Videogiochi > The Elder Scroll Series
Ricorda la storia  |      
Autore: Mizurai    10/08/2017    2 recensioni
Due fra i personaggi più enigmatici ed affascinanti dell'universo di Elder Scrolls, così diversi ma al tempo stesso così simili. Una breve one shot dedicata alla mia personale interpretazione degli eventi descritti dalla lore del gioco.
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! dopo lungo tempo ho deciso di pubblicare questa breve storia scritta in un momento di follia. E' la mia prima fanfiction, quindi mi farebbe davvero piacere se qualche anima pia qui fuori mi desse il suo parere e perchè no? magari anche un consiglio o due ^^ spero sia almeno leggibile.


~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


Non si ode nessun suono, né si scorge luce alcuna dall’interno della mia prigione di pietra. Spesse e fredde pareti ricoperte di muschio mi circondano, soffocandomi.
Sepolto, obliato, non sono altro che un’ombra. L’ombra di colui che ero stato in vita: una guida, un savio fra gli uomini, un baluardo di luce  in un’epoca altrimenti ottenebrata.
Ora non sono che un corpo in disfacimento, consumato e divorato dalle larve. Posso sentirle brulicare dentro di me, rodere le mie carni fino alle ossa e crogiolarsi all’immondo calore dei miei umori.
L’aria è densa ed irrespirabile, pregna delle fetide esalazioni e dei vapori della putrefazione. Mi sento soffocare, annegare in questa prigione di oscurità e di silenzio.
E’ un suono improvviso a sottrarmi alla vuota agonia della mia esistenza e a ricondurmi alla realtà.
La pesante lastra di pietra posta a sigillare l’ingresso della mia prigione crolla a terra con un tonfo. La pallida luce di Masser e Secunda ora filtra debolmente, illuminando l’angusto interno della catacomba.
Mi volto. Colui che un tempo era stato per me un compagno ed un amico mi osserva immobile sulla soglia, avvolto in un lungo mantello color porpora. La sua voce, fredda e distante riecheggia tra le ombre.
«Alzati» comanda
Ed io obbedisco. D’altronde perché ribellarsi? A che scopo continuare a lottare quando egli ha già vinto?
Si avvicina, percorrendo la sala della catacomba ammantato di nera tenebra.
«Galerion...» mi saluta
Io non rispondo. Posso scorgere il suo volto, adombrato dal mantello lacero, piegarsi in un ghigno mostruoso.
La sua mano fredda e coperta di piaghe stringe il mio polso in una morsa d’acciaio, costringendomi ad avvicinarmi alla sua figura. Vorrei voltarmi e fuggire, allontanarmi il più possibile da quell’essere crudele. Ma il mio corpo scempiato, sulle cui fragili ossa si regge appena ciò che resta delle mie carni, si rifiuta di rispondere ai miei comandi. Egli mi osserva in silenzio, sorridendo divertito ai miei patetici tentativi di ribellione.
La luce delle lune ora alte in cielo ne illumina il volto, un tempo bellissimo, ora ridotto ad una maschera di morte. La pelle, ingrigita e tumefatta  si apre in uno squarcio profondo all’altezza delle guance, lasciando intravedere la carne brulicante di vermi. I suoi occhi non sono che orbite vuote, prive d’espressione.
Ricordo ancora benissimo il giorno in cui lo incontrai per la prima volta. Un giovane elfo dall’incarnato color dell’oro e gli occhi verdi come foglie splendenti. La sua intelligenza  ed il suo talento mi colpirono immediatamente, facendo nascere tra noi  un’intesa e un’amicizia profonda.
Eravamo simili, risoluti nei nostri ideali come nelle nostre scelte, e pronti a lottare in loro nome.
Sono passati ormai sette anni dalla battaglia ai piedi della torre Ceporah nella quale persi la vita. Sette anni trascorsi fra le tenebre della mia prigione, vincolato al Mundus ed incatenato a questo corpo in disfacimento dallo stesso terribile ed oscuro potere che avevo giurato di estirpare.
All’inizio non ne compresi la ragione. Pensai, nella mia ignoranza, che dietro il suo gesto vi si celasse nulla più che il sadico desiderio di piegarmi, asservirmi alla sua volontà umiliandomi un’ultima volta. Ma mi sbagliavo.
Egli mi relegò in questa fredda prigione di pietra, privandomi della luce come dei suoni, consegnandomi al lento scorrere del tempo  fino a che non divenni l’essere vuoto e misero che sono tuttora.
Solo adesso credo di poter comprendere cosa lo spinse a richiamarmi alla vita, strappandomi al dolce abbraccio dell’ Aetherius.
Perché ora che del mio corpo non rimane altro che un  ammasso di carne putrescente e sfigurato  dalla morte, ora che i miei ideali, una volta forti ed incorruttibili, sono crollati innanzi a me perdendo ogni significato.
Solo ora che nel suo volto scempiato posso rivedere di riflesso il mio senza provarne ribrezzo alcuno, mentre nel mio cuore non alberga più ne odio ne amore.
Solo ora egli può dire di aver davvero trionfato.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > The Elder Scroll Series / Vai alla pagina dell'autore: Mizurai