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Autore: WolfieIzzy    11/08/2017    0 recensioni
Aprile 1795. Eleanor Kenway è su una carrozza diretta a Parigi, dopo aver affrontato un viaggio partito quasi un mese prima da casa, in America. Vuole scoprire di più sulla sua famiglia. Vuole scoprire da dove viene. Vuole diventare un'Assassina come suo padre, Connor. In Francia la aspetta il suo destino, e il Maestro Arno Victor Dorian, che la addestrerà per farla diventare un'Assassina perfetta e con il quale combatterà per il futuro della Nazione. Ambientata dopo gli eventi di Assassin's Creed Unity.
NB: Questa storia cerca di essere il più possibile fedele sia ai fatti storici reali, che a quelli fittizi appartenenti alla storia di Assassin's Creed. Qualsiasi modifica apportata al "canone" storico reale e/o appartenente al mondo di AC è voluta ed è utile ai fini della storia. Buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arno Dorian, Napoleone Bonaparte, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

*Eleanor's POV*

Nell'ala del Covo regnava il silenzio più assoluto.

Tutti noi Assassini fissavamo la pira davanti ai nostri occhi iniziare a bruciare lentamente, le fiamme avvolgere il corpo senza vita di Camille, nella sua divisa da cerimonia. Fra le sue mani, appoggiate delicatamente sotto lo sterno, teneva il sigillo della Confraternita e un giglio bianco avvolto dalla bandiera Francese.

Sembrava così in pace e serena, pallida, con i bruni capelli a incorniciarle il viso grazioso.
Non riuscii a piangere, in quel momento.

Avevo vissuto troppe emozioni tutte insieme. Il giorno precedente avevo messo fine a tutto. Avevo ucciso Poulain. Avevo perso così tanto per riuscirci... e l'ultima perdita era proprio lì, davanti ai miei occhi.
Ma ce l'avevo fatta.

Una fitta fortissima al ventre mi colpì in quel momento, facendomi sussultare.
Persi l'equilibrio, e dovetti appoggiarmi a una colonna sentendomi mancare il respiro.

'Eleanor, tutto bene?' mi chiese Etienne, che era al mio fianco.

Io deglutii, cercando di non pensare all'inevitabile.
Fortunatamente Arno non si era accorto di nulla, trovandosi dall'altro lato della pira insieme al Consiglio.

'Si, si. Sto bene. Devo salire soltanto al Cafè, torno tra poco.' mormorai, iniziando a camminare il più veloce possibile verso il passaggio che dal Covo portava al Cafè Theatre.

Arrivai in camera mia stringendo i denti e con una goccia di sudore che mi percorreva la tempia.

Mi appoggiai allo stipite della porta con una mano, e con l'altra mi tastai l'interno della coscia.

C'era del sangue. 
Davvero molto sangue.

Il cuore smise di battermi per qualche attimo.
Provai ad urlare, ma non riuscii ad emettere un filo di voce.

Solamente un sibilo uscì dalle mie labbra, mentre mi accasciavo in ginocchio a terra.

'Eleanor, tutto be...' sentii la voce di Heléne dietro di me.

Poi, il nulla.

*Flashback*

Boston, Marzo 1795.

'Non fare quella faccia, Winston. Sapevi che prima o poi questo momento sarebbe arrivato.' disse Eleanor al suo tutore dandogli una leggera pacca sulla spalla.

Winston appariva inquieto nonostante avesse avvertito e preparato Eleanor al viaggio che la aspettava nelle settimane precedenti.

E così, quella mattina, il momento era finalmente arrivato.

La sua Eleanor, quella che considerava ormai come una figlia e che di fatto aveva cresciuto, stava per lasciare casa, l'America. Stava per partire verso un Mondo nuovo e lontano, e Winston non era del tutto sicuro sarebbe stata preparata ad affrontare tutto quello che la aspettava.

'Lo so, è che... speravo ci fosse più tempo. Nonostante tutto, per me sei ancora una bambina Eleanor, sappilo.' disse lui.

La ragazza sbuffò, consapevole però dell'affetto che Winston provava per lei e viceversa, e sorrise subito abbracciandolo stretto.

'Winston... lo sai che per me sei come un secondo padre. Ti voglio tantissimo bene, e... anche a me dispiace andarmene.' rispose.

Winston sorrise, orgoglioso di come aveva cresciuto quella ragazza.

'Lo sai, Eleanor... anche tuo padre è fiero di te. Nonostante non sia qui oggi.'

