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Autore: psychoE    09/08/2017    0 recensioni
Cosa succederebbe se una neo-psichiatra e il grande detective si trovassero costretti a vivere sotto lo stesso tetto?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ho sempre amato Londra. Difficile comprendere come, essendo una città così caotica, io l'abbia sempre trovata estremamente rilassante.
Persino prendere la metro mi rende felice; vagoni pieni di persone che non mostrano il minimo interesse nei tuoi confronti. Anche questo è rilassante: è come se fossi sola.
Appena compiuti i 18 anni, ho iniziato a venire a trovare Zia Martha non appena ne trovassi il tempo tra un esame e l'altro. La mia prima tappa è la solita: il Big Ben.
La prima volta che visitai Londra, a 12 anni, uscendo dalla metropolitana di Westminster, mi ritrovai di fronte al grande orologio. Provai un'emozione fortissima.
Così, ogni volta che mi ritrovo davanti al grande Ben, non posso provare altro che felicità.
 
- Next stop: Baker Street -
 
Guardo sorridente il display arancione che segnala la mia fermata. Mi preparo a scendere con le due enormi valigie piene di vestiti per i prossimi mesi.
Con fatica le trascino fino all'uscita della stazione. Per fortuna l'appartamento di Zia Martha è a poco più di duecento mentri da qui.
Arrivo davanti al portone del 221B di Baker Street e tiro fuori la copia di chiavi.
Non faccio in tempo ad inserirle che la porta si apre, ritrovandomi di fronte ad un uomo della mia stessa altezza, con i capelli brizzolati e gli occhi scuri – con uno sguardo quasi buffo -. Mi guarda stranito, per poi porgermi insicuro la mano.
«Emh, salve. Posso aiutarla?» mi dice. E' chiaramente innervosito, ma non da me, deve aver avuto una discussione con qualcuno, qualcuno di importante: le rughe del suo viso sono particolarmente scavate e penso non abbia più di 35 anni, perciò deve averle accentuate irrigidendo i muscoli facciali; a giudicare da come ha aperto la porta – velocemente che quasi mi spazzava via – era intento ad uscire il prima possibile dall'appartamento e quindi ad allontanarsi da ciò che ha causato il suo stato diversamente calmo. Nei suoi occhi non noto alcun senso di colpa: probabilmente non è stato un litigio con sua moglie. Potrebbe essere un amico-
I miei pensieri sono interrotti dall'uomo che emette un suono gutturale, penso stia cercando di schiarirsi la voce, perché...oh! Ho dimenticato di rispondergli.
«Salve. Sono Emma, Emma Hastings, la nipote di-»
«Mia cara Emma!»
Ecco che arriva a braccia aperte mia zia Martha, che scansa brutalmente l'ometto – ancora più perplesso – per avvolgermi in un abbraccio soffocante.
«Finalmente sei arrivata! Non vedevo l'ora di rivederti. Su, entra!» poi si volta verso l'ometto «John, chiama Sherlock per aiutarci a portare dentro tutti questi bagagli, non fate i maleducati!»
L'ometto – o meglio, John – annuisce e corre per le strette scale per poi borbottare qualcosa avendo inserito solo la testa all'interno dell'appartamento al piano di sopra.
Iniziando a portare qualche valigia dentro il corridoio, sento la voce di quello che presumo sia lo Sherlock di cui mia zia mi ha parlato tanto al telefono.
«Non mi piacciono le persone nuove.»
«E' la nipote di Mrs. Hudson. Vieni!»
«Da quando Mrs. Hudson ha una nipote?»
«Sherlock, te l'ho detto mille volte che ho una nipote! Porta il tuo sedere subito qui!» mia zia, pur mantenendo il suo tono pacato, aggiunge quel tono canzonatorio in più che fa sbucare dalla porta del piano di sopra un uomo alto e ben vestito, con i riccioli tutti scompigliati e occhi color ghiaccio.
Scende svogliato le scale e mi accenna un falso sorriso.
«Ciao. Se ti spostassi riuscirei a raggiungere più facilmente le tue valigie.»
«Sherlock!» lo riprende zia Louise.
«...per favore.» aggiunge, inclinando il capo.
Ridacchio e mi sposto. Lui solleva con facilità una valigia e John prende l'altra.
«Dove le portiamo, Mrs. Hudson?» chiede John.
«Emma starà nell'appartamento di Sherlock per un paio di mesi. I lavori di ristrutturazione dell'appartamento di fianco al mio non sono ancora finiti.»
«Che cosa?!» esclamiamo insieme io e l'altone.
«Oh, non vi avevo avvisato? Beh, scusate...vado a preparare del té.»
La solita scusa di mia zia. Non mi aveva minimamente accennato di questa sistemazione e deduco che neanche Sherlock ne fosse al corrente.
Scocciato, molla la valigia a terra e rincorre zia Martha. Sbuffo, sebbene abbastanza divertita dalla sua reazione e sollevo la mia valigia.
«Emh, scusa, non è un gran gentiluomo. Lascia fare a me...»
Faccio cenno negativo con la testa «Non ti preoccupare, John. Fammi strada.» sorrido.
 
