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Autore: Testechevolano    14/08/2017    1 recensioni
Una bambina viene abbandonata misteriosamente sulla porta di un monastero con una croce che sembra portare il peso di quell'azione. Viene chiamata Suryan, come il sole che sembra portare dentro.
Sembrava che quella croce le volesse cadere addosso ma era solo un'incisione, non poteva. Ma la donna sapeva che se avesse potuto l'avrebbe già schiacciata[...]Se lo meritava.
Ella viene allevata dalle suore del convento e segue le loro orme insieme alla sua inseparabile amica Judit.
Judit, nonostante fosse contro le regole, aiutò Suryan a sistemarsi. Sapevano che la vera arma per mantenere un segreto era quella di non farne parola nemmeno fra di loro.
Il passato di Suryan però non ha niente di più lontano dalla chiesa, anzi. Il suo passato parla di perseguitazioni, di superstizione, mistero ma soprattutto di una profezia.
Beatrix fece volare il bicchiere con un solo gesto e lo face finire in grembo al cugino, che sorridendo lo fece fluttuare alzando semplicemente lo sguardo. Il contenuto del bicchiere tremò. I due cugini si guardarono negli occhi.
Bombe. Spari. Urla.
-Benvenuto all'inferno, cugino.

Coppie principali femslash ed het.
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Carol aprì l'armadio in legno. La sua stanza, a parte quella della madre, era l'unica ad avere varianti di colore. Il legno regnava in quella camera, le aveva sempre messo tranquillità e calore.
- Potrei mettere la gonna gialla con un top bianco con la stampa a forma di sole.
- Cosa devi fare oggi?
La Somma Kendra era seduta sul letto dalla trapunta viola. Esso era a baldacchino, la struttura di legno sovrastava la stanza.
- Volevo portare Judit in giardino, nella parte Ovest. Le insegnerò qualcosa per la cena in imminente arrivo.
La principessa aveva ancora lo sguardo indeciso verso i vestiti, tutto quel giallo, arancione, oro, le facevano girare la testa. Aveva rari capi bianchi, con stampe gialle e arancioni e due o tre abiti rossi, non aveva ancora però l'età per indossarli. Erano le regole. - Credo possano andare benissimo. Hai già preparato un vestito per Judit? Parleranno anche di lei e sarà qualche volta al centro dell'attenzione, e deve saperci stare. È la tua dama di compagnia, ne risentiresti pure tu di una brutta figura.
La bionda annuì consapevole. Ci pensava da quando le avevano annunciato della cena e del ballo.
- Vedrò cosa fare.
Un improvviso mal di testa la fece piegare dal dolore, la Somma Kendra si precipitò verso la regnante, preoccupata.
- Carol, Carol? Mi senti?
Nonostante la veneranda età, tirò di peso la ragazza sul letto. Era la cosa a cui teneva più al mondo.
- Sto bene, sto bene. È passato. Santo cielo, non mi è mai successo in questo modo.
La ragazza si massaggiò le tempie, nonostante il dolore fosse cessato del tutto.
Si concentrò immaginando un bicchiere di acqua, la consistenza, il liquido trasparente; notò con disappunto di non essere riuscita nel suo intento.
L'acqua era arrivata senza bicchiere sulla sua veste.
- Te ne prendo uno io, sei ancora agitata, non preoccuparti, non pensare cose strane, va bene?
La vecchia accarezzava con delicatezza i capelli della ragazza sconvolta.
- Non dirlo a nessuno, ti prego.
Stava quasi singhiozzando dalla paura; se solo sua madre avesse scoperto una cosa simile...
- Non c'è neanche bisogno di dirlo, Carol.
La donna si sentiva offesa da quella precisazione.
- Non potrei mai tradirti, mai.
La principessa annuì impercettibilmente facendo uscire la sua allevatrice.
Cosa mi sta succedendo?
Stava forse morendo? Era malata? Qualcuno le aveva fatto un incantesimo? I suoi poteri stavano scomparendo?
Non riuscì a rispondere a nessuna e arrabbiata, si coricò chiudendo gli occhi.
Judit avrebbe aspettato, aveva bisogno di stare sola.