Lei alzò le sopracciglia e guardò la gente che aveva intorno, come se potesse trovare quel volto familiare tra la folla di persone che partivano insieme a lei, quelle che le stavano salutando, e quelle che lavoravano normalmente al porto.

Ma suo padre, come al solito, non era potuto esserci.

Non che lei gliene facesse una colpa, certo. Sapeva benissimo qual era il suo lavoro e che posizione ricopriva.
Ma le dispiaceva che nonostante questo, avessero comunque avuto troppo poco tempo.
Era suo padre, eppure non lo conosceva bene come avrebbe voluto. 

Scosse la testa, e alla chiamata della sua nave afferrò la valigia che si era portata, si infilò il cappello e dopo aver scambiato un sorriso e uno sguardo d'intesa con Winston, partì sotto i suoi occhi.

Ignara di quello che l'avrebbe aspettata...

*Frontiera di Concord, la sera stessa.*

'Eppure so che abbiamo sbagliato, Connor.' sbuffò Winston, appoggiando il suo bicchiere di rum al tavolo di legno.

'Ti prego, non ricominciare. Ne abbiamo già parlato troppe volte e lo abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio così.' rispose il nativo un po' alterato, continuando a fissare il paesaggio dalla finestra.

'Non lo so. Voglio dire, so che parlare di sua madre non ti ha mai entusiasmato, ma almeno farle sapere che qualsiasi cosa succeda a Parigi e la riguardi non deve intromettersi.' 

'Ma perché dovrebbe riguardarla? L'ho mandata lì per addestrarsi. Non voglio che faccia parte delle attività della Confraternita al di fuori del suo addestramento. È scritto anche nella lettera che le ho lasciato e spero che il Maestro Dorian abbia il buon senso di leggerla a fondo.'

Winston sbuffò pesantemente e appoggiò la mano alla sua tempia.

'Connor, mi dispiace ripetertelo, ma gli addestramenti in Europa sono molto diversi da quello che hai affrontato tu. In una città come Parigi gli Adepti devono affrontare certe prove per completare l'addestramento...'

'Beh allora spero vivamente che queste prove non coinvolgano la famiglia di sua madre. Non potrei perdonarmi il fatto che mia figlia soffra per colpa sua come ho sofferto io. Ormai da qui non possiamo farci più nulla, comunque. Fine della storia.' 

Connor si era innervosito, per non aver pensato prima a un'ipotesi del genere. Ma ora era troppo tardi e sua figlia era già partita verso una realtà che in ogni caso l'avrebbe messa alla prova... lui ovviamente sperava non in quel modo. Ma come aveva appena detto, anche se fosse successo ormai non poteva farci più nulla. 

Uscì dalla stanza e chiuse la porta, senza nemmeno salutare Winston.

Anche lui, forse più di Connor, in quel momento era stato assalito dal senso di colpa.
Avrebbe voluto raccontare ad Eleanor tutto su sua madre, perché aveva il diritto di sapere.
Avrebbe voluto prepararla nel caso fosse rimasta coinvolta, in Francia, in faccende che la riguardassero.

Ma Connor non aveva voluto. Nonostante ormai sua figlia fosse ventenne.
Egoismo, pensò Winston.

Sapeva che molto probabilmente lei ne avrebbe avuto a che fare.

Sperava che non ne rimanesse coinvolta emotivamente, che in quel frangente assomigliasse a suo padre.
Ma sapeva che Eleanor, caratterialmente almeno, era molto diversa da lui.

E in quel momento, non potè far altro che sperare non soffrisse.
Non era sicuro sarebbe stato abbastanza forte da sapere che la sua Eleanor stava affrontando tutto questo lontana da lui.

Finì il suo bicchiere di rum, e andò a coricarsi a letto.

*8 Ottobre 1795*

*Eleanor's POV*

Rimasi a fissare il soffitto.
In quel momento mi chiesi perché non stavo provando nulla.
Da quando mi ero svegliata dopo aver perso i sensi, non riuscivo a prestare attenzione a nulla.

Il Dottor Thibault mi aveva detto che dovevo riposare almeno per oggi. Che gli dispiaceva.

Heléne era entrata e con l'espressione avvilita mi aveva parlato e detto, anche lei, che le dispiaceva tantissimo.

Perché io non provavo nulla in quel momento? Perché a me non dispiaceva?

Mi passai una mano sul grembo da sotto il lenzuolo, ed ebbi una strana sensazione.
Mi sentii vuota. Fu come se il mio cervello si fosse connesso al resto del mio corpo.

