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Autore: DreamsofMartina    15/08/2017    0 recensioni
Può l'obbligo di una sera stravolgere le nostre vite?
Può una sconosciuta sconvolgerci al punto da farci cambiare idea?
E... bisogna essere necessariamente tristi per amare i tramonti?
Queste e molte altre domande troveranno una risposta di notte, sul letto di una mastodontica suite,
al lume di un abat-jour con la magia delle luci Newyorkesi a fare da sfondo ad un'avventura a base
di party, cocktail, star ed equivoci che catapulteranno Martina nell'ammaliante quanto effimero mondo
dello spettacolo.
Ma in tutto questo... cosa c'entra Jared Leto?
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sunset

 

-Giulio, tesoro, sono a New York, spenderai una fortuna! potevi mandarmi un messaggio!- disse la ragazza sedendosi sul bordo del letto.

-dolcezza, se te l'avessi potuto dire via sms a quest'ora non staremmo a mandare a puttane il credito dei nostri telefoni, ti pare?-

Roteò gli occhi e scosse la testa -Giuly, se la questione non è di vitale importanza, puoi anche scordarti che porterò il mio bel culetto da Sephora per fare incetta dei tuoi adorati cosmetici di Kat!-

-Mina vaffanculo!- fu la risposta acida dell'altro.

la ragazza replicò con una sonora pernacchia -Tutto ha un prezzo, mio caro! E smettila di chiamarmi Mina!-

-Cuginetta, se in ventidue anni non ho smesso, di certo non inizierò adesso!- risero di gusto e la ragazza si perse un momento ad ammirare la 5th Avenue accostandosi al finestrone della sua stanza d'albergo.

-Sputa il rospo Giuly, che cosa è successo di così importate da costringerti a chiamarmi alle… - guardò l'ora, erano le nove di sera a New York - cazzo Giuly sono le due di notte in Italia! Cosa sei, un fottuto vampiro stacanovista? - domandò la ragazza con un misto di sorpresa e divertimento.

L'uomo sospirò.

-Taglia corto!- fu l'immediata risposta della ragazza.

-Devo chiederti un favore!-

-Spara!-

-Una cara amica mi ha chiamato giusto un quarto d'ora fa dicendomi che il suo datore di lavoro sta nella merda più profonda e mi ha pregato di aiutarla!-

-Oh. Mi spiace molto per lui. Giuly però non ti seguo, che c'entro io in tutto questo?- chiese confusa.

-Ecco… vedi… essendo io inchiodato a Milano, e trovandosi lui a New York come te... l'unica soluzione che mi era venuta in mente è che tu avresti potuto tirarlo fuori dal casino in cui si è cacciato al posto mio.- rispose cauto l'altro.

-Ah. E chi sarebbe la persona in questione?- chiese perplessa e ancora non del tutto convinta dell'attuabilità della richiesta.

-Beh… ecco… oh insomma! Il fatto è che si tratta di Jared Leto.- snocciolò d'un fiato il cugino.

La ragazza scoppiò in una fragorosa risata -Sei una merdaccia Giuly! E io ci sono cascata con tutte le scarpe! Ti giuro che per un attimo ci ho creduto davvero! Cosa mi dirai ora, che l'amica di cui parli è Emma Ludbrook?-

-Dolcezza lavoro per Vogue, ricordi? - rispose tagliente l'altro - Si dà il caso che Emma l'abbia conosciuta ad una sfilata anni fa a New York e che da allora siamo rimasti in contatto… sai come vanno queste cose, un favore tira l'altro e col tempo siamo diventati buoni amici. Tu sai bene che non rifiuto mai un favore ad un amico. Quindi sì, sono serissimo Mina, ho bisogno del tuo aiuto per tirare fuori quel coglione di Leto dalla situazione di merda in cui si è infilato… tanto più che sei una sua fan! Dovrebbe farti piacere, no? Ti sto offrendo l'opportunità di averlo ad un palmo di naso! Se non fossi così modesto ti direi che in realtà sono io a fare un favore a te!-

Sbattè convulsamente le palpebre, cercando di metabolizzare non solo la rivelazione che suo cugino le aveva appena fatto, ma anche, e soprattutto, la subdolità della sua richiesta. - Oh merda, non dirmi che era questo il momento in cui mi sarei dovuta mettere ad urlare come una scimmia! Lo era, vero? Cazzo lo sapevo! E immagino che avrei dovuto iniziare a snocciolare ringraziamenti a te, ai Santi e a Vishnu per il lavoro che svolgi e l'inestimabile regalo che mi stai facendo, idolatrandoti nemmeno fossi il nuovo Messia! Scusa Giuly, il mio tempismo fa decisamente cagare, lo ammetto. -

-Hai finito di prendermi per il culo?- l'interruppe l'altro

- E tu hai finito di trattarmi come una teenager cerebrolesa? Perchè non proponi questi giochetti meschini a qualche adolescente in calore? Sono certa che farai pesca grossa! Ma come cazzo ti è venuto in mente che mi sarei lasciata convincere da questi squallidi mezzucci? Ma pensi davvero che io sia così cogliona? Sai che ti dico: vaffanculo! - livida di rabbia e delusione fece per riattaccare, quando la voce del cugino la sviò dal suo proposito.

- Cazzo! -

- EEEH! Risposta sbagliata, ritenta sarai più fortunato!-

- aaah… va bene, va bene, lo ammetto: sono un coglione! Non so che mi abbia preso! Mina, seriamente non volevo trattarti da ragazzina arrapata è che ti sento parlare spesso di Leto, sei molto informata su di lui… -

-E questo ti dà il diritto di trattarmi da fangirl? Ho ventidue anni porca troia Giuly, come cazzo puoi pensare che mi metta ancora a sbavare davanti ad attori e musicisti! Cosa cazzo ti dice il cervello, eh!-

-Ok, ok, hai ragione sono una grandissima stronza, contenta ora? Non so cosa cazzo mi sia uscito di bocca, Mina scusa, dico sul serio… è la forza dell'abitudine, convincere le persone che non possono fare a meno di quello che vedono… cazzo, mi sto trasformando in Vogue Magazine!-

La ragazza sorrise - un altro "cazzo" e rischio seriamente di diventare uomo! Tranquillo Giuly è tutto ok. -

Si sentì un lungo sospiro dall'altra parte dell'apparecchio - no Mina hai ragione, mi sono comportato da stronza opportunista; è che il lavoro è febbrile in questo periodo, lo stress sta per superare il suo record storico e dormo quasi niente, ci mancava solo questa notizia tra capo e collo l'unico fottutissimo anno che non sono a New York! -

Ora sì che la ragazza si sentiva davvero tra l'incudine e il martello- Giuly credimi vorrei aiutarti, lo vorrei tanto ma domani devo svegliarmi presto per andare alla conferenza che terrà Clint Eastwood su Sergio Leone, lo sai che sono venuta a New York solo per questo. -

-Lo so, e scusami tu, non avrei dovuto chiamarti… non avrei dovuto chiedertelo… dimentica tutto, ok?-

Si morse un labbro -E' la sua vita privata Giuly, io non… non mi sembra rispettoso nei suoi confronti… - sospirò- c'è anche Terry, io… credimi preferisco non sapere. -

Ci fu qualche istante di silenzio in cui la ragazza pensò che il cugino stesse per riagganciare prima di sentirlo rispondere fintamente stupito -Come… come fai a… io non ho nominato nessun Terry Richardson, Mina!-

-Oh Giuly, falla finita! Non sono mica così scema! Terry abita qui a New York e questa è la settimana in cui si svolge il Fashion Week, purtroppo è normale che staranno insieme lui e Jared. Sei sempre stato un pessimo attore!-

