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Autore: FrancescaPotter    15/08/2017    3 recensioni
RosexScorpius
Dal secondo capitolo:
"Infatti, gli adulti di casa Weasley-Potter -e anche di casa Malfoy, suppongo- non erano a conoscenza delle nostre ultime divergenze, per loro eravamo ancora i quattordicenni spensierati che passavano tutte le loro giornate ad Hogwarts insieme. Pensavano fossimo ancora migliori amici. Non erano a conoscenza della sofferenza, della solitudine e disperazione che, almeno io, avevo provato nell'ultimo anno e mezzo. Ho sempre dato a lui la colpa delle mie disgrazie, ma in realtà sono stata io. Io, è tutta colpa mia."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo trentadue
 
«Dobbiamo andare via di qui» dissi, una nota di puro panico nella mia voce. Lo shock che avevo provato nel leggere la scritta scarlatta sul muro mi aveva abbandonato, lasciando il posto alla paura. Perché chiunque avesse voluto uccidere Scorpius a Diagon Alley era proprio lì, probabilmente a pochi passi da noi. E non avrei sopportato che facesse del male anche a Scorpius quando aveva già ferito mio cugino.
Pensare anche solo per un attimo ad Albus mi fece venire una fitta allo stomaco: l’immagine di lui steso a terra in preda agli spasmi mi avrebbe perseguitato per il resto della mia vita.
Presi Scorpius per il braccio e iniziai a trascinarlo fuori dal vicolo e poi sulla strada che portava al castello. Inizialmente non sembrava molto cosciente di sé, metteva un piede davanti all’altro spinto da inerzia, senza pensarci davvero: era come se mi stessi trascinando dietro un manichino. Poi però si riprese e iniziò a camminare al mio fianco a passo veloce, senza che ci fosse più bisogno che lo strattonassi.
«Albus… è…» iniziai, senza riuscire però a terminare la domanda. Il mio cervello si rifiutava anche solo di prendere in considerazione l’idea che mio cugino potesse non esserci più. Perché se Albus fosse morto, lo avrei sentito. «Come sta Albus?»
«È vivo» si affrettò a rispondermi Scorpius. «Ho rimarginato le ferite superficiali ma non sono stato in grado di sistemare quelle interne. Jerome lo sta portando da Madama Chips»
Stavamo percorrendo la strada che portava a Hogwarts quasi di corsa, con la testa china per proteggerci dal vento che aveva iniziato a soffiare sempre più forte.
Scorpius si scostò i capelli dal viso e notai con orrore che c’era del sangue incrostato sulle sue mani, il sangue di Albus. Quando si accorse che lo stavo osservando, si affrettò a mettersele in tasca, come se neanche lui potesse sopportarne la vista.
Raggiungemmo il castello in meno di dieci minuti e ci precipitammo subito in infermeria come se avessimo l’Inferno alle calcagna.
Entrammo nell’ampia stanza di corsa, ma non facemmo neppure in tempo a guardarci attorno per cercare Albus che ci ritrovammo la McGranitt a sbarrarci la strada.
«Fuori» disse, ergendosi davanti a noi come una statua di marmo. «Madama Chips ha bisogno di concentrazione per lavorare, non appena avrò informazioni certe ve le darò»
«Ma…» feci per dire io.
«Niente ma, signorina Weasley» nonostante la sua tipica durezza, era evidente che anche la preside fosse spaventata. «Se vi sta a cuore il benessere del signor Potter, unitevi al signor Rosier fuori dall’infermeria. Adesso»
Scorpius fece per protestare, però poi sembrò ripensarci e chiuse la bocca. 
Nell’arrivare, non ci eravamo neppure accorti di Jerome, che se ne stava seduto davanti alla porta dell’infermeria con le spalle incurvate e la schiena poggiata contro al muro.
Quando io e Scorpius lo raggiungemmo per terra, non disse nulla e continuò a guardarsi le mani, che stringeva a pugno in grembo.
«La McGranitt non fa entrare neppure te, eh?» Chiese Scorpius con voce piatta.
«Già» rispose quello, così piano che per un attimo pensai di essermelo immaginato.