Eppure mi sarei dovuta sentire libera. Non avevo più missioni da compiere sul campo. Di lì a poco avrei dovuto lasciare la Francia, se gli accordi fossero stati rispettati.

Ma no. Doveva succedermi anche questo, pensai.

E fu in quel momento che una lacrima mi scese sulla guancia, seguita da tante altre.

Piansi tantissimo. E in silenzio, per non seppi quanto tempo.
Da sola.

Poi, sentii bussare alla porta.

'Eleanor, c'è una persona che vuole vederti. Arriva da lontano.' disse Heléne dall'altro lato della porta.

Mi andò il cuore in gola.
Non poteva essere...
Mi asciugai immediatamente il viso, e fissai la porta aprirsi lentamente con insistenza.

Poi, vidi un volto che non mi sarei mai immaginata di incrociare per mesi.

E fu come se, in quel momento, tutto quello che avevo provato sino all'attimo prima si spegnesse, facendo nascere dentro di me una felicità che non provavo da tempo.

'Winston...' mormorai, coprendo il mio sorriso a 36 denti con la mano destra.

'Bambina mia.' disse lui, e mi strinse nell'abbraccio più forte e migliore del Mondo.

*Arno's POV*

Non avevo idea che la morte di Camille avrebbe fatto soffrire Eleanor così tanto. O meglio, sapevo che non era solo quella ma tutto quello che era capitato in quei giorni ad averla provata moltissimo sia fisicamente che mentalmente.
Mi dispiaceva solo di non poter essere stato presente perché avevo avuto moltissimo da fare con il Consiglio in quei giorni.

Sapevo che Eleanor ne aveva passate decisamente troppe nell'ultimo periodo, e tutto quello che desideravo era vederla finalmente serena e felice. 

Nonostante questo però, ero consapevole del fatto che ci rimaneva poco tempo. Di lì a pochi giorni lei sarebbe partita per diventare una spia del Consiglio Internazionale. Non sarebbe rimasta con me, qui, in Francia.

Sospirai.

Sapevo che dovevo lasciarla andare. Era la cosa migliore da fare per entrambi: Parigi dalla morte di Poulain era forse più sicura, ma lo sapevamo solamente noi.

La Rivoluzione era tutt'altro che finita.
Con il successo di Napoleone di tre giorni fa tutto era incerto.
Avevamo avuto poco tempo per parlare, io e lui, da quando avevamo trionfato sul campo e ucciso almeno seicento realisti, facendo scappare a gambe levate i restanti.
Una vittoria schiacciante che aveva portato Napoleone sulla vetta della popolarità sociale e politica.

Forse, pensai, avrei potuto scambiare due parole con lui al Trionfo che si sarebbe celebrato proprio alle Tuileries quel pomeriggio, e al quale sia io che Eleanor eravamo stati invitati.

Normalmente la Confraternita avrebbe agito nell'ombra, ma Maillard aveva concesso a me e a lei di marciare a insieme a Napoleone in mezzo alla folla e goderci quel momento di gloria.

In quel momento stavo tornando al Cafè a prenderla proprio per dirigerci lì.

Appena arrivai all'entrata vidi Eleanor che parlava e sorrideva insieme a un'uomo che aveva passato la mezza età.

Nonappena si accorse della mia presenza sembrò come se si fosse ricordata di qualcosa e il suo sguardo si incupì, ma l'uomo le sussurrò qualcosa nell'orecchio e lei sorrise lievemente, annuendo.

'Eleanor, sei pronta? Dobbiamo andare. Stai bene?' le chiesi, accarezzandole la spalla.

Lei annuì e sorrise, guardandomi negli occhi.

'Si. Arno, questo è Winston.' rispose lei, presentandomelo.

Io rimasi un po' sorpreso, ma poi sorrisi cordialmente e gli strinsi la mano.

'Sono felice di conoscervi finalmente, Maestro Dorian. Avete fatto un ottimo lavoro con Eleanor, stando a quello che mi ha raccontato.'

'È stata un'allieva fantastica, nonostante tutte le difficoltà che abbiamo affrontato insieme, e che lei ha affrontato da sola. Mancherà sicuramente molto a tutti i confratelli.' dissi io.

Eleanor mi rivolse un sorriso sincero. Aveva gli occhi lucidi.

Sospirò, probabilmente cercando di trattenere le lacrime. 

'Andiamo?' chiese.

'Andiamo.' risposi io, porgendole il braccio.