L'altro emise un urletto di rassegnazione -Ma quanti complimenti sta sera! - sospirò- Hai ragione, Richardson è con Jared… ed è proprio questo il problema! Vedi, a quanto mi ha detto Emma, Jared in questo momento dovrebbe star partecipando al Colette's Valentine's Day Sex Party a Le Baron, ospitato proprio da Terry Richardson, e pare che ci siano anche delle modelle minorenni, non solo, circolano voci nel mio settore che quel locale abbia ottenuto la licenza per distribuire alcool sottobanco…. ovvero che non l'abbia ricevuta affatto! Come potrai avere intuito, se dovesse arrivare la polizia Jared può considerarsi totalmente e incondizionatamente fottuto.-

La tranquillità con cui suo cugino le aveva esposto i fatti la impietrì - Giuly perdonami, però ha pure quarant'anni, se non inizia adesso a prendersi le responsabilità delle sue azioni, quando lo farà? Credo che nessuno lo abbia forzato ad andare a quel party, poteva benissimo dire di no. Va sempre a finire così quando c'è Terry di mezzo, non ti aspettare che cambi idea su di lui solo perchè gli avrai parato il culo. Non sono queste le occasioni che fanno di Jared l'uomo che è, suppongo che le persone che lo supportano davvero non smetteranno di farlo solo perchè ha partecipato ad un party… selvaggio.-

Dall'altra parte dell'apparecchio il cugino sorrise -Saresti stata la persona perfetta per aiutarlo... non voglio convincerti non fraintendermi, è solo una constatazione, una conseguenza di quello che hai appena detto; sai, il tuo non coinvolgimento nella sua vita privata, il non volerlo giudicare in queste occasioni… ti fa onore, dico sul serio. Lo Show Business è come nuotare in una vasca di pescecani, tutti sono alla ricerca di uno scoop, si arriva quasi all'annientamento dell'individuo, non è comune sentire da una fan che la vita privata di un personaggio noto abbia tutto il diritto di rimanere privata. Detto questo, credo sia arrivata l'ora di lasciarci e per me di andare finalmente a dormire; mi inventerò qualcosa con Emma, dopotutto hai ragione, lui ha quarant'anni e io non sono nemmeno a New York, non avrei dovuto dirle di sì dal principio. Ti chiamo domani su Skype così mi fai il resoconto dettagliato della conferenza, va bene?-

Scosse la testa maledicendosi, si sentiva come una corda contesa al tiro alla fune, da una parte non voleva assolutamente immischiarsi nella vita privata di Jared, mentre dall'altra l'addolorava sentire suo cugino così demoralizzato e vacuo. Si massaggiò gli occhi con la mano libera, emise un sospiro lungo e sofferto, qual era la scelta giusta? Il cuore non accennava a diminuire l'intensità dei battiti e ora anche le mani avevano iniziato a tremarle, iniziò a mangiucchiarsi il pollice tanta era la tensione che l'assaliva in quel momento. Decisione, indecisione… tutto si riconduceva ad un'unica scelta. Chiuse gli occhi e abbassò la testa, incassando la dolorosa sconfitta. - Lo faccio.-

-Prego?- le domandò il cugino spaesato.

-Lo faccio. -ripeté con più convinzione- Ti aiuto con Jared; non c'è bisogno che chiami Emma a questo punto.-

-Sei… sei sicura?- domandò cauto

Sospirò - Dimmi che devo fare.-

-Oh… sì… bene…. - si schiarì la voce cercando di suonare il più professionale che l'ora tarda gli permettesse di essere - molto bene… allora, io ti fornirò l'invito, l'abito e ti metterò in condizione di entrare all'interno del Le Baron senza grossi problemi…-

La ragazza troncò la frase sul nascere -che intendi per "grossi problemi"?- già lo sentiva arrivare il maledetto pentimento.

-la questione è semplice, sei un accredito dell'ultimo momento, ovviamente hai tutte le credenziali per entrare ma se la security è particolarmente stronza potrebbe farti dei problemi, se ciò dovesse succedere tu dovrai convincerli che la tua presenza lì è indispensabile, che dicendoti di no rischiano di mettersi contro metà lista di invitati! - il cugino non le diede modo di ribattere - Ho bisogno di fare alcune chiamate, tu adesso vai a farti una doccia e ci risentiamo via Skype tra un quarto d'ora, d'accordo?-

Annuì sbuffando -D'accordo.- stava per terminare la chiamata quando la voce del cugino la richiamò all'apparecchio.

-Mina?-

-Sì!-

-perchè hai accettato di farlo?-

la ragazza schiuse le labbra in un sorriso amaro - Perchè, nonostante non servirà a nulla, tutti hanno diritto ad una seconda opportunità.-

Ad un'ora dalla destabilizzante telefonata avuta con il cugino, la ragazza si trovava all'interno di una lussuosissima auto dai vetri oscurati, con tanto di autista al suo completo servizio per tutta la sera.

Osservò per l'ennesima volta il vestito che indossava; Giulio, come suo solito, aveva fatto le cose in grande, facendole recapitare un vestito di Moschino color avorio con delle applicazioni floreali a contrasto e, a detta sua, era stato magnanimo scegliendolo con le maniche a tre quarti. Sbuffò, se anche era stato clemente con la scelta delle maniche, di certo non si poteva dire la stessa cosa per il resto: il vestito non superava che di qualche centimetro la coscia e la scollatura lasciava l'attaccatura del seno completamente scoperta. Le aveva concesso l'uso di una stola solo per il tragitto hotel-auto ed il successivo ritorno. Riprese a torturasi le mani, si sentiva fuori luogo seduta su quella costosissima pelle nera e completamente a disagio con quel vestito; ripensò ancora una volta alle parole del cugino: "Una volta all'interno del locale individua Leto e fa' in modo che ti noti, che si incuriosisca, che si angusti cercando di capire chi tu possa essere e perchè non ti abbia mai visto prima, devi diventare il suo pensiero fisso; poi dovrai trovare un modo per trascinarlo fuori da lì e riportarlo nel suo hotel. Ho dato il tuo numero ad Emma, ti chiamerà ad un certo punto e ti darà tutte le informazioni che ti servono. Sei più bella e intelligente di tutte le oche che troverai lì dentro, non farti ammaliare da lustrini e sorrisi, è tutta finzione, quelle che vedrai sono tutte persone vuote, devote solo all'apparenza, la cui unica mira è la fama altrui; ricordati sempre che tu sei vera, non farti influenzare da ciò che vedrai sta sera, pensa di assistere ad uno spettacolo circense e tutto filerà liscio come l'olio. Il mio telefono rimarrà acceso tutta la notte: chiama." Ancora persa nei suoi pensieri non si accorse di essere arrivata fino a quando Phil, l'autista, non chiamò il suo nome - Miss Martina, we're here.-

La ragazza sentì l'ansia farsi nuovamente largo dentro di sè -oh, already?-

L'uomo sorrise comprensivo -I'm gonna be just round the corner waiting for you and your friend to come out.-

La ragazza si lasciò andare ad un sorriso forzato -Thank you Phil, but he is not my friend.- come pattuito con il cugino, lasciò la stola in auto, dandola in custodia all'autista; prese un bel respiro e guardò un'ultima volta Phil -Wish me luck!- non fece in tempo ad udire la sua risposta che lo sportello della vettura si aprì, seguito dalla mano di un valletto che l'aiutò a scendere, dandola in pasto alle luci della ribalta.

Si meravigliò di quanto poco illuminata fosse l'entrata de Le Baron, ma ciò che la lasciò completamente senza parole fu l’orrido e minuscolo portone color carbone.

Era in piedi fuori dall’ingresso del club dove la fila formatasi era più lunga di quanto potesse vedere e, a giudicare dalla massa di gente rannicchiata all’angolo tra Mulberry e Mosco, ne dedusse che tutte quelle persone dovevano aver aspettato fuori parecchie ore sperando di ottenere un cenno d’assenso del portiere.

In un attimo fu colta da un attacco di panico e ansia, le gambe, improvvisamente di burro, quasi cedettero sotto il peso del suo corpo: non sarebbe mai riuscita ad oltrepassare quel cupo ingresso.

