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Autore: sakura182blast    10/08/2017    5 recensioni
Stava per storcere il naso quando la sua attenzione fu attirata da altro: davanti alla porta del castello, raccolti accanto alle scale come se non osassero mettere il naso più in là di così, due ragazzini lanciavano occhiate curiose attraverso la penombra della stanza.
La ragazza riconobbe immediatamente i figli di Megan: Neil e Mari.
Scoccò un'occhiata curiosa in direzione del mago che, roteando gli occhi verdi con fare seccato, le fece cenno di instaurare una conversazione al riguardo un paio di stanze più in là. Prima, però, si premurò di far accomodare i due bambini sul divano davanti al focolare dove Calcifer sonnecchiava ignaro di tutto.
*Bookverse*
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Howl/Sophie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti voi, oh avventori di questo fandom meraviglioso.
In punta di piedi giungo anch'io a dar fastidio... Anche se, forse, sarebbe stato meglio di no XD
Ho voluto cimentarmi con qualcosa di estremamente semplice e, probabilmente, obsoleto, ma questo giro è andata così e così la prendiamo ;)
Premesse:
- Trattasi di una fanfiction bookverse, dunque certi particolari divergeranno dal film
- Facciamo finta (per favore, venitemi incontro almeno su questo punto T.T) che le due famiglie di Howl (quella gallese e quella di Ingary) riescano a capirsi dal punto di vista linguistico.
- Sophie aveva il cantuccio sotto le scale anche nel libro? Non lo ricordo, ma sono pigra per andare a cercare chiarimenti nel libro. Ahimè!



In cui Howl appalta un compito ed un bambino trova il proprio nome


Capitavano momenti di pace in quel castello errante, di tanto in tanto, e Sophie li assaporava lentamente, come faceva con quelle caramelle allo zucchero e sciroppo di amarene che suo padre faceva scivolare di nascosto nelle sue mani paffute di bambina qualcosa che le pareva essere una vita fa.
Le succhiava piano, assoggettandole ai suoi piccoli denti, e le faceva girare da una parte all'altra della bocca mentre il liquido scuro e denso colava da qualche breccia che si era aperta nel guscio duro e dolce. Allora non resisteva più: schiacciava con forza e masticava quanto più velocemente, prima che il nettare custodito in quello scrigno scivolasse lungo la sua gola lento ed inesorabile.
Quei momenti di tranquillità erano, per Sophie, occasioni buone per darsi al suo inconsueto passatempo: le pulizie.
In quelle occasioni non c'era Michael a cospargere il tavolo di polveri di dubbia entità e pergamene ingiallite dal tempo, così come lo stesso Howl non rispondeva all'appello in quanto impegnato in altre occupazioni al di là di quella bizzarra porta dalla destinazione mutevole. L'unico muto spettatore della sua messa in atto era il demone Calcifer che, errante viaggiatore di focolai, cambiava giaciglio e nulla più, limitandosi a quantificare l'energia e l'impegno che la strega dai capelli fulvi poneva in essere in cotali quisquilie come le faccende domestiche.
Purtroppo per Sophie, però, quelle occasioni recentemente erano alla stregua di bestie rare e leggendarie: le pareva di scorgere qua e là qualche momento di autonomia, ma durava talmente poco che non aveva nemmeno il tempo di stringere il bastone nodoso della scopa di saggina tra le mani: o si trattava di Michael, che, stropicciandosi la zazzera scura con una maschera sgomenta, le strappava l'agognato utensile dai suoi arti inermi; o si trattava di Howl, che, scuotendo la testa con quei capelli scuri che sferzavano l'aria, con uno schiocco di dita faceva sparire il suo strofinaccio (chissà dove lo nascondeva mai, poi?) e la adagiava con delicatezza sulla prima superficie utile per accoglierla seduta.
Seduta e senza nulla da fare, per giunta.
Come poteva Sophie starsene con le mani in mano come una madamigella qualsiasi?