Suryan si alzò di scatto dal letto, un brutto sogno l'aveva spaventata tanto da svegliarla. Suor Caroline era per terra esanime con una pozza di sangue, che gocciolava al piano inferiore dal pavimento.
Respirò affannosamente fino a quando si decise di alzarsi; Jalice le aveva comprato molti vestiti adatti ad un'apprendista. La sua camicia da notte arrivava all'altezza delle ginocchia, si sentiva però stranamente a disagio. In quel posto nessuno credeva al suo Dio e non poteva certo biasimare il perché; nonostante ciò quello che la turbava di più era che sentiva di starsene allontanando pure lei. Ed era la cosa più brutta che avrebbe mai potuto pensare succedesse.
Scese le scale di legno scricchiolanti e sopra la camicia indossò un giubbotto imbottito. La neve iniziava ormai a sciogliersi del tutto, era stata una stagione lunghissima. Aveva iniziato a cadere ad ottobre e stava finendo solo a metà marzo. Non aveva mai assistito a nulla di simile, o almeno da quando ne avesse memoria.
- Cosa fai qui fuori?
Beatrix stava bevendo qualcosa dal liquido di colore marrone. La sua testa continuava a stare immobile, senza degnarsi di guardare l'amica negli occhi. Il maglione di lana nero la faceva sembrare il doppio di quello che era e questo era davvero buffo. Aveva una forma splendida, Suryan sapeva che ogni mattina si allenava, lei non ce l'avrebbe mai fatta.
- Ho bisogno di aria. Se ti disturbo esco dal retro.
Suryan non si mosse fino a quando Beatrix non si voltò di scatto, porgendole il bicchiere dal liquido insolito.
- Cos'è?
- Vodka. La mia preferita, assaggia.
Suryan prese il bicchiere tra le mani e quasi le cadde dalla preoccupazione! Poteva farcela, solo un sorso. Con la lingua toccò la bevanda e iniziò a tossire e a sputare.
Beatrix scoppiò in una risata piena e così gioiosa che Suryan la seguì poco dopo, anche se un po' a fatica.
- Sei davvero unica, Suryan.
La ragazza dagli occhi verdi si avvicinò alla corvina; di rimando Beatrix le prese le mani fredde.
- Ti va di salire sul tetto? Io lì penso meglio e si vedono bene le stelle.
Suryan annuì e Beatrix prendendola per mano la fece salire tre rampe di scale, cercando di fare meno rumore possibile.
Le due ragazze si distesero sul tetto.
- Ma tu non metti mai il pigiama?
Beatrix sorrise.
- Dormo con una canottiera nera e un paio di mutande che metto esclusivamente cinque secondi prima di addormentarmi, Sur.
Suryan la guardò sbigottita per poi ridestarsi. Insomma, non tutti potevano essere come lei, no?
- Avvicinati, non senti freddo?
Suryan non ci pensò due volte ad appoggiare la testa sul braccio disteso della corvina. Si sentiva così bene! Non pensava a nulla se non a quel momento, a quell'istante che dopo mesi, se non forse anni, se non forse da sempre, la fece sentire viva. Non un numero qualunque dietro le file di qualcuno, ma speciale, con un valore personale.
Le stelle riempivano il cielo scuro, sembravano un disegno meraviglioso su uno sfondo nero che però in quel momento non le incuteva timore o mistero, ma solo serenità e voglia di assaporarlo tutto.
Con gli occhi cercò le stelle più grandi e luminose, sapendo già in realtà fossero pianeti.
Sentiva di dirle della rosa, di come l'aveva fatta apparire sulla sua specchiera, di come si fosse sentita. Prima però, voleva sapere qualcosa di importante di lei.
- Hai sofferto molto, Bea?
La ribelle si sentì strana sentendosi chiamata così dalla quasi suora ma scacciò quel pensiero irrilevante. Le stelle stavano scaldando anche lei, il suo corpo era così rilassato che le sembrava di essere distesa sul materasso più comodo del mondo e non su dei mattoni.
- Ho avuto tanti motivi per farlo.
- Puoi... vuoi dirmi uno di questi?
Beatrix si mise su un fianco, con il fiato sul collo di Suryan.
- Ero innamorata di una persona che si è presa gioco di me. Avevo fatto di tutto pur di far funzionare le cose, avrei dato anche la mia vita per starci bene, per essere felice con quella persona che mi faceva sentire viva e... qualcosa di indescrivibile.
- Come si chiamava? Era un ragazzo del gruppo?
Beatrix rise amaramente per poi sfilare il braccio dal collo di Suryan, sedendosi.
- Era una ragazza, si chiama Eileen.
Suryan rimase così sorpresa che non riuscì più a dire nulla.
Il silenzio durò per interi minuti fino a quando non fu Beatrix a riparlare, non aspettandosi più una risposta dalla compagna accanto a lei.
- Forse è meglio rientrare, ci aspetta una giornata pesante ed è già tardissimo. Quattro ore e albeggia il sole.
Non aspettò nessuna risposta e scese giù, girandosi solo una volta per vedere se la ragazza la seguisse. Lo stava facendo con lo sguardo basso.