- How the fuck do I get in!? - si lasciò scappare in preda all’agitazione.

- See that guy? - un ragazzo, in fila accanto a lei, indicò l’uomo che indossava un ridicolo costume da coniglietto ritto davanti il minuscolo portone nero - he’s the guy who lets you in. Or, in reality, doesn’t let you in. -

In un attimo paura e angoscia l’abbandonarono, lasciando posto ad un martellante batticuore; si voltò a guardare l’anonimo interlocutore che era riuscito a stillare nuovamente la speranza in lei - He’s the one who has the list? Does he have a name? - domandò ora incuriosita.

- Yup! He’s turning away almost anyone who’s not a regular or on the guest list. Not sure what his name is but everybody calls him “William the bunny”, can you blame them? - rispose il ragazzo ridacchiando.

- You can’t imagine how helpful you’ve been. - rispose la ragazza incamminandosi verso l’uomo-coniglio; a pochi metri dall’ingresso iniziò ad ancheggiare sensualmente fermandosi di fronte al portiere, raccolse tutto il coraggio che le era rimasto e lo guardò negli occhi - Hi Will, I’m on the list, Martina Gandolfini. Should be a last-minute add, that’s what you get for being the best reporter Vogue has ever had. - snocciolò all’uomo sperando di suonare il più convincente e stizzito possibile.

Non seppe se fu opera di quell’assurda farsa messa in scena su due piedi o di suo cugino che in qualche modo la proteggeva da Milano, il tempo sembrò fermarsi in quell’istante, vide l’uomo-coniglio sfogliare tutte le pagine in suo possesso fermandosi all’ultima, lo vide scorrere i nomi con gli occhi prima di alzare nuovamente lo sguardo e annuire con la testa.

Era dentro.

Scoprì, con suo grande disappunto, che la discoteca, immersa nella luce rossa e avvolta nella coltre biancastra della macchina del fumo, era molto più lunga che larga e vantava soffitti ridicolmente alti; il piano in cui si trovava era arredato con lo scopo di riprodurre una caffetteria, caratterizzato da un andirivieni di cameriere con i vassoi stracolmi di bottiglie e cocktail dall’aria vergognosamente costosa.

Scrutò velocemente gli avventori, di Jared non c’era alcuna traccia; decise quindi di seguire la folla che si riversava lungo un’orrenda scala rivestita in oro che conduceva al piano inferiore.

Arpionò il corrimano pregando tutti i santi affinché non cadesse con quei trampoli ai piedi; mise il piede sull’ultimo scalino scoprendo di essere giunta alla sala da ballo, decisamente più scura, più rossa e più fosca rispetto al piano di sopra, infestata da luci abbaglianti e musica ad alto volume.

Sembrava di essere in un bordello di Saigon, con le cameriere fasciate in un costume semi-tradizionale vietnamita; specchi che sporgevano dalle pareti ed eleganti panchine cozzavano palesemente con l’ambiente circostante, il piano inferiore era completamente selvaggio, adornato da pali e spogliarelliste disinibite, la maggior parte delle quali a mala pena sedicenni, persino le DJ indossavano striminziti vestiti in latex mentre si strusciavano l’una con l’altra.

La ragazza rimase impietrita, era completamente disgustata dalla scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi, stava per voltarsi e scappare da quell’agglomerato di depravazione, lussuria e perversione quando lo vide, i gomiti allungati sul bancone del bar nel goffo tentativo di sorreggersi, una fila di bicchieri vuoti alle sue spalle e una ragazzina che gli si strusciava oscenamente addosso: Jared Leto era completamente ubriaco.

Maledisse suo cugino “attira la sua attenzione aveva detto, diventa il suo chiodo fisso… si come no, sarebbe più facile insegnare la danza classica ad un ippopotamo!” pensò tra sé la ragazza; guardò nuovamente Leto che ora ricambiava altrettanto lascivamente le attenzioni della bella minorenne, alzò gli occhi al cielo sconsolata e si rese conto che non c’era che un’unica cosa da fare: sedersi a quel dannatissimo bancone.

Scalò, cercando di camuffare l’evidenti difficoltà riscontrate, il bisunto sgabello di pelle e fu accolta qualche istante dopo dal palloncino di chewing-gum della barista che un sonoro POP annunciò la sua disponibilità - Malibu and pineapple please! - urlò la ragazza sperando di superare con la voce l’orribile frastuono che la circondava; non si rese nemmeno conto che con quel gesto così naturale aveva appena ottenuto l’effetto sperato, il cantante si scordò per un attimo della gatta morta ancora attaccata al suo petto e si voltò a guardarla rimanendo fastidiosamente meravigliato: conosceva ogni singola persona in lista quella sera, e allora perchè non aveva la minima idea di chi lei fosse?

La curiosità e i dubbi lo stavano divorando a tal punto che non riusciva più a godersi le attenzioni della puttanella che Terry gli aveva procurato quella sera; non c’era nulla da fare doveva scoprire l’identità della ragazza seduta accanto a lui, a qualunque costo.

La ragazza avvicinò le labbra al bicchiere e al contempo una voce roca ed impastata le accarezzò l’orecchio - Malibu and pineapple? Where d’ya think you are, at a fucking Spring break party?-

Lo riconobbe subito “cazzo! non era così che doveva andare! dovevo essere io a prendere l’iniziativa! Non vale, ha barato!” lo maledisse mentalmente cercando di raccogliere le idee e allo stesso tempo di non far passare troppi secondi preziosi; si ricompose e sorrise -Guess I could say the same, you’re fucking drunk.”

Lo vide tentennare e assaporò la consapevolezza di averlo preso in contropiede -You… you don’t have the right to judge me… I don’t even know who the fuck you are!”

Si morse il labbro, cazzo non doveva farlo arrabbiare- Oh cool it Jay, no harm intended… it was just a stupid joke. I didn’t want to set you off… am I forgiven?- cercò di suonare il più sensuale possibile considerando il fatto che non aveva mai flirtato con nessuno in vita sua e sperò che l’elevato tasso alcolico in circolo nel corpo di Jared l’aiutasse nel suo intento.

Ancora una volta fece centro, il cantante sembrò riacquistare il buon umore -How come I’ve never seen you around?”

-I’m Vogue’s best reporter, I needed an excellent reason to mingle with the riffraff…- optò per un sorriso sghembo che sortì la reazione desiderata, se prima il cantante era solo incuriosito dalla sua identità, ora sentiva il bisogno viscerale di scoprire quanto più potesse sull’enigmatica sconosciuta.

-and… have you found one yet?-

-maybe…- rispose lei accavallando le gambe, cosciente che quel microscopico abito avrebbe scoperto buona parte del suo corpo, e al contempo indicò con gli occhi l’adolescente disinibita che, rendendosi finalmente conto di essere stata completamente abbandonata, tornò all’attacco arpionando il petto del cantante.

Jared comprese il messaggio all’istante e allontanò la ragazzina da sé in malo modo -your services are no longer required, darling. You did a good job.- come risposta, la gatta morta girò i tacchi indispettita e si diresse ancheggiando verso la pista da ballo alla ricerca di un nuovo cliente.

Martina rimase disgustata, sentì il vomito salirgli in gola, ci volle tutto il suo autocontrollo per non girarsi e scappare via; “giudicalo per la sua musica, giudicalo per la sua musica…” iniziò ad autoconvincersi mentre l’uomo tornava a fronteggiarla -so… where were we?- domandò malizioso.

Questa volta era lei quella presa in contropiede, Jared sembrò accorgersene dal sorrido soddisfatto che gli si dipinse in volto; “non è in sé, è ubriaco, prenditela con Terry”, la ragazza optò per un nuovo mantra sperando che fosse più efficace del primo e in un lampo ebbe un’idea, si posò la mano che avvolgeva il bicchiere di Malibu sul petto permettendo così ad una goccia d’acqua di infilarsi all’interno della vertiginosa scollatura -I think I need some fresh air, this smoke is killing me.-

Scese dallo sgabello e iniziò a camminare verso le scale sperando in cuor suo che Jared la seguisse, doveva portarlo fuori di lì e aveva già perso fin troppo tempo.

