credette essere un tempo eccessivo, fu il biondo. Il ragazzo entrò subito dopo, sperando che quello spazio angusto non gli provocasse nuovamente la nausea e il disagio da poco sperimentati. Le porte si aprirono proprio nel momento in cui stava iniziando ad annaspare in cerca di aria.

 

Sentì la guardia dai capelli castani entrare dietro di lui, ma il suo sguardo si concentrò sull'uomo seduto in una poltrona girevole di pelle marrone, che fino a poco prima gli dava le spalle.

 

Tanaka era un uomo tarchiato sulla cinquantina, con mani inanellate e acqua di colonia che impregnava l'intero ufficio. La sue pelle era particolarmente abbronzata, fasciata da un elegante completo bianco. L'uomo appoggiò i gomiti sul tavolo di mogano e congiunse le dita, squadrando Yoongi con sguardo impenetrabile e testa reclinata.

 

“Tu devi essere il famoso Suga.”

 

Nel sentire il proprio soprannome, Yoongi storse la bocca in un riflesso involontario e annuì. L'uomo seduto sorrise. Un sorriso alquanto sgradevole, in cui Yoongi scorse un dente d'oro sull'arcata superiore.

 

“Benissimo.” Batté le mani tra loro “Come ti trovi nella tua nuova sistemazione?”

 

“È bianca.” Rispose il giovane con tono vagamente irritato, come se quella fosse una spiegazione sufficiente, e l'altro annuì “Non credo continuerà ad essere un problema.”

 

Yoongi non poté nascondere lo stupore: credeva che quello stupido appartamento sarebbe stato il suo luogo di lavoro. Gli rivolse uno sguardo interrogativo.

 

“Te ne parlerò meglio in viaggio.”

 

“Viaggio?” Domandò infastidito il ragazzo, inarcando impercettibilmente un sopracciglio e provocando tensione negli uomini alle sue spalle.

 

L'altro sembrò essere alquanto divertito da quel tono impertinente e, al posto di rispondere alla domanda, spiegò “Il motivo, o meglio, la persona per cui ti ho ingaggiato si chiama Sakamoto. Scoprirai facilmente che è uno dei maggiori uomini d'affari di Kyoto, nonché uno dei più famosi mercanti d'arte del continente.” Lo fissò “So che non ti importa per chi lavori, ma diciamo solo che i traffici che gestiamo non sono strettamente legali.” Suga, nonostante il volto implacabile, non si lasciò sfuggire quel plurale “La famiglia per cui faccio da tramite, tra le altre cose, ama l'arte. Potremmo definirli... Dei collezionisti.” Sorrise tra sé, evidentemente soddisfatto della spiegazione “Al momento sembrano particolarmente interessati ad un quadro, che sto seguendo da anni sul mercato nero di opere d'autore. So che il signor Sakamoto sta organizzando un'esposizione privata per questa primavera e sono venuto a conoscenza del fatto che il quadro, che interessa loro, sarà esposto in quella particolare occasione.”

 

Suga lo aveva ascoltato e seguito senza problemi, abituato a incarichi del genere “Come ne è venuto a conoscenza?”

 

“Una fonte.”

 

“Mai fidarsi delle fonti.”

 

“Credimi, la mia fonte è piuttosto sicura.” Rispose deciso “Non hai idea cosa la gente si lasci sfuggire in certi contesti.” Disse cripticamente, cambiando poi argomento “Quello che voglio da voi è che troviate un modo per rubare quel quadro senza che si risalga in nessun modo a me o alle persone per cui lavoro. I mezzi stanno a voi: potete usare armi, esplosivi, ricatti, non mi interessa.”

 

Voi?” Sottolineò Yoongi.

 

“Voi.” Confermò l'altro.

 

Suga lo fissò senza dire nulla, anche se la sua espressione rendeva palesi i suoi pensieri “Sono abituato a lavorare a solo.”

 

“Lo so. Ma so anche che, come leader, hai grandi capacità. Mi hanno parlato molto bene di te.”

 

Il ragazzo dai capelli verdi si prese qualche minuto per riflettere: quell'incarico gli faceva comodo e non poteva impedirsi di esserne intrigato: era da un po' che non lavorava in squadra e un furto d'arte lo allettava. Sospirò “Ci vorrà come minimo uno scassinatore. E un hack-”

 

Tanaka sorrise interrompendolo “Le pedine sono state già scelte da me e ti aspettano.” Proseguì “Quello che voglio da voi è che trascorriate qualche mese ad ambientarvi nella città, guardare il luogo dove si terrà la mostra, sentire le conversazioni. Farvi un'idea delle persone coinvolte per poi elaborare un piano. Con il venire dell'anno nuovo inizierete a lavorare. Ma è su di te che faccio affidamento ed è da te che esigerò di più, perché non dovrai solo coordinare l'operazione, ma anche osservare quello che accade intorno a te, molto attentamente.” Lo guardò di sottecchi “So che sei un ottimo osservatore, Non avrei richiesto il migliore altrimenti.” Continuò “Ovviamente avrai a disposizione qualunque strumento desideri o necessiti.”