«Andrà tutto bene» disse allora Scorpius, guardando prima Jerome e poi cercando me con lo sguardo. Ma io lo stavo già osservando, perché quando il mondo mi crollava addosso, io guardavo lui. Perciò, quando alzò il capo su di me, i nostri occhi si incontrarono. I suoi grandi e verde chiaro, pieni di preoccupazione, e i miei che probabilmente rispecchiavano il suo stesso stato d’animo.
«Andrà tutto bene» ripeté, questa volta diretto a me in particolare.
E io gli credetti, nonostante le voci nella mia testa continuassero a urlare che tutto sarebbe andato per il peggio.
Ripensai alla scritta che avevo letto sul muro non riuscendo a comprenderla fino in fondo. Questa volta la Camera dei Segreti non vi proteggerà. Sostenitori dell’Erede, temete. Papà mi aveva raccontato che quando lui, la mamma e zio Harry erano a Hogwarts la camera dei segreti era stata aperta per la seconda volta. L’anima di Voldemort racchiusa in un diario si era servita proprio di zia Ginny per farlo. Perciò se l’Erede di Serpeverde era Lord Voldemort, Tom Riddle, i suoi sostenitori dovevano essere i Mangiamorte. Questo spiegava perché Scorpius era stato preso di mira, ma Albus? Cosa poteva c’entrare Albus, il figlio di colui che, Voldemort, lo aveva proprio sconfitto?
Dovevo assolutamente parlare con i miei genitori: avevo bisogno di più informazioni sul quel periodo e non credevo che i vecchi numeri della Gazzetta del Profeta che si trovavano in biblioteca mi sarebbero stati molto utili. Avevo imparato che spesso, i giornali, non raccontano tutta la verità.
«Stai bene, Rose?» Jerome mi aveva posato una mano sulla spalla e mi stava guardando con i suoi grandi occhi di un marrone così scuro da sembrare nero. Era seduto in mezzo tra Scorpius e me con le gambe incrociate e la schiena poggiata al muro.
«Certo» mentii prontamente io. Non capivo il senso della domanda: ovvio che non stessi bene, ero terrorizzata, così come doveva esserlo lui.
Jerome scosse il capo. «Intendevo… sei sparita prima, Scorpius ed io eravamo preoccupati»
Oh. Certo. Raccontai a Jerome della scritta che avevo trovato sul muro e, se possibile, divenne ancora più pallido.
«Ma non ha senso» disse. «Albus è il figlio di Harry Potter. Di Harry Potter!»
«Io stavo pensando a una cosa» si intromise Scorpius serio. Raddrizzò la schiena e si voltò verso me e Jerome per guardarci entrambi in faccia. «Secondo me si tratta di Cameron»
Mi misi a ridere istericamente, e Jerome si unì a me, ma le nostre risate si spensero quando Scorpius non mostrò alcuna intenzione di unirsi a noi. Ci guardava con sguardo impassibile, come se avesse espresso un semplice fatto e non avesse invece mosso un’accusa enorme contro un nostro compagno di classe.
«Scorpius» iniziai allora con calma; nonostante sembrasse tranquillo, lo conoscevo abbastanza bene da sapere che sarebbe bastata una piccola scintilla per farlo esplodere. «Solo perché Jason è uno stronzo e lo odi, non significa che sia anche un assassino»
«È un’accusa piuttosto pesante, quella che stai facendo» mi diede manforte Jerome, il viso dello stesso colore di un panno sporco.
«Cameron odia i Mangiamorte e non sopporta Albus. Gli ha tirato un pugno»
Emisi un verso esasperato. «Le persone dietro questi attacchi sono chiaramente dei fanatici. Odiano Voldemort e i Mangiamorte, ma idolatrano gli eroi della guerra magica. Non avrebbe senso ferire il figlio di Harry Potter solo per… un pugno»
Guardai Scorpius in cerca di qualche segno di cedimento, ma la sua espressione era illeggibile. Distolse lo sguardo e non disse nulla. Al contrario, si alzò in piedi velocemente.
«Dove pensi di andare?» Chiesi, imitandolo.
Aveva iniziato a camminare lungo il corridoio, verso le scale che portavano ai piani superiori e io, dopo aver fatto segno a Jerome di aspettare davanti all’infermeria nel caso la McGranitt avesse notizie di mio cugino, mi misi a corrergli dietro. Lo raggiunsi a metà corridoio, cercando di mantenere il suo passo, nonostante fosse più alto di me e avesse le gambe molto più lunghe delle mie.
