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Autore: apeirmon    14/08/2017    3 recensioni
[Your name]
[“Kimi no na wa. YOUR NAME.”, lungometraggio e romanzo]
Cinque anni dopo l’impatto della cometa, la sensazione di incompletezza avvia una ricerca inconsapevolmente condivisa. Entrambi i metodi saranno dettati dal passato e dal carattere dei cercatori, ma la sensazione che li guida è una.
Ho rielaborato informazioni esclusive del romanzo, facendo riferimenti al giapponese per mantenere lo stile tradizionale delle vicende di Itomori.
[Storia partecipante al contest L'oscurità prima dell'alba indetto da Ayumu Okazaki & AriaBlack sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nickname su EFP e sul forum: apeirmon
Titolo: La penombra del tramonto
Personaggi: Taki; Mitsuha; Tsukasa; Yotsuha; Oshiro Manabu; Toshiki; Hitoha
Pairing: Mitsuha-Taki; Futaba-Toshiki; Hitoha-Manabu
Sentimento e Ending: empatia, bad ending
Introduzione: [“Kimi no na wa. YOUR NAME.”, lungometraggio e romanzo]
Cinque anni dopo l’impatto della cometa, la sensazione di incompletezza avvia una ricerca inconsapevolmente condivisa. Entrambi i metodi saranno dettati dal passato e dal carattere dei cercatori, ma la sensazione che li guida è una.
Ho rielaborato informazioni esclusive del romanzo, facendo riferimenti al giapponese per mantenere lo stile tradizionale delle vicende di Itomori.
[Storia partecipante al contest L'oscurità prima dell'alba indetto da Ayumu Okazaki & AriaBlack sul forum di EFP]
 
Note dell’autore: Erano sette anni che non piangevo. Mi sono commosso guardando altri anime, ma è la prima volta che rido mentre mi commuovo. È successo quando Taki ha visto la vita di Mitsuha, quando si sono incontrati di persona durante il tramonto e quando si sono ritrovati sui treni. Scrivo queste note prima di finire il film, fattomi conoscere da Ayumu Okazaki e Aria Black, che ringrazio di cuore per questo. Ho riconosciuto più metafore, ma sono rimasto spontaneamente a bocca aperta leggendo al posto del nome “Taki” sulla mano di Mitsuha, un’etichetta, l’amore che è realmente.
Questo secondo capoverso lo aggiungo appena finito di raccogliere informazioni dal romanzo da usare eventualmente, che riporto sinteticamente in seguito. Ho deciso di adottare lo stile del regista e autore, Shinkai Makoto, nell’usare la prima persona e cambiare il punto di vista tra i due protagonisti anche senza cambiare scena.
Informazioni
Lacrime al risveglio, panorami, kumihimo regalato nella stazione di Yotsuya, superiorità di Yotsuha rispetto a Mitsuha, villaggio di Itomori a Hida, rete radiofonica nelle case, Hitoha ottantaduenne con kimono antico, cometa a un mese dall’inizio, amicizia di 10 anni con Teshigawara Katsuhiko e Natori Sayaka, padre di Teshi nell’edilizia, “kasogaredoki” era “katawaredoki”, Teshi non trascina le questioni, randagio, intelaiatura del kumihimo, incendio di Mayugorou 200 anni prima, il compito del tempio di Miyamizu è rendere i significati alla formalità, Mitsuha si vergogna a fare il kuchikamisake, Yotsuha ha talento economico, la sacerdotessa è ordinatissima, Tsukasa e Takagi sono interessati all’arte edile, Taki ricorda l’odore degli anziani di casa di qualcuno, musubi=legame è l’antico nome del dio di Itomori, per tornare da Kakuriyo bisogna cedere qualcosa di importante, l’uomo del ramen accompagna Taki al tempio, la cometa ha già distrutto un villaggio più volte ed è stata rappresentata come un drago e un nastro, Taki considera Teshi un ottimo amico, Taki sente i sapori più buoni nel corpo di Mitsuha, la cometa è verde smeraldo, ognuno avverte la memoria del sistema nervoso dell’altro, Sayaka ritiene gli amici in debito dalla trasmissione di allarme, Taki si è separato dalla madre poco prima di vedere la cometa, l’enormità spazio-temporale del ciclo della cometa aveva disabituato Taki alla quotidianità, Miyamizu Toshiki ha obbligato una prova di evacuazione, qualcosa ha ravvivato l’interesse di Taki per Itomori anni dopo gli scambi, Okudera si è fidanzata.