Qualche volta le capitava di alzare una flebile supplica nei confronti del marito, fosse questa di lasciarle almeno spazzare il pavimento o pulire il bagno, ma Howl le sventolava puntualmente un dito sotto al naso in segno di diniego col solito sorriso sornione che pavoneggiava da un orecchio all'altro.
<< Sophie, Sophie. Pensa al bambino. >> rispondeva sempre lui con quel pizzico di rimprovero che la faceva diventare rossa di rabbia.
<< Il bambino sta bene. E starebbe altrettanto bene se mi lasciassi pulire questo tugurio! >> Lo rimbeccava lei offesa, ma nessuna argomentazione poteva sferrare un colpo che avrebbe fatto cadere la breccia del mago.
Fischiettando le adagiava in grembo una coperta leggera, un libro, due ferri e tanta, tantissima lana.
<< Sferruzza un corredino, bimba. >> le sussurrava e, depostole un bacio fra quei ciuffi ribelli all'altezza della fronte, la lasciava di fronte a quel focolare da dove Calcifer avrebbe sicuramente fatto la guardia.
Il demone, ben nascosto fra i ceppi, sapeva bene di doverla guardare a debita distanza per la sua incolumitá. E così faceva.
In quelle occasioni, mentre Sophie lavorava a maglia come una furia indemoniata, pregava in silenzio che non stesse lavorando ad una sciarpa o un berretto per qualcuno di loro: chissà, con quell'umore più nero di un temporale estivo, quale maledizione avrebbe imposto a quell'oggetto?

Fu in un soleggiato pomeriggio di marzo che Sophie vide uno spiraglio di luce, una sorta di via libera per la ripresa delle sue attivitá.
Michael, più profumato e ben vestito del solito, era corso a far visita a Martha (non senza averle lanciato un paio di occhiate apprensive), mentre Howl si era recato in quell'altro mondo di cui Sophie sapeva poco e nulla, il Galles.
Solitamente, quando il mago si tratteneva nella sua terra natia, passavano diverse ore prima che ripercorresse i propri passi verso casa; soprattutto, nella maggior parte dei casi, si trattava di passi barcollanti ed incerti degni del peggior avventore della peggior osteria considerato il fatto che rientrava alticcio da quelli che lui definiva goliardici inconti sportivi.
Ma quella volta Sophie ebbe appena il tempo di rimuovere le chincaglierie dalle mensole senza neanche poter passare l'ombra di uno straccio: Howl sbatté l'uscio senza preavviso, le scoccò un'occhiata torva e con il fluido movimento di una mano ripose gli oggetti là dove trovavano la loro collocazione abituale. Si diresse poi ad ampie falcate al cospetto della ragazza, le strappò da sotto il naso l'agognata scopa e la ripose nel ripostiglio dove riposavano un altro paio di ramazze ed altre cianfrusaglie di vario genere. Non del tutto contento, poi, chiuse la porticina con un colpo secco e puntò un dito al suo indirizzo farfugliando qualcosa a denti stretti; nel lampo di un battito di ciglia la serratura scattò ed a Sophie fu subito chiaro che il riaprire nuovamente un uscio incantato le avrebbe dato del filo da torcere.
Stava per storcere il naso quando la sua attenzione fu attirata da altro: davanti alla porta del castello, raccolti accanto alle scale come se non osassero mettere il naso più in là di così, due ragazzini lanciavano occhiate curiose attraverso la penombra della stanza.
La ragazza riconobbe immediatamente i figli di Megan: Neil e Mari.
Scoccò un'occhiata curiosa in direzione del mago che, roteando gli occhi verdi con fare seccato, le fece cenno di instaurare una conversazione al riguardo un paio di stanze più in là. Prima, però, si premurò di far accomodare i due bambini sul divano davanti al focolare dove Calcifer sonnecchiava ignaro di tutto.