Judit era stremata. Era il vespro e i piedi le dolevano; il castello a breve avrebbe aperto i battenti in occasione del Ballo dei civili, o come le cameriere l'avevano chiamato, e lei sembrava sospesa tra la vita e la morte.
Quella mattina era stata quasi buttata dal letto da una cameriera piuttosto robusta, neanche il tempo di realizzare di esser stata svegliata con un urlo in faccia che subito venne trascinata in bagno. Fu condotta in un'ampia sala dalle grandi vetrate che davano sul giardino, la luce solare filtrando aveva accompagnato ogni suo passo tra torce dorate appese e sfavillanti diamanti. Il suo maestro di ballo non era stato affatto paziente con lei: non aveva fatto altro che riprenderla al minimo sbaglio. Judit era perfettamente in grado di ballare, dopotutto i passi di danza di quei luoghi non differivano molto da quelli mondani, solo che quel giorno il maestro doveva essersi alzato col piede sbagliato.
Durante le prove all'ora di pranzo, aveva azzardato a domandare dove diamine fosse finita la biondina, ma ciò che aveva ottenuto era stato un ghigno da parte dell'insegnante di galateo. "Non c'è niente da fare, sei carente di buone maniere, non sei neanche al corrente dell'importanza dell'ordine in cui è opportuno prendere le posate, dall'esterno, mai iniziare dall'interno! Le buone maniere a tavola prima di tutto!"
Sembrava che la sua voce civettuola si fosse insinuata nella sua mente per non uscirne più, aveva ancora mal di testa. Si massaggiò le tempie, esasperata. Il piedi le facevano ancora male per via dell'allenamento pomeridiano e a breve avrebbe dovuto affrontare un ballo. L'unica cosa buona che aveva ottenuto era stata un'informazione sulla sua posizione. Era stata Aisha, la cameriera dalla pelle scura, a donargliela, gentilmente. "Osternia? Non è molto lontana, ma è davvero difficile oltrepassare il confine. Un incantesimo ci tiene separati dai territori della Luna, che sono davvero vasti, sebbene vi regni la più totale anarchia. Dicono che, quando attraversi il confine, il giorno diventa notte e viceversa. Adesso starà per fare mattina ad Osternia" le aveva detto circa mezz'ora prima, mentre era intenta a versare dell'acqua in una bacinella per alleviarle il dolore ai piedi. Si era messa a pregare, in un sussurro, quasi fosse gelosa di Quelle Sante Parole. Aveva imparato ad amare Dio grazie alla madre, la cui fede era incrollabile, non certo in monastero. Avrebbe voluto continuare ad amarLo in quel modo per sempre, senza bisogno di una veste a dimostrarlo.
I suoi pensieri furono interrotti dalla porta che man mano veniva aperta. Una fronte rugosa, prima appena visibile, poi totalmente, introdusse la figura della Somma Kendra, un'anziana molto vicina a Carol Sonya. Vedendola seduta con i piedi in una bacinella, doveva aver convenuto fosse meglio non farla alzare. Poggiò un pacchetto glicine sulle sue ginocchia e Judit capì.
- La signorina Carol non si è affatto dimenticata di te. Ha scelto personalmente l'abito, a breve alcune cameriere ti aiuteranno a indossarlo. Speriamo sia di tuo gradimento.
Fece per uscire, quando Judit la fermò. Era esausta, ma la sua curiosità era più forte della stanchezza.
- Aspetti! Lei ha scoperto il mio potere, mi dica di più, la prego!
La Somma Kendra si voltò. Non aveva un'espressione sorpresa. - Io sono solo una sensitiva, percepisco le presenze, i poteri. Come me, anche tu hai dei poteri derivanti dalle streghe della Luna, ma ahimè, sono una vecchia, in gioventù ho raccolto la mia energia spirituale racchiudendola in questo bastone - lo alzò da terra - prevedendo questi tempi. Ora dipendo da esso. Non sono in grado di fare altro, te lo dico con il cuore pieno di sincerità.
Judit sgranò gli occhi. - Perché mi dice tutto questo?
La Somma Kendra le mostrò un sorriso amaro. - Perché anche io sono stata una prigioniera.