«Scorpius» gli misi una mano sul braccio e lui si fermò, ormai davanti alle scale, lo sguardo fisso sul muro dietro di me. «Si può sapere che cosa pensi di fare?»
«Ha quasi ucciso Albus» il suo viso era privo di espressione, ma la sua voce trasudava una rabbia che non gli avevo sentito usare neppure quando pensava che lo avessi pugnalato alle spalle.
«Scorpius, che stai dicendo?» Esclamai disperata, cercando di farlo ragionare, perché, in quello stato, non sapevo davvero che cos’avrebbe potuto fare. «E quale sarebbe il tuo piano, eh? Fare irruzione nella Sala Comune di Grifondoro e affatturare Jason?»
Scorpius abbassò il capo e incrociò il mio sguardo. «Non sarebbe male come idea»
«Ti prenderebbero per pazzo!» E forse lo era, troppo acciecato dall’odio che provava nei confronti del ragazzo che aveva reso i suoi primi anni a Hogwarts un inferno. «E non hai le prove»
«Be’, sto andando a cercarle!» Aveva alzato la voce, cosa che non faceva mai, men che meno con me.
Lasciai correre perché era chiaramente scosso da quanto accaduto e cercai di convincerlo a ragionare. Non era da Scorpius essere così illogico. «D’accordo, ammesso che Jason sia coinvolto, potrebbe farti del male. Queste persone hanno cercato di ucciderti, non è sicuro per te andare in giro da solo per il castello»
«Oh, giusto» disse con tono piatto. «Ora sei preoccupata per me»
Lo guardai, ferita, perché non aveva nessun diritto per arrabbiarsi con me quando tutto ciò che io facevo era stare in pensiero per lui. Ero sicura fosse scritto su tutta la mia faccia come mi sentivo, e mi odiai per la mia incapacità di mantenere un’espressione neutrale e impassibile anche quando tutto dentro di me stava urlando.
E Scorpius lo capì. Lo capì e si morsicò il labbro, come se volesse rimangiarsi tutto.
Gli diedi una piccola spinta, perché se avessi tirato fuori la bacchetta, lo avrei affatturato. «Sono sempre preoccupata per te, idiota»
A quel punto Scorpius lasciò cadere la messinscena. Finalmente non sembrava più un automa freddo e incapace di provare emozioni, finalmente riuscivo a vedere dietro la machera: tutto il dolore e la paura per il suo migliore amico. «Scusami, Rose. Mi dispiace» mi prese la mano e ci posò sopra un bacio, mettendosela poi sulla guancia.
Qualcosa alle sue spalle colse la mia attenzione. Mio padre e zio Harry stavano parlando con la professoressa McGranitt davanti alla porta dell’infermeria.
Scorpius seguì il mio sguardo e quando notò i due auror mi lasciò andare la mano.
Papà ci stava guardando a sua volta. Ci rivolse un cenno di saluto e poi tornò a rivolgere la propria attenzione alla preside.
Scorpius ed io ci affrettammo a raggiungerli. Il mio cuore aveva preso a battere all’impazzata, perché ero sicura che zio Harry e mio padre ci avrebbero potuto dare qualche informazione in più sull’attacco.
«Non sono rimaste tracce di smaterializzazione questa volta» stava dicendo zio Harry quando fummo abbastanza vicini da sentire. Aveva dei cerchi violacei attorno agli occhi, ed era evidente che l’ultima cosa che volesse in quel momento era aggiornare la Preside sulle indagini. «Sospettiamo che il colpevole, o i colpevoli, si siano nascosti nei boschi a ovest per poi smaterializzarsi da lì. Viola sta conducendo una squadra di auror a perlustrarli»
Papà mi mise un braccio attorno alle spalle e mi diede un bacio tra i capelli. «Ciao ragazzi» disse, dando poi la mano a Scorpius.
Zio Harry invece lo abbracciò forte e lo strinse a sé, lasciando senza parole il Biondaccio, che ricambiò l’abbraccio in modo quasi goffo, come se non sapesse bene come reagire. «Per fortuna voi state bene» disse zio Harry lasciandolo andare e avvicinandosi a me per darmi un bacio sulla fronte.