Fortunatamente le sue speranze non furono disattese, una mano si serrò intorno al suo polso, lo vide con la coda dell’occhio e sorride “bingo!”.

-what kind of a gentleman would I be if I didn't escort you, missy.- le sussurrò all’orecchio lasciando che la sua barba ruvida cozzasse con la pelle nivea della giovane.

-the bad kind…- soffiò la ragazza iniziando a salire gli scalini.

Poggiò il piede sul terzo gradino, ormai certa di avere la vittoria in tasca, quando si sentì bloccare di colpo e di conseguenza si voltò per capire il motivo che aveva portato a quel brusco arresto rimanendo completamente pietrificata: quel viscido di Terry Richardson era giusto dietro Jared.

“Fanculo!” pensò mentre assisteva impotente alla discussione in atto tra i due, e se quel pervertito fosse riuscito a convincere Jared a rimanere all’interno del club? Non poteva permetterlo!

Era in balia del panico, la presa sul polso non accennava a diminuire d’intensità, non riusciva a mettere insieme le idee, buio totale, si sentiva presa d’assedio: scacco matto!

In quel momento Jared si voltò a guardarla, capì che era la sua ultima chance, o lui avrebbe capitolato o a lei sarebbe toccato incassare una tremenda sconfitta; fece l’unica cosa che la sua mente, completamente in balia delle emozioni, riuscì a concepire: sorrise mordendo sensualmente il labbro inferiore lasciando poi che la punta della lingua giocasse birichina tra i denti.

Jared sorrise estasiato, il re era salvo.

L’uomo diede due pacche amichevoli al fotografo prima di congedarsi da lui, raggiungendo la ragazza con una falcata.

Non servirono parole, bastò lo sguardo voglioso di lui a dar nuovamente inizio alla marcia; raggiunsero la sala-caffetteria e, districandosi tra camerieri e avventori, si diressero spediti verso l’uscita.

La brezza fresca le accarezzò il viso, ancora non si capacitava di avercela fatta, la piccola Bo Beep era riuscita a portare a termine quella missione che credeva tanto più grande di lei, fiera di se stessa abbracciò di slancio Jared rendendosi immediatamente conto del terribile errore appena commesso -why don’t we go somewhere more intimate, there are too many people here… I don’t like them minding my business… - sussurrò al suo orecchio sperando che quella sua sciocca défaillance passasse in cavalleria.

L’uomo fece scorrere una mano sul collo afferrandole di colpo i capelli facendola sussultare -lead the way- le soffiò all’orecchio graffiante.

Forse con la farsa della seduzione aveva un tantino esagerato, era consapevole che Jared avesse un debole per il sadomaso però lei più che Jessica Rabbit era decisamente e inconfutabilmente una Ana Steele!

Non vedeva l’ora di concludere quell’assurda faccenda e andarsene finalmente in albergo a dormire! Girò l’angolo notando con sollievo che Phil era lì ad aspettarla come programmato, mosse un piede verso l’auto scura quando d’improvviso si sentì tirare indietro cozzando contro il muro del palazzo immediatamente sovrastata da Jared che le bloccò i polsi sopra la testa mentre un sorriso sporco gli si dipingeva in volto.

“Cazzo, cazzo, cazzo!!! E ora che faccio? Porca troia sono nella merda! Ti prego, ti prego, ti prego, fa che non mi baci! Accidenti! Io Jared Leto non lo trovo nemmeno affascinante!” Totalmente in preda al panico, la ragazza serrò gli occhi, del resto “occhio non vede cuore non duole”, se proprio doveva succedere l’irreparabile preferiva passare per la vittima piuttosto che il testimone.

Passò qualche interminabile secondo senza che nulla accadesse, aprì lentamente un occhio scoprendo che l’uomo continuava a fissarla continuando a sorridere compiaciuto -I want you to beg, missy- scandì ogni parola con voce ferma facendole capire che non aveva scampo.

Doveva inventarsi qualcosa, ora, subito… e ci sarebbe anche riuscita se solo il sua cervello non avesse dato definitivamente forfait!

Maledisse la sua timidezza e quella costante ansia, compagna di vita, che non si decideva ancora a lasciarla maturare.

Il tempo a sua disposizione stava scadendo, era ormai palese che Jared si aspettasse una risposta da un momento all’altro, serrò la mascella buttando un fugace sguardo all’auto nera, sua unica ancora di salvezza, mentre irrefrenabile il desiderio di urlare si faceva largo dentro di lei.

Eccola la soluzione!

Alzò lo sguardo verso l’uomo - why don’t we make it more comfortable - indicò la vettura con gli occhi -and I’m gonna scream for you.-

Jared lasciò la presa su un polso tenendo l’altro ancora stretto nella sua morsa mentre la trascinò verso il mezzo scuro; spalancò la portiera e la spinse con prepotenza sui sedili posteriori prima di seguirla all’interno dell’abitacolo chiudendosi lo sportello alle spalle.

Completamente in balia della lussuria, non si rese conto di essere appena caduto in trappola.

Udì il rumore delle chiusure serrarsi, si voltò di scatto ma ormai era troppo tardi, l’auto si era già riversata per le deserte vie Newyorkesi lasciandosi alle spalle latex, cocktails, erotismo e apparenza.

Jared tornò a fissare la ragazza, ora comodamente seduta e avvolta in uno scialle, livido in volto; gli si leggeva chiaro in viso che aveva ormai realizzato di essere stato raggirato per tutto il tempo -you… you fucking fooled me, you shitty liar! who the fuck are you? I wanna know the fucking truth!- prese ad urlare agitandosi convulsamente mentre la ragazza, finalmente rilassata, estraeva l’iphone dalla pochette -Imma call the cops, you hear me? I’m not gonna get kidnapped by you!- continuò imperterrito mentre Martina non smetteva di fissare lo schermo del cellulare.

“Su Emma chiama, dai dai dai!” pensava la ragazza cercando di non badare agli urli isterici del cantante.

-I’m Jared-fucking-Leto you fucking psychopath! Now stop this car and lemme out!-

Strinse i pugni, chiuse gli occhi e iniziò a prendere dei lunghi respiri, lenti e profondi “fa finta di non sentirlo tanto fra poco sarà tutto finito, ora Emma ti chiamerà e lo rispedirai in hotel”.

Da parte sua Jared non si dava pace, cercava in tutti i modi di sbloccare la sicura dello sportello che lo teneva prigioniero continuando a sbraitare infuriato, vedere la ragazza così rilassata lo mandava fuori di testa tanto che continuava a passarsi freneticamente le mani tra i capelli, spostando le ciocche da un lato all’altro del capo -Stop acting like I don’t exist and answer my fucking questions, bitch!-

Non vide nemmeno lo schiaffo che lo colpiva: senti’ la testa girarsi, poi lo schiocco, uno strano calore sulla guancia e solo per ultimo il dolore -don’t you ever dare call me bitch again-

L’uomo ghignò soddisfatto, rinvigorito dalla certezza d’aver trovato un punto debole da poter usare a suo favore: bingo!

La ragazza, dal canto suo, non si lasciò sfuggire quel lampo di trionfo che balenò negli occhi cerulei dell’uomo - if it was up to me, I’d let you rotten in that shithole all night. How’s that as answer?- scandì ogni parola, accompagnandola con un sorriso diabolicamente angelico e cercando, allo stesso tempo, di battagliare ogni avvisaglia di pentimento con un secco “pan per focaccia”.

Il sorriso dipinto sulle labbra di Jared, così rapidamente come era apparso, si dissolse, rimpiazzato nuovamente dall’ormai consueta espressione infuriata e saccente.