<< Perchè i figli di Megan sono qui? Nel castello? >>
Howl abbracciò le piccole spalle della ragazza abbandonando un lamento all'altezza del suo collo.
<< Sophieee... >> borbottò con fare lagnoso, ma la ragazza non aveva assolutamente tempo per le sue messinscene da prima donna.
<< Howl! Qui? Nel castello? >> squittì appena gesticolando in modo apprensivo << Tua sorella deve essere impazzita. Ha idea di quali pericoli possano nascondersi in ogni angolo qui nel regno di Ingary? >>
Il mago la allontanò da sé; i suoi abitudinari sorrisi sghembi avevano lasciato posto ad una maschera pallida di puro terrore.
<< NO! >> tuonò << E non deve saperlo. Megan e Neil le verranno restituiti integri così come ci sono stati consegnati! >>
<< Ci? Parli al plurale adesso? >>
<< Sophieee... Non farmi questo. Devi aiutarmi. Si tratta solo di stanotte, poi li rispediremo al mittente. >>
La ragazza abbassò il capo massaggiandosi stancamente gli occhi. Come in una bilancia immaginaria, pose i due capi principali della questione su due differenti piatti: mettere in difficoltà Howl, dopo tutti i rospi che aveva ingoiato a causa della sua ingiustificabile apprensione nei confronti della sua gravidanza, era un'ipotesi particolarmente allettante; d'altro canto, non aveva la benchè minima intenzione di inasprire ulteriormente il già incrinato rapporto che intercorreva fra lei e la cognata: se avesse lasciato i bambini nelle mani di suo marito, chissà in quanti e quali guai sarebbero incappati?
<< Va bene... >> accondiscese dunque.
Il mago per poco non si prostrò ai suoi piedi: le afferrò il viso in un sano slancio di euforia e depose un numero inquantificabile di baci là dove essi cadevano: sulle gote rosse, sulla fronte stretta, sulle morbide labbra color pesca. << Mi farò perdonare, Signora Ficcanaso. >>
Con un teatrale inchino, voltò i tacchi e sparì oltre la soglia.
O, almeno, questo era quello che pensava Sophie, perchè appurò presto che aveva non solo girato l'angolo: si era premurato di sparire completamente anche dal castello lasciandola sola in balia dei due piccoli Parry.
<< Quel maledetto stregone da due soldi... >> mormorò, lanciandosi lungo la scoscesa via degli improperi a piè pari. << Questa me la paghi! >>

Con un pizzico di fortuna, i figli di Megan erano più malleabili ed accondiscendenti della madre. Solo Neil, vagamente, gliela ricordava con il suo carattere appena più spigoloso rispetto a quello della piccola Mari; ma, al di là di una lamentela di cui Sophie aveva capito poco e nulla – riguardo al fatto che non possedessero né videogiochi, né un televisore (cose a cui la ragazza non riusciva ad associare nulla di conosciuto, tra l'altro) -, il pomeriggio era trascorso relativamente tranquillo: il ragazzino si era fatto trascinare dai piccoli trucchi, alla stregua di un gioco di prestigio, che un confuso Michael, di ritorno da Market Chipping, gli aveva volentieri mostrato, mentre la bambina si era intrattenuta piacevolmente con pastelli e carta colorata.
Sophie aveva poi posto sul tavolo un pasto luculliano preparato con l'aiuto di un silenzioso Calcifer che, da bravo demone, se n'era rimasto zitto ed in incognito per tutto il pomeriggio, come se le sue lingue di fuoco fossero unicamente frutto della combustione dei ceppi che riposavano nel focolare.
Quando, infine, giunse per tutti l'ora di un meritato riposo, la giovane strega decise che avrebbe spedito Neil nella camera dell'apprendista, mentre Mari avrebbe trovato posto con lei nel suo ex cantuccio sotto le scale; di Howl, ovviamente, non aveva avuto più notizie dopo quel pomeriggio, ma sapeva per certo che non avrebbe lasciato i bambini da soli nella sua stanza: chissà quali eventi sciagurati avrebbero potuto porsi in essere se solo avessero toccato qualcosa che non avrebbero dovuto.