«Albus?» Chiese Scorpius. «Si sa qualcosa sulle sue condizioni?»
«Ancora nulla, temo» disse la McGranitt. «Madama Chips ha cacciato tutti dall’infermeria e non permette a nessuno di entrare»
«Invece per quanto riguarda gli assalitori?» Chiesi io. «Avete detto che non ci sono tracce di smaterializzazione?»
«Sì, probabilmente sono scappati nei boschi per smaterializzarsi lì» spiegò papà passandosi una mano sul viso. Era stanco.
«E se fosse uno studente di Hogwarts?» si intromise Scorpius con naturalezza, come se stesse chiedendo l’ora.
«Scorpius» mio padre spalancò gli occhi e lo guardò come se gli fosse appena cresciuta una seconda testa. «Cosa intendi dire?»
Scorpius alzò le spalle, non tradendo alcun segno di nervosismo e non lasciando trasparire i suoi sospetti nei confronti di Jason Cameron. «Dal momento che non avete trovato segni di smaterializzazione a Hogsmeade, pensavo che per uno studente sarebbe stato facile sbarazzarsi del mantello e mischiarsi alla folla per poi rientrare al castello inosservato» Sembrava un’idea che gli era appena passata per la testa, ma io sapevo che ci aveva pensato molto.
Aveva proposto la sua visione dei fatti in modo tranquillo, tipico di Scorpius, ma nei suoi occhi brillava una certa aria di sfida, un qualcosa di accusatorio che diceva Scommetto che neanche ci avevate pensato.
«È assurdo» disse papà scuotendo il capo. «Uno studente non farebbe mai niente di simile»
«Davvero?» Chiese zio Harry con aria triste. «Davvero lo pensi, Ron? Tom Riddle ha iniziato il suo percorso di violenza e distruzione proprio tra questi corridoi»
Papà parve sul punto di dire qualcosa, ma tacque.
«Quello che lei sta suggerendo è molto grave, signor Malfoy» lo riprese la preside. Scorpius la guardò negli occhi senza dire altro, e lei proseguì. «Terremo gli occhi aperti. Essere prudenti dopotutto non ha mai fatto male a nessuno. Il coprifuoco sarà anticipato e voglio che tutti i capiscuola conducano la ronda ogni notte. In questo modo vi accerterete più velocemente che tutti gli studenti siano nel proprio dormitori così da raggiungerli al più presto. Vorrei anche degli auror a pattugliare il castello, se è possibile. Potter, cosa ne pensi?»
Zio Harry annuì. «Penso sia una buona idea. Ne parlerò con Viola al più presto»
Scorpius sembrava compiaciuto del risultato ottenuto, ma la preside non ci mise molto a sgonfiare il suo entusiasmo. «Malfoy, non voglio che tu faccia la ronda. Sarai ancora caposcuola, ma qualcun altro svolgerà la ronda al posto tuo con la Signorina Weasley»
Nella mia vita non volli mai così tanto bene alla Professoressa McGranitt come in quel momento.
Grazie, pensai con un peso in meno sul cuore.
Non credevo ci fossero reali minacce nel castello, ma preferivo sapere Scorpius al sicuro nel proprio dormitorio dopo il coprifuoco. Dovevo già preoccuparmi per Albus, non potevo preoccuparmi anche per lui.
Sentii Scorpius tendersi al mio fianco. Non si scompose di una virgola, ma sapevo che non era d’accordo. «No» disse infatti, scuotendo il capo. Ciocche di capelli gli caddero sul volto e lui se le scostò dagli occhi con una mano. «Se io non faccio la ronda, non la fa neanche Rose»
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto. «Non vedo perché non dovrei»
«Dal momento che non è stata arrecata nessuna minaccia alla sua persona, questa è una scelta della Signorina Weasley» decise la McGranitt.
«Bene» dissi. «Non ho problemi. Farò la ronda assieme a Emma e a Matt»
«Anche io avrei qualcosa da dire…» si intromise mio padre, ma sia io che la professoressa McGranitt lo fulminammo con lo sguardo.