 

Fece un gesto verso la guardia dai capelli biondi, indicando qualcosa alle spalle di Yoongi. L'uomo si avvicinò porgendogli una valigia, che Tanaka fece scattare aprendola: essa era colma di banconote, al di sopra delle quali c'era un biglietto aereo.

 

“300.000 dollari. Pagamento alla consegna. Più un biglietto aereo per non rivederti mai più. Anticipo 4000000 yen ora per ogni attrezzatura che riterrai necessaria. Entro la primavera. Prendere o lasciare.”

 

Il silenzio calò nella stanza mentre Suga lo fissava negli occhi “ Prendo.”

 

L'uomo sorrise soddisfatto e guardò l'orologio, che segnava ormai le nove. Si alzò improvvisamente.

 

“Bene. Di sotto ci stanno aspettando.” Fece un cenno alle due guardie, invitando al contempo Yoongi a precederlo.

 

Il ragazzo era talmente immerso nei propri pensieri che non si accorse nemmeno dei 126 secondi di discesa nell'ascensore, ritrovandosi seduto in un divanetto color beige all'interno di una limousine senza sapere bene come ci era finito.

 

La macchina partì e iniziò a sfrecciare per le strade della città. Come di consuetudine, lo sguardo di Yoongi si concentrò sul percorso. Stava ancora piovendo, e le gocce di pioggia rendevano sfocati i contorni di una Kyoto che stava preparandosi a illuminare quella notte autunnale. Le luci di lampioni, case e grattacieli sfrecciavano davanti agli occhi di Yoongi. Tanaka aveva iniziato a parlare, ma il ragazzo lo ascoltava solo in parte, cercando di immaginare chi avrebbero incontrato poco dopo.

 

“Non sei di molte parole eh?” Chiese l'uomo pretendendo attenzione.

 

Yoongi si voltò con un'espressione annoiata “Stava parlando del posto in cui stiamo dirigendo, che è di un suo vec-”

 

“Vedo che sei sveglio. Benissimo.” Riprese “Dicevo... di un mio vecchio amico, lui è informato quanto basta sulla situazione. Diciamo che mi deve un favore.” Strizzò l'occhio “Il mio amico è molto conosciuto nel nostro settore e gestisce una grande quantità di locali qui a Kyoto. Mai sentito parlare di un quartiere chiamato Kabukicho?” Yoongi scosse la testa distrattamente “Credimi, a breve lo conoscerai. La famiglia per cui lavoro lo gestisce. Invece, il luogo in cui ci stiamo dirigendo è un posto speciale e abbiamo accordato che sarà la vostra base operativa. Non c'è nessun modo per risalire a loro e mi fido del mio amico e delle persone che lavorano per lui. Lì troverai tutte le informazioni che ti servono e le altre persone che ho assunto. Tuttavia” Si voltò, guardando seriamente Yoongi “Desidererei che questa fiducia fosse confermata. Ed è qui che entri in gioco tu, che avrai il secondo, ma non meno importate, compito di tenermi costantemente informato su persone e fatti in causa. Chiaro?”

 

“Chiaro.” Rispose Yoongi senza scomporsi.

 

Nel frattempo, la limousine aveva lasciato le strade principali, imboccandone una laterale più tranquilla nei sobborghi di Kyoto, in una zona privata e senza grattacieli. Yoongi immaginò che quel tratto di campagna permettesse di tenere sotto controllo chiunque arrivasse.

 

L'automobile si fermò poco dopo davanti ad un cancello, in una stradina stretta che difficilmente si poteva notare dalla via percorsa. La grate si aprirono automaticamente, lasciandoli passare e, qualche istante dopo, Tanaka scese dall'auto, seguito da Yoongi e dalle guardie. Davanti a loro si ergeva una tipica villetta giapponese, con un piccolo giardino che, tramite una viuzza di ciottoli, conduceva ad una porta scorrevole.

 

Una figura li aspettava appoggiata ad una parete a braccia conserte.

 

Il ragazzo si avvicinò: indossava una vestaglia di seta color vermiglio, la quale lasciava intravedere un corpo snello fasciato da pantaloni di pelle e ricoperto di tatuaggi. A Yoongi piacque subito, soprattutto per lo sguardo di disprezzo che rivolse all'uomo d'affari.

 

“Tanaka...” Si voltò verso Yoongi aspettando che parlasse.

 

“Lui è il ragazzo di cui ti ho parlato si chiama S-”

 

“Suga.” Completò Yoongi impedendo all'altro di esibirlo come un pezzo di antiquariato.

 

Il ragazzo tatuato gli rivolse un sorriso sincero facendo risplendere i denti nella penombra.

 

“Piacere Suga, io mi chiamo Kim Namjoon.”

 

 

***

 

 

Park Jimin era uscito più presto del solito quel pomeriggio, nella speranza che la sua corsa quotidiana non sarebbe stata disturbata dalla pioggia. Il cielo nuvoloso sopra di lui annunciava il tipico monsone autunnale, ma questo non lo scoraggiò. Il ragazzo si allontanò presto dalla strada sterrata che stava percorrendo, per raggiungere un parco alla periferia della città, convinto che la rada, sebbene costante, presenza di vegetazione giovasse al suo corpo.