L’uomo sbattè ripetutamente le palpebre - what the fuck did you just say?-

“Dannazione Emma! Ma quanto ti ci vuole per comporre un numero!” Nonostante gli incessanti sforzi, la ragazza stava rapidamente perdendo anche le più remote scorte di pazienza -Oooh don’t play deaf with me! You heard me pretty well, and I don’t regret saying it either! But as you can see, despite what I might wanted to do, I’ve been sent to rescue your pretty little ass from that shitty place…- fu l’acuto trillo della suoneria del suo cellulare a porre fine alla discussione e anche a quell’assurda situazione, sperò Martina vedendo il numero sconosciuto lampeggiare sullo schermo -and this should be your pet-secretary telling me how to dispose of you!- decretò prima di accettare la chiamata.

-Emma? What the fuck does she have to do with this?-

Le domande dell’uomo furono bellamente ignorate dalla ragazza ormai in preda ad un’intesa conversazione con quella che presto sarebbe diventata la sua ex-segretaria.

Dopo dieci interminabili minuti intervallati da “hmm hm”, “I see”, “of course”, “no problem”, “fine”, “let me write it down”, “got it”, “yes” e “no”, la ragazza si voltò verso l’uomo e, soddisfatta, gli allungò il cellulare -she wants to talk with you.-

I seguenti dieci minuti, altrettanto lunghi e noiosi, furono invece scanditi da “fuck”, “shit”, “fuck you”, “bitch”, “I’m Jared fucking Leto”, “you’re fired” e in ultimo da un lungo silenzio interrotto da uno sconsolato “fine”, pronunciato dall’uomo, che pose fine alla chiamata.

L’uomo riconsegnò il cellulare nelle mani della ragazza e, prima che questa potesse anche solo ringraziarlo, la zittì con lo sguardo -not a word.-

Martina alzò le spalle indifferente -ok!- assentì prima di avvicinarsi a Phil comunicandogli l’indirizzo della loro nuova destinazione.

Fecero l’intero tragitto senza guardarsi un solo istante: Jared, sbuffando costantemente, con lo sguardo fisso sul finestrino e Martina china sul cellulare accomiatandosi da suo cugino, comunicandogli l’esito positivo di quell’assurda serata.

Improvvisamente l’auto iniziò a rallentare la sua corsa fermandosi dolcemente, qualche istante dopo, davanti ad un imponente hotel a cinque stelle.

Jared stese le braccia -well, this is me. Can’t say it was a pleasure.- sputò velenoso rivolgendosi alla ragazza per poi voltarle nuovamente le spalle concentrandosi sull’apertura della portiera, deciso più che mai a porre fine a quell’assurdo incubo.

Dopo una serie di tentativi falliti e altrettanti “fuck” e “shit”, incredulo ed esasperato, si voltò verso quella che, senza ombra di dubbio, credeva fosse la colpevole.

-now what?- inveì irritato.

La ragazza non si scompose, anzi, gli mostrò un sorriso sghembo e poco rassicurante -now, since this torture hasn’t ended yet, I’m supposed to take you to your room!-

-I don’t need a fucking babysitter! I can manage on my own!- tentò, fallendo per l’ennesima volta, di aprire la portiera -why the fuck this shitty door doesn’t wanna open?-

La ragazza alzò gli occhi sconsolata -that’s because for the past five minutes you kept pulling the window knob.-

L’uomo accigliato osservò di sottecchi quella che effettivamente era la manopola del finestrino

-who puts a fucking window knob in his car nowadays?-

-whomever build it!?- lo sguardo che l’uomo le rivolse valse più di mille parole; la ragazza sospirò -because it’s old, Jared. Now stay where you are, I’ll get you out.- questa volta toccò a Martina anticipare sul nascere le proteste dell’uomo -not a word- lo avvisò chiudendosi lo sportello alle spalle.

Dopo una lunga serie di invettive e altrettanti tentativi falliti di dissimulare l’evidente ebbrezza, l’uomo si arrese accettando, senza smettere di sottolineare che la ragione era puramente pubblicitaria, di venir accompagnato dalla ragazza fino alla sua maledettissima stanza.

Filò tutto stranamente liscio, neppure l’hôtesse d’accueil mostrò alcuna sorpresa nel vedere l’uomo attraversare la hall abbracciato, o per meglio dire sorretto, ad una ragazza tanto più giovane di lui.

Il tragitto in ascensore sembrò infinito, in parte dovuto anche all’ubicazione, ovviamente all’ultimo piano, della suite presidenziale dove il Piccolo Lord aveva deciso di soggiornare per quella settimana.

-hope you’re not afraid of heights like Richard Gere in Pretty Woman.- constatò la ragazza guardano i numeri dei piani illuminarsi a mano a mano che l’elevatore saliva.

L’uomo si lasciò andare ad un sorriso -not a chance.-

L’acuto DIN, seguito da un leggero sobbalzo, annunciò finalmente la fine dell’ascesa.

Raggiunta la porta della suite l’uomo, senza proferire parola, porse la chiave elettronica alla ragazza che, sorpresa, l’accettò sorridendo. -go with the flow-

Jared, per tutta risposta, la spronò spingendola leggermente verso l’uscio -don’t push it-

Martina ridacchiò inserendo la scheda nell’apposita fessura ed estraendola con delicatezza qualche secondo dopo sperando che l’approvante luce verde si accendesse al primo colpo.

La fortuna sembrò assisterla anche questa volta, la serratura scattò all’istante lasciando che la ragazza venisse catturata dalla semioscurità che avvolgeva la mastodontica suite.

Martina si voltò, tenendo con mano ferma la porta aperta, per restituire la chiave all’uomo che ritrovò improvvisamente pallido in volto; non fece in tempo a chiedergli cosa fosse accaduto in quell’attimo di distrazione che questi, percorrendo a grandi falcate l’appartamento, raggiunse quello che doveva essere il bagno un attimo prima che acuti conati di vomito esplicitassero ogni dubbio.

La ragazza si strofinò gli occhi maledicendo il momento in cui aveva accettato quell’assurdo incarico poi, dopo aver esalato un lungo sospiro, arrendevole si diresse verso l’unica luce accesa chiudendosi la porta alle spalle.

Si affacciò nello smisurato bagno rendendosi, suo malgrado, testimone della disgustosa scena ormai in atto da buoni cinque minuti: Jared, abbracciato al water, non accennava a smettere di rigettare tutte le porcherie con cui aveva alimentato il suo corpo per l’intera serata.

Oh l’avrebbe più che volentieri lasciato in quello stato comatoso e, a dirla tutta, un po’ se lo era anche meritato, se non fosse che la sua coscienza, come da copione, era in totale disaccordo con lei.

Nell’attesa che lo stomaco dell’uomo si svuotasse, la ragazza decise di esplorare la ciclopica suite, accendendo luci qua e là, alla ricerca di una simil-cucina o quantomeno una sottospecie di bollilatte.

Cosciente del fatto che molte star avessero un debole per eccessi e stravaganze, la ragazza si era già prefissata di non fare commento alcuno; ciononostante fu travolta da un’ondata di stupore ed incredulità nel trovare, racchiuso in una stanza, l’intero Mercato De Campo De’ Fiori!

C’era di tutto: frutta, verdure, spezie e persino una decina di cartoni che spaziavano dal latte di cocco a quello di grano saraceno; la ragazza era stregata da quella smisurata fornitura di viveri tanto che, persa ad esaminarli, si scordò il motivo che l’aveva spinta fin lì.

Fu qualche minuto dopo, risvegliatasi di colpo da quell’incantevole trance, che con orrore si rese conto d’aver perso di vista il suo obbiettivo: si diresse verso la “sezione delle spezie” e, dopo aver riposizionato tutto nel giusto disordine, estrasse vittoriosa una radice di zenzero.

