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Autore: Kia_1981    14/08/2017    1 recensioni
*Un giorno mi sono imbattuta in un articoletto che s'intitolava più o meno come questa storia. L'ho letto, l'ho messo da parte e, mentre morivo di caldo al mare, per rinfrescarmi le idee ho deciso di recuperarlo per scrivere questa storia. Se vi sembrasse "strana", chiedo perdono: colpa dei 40 gradi abbondanti che mi mettevano al tappeto. Come sempre, qualunque critica/ osservazione è ben accetta. Buona lettura!*
Megan sta tornando da Aldenor, "casualmente" accompagnata da Julian. Un incidente alla carrozza su cui viaggiano li costringe a trovare rifugio in un capanno nei boschi, dove si troveranno a fronteggiare una spaventosa minaccia e una situazione inaspettata.
Dal testo:
«A quanto pare la Gelida Charlotte dimostra una predilezione per le coppie», rispose pensieroso. Megan si girò fra le sue braccia per guardarlo negli occhi.
«Ma noi non siamo una coppia», gli fece notare.
«Ma questo Charlotte non lo sa e poi…», riuscì a non dire che avrebbero potuto esserlo.
«E poi… cosa?», volle sapere lei.
«Nulla», rispose sommessamente senza distogliere lo sguardo dal suo.
Genere: Azione, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Megan si strofinò le mani che, nonostante i guanti, si stavano congelando, poi si strinse nel mantello, sbuffando seccata. Possibile che dovesse esserci sempre qualche problema? Tornò con la mente al giorno della sua partenza, qualche settimana prima.

Si era ripresa bene dall’incidente sul ghiaccio e, nonostante le domande insistenti di Eloise, aveva rifiutato di raccontarle quello che era successo: si era limitata a darle una spiegazione molto vaga, che non aveva assolutamente placato la curiosità della sua migliore amica, la quale aveva finto per un po’ di lasciar cadere la questione, quindi aveva fatto scattare la trappola e le aveva chiesto di accompagnarla ad Aldenor. Era stata una decisione difficile per Megan: avrebbe preferito rimanere nella Vecchia Capitale, portarsi avanti con gli studi, prepararsi bene per la laurea imminente… poi aveva accettato, pensando che cambiare aria per un po’ le avrebbe fatto bene. Sperava perfino che, una volta tornata, avrebbe smesso di cercare, tra i volti degli studenti, un volto in particolare con quegli occhi che la seguivano con attenzione, il sorriso scanzonato, i modi impertinenti, la risposta sempre pronta. Lui era sempre più sfuggente, sembrava che avesse sempre meno tempo per andarla a cercare alla fine dei suoi turni o per assistere, da un posto in fondo all’aula, alle lezioni in cui lei faceva da assistente. Si era sinceramente augurata di toglierselo dai pensieri, durante quel viaggio, soprattutto perché non riusciva a spiegarsi come e per quale motivo si trovasse tanto spesso a pensare a lui. Invece si era trovata a fare i conti con le continue allusioni di Eloise a proposito di Julian, durante quello che le era parso un lunghissimo viaggio verso Aldenor. Una volta arrivate a destinazione, avevano scoperto che Jordan si trovava lì già da qualche giorno insieme a Jerome… e a Julian, ovviamente.

Megan sprofondò nel sedile della carrozza, sospirando di nuovo. Aveva cercato di evitare il giovane Cavaliere, ma sembrava che lui non avesse intenzione di starle tra i piedi come suo solito. Quell’apparente disinteresse l’aveva sorpresa e scombussolata, al punto da farle desiderare di andarsene in anticipo: il disagio a cui aveva tentato di sottrarsi si era ripresentato in una forma ancora più acuta. Le dava fastidio sapere di averlo vicino e vederlo così lontano, ma le dava ancora più fastidio continuare a chiedersi perché lui si comportasse in quel modo: non avrebbe dovuto importarle, anzi, avrebbe dovuto farle piacere essere finalmente riuscita a levarselo di torno.

Due colpi secchi sullo sportello della carrozza la fecero sobbalzare. Si portò una mano al cuore, imprecando: come evocato dai suoi pensieri, il volto del giovane fece capolino nell’abitacolo: alla fine aveva trovato una buona scusa ed era riuscita a partire in anticipo, ma con lui come scorta.