Rabbrividii all'idea mentre la bambina, infagottata in un pigiama forse troppo grande, le scivolò accanto nel morbido abbraccio delle lenzuola. Fra le braccia teneva qualcosa, ma sembrava restia a lasciarle vedere di cosa si trattasse.
<< Mari, è un libro quello? >> azzardò la rossa riconoscendone la forma sotto le ampie maniche della maglia.
La bambina fece un leggero segno di assenso mentre, con sguardo basso, glielo porgeva insicura. << Mamma mi legge sempre qualcosa. Mi aiuta ad addormentarmi. >>
Sophie fu subito attratta dalla copertina rigida di quel volume: rappresentava un'enorme tavolata rotonda con tredici ospiti in piedi l'uno accanto all'altro. Ognuno di loro poggiava la propria spada sul tavolo, dritta verso il centro, di modo che le punte acuminate delle vicendevoli armi quasi parevano toccarsi, ma non in modo minaccioso.
Le sue dita, inconsciamente, andarono a carezzare le lettere in rilievo che componevano il titolo del libro: Re Artù – Fra mito e leggenda.
Un re? Quindi anche nel mondo da dove proveniva Howl esistevano i re? E principesse come la piccola Valeria?
Sorrise di quel parallelismo che si era improvvisamente venuto a creare fra il suo, di mondo, e quello che aveva dato i natali a suo marito, e si stupì di ciò.
Dopo la buffa gita in quella rumorosa carrozza spericolata senza cavalli, quel modo di vestire sopra le righe e la visione di quelle strane case che avevano ingrigito il suo umore, non pensava che potesse esistere qualcosa che accomunava due mondi tanto diversi quanto parevano i loro.
<< Sophie? >>
La piccola Mari, carente di attenzioni, aveva preso a strattonarle senza foga la manica della vestaglia nel tentativo di riguadagnare il suo campo visivo.
<< Sophie, ti va di leggerlo? >>
Abbozzando un sorriso sincero, la ragazza aprì quella copertina che l'aveva così piacevolmente stregata ed iniziò a favellare di dodici cavalieri, maghi, re e fattucchiere seguendo a piè pari quello scritto mentre si stupiva piacevolmente per ogni nuova similitudine in cui incappava durante la lettura.
Mari alternava i momenti di veglia a quelli in cui le palpebre, fattesi pesanti oltre ogni dire, calavano sulle umide iridi chiare minacciando di trascinarla in quel leggero oblio che precede il sonno, ma Sophie, presa dalle immagini vivide che quei racconti davano vita davanti ai suoi occhi, se ne accorse a malapena.
Solo quando la testa della bambina ciondolò proprio sopra il suo petto si accorse che, probabilmente, era giunto il momento di interrompere la piacevole lettura. La piccola sbadigliò sonoramente, ma aveva ancora qualcosa da condividere con lei prima che la notte stendesse su di loro il dolce velo del sonno.
<< Zia Sophie? >> azzardò la piccina, ormai sulla soglia dell'obnubilamento.
La ragazza arricciò le labbra sotto il peso di quell'appellativo a far da companatico al suono del suo nome; non che disdegnasse la flemma dolce con cui Mari lo pronunciava, ma le pareva di fare suo un ruolo che non le spettava dati i gelidi rapporti con Megan.
<< Dimmi, tesoro >> riuscì solo a dirle mentre, con un fluido movimento del polso, chiudeva distrattamente la copertina del libro.
La bambina sbadigliò, ma riteneva importante comunicarle quel suo pensiero prima di scivolare fra le braccia di Morfeo. << Hai già scelto un nome per il tuo bambino? >>
Sophie, in un gesto automatico, lambì appena il ventre prominente con una mano pallida, là dove un cuore sfarfallante ed un corpicino ancora abbozzato stavano andando a definirsi dentro lei giorno dopo giorno.
