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Autore: meiousetsuna    07/08/2017    9 recensioni
Il Piccolo Principe!AU
Una piccola storia estiva e leggera, ispirata al dolce libro di Antoine de Saint-Exupéry
La storia dell'amicizia tra un bambino speciale e una volpe con un cuore che desidera appartenere a qualcuno.
Un bacio,
vostra Setsuna
[bookverse, what if?, friendship]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Piccolo Principe!AU
Personaggi: Principe-John; Volpe-Sherlock
avvertimenti: bookverse, what if?, friendship
genere: fluff
Note: abbondanti, in fondo alla pagina

Non si vede bene che con il cuore

L'aria di fine agosto recava molti profumi invitanti, altri spaventosi, pensò l'animaletto dal bellissimo mantello bruno screziato verso il ventre di un marrone più rossiccio.
La campagna era in pieno rigoglio, ma l'aria stava cambiando.
Non era più secca, lievi strati di umidità appesantivano il respiro. Tra pochi giorni i contadini avrebbero mietuto quelle spighe dorate, portando via il suo nascondiglio preferito per osservarli, e facendo fuggire tante piccole prede che costituivano il suo nutrimento.
La Volpe assottigliò maggiormente i suoi occhi da predatore, orientando le orecchie aguzze per captare anche qualche parola dei loro discorsi.
Perché era una creatura ben strana, che non si adattava affatto col gruppo degli animali del bosco, troppo semplici e poco evoluti, per lei.
Alcuni di loro cadevano in orribili trappole, ma dipendeva in parte da quella che considerava stupidità. Era curiosissima di capire come fosse successo, e spiegare agli altri come funzionavano e come riconoscerle, ma non era molto impietosita dalle vittime.
Altri ― a suo dire ― subivano una sorte peggiore: si avvicinavano all'Uomo e questi li schiavizzava, chiamandoli 'domestici' o 'utili'.
Suo cugino, il Lupo, era stato l'esempio più lampante. Ridotto alla catena, e a portare in bocca ciabatte agitando la coda. Lei sarebbe morta prima di farlo.
La Volpe si girò di profilo, regalando una lunga occhiata alla sua, di coda; era incredibilmente soffice e folta. Era consapevole di essere splendida, ma questo era un male, un pericolo. Gli umani sono particolarmente bramosi di uccidere ciò di cui si invaghiscono.
C'era solo un esemplare che la intrigava, un piccolo; quando erano di quella stazza non impugnavano mai i fucili.
La bestiola era soddisfattissima del suo vocabolario umano, anche se ogni tanto si accorgeva di possedere nozioni complesse ed essere ignorante di altre cose più facili.
Eccolo lì, pensò la creatura, inquadrando il bambino che studiava da tempo.
La prima volta che l'aveva notato si era preoccupata, perché aveva in mano un bastone di legno e pensava potesse essere cattivo: poi capì che gli serviva per una zampetta ― no, si chiama gamba ― un poco più corta dell'altra.
Non era rimarchevole, non sarebbe diventato alto né robusto, con quell'arto offeso; però aveva qualcosa che le aggradava, forse quegli occhioni blu cupo come il cielo prima di notte, quando le temperature estive si facevano tollerabili. Davano un'idea di quiete.
Il cucciolo passava le giornate con dei rettangoli in mano, di cui guardava delle figure colorate e degli strani segni neri, che sembravano fatti da un ragno che avesse imbevuto le zampine nel succo di more.
Pareva divertirsi molto, seduto su un... dondolo, sì, era il suo nome, sotto il portico della sua tana.
Gli uomini le chiamavano case, ma quella invece era ‘la villa’. Dopo un po’ la volpe dedusse che significava casa più grande, perché era davvero così.
Però le sembrava che gli altri piccoli umani ― noiosi, prevedibili, chiassosi, sciocchi oltre il tollerabile ― fossero molto più felici di lui, mentre correvano senza apparente motivo, o facevano rotolare un oggetto rotondo come se ne andasse della loro sopravvivenza.
Una volta avevano gridato tra loro, e un esemplare più grandicello aveva schizzato della terra sul viso del suo oggetto d'interesse.
Il bambino era rimasto fermo, ma quando gli altri erano scappati facendo uno sgradevole rumore con la voce, era successo un fatto stranissimo.
Dell'acqua gli era scesa dagli occhi, e questo era davvero inspiegabile. Serviva a lavare la terra? Era troppo poca... per due giorni il cucciolo si era rintanato, ma poi era spuntato fuori di nuovo, con altri rettangoli.