 

Una volta giunto lì rallentò il ritmo, aspettando che i battiti del cuore tornassero normali e che il respiro si regolarizzasse. Amava quel parco: quasi nessuno a Kyoto lo visitava, perché era fuori città e ciò gli permetteva di goderselo ogni giorno. Ormai lo considerava il suo rifugio, un posto sicuro, dove gli era permesso interrompere i pensieri, mettere momentaneamente in pausa la vita movimentata e lasciarsi andare. In quel periodo dell'anno gli piaceva quasi quanto in primavera: gli alberi di acero lo circondavano con il loro caldo arancione, le foglie sparse a terra scrocchiavano piacevolmente sotto i suoi piedi e il profumo dei fiori riempiva l'aria.

 

Respirò a fondo e si fermò, ravvivandosi i capelli violetti. Iniziò a fare un po' di stretching, sentendo con piacere i muscoli allungarsi sotto le sue mani. Successivamente, dopo essersi guardato intorno e non aver visto nessuno, azzardò alcuni movimenti di danza. Chiuse gli occhi sentendo le prime gocce della giornata scendere lievi sulle sue palpebre e sulla pelle. Si tolse la felpa, lasciando che l'acqua si facesse strada lungo il suo corpo, fino a muoverlo con essa. Sentì la tensione lasciare lentamente i muscoli, che si flettevano spontaneamente, seguendo il lento ritmo della canzone nel suo ipod. Abbandonò totalmente il proprio corpo a quell'elemento, il volto reclinato all'indietro e rivolto al cielo, gli occhi ancora serrati. Le sue gambe si muovevano quasi autonomamente, senza bisogno di pensare, piegandosi seguite immediatamente da movimenti aggraziati delle braccia. Gli piaceva improvvisare, seguire le note per vedere dove esse lo portavano.

 

Finita la sua routine quotidiana, con la pioggia ormai battente, si incamminò verso l'uscita del parco, ma si fermò presto, scorgendo una macchia viola tra la vegetazione. Indeciso, si allungò per raccogliere alcuni fiori. Poi corse a casa.

Giunse bagnato fradicio alla villetta e, sentendo delle voci nell'atrio, decise di evitarle passando per i camerini, dove appoggiò il mazzetto che aveva raccolto, per salire poi nella propria stanza, concedendosi una doccia bollente. Rimase sotto il getto caldo per più tempo del solito, ripetendosi mentalmente la coreografia. Doveva essere al meglio per quella sera.

 

Una volta uscito e asciugato, si infilò dei boxer e una vestaglia di seta di color rosa antico, dirigendosi poi verso il suo armadio, dove era riposto l'abito che si era fatto commissionare per l'inizio della stagione autunnale. Lo prese delicatamente, ancora protetto dalla confezione, e si recò in sala costumi. Aprì il pacco, ammirando il kimono fatto a mano su sua richiesta e tenendolo davanti a sé: il tessuto in seta nera era trapuntato di rami violetti, che sfociavano in pallidi fiori rosa, i quali si abbinavano perfettamente ai propri capelli. Le linee sottili si congiungevano sulla schiena in un albero che, ricamato sulla schiena, la copriva interamente.

 

Il ragazzo incominciò a vestirsi con gesti automatici, sentendo la seta scivolare sul proprio corpo. Indossò il kimono, girandosi davanti ad uno specchio per vedere come stava e, soddisfatto, prese l'obi fatto su misura, che ne riproduceva i disegni, e lo legò stretto in vita, in modo da tenerne ferme le parti. Per ultimi infilò i tabi e gli zori neri.

Una volta finita la prima fase della preparazione, guardò l'orologio appeso alla parete, consapevole di essere già in ritardo e iniziò a truccarsi in fretta. Stese un fine strato di crema, con cui ricoprì la pelle abbronzata di un sottile strato di bianco, aggiungendo poi un lucido, che sotto la luce sembrava brillare. Successivamente, aggiunse una tonalità rosea, marcando in particolare gli zigomi. Intinse poi di viola un altro pennello e se lo passò sull'estremità esterna della palpebra destra, sfumandola con la matita nera e aggiungendovi sopra una linea di eyeliner. Jimin si guardò attentamente allo specchio e annuì soddisfatto. Stava iniziando a contornare anche l'altro occhio, quando una voce lo fece sussultare, facendogli sbagliare riga.

 

“Jiminnieee.”

 

“Hopie. Potrei seriamente ucciderti.” Esclamò il giovane senza degnare di uno sguardo il ragazzo dai capelli rossi, che era appena entrato e che stava ora ridendo appoggiato allo stipite della porta. Si era sporto all'entrata, una borsone a tracolla che pendeva dalla spalla “E comunque cosa ci fai qui? Non dovresti essere già a lavoro?”

 

“Ci sto andando, infatti. Prima però volevo vedere come avevi deciso di aprire la stagione.” Lo squadrò soddisfatto “In grande stile a quanto vedo.”