<< Non ancora, no... >> buttò lì come risposta corrugando la fronte << Il fatto è che non riusciamo a metterci d'accordo. >>
Un ciuffo fulvo e ribelle, indomabile, corse a calare un sipario sui suoi occhi chiari che vagavano lontano, in ricordi che assillavano il loro quotidiano famigliare. Il nome da dare al bambino che di lì a poco sarebbe arrivato ad arricchire le loro vite era oggetto di discussioni e battibecchi fra lei ed Howl. Il mago verteva su nomi, a suo dire, improponibili, mentre Sophie optava per qualcosa di più classico e, a detta del marito, scontato ed obsoleto.
<< Credo che lo chiameremo Senzanome! >> dichiarò dunque serafica abbozzando una risata leggera, ma il respiro regolare della piccola Mari la avvertiva che qualche sogno stava già cullando il riposo della bambina.
La strega depose una leggera carezza sulla sua morbida fronte e lasciò a Mari l'intero lettino, alzandosi per dare conforto a quella sua povera schiena che gridava e lamentava dolori da qualsiasi anfratto nell'ultimo periodo. Massaggiandosi distrattamente i reni, sede che richiamava più attenzione ed urgenza di qualsiasi altro punto, afferrò nuovamente il libro e si sedette davanti al focolare dove Calcifer sonnecchiava tossicchiando lapilli incandescenti di tanto in tanto.
Aveva appena ripreso la lettura del tomo là dove l'aveva interrotta quando suo marito, in punta di piedi ed in perfetto silenzio come il più meschino dei ladri, guadagnava la penombra di quel soggiorno con ampie falcate.
Muto, come il più reo fra i colpevoli, si lasciò scivolare accanto alla moglie con un unico, languido movimento.
<< Qualsiasi cosa tu stia per recriminare, hai ragione. >> iniziò lui con tono fin troppo mellifluo e ruffiano, ma gli parve che Sophie non si fosse neanche accorta della sua presenza.
<< Ti domando scusa, Sophie, ma quei due ragazzini mi fanno impazzire. >> continuò meno convinto; sporse di poco il busto magro verso di lei ed inarcò un sopracciglio non capendo dove sua moglie, con quell'insistente tentativo di ignorarlo, volesse andare a parare.
La goccia che gli pendeva da un orecchio sfarfallò mille riflessi sulle pagine porose del libro e solo allora Sophie si degnò di riconoscere la sua presenza.
<< Ti devi far perdonare molto questa volta Howell Jenkins. >>
Gli puntò un dito sul petto in un moto accusatorio, nei suoi occhi verdi fiammeggiava l'ardore di una rabbia mal sopita, ma le sue labbra si incurvarono in un sorriso poco prima di cozzare teneramente contro quelle di Howl in un bacio lento e profondo, tanto inatteso che lo stesso mago, confuso dai messaggi diametralmente opposti che il corpo della moglie gli stava lanciando, rispose con vaga circospezione, come se sopra la sua testa stesse pendendo la vendetta che Sophie di lì a poco gli avrebbe fatto caracollare addosso.
La ragazza, dal canto suo, si allontanò di poco e pose in grembo al marito quel libro che aveva rapito tutta la sua attenzione sino a poco prima.
<< Ho trovato il nome! >> asserì infine con occhi sognanti.
Il mago si rigirò il tomo voluminoso fra le mani ancor più confuso. << Il nome? >>
<< Il nome, sì. Per il bambino! >>
<< Ah, quel nome. >>
Il mago la osservò, in attesa: era così emozionata che pareva aver ricevuto quella risposta tramite una divinazione.
<< Morgan >> asserì la giovane, assaporando lentamente la dolcezza che quel nome le lasciava in bocca.
Howl si accarezzò il mento con fare pensoso. << Perchè proprio Morgan? >>
Sophie raccolse il libro; le sue piccole mani tremavano sotto il peso dell'epifania che l'aveva scossa.