La penombra del tramonto

Incontro

Non ricordavo che la stazione di Yotsuya sia tanto affollata. Tsukasa scende dopo di me, e insieme ci avviamo all’uscita.
- Sicuro di voler fare le ricerche sul Castello Imperiale con questo caldo? Le previsioni hanno anche annunciato pioggia per stasera.
- Non mi ci vorrà molto. - rispondo. - Devo approfittarne finché ho l’ispirazione.
- Come vuoi. Allora ci sentiamo domani.
Sollevo una mano verso Tsukasa, mentre si dirige al parcheggio.
Non mi piace molto venire a Chiyoda: tutti quegli uffici, associazioni formali e governative, per non parlare del castello Edo che costituiva la mia meta, stonano con il ceto sociale in cui mi identifico. Ma, sebbene manchi più di un anno e mezzo alla mia laurea, voglio cominciare a raccogliere informazioni per la tesi sull’architettura nobiliare del Giappone. E oggi è il giorno adatto.
__________
Yotsuha ha ancora gli occhi rossi per il pianto.
Io mi sono preparata: a ottantotto anni c’era da aspettarsi che non le restasse molto tempo. Ma la mia sorellina non aveva detto nulla da quando era arrivata la chiamata di papà. L’incidente, il trasferimento a Tokyo, la morte della mamma… Erano stati tutti molto più improvvisi per lei che per me. Lei doveva essere così carica di stress per i cambiamenti traumatici che avevamo condiviso da non potersi permettere di prepararsi ad [NdA: “d” eufonica voluta per riprendere il linguaggio arcaico di Itomori] un ennesimo. Non ero immune dal malessere nemmeno io, ma preoccuparmi per lei mi distrae quanto riesco.
Eravamo sull’autobus che portava i pendolari al villaggio in cui eravamo cresciute. So che potrei vederlo dal sentiero su cui stiamo passando, ma vedrei anche il lago.
Il nuovo lago.
La nonna sperava che le tradizioni di Itomori potessero mantenersi in vita se la nostra famiglia, le Miyamizu, le avesse protette, interpretando e trasmettendo il significato degli usi ormai rituali. Adesso, il tempio che simboleggiava questo proposito era servito a nutrire alghe o altri organismi sul fondo del lago, insieme a una decina di quartieri che attraversavo ogni giorno.
Un brivido: non mi ero mai accorta tanto della possibilità che tutto quello che forma la tua vita, che per te è importante, può svanire quando meno te lo aspetti.
Fortuna che i ricordi rimangono.
__________
Non conoscendo bene il quartiere, uso il navigatore per evitare di perdermi.
Sto costeggiando una casa a due piani, fuori posto tra due palazzi di altezza almeno quadrupla, in una via priva di alberi o aiuole. Neanche un vaso. Dovrei esserci abituato, vivendo in una delle più grandi metropoli al mondo, ma all’improvviso mi sento a disagio, come se iniziassi a soffocare.
Ho bisogno di un paesaggio di montagna, immerso nel verde. Ho bisogno di rivedere Hida. Rivedere? Ricordo di esserci stato, ma quando ci sono stato [NdA: ripetizione dovuta al discorso diretto interiore, se qualcuno avesse dubbi]? Non era una gita, né sono andato con la mia famiglia… Aspetta! Tsukasa e Okudera-senpai mi hanno accompagnato lì tre anni fa. Sono andato al villaggio colpito dal meteorite, come si chiama? …Itomori! Stavo cercando qualcosa, no, qualcuno. Quale era il suo nome?