 

“Grazie a te solo un grande casino.” Disse facendo una smorfia di rimando.

 

“Su su non fare una tragedia.” Una voce giunse da dietro i camerini, dai quali emerse poco dopo Seokjin.

 

“Sembro Hopie nelle sue serate peggiori.” Protestò Jimin.

 

“Hey! Mi sento profondamente offeso.” Sbuffò Hoseok, facendo ridere Jimin e Jin, per poi salutarli e andarsene.

 

Il ragazzo dai capelli lilla si tolse il trucco sbavato e ricominciò lentamente il lavoro minuzioso.

 

“Rimedio io.” Seokjin gli prese il pennello di mano e con abilità continuò a stenderlo con linee precise e senza esitazione. Mentre finiva di truccarlo gli chiese “Quali fiori abbiamo scelto per questo mese?”

 

Jimin sorrise. Amava i fiori e faceva in modo di averne sempre intorno o su di sé quando si esibiva. Perciò, i capelli erano la parte della routine che preferiva e che lasciava sempre per ultima.

“È settembre quindi lespedeza, campanule e crisantemi.” Man mano che li elencava, Jimin prendeva con cura ogni fiore da una scatolina che aveva in mano, mostrandolo a Jin. Ognuno era lavorato minuziosamente a mano: lo stelo argentato univa attorno alla corolla dei petali di seta, i cui colori richiamavano quelli del kimono.

 

“Oggi ho trovato questi al parco.” Disse, indicando il mazzetto che aveva sul tavolo “Me li farò preparare per il prossimo mercoledì.” Aggiunse, aggiustando i fiori in una piccola coroncina tra i capelli violetti.

 

“Ti sei dato da fare.”

 

“Questa sera devo essere perfetto.” Disse serio.

 

“Lo sarai.” Ribatté Jin con convinzione, ma, vedendo l'espressione scettica di Jimin, aggiunse “Hanno espressamente richiesto te, un motivo ci sarà.” Jimin si sforzò di sorridere: l'amico era sempre troppo ottimista. Alzò gli occhi al cielo e sbuffò, lasciando che l'altro applicasse dei piccoli brillantini a lato degli occhi.

 

“Sei bellissimo.” Constatò porgendogli uno specchio. La carnagione, stranamente chiara, metteva in risalto ancora di più i capelli e il kimono, facendolo brillare quasi di luce propria.

 

 

 

***

 

 

 

Namjoon li fece accomodare, descrivendo la casa a Suga man mano che procedevano. La villa consisteva in un grande complesso, che si componeva di due parti gemelle: l'una includeva gli alloggi, mentre l'altra era adibita al lavoro degli ospitati.

 

Lasciato Tanaka a parlare con un ragazzo dai capelli marroni, che si era presentato come Jin, Namjoon guidò Yoongi attraverso i lunghi corridoi della casa, fino a raggiungere delle scale in legno, che portavano al primo piano. Yoongi si trovò davanti ad una serie di porte, ma Namjoon gli indicò un'altra scala di legno più avanti, che conduceva ad una mansarda.

 

“Mi spiace, era l'unica rimasta. Siamo stranamente pieni.” Disse il ragazzo con un sorriso di scuse.

 

Yoongi farfugliò un “Non c'è problema.” ed entrò.

Se il ragazzo aveva detestato l'appartamento bianco e anonimo di Tanaka, quello che lo accolse lo entusiasmò al primo sguardo: il sottotetto rendeva l'ambiente confortevole e l'unica finestra della stanza corrispondeva ad una parete, la quale dava sul lato opposto della casa, che si affacciava su un sentiero e un parco. La vetrata permetteva al sole di entrare, illuminando le pareti verde pastello.

 

“Avrai tempo di sistemarti con calma, ma ora dobbiamo scendere.” Namjoon guardò il ragazzo, che stringeva titubante le proprie cose, e, intuendo i suoi pensieri, aggiunse “Puoi lasciarli qui.” Disse indicando la tracolla e lo zaino “C'è una cassaforte nell'angolo e posso lasciarti le chiavi della porta.”

 

Yoongi annuì, apparentemente rassicurato da quelle parole, e posò lo zaino vicino al letto, lasciando la tracolla nella cassaforte, per poi scendere di sotto. Trovarono facilmente Tanaka, che li aspettava nell'altro lato della casa, che evidentemente non gli era permesso oltrepassare.

Suga non poté fare a meno di domandarsi se non fosse finito in una casa di prostituzione, ma non fece in tempo a porsi ulteriori questioni, poiché Namjoon gli fece un cenno, lasciando scivolare una porta scorrevole alle sue spalle. Il ragazzo fece segno a Yoongi di entrare e, successivamente, si fermò a parlare con Tanaka.

 

Il giovane dai capelli verdi si trovò all'interno di un'ampia stanza, adibita per un banchetto e attorniata da una serie di cuscini a terra. Nella penombra, dalla parte opposta alla porta, si scorgevano due figure sedute su un divanetto.

 

“Ciao Yoongi.”