Girò tre volte su se stessa prima di riuscire finalmente ad intravedere quello che aveva tutta l’aria d’essere un bollilatte, schiaffato nell’angolo più remoto della stanza.

Vi si avvicinò afferrando nel tragitto un coltello ed una tazza abbandonati su uno dei mobili con cui era arredata la sala; tagliò lo zenzero a fettine e, una volta riempitolo di acqua, azionò il bollilatte abbandonandolo qualche secondo più tardi per reimmergersi nella foresta vegana alla ricerca di miele e limone.

Col passare dei minuti i rumori provenienti dal bagno si fecero via via più sporadici fino a terminare del tutto, segno inconfutabile che lo stomaco dell’uomo era ormai più vuoto del fondo di una bottiglia di cognac.

Jared, ansante per lo sforzo, era ancora seduto accanto al water quando si vide apparire un asciugamano seguito da una voce familiare -feeling any better?-

L’uomo accettò remissivo il gesto -like a cockroach squashed under a boot- rispose pulendosi la bocca.

La ragazza si concesse una smorfia schifata prima di porgergli la mano -nice metaphor Coleridge, now take my hand, stand up and go brush your teeth.-

L’uomo sorrise scuotendo leggermente la testa prima di serrare la presa intorno alla mano che gli era stata offerta - aye-aye m’am!- rispose affaticato.

Jared si era appena rimesso in piedi quando un acuto BIP echeggiò tra le mura soffocando il silenzio in cui era avvolta la stanza, Martina lasciò improvvisamente la presa scomparendo di corsa nell’oscurità abbandonandolo ancora instabile, confuso e sorpreso.

Nei minuti che seguirono Jared, disperatamente abbracciato al lavabo, riuscì con successo ad aprire l’acqua poi con movimenti lenti e affaticati, che tradivano un’incessante lotta con il suo corpo deciso quella sera ad ignorare ogni suo sforzo atto a compiere una qualsivoglia azione, si lavò i denti sperando che il sapore di menta del dentifricio coprisse quello disgustoso lasciato dal vomito.

Era ancora intento ad asciugarsi la bocca con l’asciugamano quando notò la ragazza, con la testa sorretta dal braccio poggiato sulla cornice della porta, osservarlo divertita - having fun? - domandò senza troppa enfasi mentre faceva lentamente scorrere la salvietta intorno al cilindro di metallo del portasciugamano.

La ragazza scosse la testa -nah! I’m only glad you’re turning back into a human.-

L’uomo la fissò, sempre più incuriosito da quella strana ragazza che, nonostante la sua aggressiva scenata d’ira in auto e le offese che le aveva rivolto, era ancora lì continuando imperterrita ad aiutarlo con una naturalezza che non tradiva giudizi o doppi fini alcuno - don’t you think I was human before? -

La ragazza abbandonò la posizione assunta fino a qualche momento prima ritrovandosi a pochi centimetri dall’uomo - you know what I think? I think it’s way too late for a session doctor Jared! - sorrise porgendogli il braccio - C’mon, I bet you can’t wait to lay down on your bed! -

L’uomo si ritrovò ancora una volta ad accettare l’aiuto offertogli, questa volta senza il consueto corteo di obiezioni, reticenze, minacce e oscenità; la verità era che la ragazza aveva ragione, l’unico suo desiderio in quel momento era lasciarsi inghiottire dal materasso del king size bed di cui la suite era dotata.

Raggiunsero il letto in silenzio, la ragazza scostò le pesanti coperte e sorresse l’uomo che, con movimenti pesanti, vi si stese sopra poi, senza chiedergli il permesso, come se fosse la naturale conseguenza all’azione appena svolta da Jared iniziò, con lentezza e premura, a togliergli i vestiti impregnati di alcol, fumo e vomito.

L’uomo, colto alla sprovvista, non oppose resistenza anzi, decise sfruttare quel momento per osservare la ragazza che, china su di lui, lo spogliava con lo sguardo concentrato e i movimenti precisi, mirati a non fargli provare alcun dolore. Fu proprio mentre era intento ad osservarla che si rese conto che non vi era malizia alcuna dietro quelle mani dolci e quello sguardo attento. -so this is what you wanted all along! - annunciò facendole l’occhiolino.

La ragazza scosse la testa sorridendo mentre liberava l’uomo dall’ultimo strato di stoffa -I see you’re regaining your sense of humour- l’uomo sorrise -sorry to disappoint, you’re not my type.-

L’uomo si finse sorpreso -Impossible, I’m everyone’s type.-

-Helloooow modesty!- sollevò la tazza ancora fumante che Jared non si era accorto essere sul comodino e gliela porse -now drink it before it gets too cold.-

L’uomo avvolse la mano intorno alla tazza -yes mother.-

La ragazza sembrò acquistare confidenza e si sedette ai piedi del letto -I’m too young to be your mother, don’t you think!?- rispose beffarda mentre piegava con disinvoltura i vestiti appena sfilati all’uomo.

Jared roteò gli occhi -are you suggesting that I’m old? -

La ragazza ridacchiando alzò le mani in segno di resa -I wouldn’t dare… oh youngest of the youngest!”

Jared rise di gusto prima di bere un sorso di quel liquido caldo offertole dalla ragazza storcendo le labbra all’istante - it’s disgusting! -

- It’s ginger, lemon and honey. - precisò la ragazza - the best remedy for nausea I know and it’s not that bad! - concluse intimandogli con la mano di continuare a bere.

Jared sorseggiò nuovamente l’infuso sempre più disgustato - easy for you to say! You’re not the one drinking it… -

- tonight! - concluse per lui la ragazza facendogli l’occhiolino.

Jared sorrise divertito - so you’re not as good as you want people to think! -

- of course not! I caught a stomac flu once or twice in my life! - sentenziò terminando di piegare l’ultimo indumento.

L’uomo trattenne a stento una risata e, con un lungo sorso, terminò di bere il rimedio preparatogli dalla ragazza - you shouldn’t have. -

La ragazza lo guardò - don’t worry it only took me five minutes. -

L’uomo scosse la testa - I meant folding my clothes. -

- Oh that… it’s force of habit - alzò le spalle - try sharing a room with a younger brother who loves to change clothes a gazillion times a day! -

Jared rise - as a matter of fact I was the youngest brother! -

La ragazza sospirò fingendosi affranta - see! You couldn’t understand. -

L’uomo dovette poggiarsi una mano sulla pancia tanto forti erano le sue risate e il suo viso tradì una smorfia di dolore. La ragazza lo guardò con apprensione - I’m fine, I’m fine. My stomac hasn’t recovered yet. - Martina sembrò rilassarsi - so can I ask you a question? - dopo aver ottenuto un cenno di assenso, l’uomo proseguì - why are you here? - fu allora che la ragazza lo guardò perplessa - I mean here in New York. - si affrettò a precisare l’uomo.

- I’m here to attend Clint Eastwood’s master class about a famous Italian director named Sergio Leone… you probably don’t know him. - rispose la ragazza

L’uomo la guardò con ammirazione - Wow, impressive! And I do know Sergio Leone, I even saw a couple of his movies like “A fistful of dollars” and Once Upon a Time in the West”.” -

La ragazza lo osservò meravigliata - you never cease to surprise Mr. Leto! -

L’uomo alzò le spalle - it’s not my fault… I’m just drawn that way! -

Questa volta toccò a Martina ridere di gusto cercando di asciugarsi le lacrime che sistematicamente accompagnavano le sue risate. L’uomo si soffermò ad osservare la ragazza cosciente che avrebbe potuto benissimo lasciarlo arrancare per i corridoi dell’albergo e che invece era ancora là, seduta ai piedi del suo letto, a tenergli compagnia dimentica degli insulti e delle ingiurie che lui le aveva rivolto non molto tempo prima in auto. Non si sarebbe certo sorpreso se lei lo avesse abbandonato nello stato comatoso in cui si trovava. Non se l’era forse meritato viste la superficialità e la bassezza con cui l’aveva trattata? Eppure lei, a discapito di ogni previsione, non solo lo aveva accompagnato fin dentro la sua camera ma lo aveva anche aiutato a stendersi sul letto, lo aveva liberato dei vestiti che indossava, con i quali lui, per mancanza di forze, avrebbe sicuramente dormito e in ultimo gli aveva preparato un rimedio alla nausea; il tutto senza essere minimamente obbligata a farlo. - I’m sorry. - la frase di scuse venne pronunciata da Jared senza che lui se ne rendesse conto.