A un tratto ricordo tutto: il kumihimo, Teshigawara e Sayaka, i due bar adiacenti, il sindaco, il mio piano, la sorellina terrorizzata, il tempio nella grotta, il katawaredoki...
- Mitsuha! Devo trovare Mitsuha, sapere se sta bene, se è sopravvissuta!
Mi volto e comincio a correre verso la stazione. Non so come ritrovarla, esattamente, ma farò un altro viaggio per sapere se lei, un suo familiare o un amico abita ancora lì.
Non so perché me ne sono ricordato adesso, ma mi devo sbrigare prima che tutto questo finisca. Devo ritrovarla, devo ritrovare…
Mi fermo. La mia memoria si ferma. Per un attimo anche il mio cuore. Non ho avuto neanche il tempo di scriverlo come promemoria. Non ricordo più  dove volevo andare o perché. So solo che voglio ricordare quanto voglio vivere.
Premo sulle mie tempie, cercando di sforzare il più possibile i neuroni. Perché ho smesso di cercare il castello e sono tornato indietro? Non ho nemmeno superato…
Mi volto di nuovo. Tra i due palazzi c’è ancora un’abitazione a due piani. Ripercorro il marciapiede. Man mano che mi avvicino, i ricordi riaffiorano sempre più nitidi.
Mi avvicino alla porta in marmo laccato in smeraldo. Affianco, sul muro grigio, noto un campanello con tanto di targa identificativa: “Oshiro”.
- Forza, Taki, è la tua unica occasione!
__________
La fermata dell’autobus è ancora la stessa, dopo l’incidente. Il randagio che si faceva coccolare da Teshi è deceduto, anche lui, poco prima che mettesse da parte abbastanza soldi per un appartamento a Tokyo da condividere con Saya-chin. Suo padre aveva guadagnato parecchio dall’estensione del lago, e Teshi ne aveva approfittato per sfuggire a una vita nell’edilizia.
Avevano anche cominciato il rapporto che avevo sempre desiderato per loro. Ma io ne avevo perse due: non sapendo spiegare come avessero anticipato la scissione della cometa, molti nel villaggio si erano tenuti alla larga da loro e dalla mia famiglia.
Nostro padre aveva perso le elezioni e la possibilità di vincerne in futuro, nonostante avesse ordinato lui l’evacuazione che aveva salvato un terzo di Itomori. Secondo loro, ero stata io ad avvertirli, ma non mi ricordo nulla. I miei migliori amici si sono allontanati da me senza dirmelo direttamente, poco a poco. Non so nemmeno se abbiano creduto che non ricordavo perché sapessi che la cometa si sarebbe divisa, o che lo sapessi. Penso di essere diventata un presagio di sventura, specialmente per Saya-chin. Il giorno dopo l’impatto era terrorizzata.
Dopo che la casa della nonna è stata distrutta, ho solo avuto il bisogno inspiegabile di andare a Tokyo. Mio padre era troppo sconvolto per impedirmelo. Capiva che l’aver salvato molte famiglie non avrebbe protetto la reputazione della nostra dai pettegolezzi, poiché se il modo per salvarle non era spiegabile, l’avrebbero temuto.
Io e Yotsuha restammo da lui giusto il tempo per farmi prendere, con molta più fatica di prima, il diploma. Aveva preparato il trasloco in anticipo, così che potessi cercare un lavoro e far studiare Yotsuha lì. Non aveva i soldi per un altro appartamento, quindi è rimasto al villaggio. Sono stata fortunata ad essere assunta per il ricamo di kimono da donna. I guadagni mi permettono di continuare a vivere in città e pagare gli studi a Yotsuha. Anche per questa capacità devo ringraziare la nonna, che mi ha insegnato l’arte del kumihimo.
- Onee-chan. Onee-chan! – mi chiama una voce vagamente rauca.
Non mi ero accorta di aver superato la casa di mio padre.
__________
- Chi è? – sento la voce sbrigativa di un anziano rispondermi da dentro.
- Mi chiamo Tachibana Taki. Vorrei parlare con Lei, se mi dedica qualche minuto.