 

Una voce familiare giunse dall'oscurità, seguita poco dopo da un volto altrettando noto. Nel sentire pronunciare il proprio nome, il cuore di Yoongi fece un tuffo e il ragazzo non poté evitare di far emergere la sorpresa sul proprio volto per la seconda volta quella sera. Stava decisamente diventando troppo prevedibile. Si era preparato ad un incontro del genere, prima o poi ma, ma non in quel contesto o decisamente non con quelle persone.

 

Il ragazzo cercò di ricomporsi respirando a fondo.

 

“Ciao Jungkook.”

 

Yoongi fissò il ragazzo, che non vedeva da quasi quattro anni. I lineamenti del volto erano ora più marcati e i capelli neri. Gli rivolse mezzo sorriso.

 

“Ci sarei anche io qui.” Un'altra voce emerse dalla penombra, da cui spuntò una faccia sorridente contornata da capelli biondi.

 

“V.”

 

“Suga.” Rispose l'altro con un ampio sorriso.

 

Il ragazzo scosse il capo incredulo.

 

Tanaka, trattenuto da Namjoon, riapparve in quel momento “Bene, gli altri stanno arrivando. Vedo che vi siete già conosciuti” Aggiunse con una punta di delusione nella voce, per poi fare a sua volta le presentazioni, nell'evidente tentativo di ristabilire la propria importanza “Suga questi sono i tuoi compagni di squadra. Sono già stati informati su tutto.” Indicò Taehyung, che si era appoggiato comodamente al divanetto “Lui è V.” Quest'ultimo fece per interromperlo ma Yoongi lo fulminò con uno sguardo, prima che potesse rivelare dettagli non necessari “… E lui è Jungkook.” Completò.

 

Il ragazzo dai capelli neri intuì il messaggio muto di Yoongi e allungò la mano, per stringergliela in segno di piacere.

 

“Siete tutti coreani, vero?” Notò distrattamente Tanaka mentre i tre si guardavano imbarazzati.

 

 

 

 

Quindici minuti più tardi iniziarono ad affluire nella stanza uomini e donne dei generi più vari: da signore attempate, ad anziani in giacca e cravatta, a giovani snob, i quali iniziarono a parlare tra loro, in evidente confidenza. La sala si stava riempiendo facilmente e i tre ragazzi decisero di approfittare di quella momentanea confusione per sgattaiolare fuori dal tatami e parlare in pace.

 

“Cosa diavolo ci fate qui?” Sibilò Yoongi spintonando Jungkook e anticipando Taehyung, che nel frattempo aveva sussurrato un casuale “Come stai”

 

“Cosa diavolo ci fai tu qui.” Rispose Jeonkook.

 

“Hey!” Taehyung si mise in mezzo tentando di separarli, vedendo che Jungkook aveva già alzato un pugno in risposta.

 

“Dovevi proteggerlo!” Urlò Yoongi furioso.

 

Jungkook si fermò, gli occhi sgranati e il corpo paralizzato come se l'altro gli avesse appena tirato uno schiaffo. Abbassò il braccio abbandonandolo lungo il fianco, la testa abbassata e gli occhi al suolo. Taehyung gli si mise davanti a lui rivolgendo uno sguardo duro a Yoongi “Hyung calmati.” Disse in tono fermo “Mi sta proteggendo.”

 

Il ragazzo dai capelli verdi sbuffò incrociando le braccia “Ah sì? Non direi proprio.” Yoongi sollevò le sopracciglia, notando che la mano di Taehyung aveva preso e stretto quella di Jungkook.

 

“È complicato.” Disse Jungkook in tono soffocato mentre Taehyng aggiungeva “Tanaka ci ha offerto un lavoro, non sapevamo fossi coinvolto anche tu, altrimenti non avremmo accettato.”

 

Un silenzio imbarazzante scese tra loro, carico evidentemente di troppe domande e risposte taciute. Yoongi fissò i due, i quali erano consapevoli che non si sarebbe accontentato di quella debole spiegazione, ma decise di rimandare l'interrogatorio a un momento più consono. Addolcì lo sguardo, alleggerendo l'atmosfera “Almeno avete idea di che razza di posto sia?”

 

“Assolutamente no.” Risposero rilassandosi gli altri due, Taehyung ridendo e Jungkook con la traccia di un sorriso in volto.

 

Senza dire nulla, tutti e tre si persero nei ricordi, felici per essersi riuniti ma, al contempo, tacitamente preoccupati per quell'incontro.

 

“Credi sia una coincidenza o che abbia a che fare con lui?” Azzardò Jungkook.

 

Yoongi aveva pensato a quella eventualità “Ne dubito. Altrimenti non avrebbero chiamato me.” Rispose sicuro Yoongi “Per un momento Tanaka prima ha parlato di esplosivi..” Gli occhi di Jungkook brillarono “e ho pensato che, in una remota possibilità, potesse riferirsi di te... Ma no, non credo.”

 

“Pensi dovremmo lasciare stare?” Chiese Taehyung.

 

“Credo che ormai non sia più un'opzione.”