 
 
 
 
*  *  *
 
 
 

 
«E questo è il bagno. Sherlock non dorme molto, parla da solo, ogni tanto se si annoia tira fuori la sua pistola e spara qualche colpo al muro ma, non preoccuparti, non è pericoloso. Ha difficoltà ad aprirsi con le persone, forse per il suo metodo. Ti analizzerà dalla testa ai piedi, dai vestiti che porti a come cammini, dal tuo respiro al tuo modo di masticare.»
Mia zia mi aveva avvisata che quell'uomo era un po' pazzo, ma non pensavo fosse così interessante.
«E' un sociopatico.» dico sottovoce.
«Iperattivo.»
«Oh. Guarda chi è tornato.» afferma John, incrociando le braccia.
Sherlock si schiarisce la voce e mi guarda.
«Mi scuso per il mio comportamento. Ero nervoso per altri idioti motivi e non ho reagito bene. Non mi dispiace la tua presenza, emh, cioè...non mi dispiace la presenza di una donna. Dio, così suona ancora peggio...»
L'espressione di John è un misto tra stupore e divertimento; da quel che mi ha raccontato mia zia, non pensavo di certo che Sherlock Holmes non riuscisse a trovare le parole per parlarmi.
«Scuse accettate.»
«Bene, adesso che è tutto tranquillo vi lascio, devo andare a casa da mia moglie e da mia figlia.»
«Ma il nostro caso!» esclama Sherlock.
«Sherlock, Cristo santo, ho una famiglia e sono le otto di sera. Ne parleremo domani.»
John si becca un occhiataccia e mi saluta, per poi uscire dall'appartamento. Estraggo le mie Marlboro dalla tasca dei pantaloni, mentre Sherlock mi osserva.
«C'è un balcone dove poter fumare una sigaretta?»
«Puoi fumare anche qui.»
«Stai cercando di smettere, non mi sembra carino.»
«Come...»
«L'attimo dopo aver visto il mio pacchetto di sigarette, la tua mano destra ha tremato, per poi tornare rigida, troppo rigida, perciò l'hai controllata tu. L'attimo dopo hai deglutito, ti ho posto la domanda solo per capire perché tu voglia smettere di fumare; mi avresti imbrogliato, ciò vuol dire che non fumi o per un sentimento di colpa, o per paura – improbabile – o per dimostrare a qualcuno che puoi farcela. Pensando che io non sapessi che tu volessi smettere di fumare mi hai detto di farlo qua, magari con l'intento di prendere una sigaretta dal mio pacchetto che ho lasciato distrattamente sul tavolo-»
«-e dato che tu non lo sapevi ci sarebbero state poche probabilità che qualcuno sarebbe venuto a sapere che avevo fumato una sigaretta. Sei una psichiatra.»
«Perché dovrei essere proprio una psichiatra?»
«Fai parte della famiglia di Mrs. Hudson e sono abbastanza sicuro che nessuno di voi sia...qualcosa tipo...me. Mrs. Hudson non sembrava a suo agio le prime volte che abbiamo iniziato a frequentarci. Perciò le tue sono conoscenze acquisite. Mi hai dato con certezza del sociopatico e non dello psicopatico, cosa che nessuna persona normale fa. Conclusione? Sei una psichiatra.»
Sorrido e gli porgo una sigaretta; lui l'accetta.
Mi appoggio al muro, aspirando del fumo. Sherlock fa lo stesso, al mio fianco.
«Anche io sto cercando di smettere.» lo dico come se fosse un segreto che cerco di mantenere nascosto da me stessa.
«Lo so.» afferma lui, sorridendo.






The Psycho's corner:
Spero vi piaccia questo prologo, ho già pronti altri capitoli da pubblicare nei prossimi giorni.
Fatemi sapere con una recensione cosa ne pensate! xx
  
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