*Eleanor's POV*

La via per arrivare al Palazzo delle Tuileries era gremita di persone che urlavano, cantavano e applaudivano al nostro passaggio.

Non ero sicura di stare sentendo tutto l'entusiasmo che animava le persone in quel momento, ma non avevo mai visto Parigi così festosa da quando ero arrivata.

Davanti a noi, in fila, Napoleone e i suoi generali sfilavano a cavallo salutando e sorridendo al popolo, acclamati e stimati da tutti.

Io e Arno, in fila dietro di loro su due cavalli distinti eravamo fianco a fianco.

Lo osservai per qualche secondo, e vidi che si stava godendo il momento.
Per un secondo, pensai, forse avrebbe dovuto accettare quella proposta di Napoleone. Sarebbe stato perfetto per la carriera militare.

Subito dopo a questo pensiero, però, ne arrivò un altro, molto più cupo, che cercai di rigettare scuotendo la testa. 

Per distrarmi, mi girai a guardare la folla, in mezzo alla quale notai qualcuno di familiare.

'Amélie! Amélie! Amélie!' sentii gridare un gruppo di uomini.
Guardai meglio i loro volti, e li riconobbi: erano i repubblicani che, tre giorni prima, avevano aiutato me e Camille sul campo. 

Li salutai con un cenno e uno di loro si fece strada verso di me, riuscendo a raggiungermi.

'Siete stati fantastici sul campo, Mademoiselle. Tutta Parigi è in debito con voi dopo quello che siete riusciti a fare tre giorni fa. Ve ne saremo per sempre grati!' mi disse e mi porse una rosa bianca, sparendo poi tra la folla mentre la nostra sfilata continuava.

Io sorrisi, mentre mi giravo il fiore tra le mani.

Forse ero riuscita veramente a fare qualcosa per Parigi durante la mia permanenza qui. E ne ero davvero felice.

'Eleanor.' mi chiamò Arno, facendomi tornare alla realtà.

'Mh?' 

'Hai un'aria pensierosa. Che succede?'

'Niente. Stavo solo ripercorrendo tutto quello che è successo da quando sono arrivata qui...'

'Ne abbiamo passate delle belle, eh?'

'Ne abbiamo passate tante. Ne ho passate tante.' abbassai lo sguardo, di nuovo sulla rosa che avevo fra le dita.

'Eleanor, tu hai... raccontato tutto, a Winston?' mi chiese, un po' imbarazzato.

Io gli sorrisi.
'Gli ho raccontato quasi tutto. Gli ho fatto tante domande... mi ha dato delle risposte che mi aspettavo. Credevo di sbraitargli addosso, di sfogarmi su di lui anche per colpa di mio padre, di chiedergli perché mi avessero tenuto all'oscuro di così tanto.'

'E?'

'E alla fine, quando l'ho visto davanti a me non ci sono riuscita. Disperarmi, sfogarmi o arrabbiarmi... ancora. A cosa sarebbe servito? Non sarei mai riuscita a portare rancore a Winston. Non sarei riuscita a portare rancore a quello che è stato come un padre per me... anche perché, Arno, guardaci intorno. Guarda dove siamo oggi... nonostante tutto quello che abbiamo passato abbiamo avuto successo. Abbiamo sradicato l'Ordine dei Templari. Il popolo ci acclama, Napoleone è in ascesa. Siamo protagonisti della storia, oggi.' riflettei. E mi stupii di quello che avevo appena detto.

Arno mi guardava sorridendo, con uno sguardo estasiato.

'Che donna ho avuto al mio fianco, in questi mesi.' disse.

Io feci un sorriso sincero.
'Per me è stato un onore essere al tuo fianco.'

Lui mi prese la mano, facendo avvicinare i nostri destrieri, e la baciò.

'Gli eroi della Rivoluzione! Gli eroi della Rivoluzione! Il Generale Vendemmiaio! Il Generale Vendemmiaio!' gridava la folla.

Io chiusi gli occhi, mentre una nuvola scopriva il sole, del quale sentii il calore sul mio viso.

Fino a quel momento avevo solo desiderato andarmene da Parigi.
Eppure, in quell'istante, nonostante tutto pensai che mi sarebbe mancata.

*12 Ottobre 1795*

'Ti aspetto dentro. Non metterci troppo.' disse Winston prendendo l'ultimo bagaglio. Lanciò un'occhiata cordiale ad Arno e salì sulla nave che fra poco ci avrebbe portato in Inghilterra.

Io sospirai e mi sistemai il cappello, mentre indietreggiavo sul pontile di Calais.