 

Non fecero in tempo a dire altro, poiché Namjoon emerse dal giardino dietro di loro, facendoli sobbalzare. I ragazzi si chiesero quanto di quella conversazione avesse potuto sentire, ma il suo volto era indecifrabile.

 

“È quasi ora.” Disse, invitandoli a entrare.

 

“Ora di cosa?'” Chiese Yoongi dubbioso, socchiudendo le palpebre.

 

“Dello spettacolo.” Rispose cripticamente l'altro.

 

Quando rientrarono, la sala era ormai colma, ma trovarono tre cuscini in fondo alla tavolata e vi si inginocchiarono. Ora che Suga si era seduto, poteva finalmente apprezzare con calma la suggestività di quello strano posto: le pareti color crema che lo circondavano erano adornate di stampe e dipinti. Davanti a lui si stagliava un paesaggio con fini rami neri, mentre ai due lati erano disegnati una tigre ed un dragone.

L'atmosfera era calda grazie alle lanterne rosse appese al soffitto, che si intonavano con il soffitto dello stesso colore. La tavola, prima vuota, era ora imbandita di cibi e bevande di ogni genere.

Alle persone di prima se ne erano aggiunte molte altre, che Yoongi non fece fatica a identificare: era certo di essere circondato da spacciatori, criminali, persino maitresse. Aveva un buon fiuto per decifrare le persone e quel genere gli era particolarmente noto, data l'esperienza che aveva nel campo grazie al suo lavoro. Tuttavia, non poté fare a meno di chiedersi quali generi di affari trattasse Tanaka per essere circondato da quel seguito.

Yoongi risalì con lo sguardo l'intera tavolata studiando ogni volto fino a quando i suoi occhi si posarono su una katana, che occupava il centro della tavolata. La guardò perplesso. Si era ritrovato in situazioni strane, complicate, anche al limiti del perverso, ma la raffinatezza mista a qualcosa di torbido di quel luogo gli impedivano di determinarlo. Proprio per questo, nulla avrebbe potuto prepararlo a quello che accadde poco dopo.

 

Un chiacchiericcio circondava ormai i tre, che non osavano partecipare a quel bizzarro banchetto, ma preferivano stare in silenzio, anche per il fatto che Tanaka era seduto poco distante da loro.

Le luci divennero soffuse ed entrò Namjoon, questa volta avvolto in una camicia di seta bianca dalle decorazioni variopinte.

 

“Signori e signore.” Disse inchinandosi “Spero che il banchetto sia di vostro gradimento.” Molte facce annuirono attorno ai tre, che osservavano attenti lo svolgersi degli eventi. L'altro continuò “Ma, come sapete, la specialità della casa deve ancora essere esibita.” Attorno si percepì l'eccitazione crescere, insieme ai commenti.

 

“È giunta finalmente l'ora dell'Ozashiki.”

 

Tutta la tavolata sembrava capire benissimo quelle parole, ma i tre si guardarono dubbiosi. Taehyung e Jungkook, incuriositi, fissarono la porta, da cui stava entrando un giovane. Suga, al quale non interessava particolarmente qualsiasi cosa stesse succedendo, fissò la propria tazza di sakè, infastidito dai fischi e applausi attorno a sè. Tanaka, vedendoli titubanti, spiegò “Molte di queste persone, come me, amano l'arte. Diciamo che ci piace essere intrattenuti mentre parliamo d'affari.” Si girò fissando il ragazzo che era entrato “ Questo posto è discreto quanto basta e mi fido di Namjoon.” A quelle parole i suoi occhi si rivolsero verso Suga per un breve istante “Non è inusuale che gli uomini d'affari di Kyoto si lascino intrattenere a Kabukicho, ma i locali di Namjoon sono di classe.” Si girò verso i tre con uno sguardo di intesa “E indovinate chi altro è solito frequentarli?” Lasciò in sospeso la domanda per qualche secondo, certo che lo avessero intuito “Qualche settimana fa, ad uno di questi spettacoli, il figlio di Sakamoto si è lasciato sfuggire alcune informazioni essenziali riguardo alla mostra del padre.”

 

Se Yoongi si era mostrato scettico sulla qualità delle informazioni qualche ora prima, ora non potè fare a meno di chiedersi come una persona potesse lasciarsi sfuggire un fatto del genere.

Nel frattempo, il giovane entrato poco prima era giunto accanto a loro e aveva fatto un inchino a Tanaka.

 

“Come vedi ci sono nuovi ospiti.” Disse Tanaka rivolto al giovane, aggiungendo con un largo sorriso “Suga, V, Jungkook. Vi presento la nostra fonte.”

 

Taehyung e Jungkook lo salutarono educatamente. Suga alzò distrattamente lo sguardo per fare un breve cenno, quando il suo capo si bloccò e i suoi occhi si sgranarono impercettibilmente. Davanti a lui si stagliava un ragazzo dalla bellezza devastante. Nonostante la luce tenue, la sua pelle brillava, fasciata dalla seta nera. I capelli violetti erano adornati di fiori, tanto che sembrava sul punto di sbocciare a sua volta. Gli occhi che lo guardavano erano dolci, ma al contempo sensuali, messi in risalto dall'ombretto sulle palpebre.