Suryan aveva dormito davvero poco, non solo perché aveva avuto solo quattro ore per riposarsi, principalmente perché non faceva altro che pensare a quello che aveva scoperto.
Beatrix stava con una ragazza. Nella sua visione cattolica doveva sembrare ai suoi occhi un abominio ma in realtà non ci riusciva. Non vedeva una Beatrix diversa da quello che era sempre stata ai suoi occhi, anzi si sentiva più sicura. Qualcosa dentro di lei le aveva fatto sorgere il dubbio ma non ci aveva fatto caso più di tanto, nonostante ciò era rimasta la notte precedente sbigottita, così tanto da non riuscire a pronunciare una sola sillaba.
Si mise un maglione bordeaux di lana, una sciarpa nera di cotone e dei pantaloni imbottiti neri, accompagnati da degli stivali verde scuro di vernice.
Non riusciva a credere di aver cambiato il suo abito consacrato da ormai mesi con questi nuovi vestiti. Per carità, Jalice aveva scelto benissimo, non erano per nulla sconvenienti, ma non credeva che sarebbe mai riuscita ad indossare qualcosa di diverso, che avrebbe mai voluto farlo.
- Buongiorno, Sur! Stavamo giusto parlando di una cosa che sicuramente ti farà piacere sapere.
Jalice con un grembiule verde faceva volare frittele e bicchieri pieni di latte per ogni commensale.
Helga era seduta a capotavola, la testa abbassata e completamente vestita di nero, cosa mai vista da Suryan. Ai suoi due lati vi erano Claudius e Romina.
Poco più avanti, disposte in entrambe le file vi erano Jasper, Beatrix, Theron, un bambino che non aveva mai visto e la piccola Annabelle, la sorellina di Jalice.
La bambina rossa saltò addosso a Suryan, era appena tornata da un campeggio per bambini.
La ragazza sorrise, sinceramente felice di rivederla, le metteva così umanità.
- Bentornata, 'Belle!
- Mi siete mancati tutti! Anche se un po' di più la mia sorellona.
Scappò da Suryan a Jalice, attaccandosi al suo grembiule.
Le due sorelle si abbracciarono e si sedettero vicino a tavola, erano davvero molto unite nonostante la rilevante differenza d'età.
Suryan si volse verso Beatrix che non aveva alzato lo sguardo nemmeno una volta dalle sue frittelle con sciroppo d'acero, e fu però obbligata a farlo quando Suryan si fece posto accanto a lei.
- Buongiorno, Beacosa. Hai dormito bene?
La corvina, a dir poco sorpresa, non riuscì a contenere lo stupore urlando, fin troppo, un: - Ma che cazzo...
Suryan si mise le mani alle orecchie, cosa che faceva puntualmente perché tutti lì dentro accompagnavano quasi sempre una frase da una parola scurrile.
- Per favore, usa termini più adeguati! Quante volte devo dirlo?
Beatrix continuava a guardarla con occhi sgranati con il silenzio degli altri come spettatori. Più sorpresi della reazione di Beatrix che di Suryan, essendo all'oscuro delle circostanze.
- Buongiorno anche a te, Suryan! Dormito bene? Grazie, Beatrix, ho dormito bene anche io!
L'apprendista prendendo in giro la -secondo lei- maleducazione della compagna, impersonò un dialogo con se stessa interpretando anche Beatrix.
- Sì sì, okay. Buongiorno, Suryan.
La corvina ritornò al suo piatto lasciando gli altri un po' confusi.
- Ti sei alzata col piede storto, vedo.
Jalice porse un po' di vino all'amica, accentuando la sua frase.
Beatrix prese il vino e iniziò a bere, offuscando un po' del suo malessere.
- Qual era la bella notizia?
Suryan riprese a parlare poco dopo che la situazione si fosse ristabilizzata, sperando in una novità su Judit.
Romina si scostò i capelli mossi dal viso e iniziò a parlare riempendosi un bicchiere di latte.
- Abbiamo pensato di fare una visita al Monastero. E se senti di dover tornare lì, ritornerai senza problemi. I tuoi poteri consistono semplicemente nel neutralizzare gli attacchi della nostra Congrega, non ci sono di elevata utilità visto che noi mezzosangue siamo tutti dalla stessa parte.
Jasper e Suryan si scambiarono un'occhiata di intesa sapendo che in realtà non era propriamente così.
La donna bevve un sorso di latte e poco dopo riprese: - Ovviamente non dovrai dire a nessuno di ciò che hai iniziato a studiare e che hai visto. Ormai fai parte del nostro gruppo e saresti sempre la benvenuta se volessi rimanere con noi.
Suryan sentì il suo cuore battere forte e la felicità le fece inumidire gli occhi, cosa che non sfuggì a Jalice che le mise una mano sulla spalla. Sarebbe finalmente tornata a casa?
Con voce tremante di emozione iniziò a parlare: - Mi trovo davvero bene con voi ma credo sia giusto dirvi che vorrei tornare a casa e visto che saremo lì, potrete parlare con la suora che mi ha trovata, Caroline. È una donna molto dolce e comprensiva, non si farà problemi a riguardo.
Si chiese se Judit fosse già a casa; nonostante ciò l'emozione lasciò un piccolo spazio di incertezza. I suoi sentimenti sembravano così confusi e così contorti!
Claudius annuì convinto, toccandosi la barba incolta rossa.
- Penso sia un buon compromesso, ormai ti vogliamo tutti bene e speriamo il meglio per te.
Suryan si sentì compiaciuta da quelle parole; ci teneva anche lei, più di quanto riuscisse ad ammettere a se stessa.
- Farai l'ultimo viaggio al Monte Dargos insieme a tutti i tuoi amici e poi andremo al Monastero. Ti va?
- Sì, con piacere.
Jasper prese parola invitando Suryan ad alzarsi per uscire un po'.
- Prendiamo un po' d'aria, credo tu ora ne abbia bisogno.
Suryan annuì e guardò Beatrix che aveva posato lo sguardo sull'apprendista. La corvina le sorrise e Suryan si sentì più tranquilla. Era felice anche lei per il suo ritorno? O forse semplicemente non vedeva l'ora se ne andasse?
Dopo le confidenze della notte prima sentì dentro di lei che la verità si celasse nella sua prima domanda.
Si alzò e raggiunse Jasper ormai alla porta, lanciando un'occhiata ad Helga, che aveva appena lasciato la tavola.
Forse qualcosa stava andando bene.