La curiosità era il suo maggior vizio, non poteva davvero resistere; così la bestiola si avvicinò prudentemente in perfetto silenzio, finché non si trovò al limitare del campo coltivato, pronta a sparire in un baleno in caso di necessità.
“Buongiorno”. Il bambino si girò di scatto e rimase a bocca aperta per un buon minuto.
“Sei una volpe. E stai parlando con me”.
“Sei un umano, credevo aveste un'intelligenza molto sviluppata; hai detto due ovvietà in una frase sola”.
“Oh... scusami! Credevo che non fosse possibile, ho molti libri sugli animali, e nessuno spiega una cosa simile!”
“I libri sono quelle cose che tieni in mano?” Chiese la Volpe, avida di scoprire delle novità.
“Sì, ci sono disegni che illustrano quello di cui si parla, e poi c'è la scrittura da leggere. Credo che sia un po’ difficile per te...”
“Questo perché non sai valutare quello che vedi, cucciolo. Io sono molto speciale, solo alcune di noi possono parlare”.
Il bambino la guardò incantato, posando a terra il volume per il quale non nutriva più alcun interesse.
“L'ho capito che sei incredibile. Non solo parli benissimo, ma sei la cosa più bella che abbia mai visto. Nessun'altra volpe ha gli occhi azzurri, sono sicuro. Forse – la voce del bambino si fece dolcissima – hai fissato tanto il cielo all’alba che hai assorbito il suo colore”.
La creatura mostrò quella che sembrava un’espressione sbalordita.
“Davvero lo pensi?”
“Certo! Sei così intelligente e meravigliosa! Ti sembra strano?”
“Di solito mi dicono ‘va via, bestiaccia’ o ‘ti userei per farmi una stola’”.
“Oh! Io non lo direi mai. Mi chiamo John Hamish Watson junior, che vuol dire che ho il nome di mio padre. E tu come ti chiami?”
“Sono la Volpe. Un nome deve essere ricevuto, non si può scegliere da soli”.
“Questo posso farlo! Ho tantissimi libri di avventure… questo parla di un investigatore che scopre tutti i misteri, e si chiama Sherlock. Ti piacerebbe, come nome?”
La Volpe face qualche passetto avanti, fino ad arrivare vicinissima al cucciolo di Watson ― le sembrava la definizione più corretta, visto che ci teneva a spiegare qual era la sua specie ― fino a fiutare l’aria in cerca di una traccia olfattiva. Non era aggressivo, non voleva mangiarla, non odorava di paura. Bene.
* “Darmi un nome, visto che sono selvaggia, vuol dire cominciare ad addomesticarmi. Questo crea un legame, perché tu mi chiamerai e io, che non appartengo a nessuno, avrò bisogno che tu lo faccia, altrimenti mi avrai dimenticata”.
“Non lo farò. Sei così saggia e bella! Io non ho amici, sai. Gli altri bambini mi odiano, perché la mia famiglia è molto ricca, e per le vacanza veniamo in questa enorme villa di campagna. Vedi quelle cifre, lì? C’è scritto 221-221A-221B. Occupa lo spazio di tre case, lungo questa strada. Mia madre mi compra questi vestiti che vanno bene a Londra, ma non qui. Non dovrei portare pantaloni di velluto, ma jeans e una camicia a quadri, capisci?”
La Volpe Sherlock annuì, con un’espressione un po’ arrogante.
“Certo. Londra è un grande villaggio, e vuoi gli abiti che portano i figli dei fattori”.
“Straordinario! Sì. Mi chiamano il piccolo principe, quando sono buoni, oppure… ― John dondolò appena la gamba lesa ― lo zoppo”.
“Vuol dire che non corri bene? Usi quel ramo per reggerti, vero?”
“Sì, ma non sarà così tutta la vita. Quando sarò cresciuto mio padre mi opererà. È un dottore famoso, ha già programmato tutto; ma mia madre non vuole, perché sarà un po’ pericoloso”.
“I Watson feriscono i loro cuccioli?”
John sorrise divertito, come non faceva da tempo.
“No, è una cosa complicata. La gamba verrà allungata  con delle parti non naturali, non so come spiegartelo… potrebbe non riuscire bene e io soffrirei senza motivo”.
Sherlock la Volpe ― che già era a suo agio con quel peculiare nome ― restò pensosa per qualche istante, prima di rispondere.
“Non hai bisogno di correre per cacciare o fuggire degli animali più grandi di te. Puoi vivere bene anche se ti muovi lentamente. Il tuo passo lo riconoscerei sempre, e ti verrei incontro. Perché se mi addomestichi sarà un richiamo, per me. Ascolterò il rumore che sarà solo tuo, e vedrò i tuoi capelli del colore di questo campo di grano. Ma i tuoi non cambiano con le stagioni, così sarai per me l’estate”.