La porta si socchiude lentamente. Si affaccia un uomo alto e magro, con corti capelli grigi e una calvizie avanzata. La pelle è piuttosto distesa e il naso lungo e affilato.
Ma, soffermandomi sugli occhi, ho la certezza, incontrastabile dal raziocinio, di guardare uno specchio. Sono abbastanza ampi e decisi da contenere le ingiustizie e il dolore che esprimono ancora. Per un momento, individuo due linee ai lati del naso lungo cui sono scese, ne sono sicuro, molte lacrime.
- Chi?
- Tachibana Taki. Ascolti… Oshiro-san, forse potrà sembrarle trano quello che le sto per chiedere, ma: - inspiro - cerco informazioni sul caso della cometa che si è spaccata tre anni fa, distrugge… Aspetti!
Blocco la porta con la scarpa per evitare che si richiuda.
- Non avete proprio notizie da cercare! Tokyo è grande, ragazzino: sono sicuro che potrai lavorare in modo più dignitoso altrove!
- Non sono un giornalista! Voglio solo ritrovare la mia amica! Miyamizu Mitsuha!
L’uomo spalanca la porta.
- Chi?!
__________
Nostro padre spalanca la porta. Poi gli occhi.
- Mitsuha, Yotsuha. Siete tornate.
- Papà!
Mia sorella lo abbraccia scoppiando in lacrime e lui la stringe a sé.
- Come stai? - gli chiedo.
- Adesso molto meglio, grazie. Vostra nonna è nello washitsu, venite.
Lo seguiamo per mezzo corridoio prima di trovare una bara sul chabudai. Mi accorgo di non riuscire ad entrare. La nonna trasmette saggezza e benevolenza: lì dentro non c’è nessuno che lo faccia.
Yotsuha si avvicina immediatamente, invece, lasciandomi sulla soglia.
- Mitsuha.
Osservo l’uomo che ho disprezzato per metà della mia vita. È passato solo un anno e mezzo dall’ultima volta che l’ho visto, ma sembra invecchiato nettamente. Le sue rughe trasmettono rimpianti, le sue occhiaie sacrifici e i ciuffi di capelli grigi insoddisfazione. Non ha trovato niente di quello che cercava dalla vita.
- È merito tuo se questo villaggio esiste ancora. Voglio parlarti di Futaba. È qualcosa che neanche tua nonna sapeva. Forse può aiutarti a capire cos’è successo sei anni fa.
Rimango impietrita. E me lo dice adesso?
- Quando era ragazza, tua madre si comportava in modo strano per intere giornate, una o due volte alla settimana. Diceva di essere un ragazzo di Tokyo e Hitoha le credeva. Io le dicevo di farle controllare il cervello, ma non mi ha mai ascoltato.
- Nemmeno io voglio ascoltarti mentre ci dai delle pazze. - gli rispondo freddamente.
Inizio ad avvicinarmi a Yotsuha, ma la frase successiva mi ferma.
- Ho visto un’altra persona in te, il giorno dell’incidente.
Lo guardo incredula: come può un’affermazione simile essere uscita da quella bocca?
- Stai scherzando? Non stai dicendo che qualcuno mi ha posseduta?
- Quando sei venuta a dirmi che la cometa si sarebbe divisa, ho preso il telefono per chiamare un’ambulanza, ma mi hai aggredito prima che ci riuscissi. Non eri tu.
Sono stravolta. Qualcuno prendeva il controllo del mio corpo? Assurdo! Aver perso tutto doveva aver tolto la lucidità a mio padre. Eppure, spiegherebbe il mio vuoto di memoria e gli strani comportamenti di cui mi hanno parlato Saya-chin, Teshi e Yotsuha. Inoltre, sento un legame con qualcuno, ma non so chi.
- Non mi aveva ancora insegnato a fare i…il kumihimo. – dice Yotsuha tornando indietro mentre si asciuga gli occhi. Poi mi guarda: - Tu non vai a salutarla?
Guardo lei, poi papà, poi di nuovo lei, ancora confusa. - Sì, adesso vado.
   
 
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