<< Morgana LeFay >> sussurrò ed Howl le sorrise come si può sorridere ad un bambino che ha appena scoperto quanto è morbido il pelo di un gatto. << Conosci la sua storia? >>
Il mago intrecciò le braccia magre, avvolte nelle abitudinarie maniche pompose, dietro la schiena della moglie; la tirò a sè e la guidò a sedere sulle sue ginocchia come avrebbe potuto fare con una bambina.
<< È un mito molto conosciuto nel mio paese >> sussurrò sfiorandole il collo con la punta del naso << La sua è una storia, per così dire, difficile. >> aggiunse poi, una nota di serietà ad accompagnare le sue parole.
Sophie pose le mani sulle guance rasate del marito e lo fissò dritto in quegli intensi occhi verdi, così caldi e profondi da quando il suo cuore aveva ripreso a battere là dove doveva era nato per stare.
<< Anche la nostra lo è stata. >> sussurrò con voce grave ad un passo dal suo viso; così come le capitava spesso quando ripensava al passato, una morsa strinse il suo stomaco e lei ingoiò un singhiozzo. Fu come una lappata gelida alla base del cuore.
Se ripensava alla Strega delle Lande, alla signora Pentstemmon o al demone camuffato sotto le sembianze della signorina Angorian, Sophie aveva bisogno di qualche secondo per scrollarsi dalle spalle quel pesante mantello grigio intessuto con ricordi amari ed avvenimenti spiacevoli. Era come una cappa cinerea e fumosa che le avvolgeva la mente, annichiliva la sua felicitá.
Howl era ancora intento ad osservare il suo viso, rincorrendo quegli smeraldi fuggenti che amaramente stavano galoppando verso altre immagini, memorie che fisicamente non potevano essere colte lì, davanti al focolare, stretta fra le sue braccia.
Le depose un leggero bacio sullo zigomo rosato e lei si riscosse, come svegliata da un brutto sogno.
<< Ora è tutto più semplice, Sophie. >> asserì lui contro la sua guancia << O, almeno, è alla portata di questo mago di corte. >>
Howl scrollò il capo e lei rise sommessamente nascondendo il volto arrossato fra quei capelli color ali di corvo.
<< Morgan, Morgan... Potrebbe andar bene, sai? >>
La strega sorrise. << Dici davvero? >>
<< È un bel nome. Ed è gallese. >>
<< Ma pensa >> esclamò in risposta lei, genuinamente sorpresa. << Non lo avrei mai immaginato! >>
Howl si strinse nelle spalle. << Non avresti potuto. >>
Sophie si levò ed abbandonò a malincuore quel nido sicuro che si era costruita fra le braccia del marito: il suo corpo reclamava un sano riposo ristoratore e doveva tornare a fare compagnia a Mari nel suo lettino sotto le scale dove, certamente, non l'avrebbe lasciata sola a terminare la nottata.
<< Ah, c'è anche un altro motivo >> bisbigliò mentre scostava il pesante drappeggio che garantiva al giaciglio un minimo di intimità.
Il mago, che stava a sua volta prendendo le scale per raggiungere la sua bizzarra camera da letto, la osservò perplesso. << Sarebbe a dire? >>
La fulva gli sorrise sorniona. << Il cognome di Morgana sarebbe Pendragon, sai? >>




*rotola nel suo angolino della vergogna*
Due cose vorrei aggiungere: mi dispiace e grazie per essere arrivati sino a qui. Non mi convince affatto, ma l'idea di lasciarla a marcire in una cartella sul desktop mi dispiaceva parecchio... Vorrei scrivere qualcosa di più fluff e romantico su questi due *^* li amo alla follia. La prossima volta, magari... Chi lo sa?
Ancora grazie mille per averle dato una letta.
Siete meravigliosi ed io vi adoro.
   
 
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