Quando era piccola, sua madre le faceva indossare i vestiti nuovi senza che lei li vedesse se non prima fosse stata pronta. Nora era una sarta, entrambe vivevano discretamente grazie al suo lavoro, dal momento che era l'unica sarta in tutta Osternia. Lavorava sempre, fino a tarda notte, e Judit la osservava, incantata dalle sue abili mani, capaci di creare capolavori.
Quella sera, si era fatta vestire e acconciare i capelli lontano dallo specchio. Non aveva dato alcuno sguardo al vestito, aveva tenuto gli occhi chiusi, non mancando di ascoltare i pettegolezzi delle cameriere. "Questa sera verrà anche Jonny; sembra che ultimamente abbia la testa tra le nuvole, si sarà innamorato?"; "È un ragazzo così nella media, ma ha tanti soldi!"; "Chissà chi è la fortunata!".
Le chiacchiere si erano quietate quando la cameriera addetta alle acconciature aveva ultimato il suo lavoro.
Dopo un po', la stanza si era vuotata: Judit era la ancora ferma in quel punto. Avanzò a passo lento verso l'ampia specchiera bordata d'oro, facendo attenzione a non guardare la stoffa che l'avvolgeva.
Dato l'ambiente e le usanze del posto, nelle sue aspettative si era fatta largo l'idea dell'ennesimo vestito giallo canarino che non le avrebbe donato. Odiava il giallo, addosso in modo particolare.
Quello che vide la spiazzò.
I capelli erano legati dietro la nuca in un'acconciatura elaborata, erano intrecciati fino a formare una stella a molte punte, una sola ciocca le incorniciava il viso.
Nell'argento della collana, che riempiva la porzione di pelle lasciata scoperta dallo scollo a barca, erano incastonate pietre verdi, non luminose come smeraldi, ma più scure e opache, lo stesso dicasi degli orecchini.
L'ampio e morbido vestito che la fasciava era anch'esso di un verde scuro. Per constatarne la morbidezza, affondò le mani tra le balze. Era bello. Era bella. L'ultima volta che si era sentita bella la ricordava chiaramente, ma non pensava che avrebbe potuto rivivere quel ricordo. L'ultimo vestito che la madre le aveva confezionato era del medesimo colore. "Sei come la tua mamma, ti donano i colori scuri" le aveva detto mentre era intenta a legare un nastro ai suoi capelli.
Una lacrima minacciò di solcare il suo viso, ma decise di ricacciarla, tenendo che il trucco si rovinasse.
Si sentiva pronta a rivivere il suo sogno.
- Hector, sto arrivando.