John era troppo sbalordito per rispondere, quindi fece l’unica cosa possibile.
Si sedette sul gradino più basso del portico, allungando timidamente una mano, facendo attenzione a non stare spaventando il suo prezioso amico.
Sherlock si avvicinò, vincendo la sua natura selvatica, anche se tremava leggermente; arrivato alla mano del bambino portò la testa sotto il suo palmo, strofinandola in una reciproca carezza.
“Grazie. Sei così morbida… ora che ti ho toccata ti sto addomesticando?”
“Devi essere più paziente, John Watson. Voi uomini volete tutto e subito, ma noi abbiamo un nostro ritmo. Per un po’ di tempo ci siederemo qui, e saremo in compagnia senza dire niente. Con questo cominceremo a essere amici, perché io non amo la vicinanza di nessuno. Poi potrai offrimi del cibo con le tue mani; lo annuserò con sospetto, e mostrerò di non volerne, ma alla fine ne mangerò un pezzo. E ogni volta sarò più contenta di vederti, perché saprò di incontrarti anche il giorno dopo, quindi sarò felice in anticipo. Ma tu non dovrai mancare, oppure ferirai il mio cuore”.
“Ma tra un mese partirò per Londra, Sherlock. E allora come faremo?” La voce di John era totalmente sconsolata.
“Un mese è il tempo di una luna?” Chiese la Volpe.
“Sì. È davvero poco tempo, per questo volevo addomesticarti subito. Però ogni estate tornerò, e tu mi aspetterai. Quando sarò grande potrò anche decidere di portarti a Londra, se vuoi. O potrò vivere qui. Mi piace molto la campagna, più della città. Ma tu…”
La Vope storse la bocca nell’imitazione di un sogghigno umano.
“Hai paura che muoia, vero? Se non mi uccideranno io vivrò a lungo, più delle altre volpi. Ti ho detto che sono speciale, vero? Anzi, unica!”
“Allora sarò io a piangere quando partirò. ** Ti chiederò di fare un miracolo per me, di non separarci, ma non sarà possibile. Mi siederò nella mia casa piena di giocattoli, e con la governante che mi fa compagnia, ma sarò lo stesso completamente solo, senza di te. Guarderò dalla finestra e vedrò soltanto case, strade, macchine e persone sconosciute. Allora abbasserò le palpebre e immaginerò di averti vicina, perché il cuore vede meglio degli occhi”.
“Per quello sarò importante, John Watson? Perché sarò distante e non potrai avermi?”
Se fosse stato possibile, si sarebbe detto che la voce della Volpe vibrasse di vera commozione.
“No, Sherlock! Sarà il tempo a contare. Quello che passeremo insieme, che sarà importante, e quello che ci terrà separati. L’hai detto tu, prima… ogni giorno sarò più felice, perché starò per rivederti”.
“In questo mese ti prenderai cura di me?”
Il bambino sorrise. “Certo. Sarò responsabile di te, così mi vorrai bene. Entrerai a casa con me, saremo attenti e non ci faremo scoprire, non lascerò che qualcuno ti faccia del male. Ti darò da mangiare, ma non mi offenderò se avrai cacciato e non lo vorrai, non desidero che tu dipenda da me. Mi piacerebbe che dormissimo insieme, ma se la notte sarà profumata di mistero e la luna brillerà come una perla nel cielo aprirò la porta per te, la mia amicizia non sarà una prigione”.
La Volpe non rispose, ma appena John socchiuse il portoncino lo seguì fino alla sua stanza, salendo sul letto con un balzo agile. Quando il bambino si sedette sul letto per leggere mettendosi comodo con i cuscini, Sherlock si appoggiò con la testa alla gamba malata, acciambellandosi elegantemente.
Una mano di John si posò in una delicata carezza, la prima dell’amicizia di una vita intera.


Note:
L’ambientazione della storia non è surreale come quella vera, che si svolge in un sistema planetario favolistico, anche se, chiaramente, la volpe è parlante…^^
Il titolo è forse la frase più famosa del testo
* Da qui inizia la parte davvero ripresa dal libro: è il discorso sull’addomesticare qualcuno, anche se chiaramente nessuna frase (e neppure passaggi) è proprio uguale; molti non ci sono nel testo, come l’offerta del cibo, etc  
** Dopo i due asterischi, termina la parte simile al libro
L'asteroide del Piccolo Principe era il B612

  
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