 

Prima che Yoongi avesse il tempo di pronunciare o elaborare mentalmente una frase, il giovane disse sorridendo “Piacere, mi-”

 

“Che ne dici di deliziarci con una delle tue danze?” Lo interruppe Tanaka.

 

Jimin serrò le labbra rinunciando a finire la frase e annuì dirigendosi dall'altra parte della stanza.

 

Le luci si spensero lentamente, lasciando illuminata solamente la parete in fondo alla sala, di fronte agli ospiti, che si girarono verso di essa, in attesa che il giovane iniziasse a danzare. Una musica* riempì l'ambiente mentre Jimin incatenava a sé gli sguardi dell'intera stanza.

Il giovane si mise al centro del tatami e si stese a terra rannicchiandosi su se stesso. Lasciò che la melodia lo avvolgesse e, lentamente, mosse un braccio verso l'alto, le dita che si aggrappavano con grazia a qualcosa di invisibile. Il resto del corpo seguì agilmente quel movimento, così che il ragazzo si alzò da terra, la mano prima alzata che si congiungeva all'altra, che stava ora stringendo un ventaglio. L'oggetto passava facilmente da una mano all'altra, aprendosi e chiudendosi, scivolando tra le dita e accompagnando il corpo mentre la musica cresceva di tono. Le linee del suo fisico erano sinuose nonostante il kimono, che, anzi, sembrava rendere i movimenti ancora più aggraziati.

Il ventaglio si aprì nuovamente, questa volta coprendo le labbra e facendo risaltare gli occhi, che erano riusciti a catturare come magneti lo sguardo degli spettatori e li tenevano incatenati. L'altra mano disegnava ghirigori complicati nell'aria, per poi scivolare e disperderli lungo la linea del ventre, fino alle cosce.

 

Era uno spettacolo unico.

 

Quei movimenti riuscivano ad essere sensuali e al contempo aggraziati, come se le dita riuscissero ad afferrare gli sguardi dei presenti e trascinarli con sé, coinvolgendoli in una danza che stava diventando sempre più veloce, fino a quando, con lentezza, il ragazzo non si adagiò nuovamente a terra, mentre le ultime note della melodia si chiudevano su di lui.

 

Seguì un breve silenzio, l'intera sala muta dinnanzi a esso.

 

Suga non era riuscito a staccare gli occhi di dosso da quello spettacolo vivente per un secondo. Il modo in cui si muoveva era unico, leggiadro ma al contempo deciso, il corpo un tutt'uno con la musica. Non fece fatica a capire come qualcuno potesse lasciarsi sfuggire delle informazioni in tale circostanza.

 

Le luci si riaccesero e il ragazzo scorse Namjoon appoggiato alla parete che annuiva soddisfatto e se ne andava mentre Jimin si rialzava inchinandosi.

 

“Prendi posto vicino a noi.” Esclamò Tanaka, facendo spostare l'uomo davanti a Suga per fare spazio a Jimin, che si avvicinò inginocchiandosi.

 

Yoongi non potè impedirsi di guardare di sottecchi quel ragazzo bellissimo, affascinato dal modo in cui stava versando il sakè a Tanaka, prendendo al contempo parte ad una conversazione che verteva attorno a tematiche politiche, come se fosse un esperto. Sembrava perfettamente a proprio ago in quell'ambiente.

 

“Allora Madame, a proposito di quel finanziamento?” Chiese dopo un po' Tanaka, alzandosi e raggiungendo una signora nella parte opposta del tavolo.

 

Yoongi non potè fare a meno di meravigliarsi nel sentirlo parlare di affari in quel contesto. Era in qualche modo convinto che Tanaka stesse scherzando poco prima, ma sembrava che nessuno si facesse problemi a parlare di denaro e investimenti davanti a tutte quelle persone e a quello sconosciuto. Anche Taehyung e Jungkook sembravano turbati dalla situazione, così che i tre si scambiarono delle occhiate palesi.

 

“Sembra che ci farete compagnia per un po'.” Una voce dolce li distrasse, interrompendo quella conversazione muta, in un tono sembrava quasi una domanda. I tre, sorpresi, si girarono verso il ragazzo dai capelli violetti, che stava guardando divertito i loro piatti immacolati.

 

Taehyung fu il primo a riprendersi dallo stupore e a dire “Pare proprio di sì.” Lasciando trasparire il proprio entusiasmo e sorridendo apertamente. Jungkook lo fissò senza dire nulla, ma si avvicinò impercettibilmente al suo fianco. Jimin si stava voltando verso Yoongi per vedere la sua reazione, iniziando nuovamente a dire “Io mi-” quando Tanaka li interruppe bruscamente.

 

“Ho voglia di giocare.” Annunciò l'uomo, il quale, dopo aver fatto il giro del banchetto, si era seduto di fianco a Yoongi.

 

Per una frazione di secondo, un moto di stizza attraversò il volto perfetto del giovane, che però si girò sorridendo. Prese un vasetto nero e lo mise al centro del tavolo, a metà strada tra sé e Tanaka, versando poi del sakè in due tazzine, che appoggiò lì vicino.