«Non possiamo più aspettare. Dobbiamo andare a cercare un posto in cui passare la notte», l’espressione seria di Julian le diede una brutta sensazione: lui era sempre tranquillo e sereno, quando appariva così, in genere, era preoccupato o molto arrabbiato. Forse entrambe le cose, in quel momento.

«Il vetturino ha detto che sarebbe tornato al più presto con una nuova carrozza. Sarebbe stupido andarcene da qui e perderci chissà dove in mezzo a questo gelido nulla che ci circonda», provò a replicare stizzita, cercando di non battere i denti per il freddo. Quella stupida carrozza non poteva decidere di rompersi in un momento peggiore: erano in mezzo ai boschi, la luce stava diventando sempre più fioca, l’aria sempre più fredda, e chissà quali animali feroci e affamati si aggiravano fra gli alberi. Rabbrividì. Forse Julian aveva ragione, avrebbero fatto meglio a togliersi da lì.

«Il vetturino è via da ore, con l’unico cavallo che avevamo a disposizione. Non siamo così lontani dal primo centro abitato, quindi temo che abbia avuto dei problemi», cercò di farla ragionare. Solo in quel momento Megan si rese conto che si era arrampicato sul tetto della carrozza e in qualche modo era riuscito a tirare giù il suo baule.

«Cosa diavolo hai intenzione di fare?», gli domandò rabbiosa quando lo vide armeggiare con la chiusura. «Ci sono i miei vestiti, lì dentro!»

«Lo so, Milady», le sorrise. «E a meno che non vogliate che sia io a scaldarvi, vi consiglierei di scegliere qualcosa per cambiarvi quando avremo raggiunto un posto in cui ripararci durante la notte. C’è aria di tempesta e siamo qui fermi da talmente tanto tempo che dubito che la nostra presenza sia passata inosservata».

La dottoressa non obiettò. Aprì il baule e rovistò rapidamente tra gli abiti ma le parole di Julian l’avevano scossa al punto che non riusciva nemmeno a pensare ad altro se non al fatto che non voleva diventare la cena congelata di qualche lupo famelico. Le tremavano le mani quando il giovane si mise accanto a lei e la sua vicinanza le restituì un po’ di calma e lucidità.

«Vi serve qualcosa di caldo e poco ingombrante, come quell’abito che avete usato quando siamo andati a pattinare. E biancheria asciutta. Calze, soprattutto. Mettete qui quello che vi serve». Le aveva parlato in tono rassicurante, poi le aveva avvicinato una grossa sacca da viaggio a cui lei aveva lanciato un’occhiata diffidente.

«Stai scherzando?», aveva protestato con una punta di isteria. «Dovrei mettere i miei indumenti intimi insieme alle tue cose?». Si pentì di averlo detto nel momento stesso in cui Julian scoppiò a ridere.

«Esattamente sapreste dirmi perché la cosa vi disturba tanto?», riuscì a dire con forzata serietà e una punta di malizia. «Cosa temete che succeda? Vi assicuro che la mia sacca contiene solo indumenti puliti e profumati».

Intanto che parlava le aveva tolto di mano un abito di lana e lo aveva riposto con attenzione, poi, visto che lei sembrava essersi bloccata, aveva cominciato a rovistare nel baule in cerca delle altre cose che potevano servire. A quel punto Megan si era riscossa, gli aveva schiaffeggiato la mano e gli aveva dato uno spintone che però non lo aveva smosso di un millimetro.

«Non ti azzardare», lo avvertì minacciosa mentre affondava le mani tra pizzi e stoffe pregiate in cerca del sacchetto che conteneva la sua biancheria. Dopo averlo recuperato lo fece sparire rapidamente nel borsone di Julian, insieme ad un contenitore in cui portava abitualmente alcuni medicinali e il necessario per le medicazioni di emergenza, quindi chiuse la sacca.

«Ho finito», avvertì in tono funereo. Julian sembrava molto teso: si guardava in giro circospetto e sembrava annusare l’aria. Megan lo guardava scettica, gli sembrava che il ragazzo stesse davvero esagerando. «Possiamo andare? Si sta facendo sempre più buio», sbottò spazientita. Il ragazzo si voltò verso di lei, le fece segno di tacere portandosi un dito davanti alle labbra, poi le si avvicinò e si gettò la sacca sulle spalle.
«Andiamo. Conosco questo posto: qui vicino c’è un rifugio di caccia. Dobbiamo raggiungerlo prima che sia troppo buio», la spronò a bassa voce. Megan lo seguì senza protestare e lasciò che la prendesse per mano per guidarla.
   
 
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