Arno aveva un'espressione indecifrabile in viso. Continuava a fissarmi, mentre mi avvicinavo a lui.

'E così questo giorno è arrivato, eh?' disse lui, prendendomi le mani.

Io non riuscivo ad alzare il viso.

'Guardami.' 

'No, ti prego...' mormorai, sentendo le lacrime scendermi sul volto.

'Guardami, Eleanor.' mi alzò il mento con un dito, costringendomi a incrociare il suo sguardo.

'Io non voglio lasciarti.' sussurrai, mentre lui mi asciugava le lacrime con il pollice.

Appoggiò la fronte sulla mia, e chiuse gli occhi.

'Nemmeno io. Nemmeno io voglio lasciarti andare.' mi rispose.

Restammo così per qualche secondo, mentre la brezza marina mi asciugava le lacrime dal viso.

'Cosa farai ora, Arno? Dopo che me ne sarò andata?' gli chiesi, staccandomi da lui.

Lui sospirò e poi mi sorrise.

'Napoleone sta organizzando una campagna militare in Italia, per l'inizio del prossimo anno. Vuole partire a Marzo. Mi ha chiesto di unirmi a lui, come suo braccio destro.' mi confessò.

Io mi misi una mano davanti alla bocca.

'Oh mio Dio! È fantastico!' esclamai e lo abbracciai.
'Congratulazioni. Ci andrai, vero?'

'Credo proprio di sì.' mi rispose. Sembrava davvero entusiasta. E io sapevo che quella sarebbe stata la sua strada ideale.

La campana della nave suonò, e un araldo chiamò gli ultimi passeggeri a salire a bordo.

Io sospirai, guardandolo negli occhi per l'ultima volta. Quegli occhi castano-verdi che mi avevano catturata dal primo momento in cui li avevo visti. 

'Se questo è un addio, Eleanor, sappi che io ti ho ama...' riuscì a dire lui tutto d'un fiato, prima che io, ad occhi chiusi, gli tappassi le labbra con un dito.

'Ti prego, Arno. Non dire quella parola. Io... so che questo non sarà un addio. So per certo che un giorno ci rivedremo. Ma non riuscirei a lasciarti dopo averti sentito dire quelle parole... nonostante per me sia lo stesso.'

Lui sospirò pesantemente, e mi accarezzò il volto.

Mi diede un bacio sulla fronte e indietreggiò di un passo, permettendomi di guardare il suo viso un'ultima volta, per fissarlo nella mia mente.

Quando lo ebbi fatto, mi girai. 
Mi girai e iniziai a camminare il più velocemente possibile verso il ponte, perché avevo paura di mettermi a piangere di nuovo.

Ma una mano che afferrò il mio braccio non mi permise di arrivarci, perché mi ritrovai a un millimetro dal viso di Arno e un secondo dopo le mie labbra furono sulle sue per un ultimo, sentito bacio.

'... Era un bacio d'arrivederci.' sussurrò lui, quando ci staccammo.

'... Allora, arrivederci, Arno.' dissi io.

'Arrivederci, Eleanor.'

Gli sorrisi e finalmente riuscii a salire sulla nave.

Mi diressi subito in cabina, dove mi aspettava Winston.

'D'ora in poi cambierà tutto, Eleanor. Lo sai vero?' mi disse, sedendosi al piccolo scrittoio che avevamo in dotazione.

Io guardai fuori dall'oblò, il mare che avevano attorno. Il mare che mi separava dal prossimo, nuovo capitolo della mia vita.

'Lo so, Winston. Lo so.'

*Angolo dell'autrice*

Ed eccoci qui, finalmente, alla fine della storia. Che emozione, ragazzi! Come avevo già detto nel capitolo precedente questa storia è stata molto significativa per me. Innanzitutto perché credo sia la prima che sono riuscita a concludere... hahahahaah. Poi per tanti altri motivi. Mi sono affezionata tanto ad Eleanor perché è un personaggio che ha tanto di me, e tanto di ciò che vorrei essere. E sono quasi convinta di essere un po' cresciuta insieme a lei in questa storia. Non solo, ma credo anche che la storia sia cresciuta in meglio, capitolo per capitolo. Spero la pensiate come me e spero di essere riuscita a narrarvi e trasmettervi qualcosa di bello. 

Vi ringrazio tantissimo e vi saluto... e spero di leggere qualche recensione, cosa ne pensate di questo epilogo, della storia, di qualsiasi cosa. Grazie ancora di avermi fatto compagnia in quest'avventura!

Izzy







  
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