- Vorresti agire nella stanza da ballo?
Ormai Daraen aveva monopolizzato la sua banda, c'era poco da fare.
Se ne stava con le mani poggiate sotto il mento a scrutarlo quasi fosse un criminale - anche se, effettivamente, era un criminale.
Hector era intento a sistemare la sua vecchia giacca blu bordata d'oro davanti allo specchio, scocciato dal tono saccente della fata.
- Genevieve e figlia si intrattengono sempre poco nella sala da ballo, sono sempre fuori a salutare gli invitati o nella sala da pranzo a dare disposizioni. Vedrete, non correrò alcun rischio.
Kirk poggiò una ciotola di latte per terra. - L'ultima volta che hai detto così, e anche quella prima, sei stato sbattuto come un prosciutto in gattabuia. Capito, piccola Judit, gattabuia!
La gattina accorse per immergere il musetto nella ciotola, noncurante del moro.
Hector gli lanciò uno sguardo torvo.
- E fategli fare quello che vuole, tanto è lui a finire in prigione! - sbottò Olivia, intenta a limarsi le unghie.
- Dovrei dirti grazie?
Daraen sospirò. - E va bene, ma voialtri mi seguirete.
Kirk e Olivia annuirono.
- Obbedienti come cagnolini, non posso proprio abbandonarvi per qualche mese! E, Kirkretino, giù le mani dalla mia ragazza! - indicando la mano del moro che accarezzava la gatta.
Sbuffò e tornò a guardarsi. Era pronto.
- Principessa, sto arrivando.



Hector (E NON POTEVA CHE ESSERE IL SOMMO)
Olivia
Kirk


Anticipazioni:

- Si aprono le danze! Una sorpresa è in serbo per Hector!

- Kirk e Daraen: nuovi e misteriosi passaggi segreti si apriranno nel palazzo reale.

- Sussurri a cena.. chi è veramente Hidden?

- E Olivia? Dove mai potrebbe essere andata?

   
 
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