 

I tre ragazzi rivolsero loro un sguardo curioso, perplessi ancora una volta da quella situazione. Senza dire nulla, i due iniziarono a toccare a turno il vasetto con la mano aperta. In un gesto quasi automatico, le mani si seguivano in una successione di colpi sopra il recipiente, accompagnati dalla voce del ragazzo che, a labbra serrate, stava intonando una canzone. Dopo qualche minuto, Jimin accelerò il ritmo, di modo che la mano di Tanaka seguisse più velocemente la sua. Poi, senza nessun preavviso, Jimin tolse il vasetto dal tavolo mentre le dita di Tanaka si fermavano interdette, per battere infine un pugno debole sul tavolo.

Jimin sorrise mentre l'uomo scuoteva il capo, vuotando divertito l'intera tazza di sakè, che Jimin provvide a riempire di nuovo.

 

“Va bene. Ora facciamo sul serio.” Disse l'uomo deciso.

 

Ripresero quello strano gioco, che era riuscito ad incatenare lo sguardo dei tre ragazzi seduti vicini. Yoongi era ipnotizzato dalla mano di Jimin: la seguiva ogni volta che si abbassava, per poi rialzarsi con essa, finchè non fissò i propri occhi in quelli dell'altro. Lo sguardo Tanaka, ora più concentrato, analizzava i movimenti del giovane, in modo da non essere colto nuovamente di sorpresa, ma Jimin non aveva bisogno di guardarlo a sua volta. Riusciva a prevedere facilmente le sue mosse e, contemporaneamente, a metterlo in difficoltà, cambiando il ritmo del gioco a seconda della melodia che canticchiava tra le labbra socchiuse.

Gli occhi di Jimin erano invece rivolti verso Yoongi, che lo fissava a sua volta ammaliato. Le luce delle lanterne rosse baciava la sua pelle, creando mille sfumature lungo il kimono. C'era qualcosa di erotico nel modo in cui quegli occhi dolci lo fissavano, mentre il resto del corpo era concentrato da un'altra parte, tanto che Yoongi sentì il rossore invadergli le guance, facilmente visibile sulla pelle bianca. Era come se stesse partecipando a sua volta a quel gioco, consapevole che, se solo avesse allungato la mano di qualche centimetro, avrebbe potutosfiorare quella del ragazzo dai capelli lilla. Yoongi si passò la lingua sulle labbra in un riflesso involontario e, a quella vista, l'altro aumentò il ritmo di musica e mani sempre di più, consapevole della tensione che si stava creando, divertito dall'espressione di Yoongi, il quale era certo che l'uomo di fianco a lui potesse percepire i battiti accelerati del suo cuore. Fissandolo direttamente e spudoratamente negli occhi, Jimin curvò appena le bocca in un sorriso e si morse il labbro inferiore con i canini. Yoongi per poco non annaspò, tentando di riprendere il controllo sui respiri irregolari e sulla mente, sconvolta da una raffica di pensieri, quando una risata di esaltazione interruppe quell'attimo di intimità che si era creato.

 

“Ah! Ho vinto!” Tanaka batté le mani soddisfatto “È il tuo turno di bere.”

 

Jimin staccò bruscamente gli occhi da Yoongi, sgranandoli quando si accorse di aver sbagliato a posizionare le mani sul vasetto. Incredulo, guardò l'uomo, che non si era accorto di quello che stava succedendo davanti a lui, e prese il proprio sakè, bevendolo in un sorso con un'espressione disgustata in volto.

 

“Bene. Posso ritenermi soddisfatto per questa sera. Non credo di averti mai visto perdere prima d'ora.” Affermò Tanaka divertito, allontanandosi per ritornare a parlare con gli altri.

 

Yoongi non potè impedirsi di abbassare il capo mentre un ghigno nasceva sul suo volto. Sentiva il peso dello sguardo di Jungkook e Taehyung su di sé, immaginandosi le occhiate palesi che gli stavano rivolgendo.

 

Il ragazzo dai capelli violetti si voltò verso di loro, senza guardare nessuno in particolare e disse “Comunque, mi chiamo Jimin.” Sorrise sinceramente ai tre, prima di alzarsi per raggiungere Tanaka e gli altri ospiti.




*Non so bene perchè, sarà la fissazione che ho per Naruto lately, ma mentre pensavo questa scena e la scrivevo ascoltavo questa canzone: https://www.youtube.com/watch?v=mpBtgcehS7w



Note:
Ciao readers.
Dunque. Eccoci a fine primo capitolo.
Devo dire che sto scrivendo questa fanfiction da troppo tempo e la revisiono da ancora prima, perchè ho il terrore di everything. Ho letto ff stupende su Yoongi e Jimin e avevo davvero paura di non essere all'altezza però I just needed to write something like this.
Quindi, davvero, ditemi cosa ne pensate, perchè sono curiosissima e spero vi piaccia.

*Perdonatemi il rating -provvisoriamente- illusorio, perchè arriverà il tempo dello smut I swear.

  
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