- For what? - domandò allora sorpresa la ragazza.

- for making you stay awake so late at night knowing that tomorrow your master class will probably start early in the morning. - non seppe perchè lo disse, probabilmente perchè inconsciamente era consapevole di doverle in qualche modo, seppur non direttamente per averlo tirato fuori dal club, delle scuse.

La ragazza sorrise - nothing that a hot strong coffee can solve! -

L’uomo sorrise fissandola, c’era ancora una domanda a cui urgeva che lei desse una risposta - why didn’t you ask me why I decided to go there?-

- because is none of my business.- rispose decisa e rassicurante al tempo stesso.

L’uomo annuì, conscio di non dover aggiungere altro e decise di cambiare argomento - So… tell me something I don’t know about you! -

La ragazza ridacchiò - You know nothing about me! -

Jared fece cenno di diniego con l’indice - that’s where you’re wrong! I know that you like cinema! -

Martina ammise la sconfitta - you’re right I like cinema, what you don’t know is that I’m studying to become a movie critic… hopefully! Now it’s your turn… what is it that nobody knows about you? -

L’uomo sorrise sghembo - and what makes you think I’ll tell you? -

La ragazza sapeva che Jared la stava provocando e decise quindi di stare al suo gioco - oh you don’t have to tell me anything but I could, let’s say by mistake, take a picture of your pale and, frankly, very uncharming face and upload it on the internet for the whole world to see… -

Jared finse d’inorridire - you wouldn’t! - i due terminarono per ridere all’unisono - how about we play a game: a secret for a secret. Are you in? -

Martina annuì allegra - sure! -

Jared diede allora una pacca sulla metà libera del suo letto - why don’t you make yourself more comfortable then! - dallo sguardo sorpreso e leggermente impaurito della ragazza, l’uomo si rese conto di essere stato forse troppo diretto - hey it’s just that I can’t bear to see you seating on that small square at the end of my feet when this bed is half empty. - la vide rilassarsi lievemente - I promise I won’t bite! - la ragazza ridacchiò - c’mon! - la invitò, questa volta più dolcemente, l’uomo.

Martina fece il giro del letto, sfilò lentamente i piedi dalle scarpe, sorrise all’uomo e, con un leggero balzo, atterrò sul lato del materasso fino a qualche istante prima vuoto. Guardò Jared, sbattendo gli occhi civettuola - it’s still your turn I believe… -

L’uomo rise, rincuorato che la ragazza avesse riacquistato la sua ironia - very well, what people don’t know about me… is that I own the real Lucy. -

La ragazza si limitò a scrutarlo, l’uomo se lo aspettava e si stava accingendo a svelarle l’identità di Lucy quando Martina lo precedette - do you drink milk from her nipples in the morning? -

Con somma meraviglia, Jared si ritrovò ad ammettere a se stesso che quella ragazza, di cui ignorava l’esistenza fino a qualche ora prima, lo affascinava e intimoriva al tempo stesso - you know Lucy!? - disse a metà tra una domanda ed un’affermazione.

- I love cinema, don’t I? And “A Clockwork Orange” happens to be one of my favorite movies! So… do you actually pretend you’re in Korova Milk Bar and drink milk from her nipples? - domandò curiosa e divertita.

L’uomo scosse il capo con l’espressione in viso di chi la sa lunga - you’ll never know… - la ragazza ridacchiò - after you my dear… -

La ragazza sospirò risoluta, dando un colpo di mani sulle gambe - seem’s fair! Let me think… oh I know… -

Parlarono, distesi alla luce dell’abat-jour, per delle ore, con naturalezza, scambiandosi sorrisi complici come se si conoscessero da anni, svelandosi l’un l’atro segreti a cui mai prima d’ora avevano osato dar voce. Quella notte la suite presidenziale, tra le risate, i finti bronci e le spintarelle affettuose, fu testimone delle impensabili confessioni di un uomo e una ragazza dimentichi, anche solo per poche ore, di essere estranei.

- my heart is still broken. - quel secreto lo aveva celato anche a se stesso, incapace di ammettere quella sua debolezza, di accettare quella verità assoluta che da anni lo tormentava nell’ombra, in costante attesa che fosse lui a riesumarla dalla profondità del suo essere, scavando fino farsi sanguinare le unghie gettandosi poi alla sua mercé, abbandonandosi a quel doloroso oblio che appagava la sua dipendenza.

Jared la fissò con i suoi occhi di cielo lasciando che la ragazza, sostenendo il suo sguardo, potesse leggervi le subordinate mancanti alla rivelazione di cui era stata fatta partecipe poc’anzi.

- my heart has never been broken before. -

La baciò, esaudendo forse inconsciamente la muta richiesta dell’altra; la baciò, decidendo per la prima volta di abbattere il muro di diffidenza che era stato, fino ad allora, il suo porto sicuro e scegliendo di non chiedere altro; la baciò, perdendosi nelle sue labbra che sapevano di spuma del mare, di foreste inesplorate, di polvere di fata e innocenza.

Si baciarono in quella notte di segreti e complicità; si baciarono come si baciano due innamorati che il fato si è ostinato a separare; si baciarono come due amanti destinati a non potersi amare mai, se non per pochi secondi; si baciarono sul pantagruelico materasso di quella suite spogliandosi delle maschere assegnategli dalla società; si baciarono, accarezzati dalla tenue luce del lumino, come un uomo bacia una donna.

Aprì gli occhi a fatica cercando di fermare il tamburo che incessantemente continuava a martellargli la testa, si girò dall’altro lato notando che sul comodino qualcuno doveva avergli previdentemente disposto un bicchiere d’acqua ed una scatola di aspirine con un post-t che recitava: “take one”.

Sciolse una compressa effervescente nell’acqua e bevve la soluzione dal sapore amaro e agro.

Piano piano le immagini della sera prima gli riaffiorarono alla mente, costringendolo a nascondere il viso tra le mani; prese dei respiri profondi raccogliendo quanta più lucidità e calma quel momento gli permettesse, sforzandosi ricordare cosa esattamente avesse detto o fatto poche ore prima.

Stava per essere risucchiato in una voragine di rimorsi quando notò, piegato accanto all’abat-jour, un foglio di carta macchiato e stropicciato.

Lo fissò per qualche istante, indeciso sulla sua prossima mossa, poi lo afferrò e lo disclose curioso e restio al tempo stesso:

 

Dear Jared,

I think a proper presentation is needed at this point: I’m Martina.

It’s funny, during the time we spent together you never asked for my name. Shakespeare was right we he wrote “what’s in a name”… Martina, Jared, man, woman, singer, actor, star… it’s only a name. It’s the same you. It’s the same me. Omitting a name does not change your identity.

You got to know who I am while I was still stranger to you.

Has anything changed now that you know my name? I like to think the answer is no.

I hope this letter has found you in time or are you already having second thoughts about last night? Are you cursing everyone, screaming insults, promising revenges, calling all the Saints to be your witnesses? Could you at least keep the Saints alone? I bet they’re quite busy nowadays. - l’uomo rise, ripensando a quella ragazza che, con la sua innocenza, non aveva avuto paura di dirgli in faccia cosa pensasse di lui - I hope you’ve tried to calm down a little so that you’ll give me a chance to tell you the things you need to know.

Please don’t be too hard on yourself for what you told me last night, know that I won’t tell a soul about the secrets you entrusted me as I hope you’ll do the same with mine. Who am I kidding? Who would ask you about me? And for all that mattes who would ask me about you? See? You’re panicking over nothing! - suo malgrado si ritrovò a convenire con lei, chi avrebbe creduto alle parole di una ragazza con la quale non era stato ne avvistato ne fotografato insieme? - If it makes you feel better I pinkie-swear that I’ll never ever unveil your secrets! There, are you back to your old young self now? - rise scuotendo la testa, “she’ll be the death of me” - Now, there’s one more secret I haven’t told you yesterday, remember when I said that my heart had never been broken before? Well, I lied. I knew you where going to break my heart. Please don’t regret what you did because it was my choice, I chose to let you break my heart and I’ll cherish the memory forever.

We were never together, but I’d like to believe we almost were. We were never in love, but we had that “click” too obvious not to ignore. Oh we could’ve been a damn good team, don’t you think?

Even now that I’m writing this letter while you’re sleeping next to me, I swear I wish that moment would’ve never ended. I wish it could’ve gone on forever, just you and me, on this bed, under the lampshade light, kissing each other.

I never thought I’ll miss you this much.
I never thought I’ll love you this much.
I never thought I’d still love you this much even though I know you can never be more than my almost lover. I follow you Jared, your music, your career, yeah I lied again, but I don’t think of myself as one of your fans, one of your Echelon, I’m a beauty-lover and your art is truly beautiful Jared.

So why are you always testing its strength?

You know, the choices we make define us. Ideally, we're proud of these choices, recognising that when faced with a challenging situation, we opted to do what we knew was right regardless of any fears about possible consequences.

But often, we find ourselves making choices that in retrospect we knew were wrong at the time. The effect of such decisions can linger long past the event. These choices define us, too.

You are your own happiness. When you leave your happiness in someone else’s hands, you’ll end up being dependent on them and when they leave you, you’ll become empty inside.

Happiness is a choice. You have the ability to control your own emotions. You get to decide if you want to stay sour and despondent forever or not. Do not let anything or anyone rob you from your own happiness.

I know I don’t have the right to tell you this, after all I’m just a girl you kissed while you were still half drunk that got sent, by chance, to rescue you from a wild party.

But if I may ask you a question: when you look at yourself in the mirror what would you like to see?

I’m sure you must’ve teared this letter apart by now, “how dare this insolent girl give me advise?”, don’t try to deny it, I know you’re thinking it! Well, truth is, I don’t. This is merely a suggestion, more a “could’ve been” than a “you should do”.

It’s a choice. There’s always a choice.

This why I won’t give you my last name and my number because I chose to remember you the way you’ve been with me tonight. I chose not to delude myself. And, most importantly, I’m giving you the choice to forget all about what happened tonight, to forget I ever existed.

After all who am I but a name?

It’s time for me to go, to drift away like a phantom, and for you to make your choice.

I want to tell you one last secret, it’s a quote from one of my favourite books:

 

"One day," you said to me, "I saw the sunset forty-four times!"

And a little later you added:

"You know — one loves the sunset, when one is so sad..."

"Were you so sad, then?" I asked, "on the day of the forty-four sunsets?"

 

I’ll never forget you. Please don’t try to find me.

 

Vale,

Martina”    

 

Fissò le lettere pregne d’inchiostro per qualche istante poi, con quel pezzo di carta ancora stretto tra le dita, alzò la cornetta - I need a cab in half an hour. -

Il pungente vento febbraino le accarezzò il viso costringendola a rabbrividire, uno sbadiglio prepotente fece capolino sul suo viso, sorrise, c’era voluto tutto il suo autocontrollo per non lasciare che la stanchezza prendesse il sopravvento impedendole di arrivare fino in fondo a quella splendida master-class che l’aveva tenuta col fiato sospeso fino all’ultimo minuto. La tasca del giubbotto iniziò a vibrare, riportandola nel presente, estrasse il cellulare: “Guarda twitter.”

Il messaggio, che aveva come mittente il cugino, risaltava sullo schermo bianco.

Confusa fece pressione con il pollice sinistro sull’icona azzurra, aspettò che la app terminasse di caricarsi… poi apparve, impossibile da travisare nel suo corto stampatello:

 

@JaredLeto

GOODBYE NYC!!!

Feb 18, 2012

 

Alzò lo guardo poi, come fosse sta colta da una rivelazione, sorrise: il sole stava tramontando.

 

 

          ⋅ ~

Un anno dopo.

     Agosto.

           ⋅ ~

 

Era tardo pomeriggio, il profilo della Maga Circe, con i suoi boscosi seni e le pendici protese verso il Tirreno, si accingeva anche quel giorno, da eterna spettatrice e sua imperitura compagna, ad assistere al vespertino spettacolo.

La ragazza era seduta sulla battigia, l’andirivieni costante delle onde, che tra nuance calde e fredde le carezzavano i piedi, scandiva lento i minuti che mancavano all’inizio del grande evento. Quando si è in riva al mare, ci si accorge che il sole scende all’orizzonte rapidamente, ed il pensiero della ragazza accarezzava le nuvole che si apprestavano a nascondere la grande palla infuocata… chissà quali colori e quali sfumature quel giorno le avrebbe regalato quell’attimo…

Attorno a lei il silenzio scese proprio come il sole che presto sarebbe scomparso dietro le nuvole appena sopra l’orizzonte, cercò una posizione ideale per non perdersi l’attimo, quello dei colori che trasformano quel momento in una emozione.

Il mare, a differenza del cielo, assunse nuance dai toni più freddi; i colori e la luce erano in continua attenuazione, presto avrebbero lasciato posto alla sera… una nave lontana all’orizzonte accese le luci di bordo mentre si preparava per la notte. 

Era il suono delle onde che adesso si sentiva nell’aria.

Pian piano il mare si distese, come se si arrendesse sfinito al calare della sera, sentì il vento soffiarle sul viso, tiepido di ponente, le onde iniziarono a colorarsi d’argento… immobile si abbandonò a quell’abbraccio, incantevole ed effimero, di luce e tenebra…

Si sentì cingere da due braccia forti, chiuse gli occhi: avrebbe riconosciuto quel profumo tra mille.

No Saint-Exupéry si era sbagliato, non bisognava essere tristi per amare i tramonti…

bastava permettere al tramonto nei nostri cuori di brillare nel mondo, quella luce e tutti i suoi magici colori avrebbero riempito il mondo intorno a noi con la passione che risiede nelle profondità del nostro spirito.

Sorrise - What took you so long? -

Poi…

un bacio.

 

 

 

“Clouds come floating into my life,

no longer to carry rain or usher storm,

but to add color to my sunset sky.”

                                                             Rabindranath Tagore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Autor’s note:

Questa storia vede finalmente la luce oggi dopo cinque anni vissuti in un limbo di costanti revisioni, abbandoni, ritorni di fiamma, riscritture, modifiche e nuovi abbandoni.

Era nata proprio al termine del NYC’s fashion week del 2012 come conseguenza degli eventi di cui Jared si era reso protagonista.

Non conosco assolutamente ne Jared Leto ne gli altri personaggi più o meno noti descritti in questa storia e chiedo in anticipo scusa nell’eventualità che qualcuno si sia sentito offeso.

I dialoghi in inglese erano stati pensati, in un primo momento, come pretesto per segnare l’inizio della conversazione con Jared, lasciando quindi intendere che dal quel punto in poi la lingua usata sarebbe stata esclusivamente l’inglese ma, ahimè, questa ha preso il sopravvento e, senza accorgermene, mi sono ritrovata a scrivere interi dialoghi in lingua anglosassone!

Spero di non aver causato grossi problemi di comprensione, se così non fosse chiedo umilmente venia! Sono una britannica mancata… che ci volete fare!

Spero che questa breve storia vi sia piaciuta e se vorrete lasciarmi una traccia del vostro passaggio sappiate che ve ne sarò infinitamente grata.

 

 

 

  
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