«Smettetela, voi due. La Signorina Weasley è in grado di badare a se stessa, soprattutto dal momento in cui non penso che la sua incolumità sia a rischio»
Se non fosse stata la Professoressa McGranitt, le avrei dato il cinque.
«In che modo la mia invece lo sarebbe?» chiese Scorpius con una nota pericolosa nella voce.
«Penso che non ci sia bisogno che te lo spieghi, Malfoy. In ogni caso sono la Preside e non devo dar ragioni a te. Così ho deciso e così sarà» replicò la McGranitt freddamente, e Scorpius abbassò il capo sconfitto. «D’accordo» disse. «Però sceglierò io chi prenderà il mio posto» la preside lo fulminò con lo sguardo e lui si affrettò ad aggiungere: «Se posso, Professoressa»
«Puoi proporre un sostituto, e io deciderò se va bene»
Potevo vedere chiaramente la fatica che gli costava stare in silenzio e accettare di fare un passo indietro.
«Kyle» disse a denti stretti senza pensarci. «Lascio il mio posto a Kyle Morgan»
La McGranitt parve vagamente sorpresa, ma si ricompose nel giro di un secondo. «Se il signor Morgan è disposto a sostituirti, non vedo perché no. Acconsento, Malfoy»
Scorpius parve un po’ più sollevato, ma non del tutto soddisfatto.
Anche io, come la McGranitt, ero rimasta sorpresa dalla scelta, ma Kyle mi era sempre stato simpatico, quindi ero felice di quella decisione.
In quel momento Madama Chips ci raggiunse in corridoio con un’espressione stanca dipinta sul viso rugoso. Nonostante l’età avanzata, era una donna di polso, magra come un chiodo ma con una grande forza di volontà.
«Potter, Weasley, sono felice che siate già qui» disse come saluto a papà e a zio Harry. «Temo che Albus debba essere spostato al San Mungo. È stabile, ma necessità cure che io non posso fornirgli qui»
Sentii vagamente la voce di zio Harry dire qualcosa, seguito da quelle della McGranitt e di Scorpius, ma erano distanti, un eco lontano che non riuscivo a raggiungere.
Nella mia testa riuscivo solo a sentire le parole Albus, San Mungo, stabile.
«Torno subito» dissi, iniziando a camminare a passo veloce lungo il corridoio senza sapere neppure io dove stessi andando.
Scorpius provò a chiamarmi, ma io non gli diedi retta. Volevo stare da sola.
Raggiunsi il bagno più vicino e mi ci precipitai dentro. Mi sciacquai il viso con dell’acqua fredda e notai che le mie mani stavano tremando. Afferrai il lavandino per imporre loro di stare ferme e presi un respiro profondo per calmarmi.
Albus starà bene.
Alzai il capo e vidi Scorpius riflesso nello specchio osservarmi con preoccupazione. Non mi ero neppure accorta che mi avesse seguito. I corridoi del castello erano silenziosi quel pomeriggio, ma nella mia mente regnava il caos, tanto che sentivo ancora l’eco delle grida di Albus rimbombare contro le tempie.
«Rose» disse Scorpius, facendo un passo verso di me.
Scossi il capo continuando a dargli le spalle, non volendo che si avvicinasse.
Scorpius si bloccò con la bocca semiaperta come se stesse per dire qualcosa, poi si raddrizzò e mi guardò ferito. I nostri sguardi si incontrarono nello specchio e dovetti trattenermi per non scoppiare a piangere e correre da lui. Perché non volevo che mi vedesse in quelle condizioni. Sentivo l’attacco di panico arrivare, e io stavo meglio, stavo meglio, stavo meglio.
Stavo bene.
Eppure lo sentivo, riuscivo quasi a distinguerne i contorni mentre piano piano mi avvolgeva e mi schiacciava al suolo. E non potevo permettere che Scorpius mi vedesse stare di nuovo così: se nessuno mi avesse visto crollare, avrei potuto fare finta che non fosse mai successo. Perché io stavo bene.
«Per favore» sussurrai con voce sottile.
Vai via.
Non riuscivo a chiedergli di andarsene ad alta voce, perché ogni terminazione nervosa del mio corpo desiderava che restasse, che mi prendesse tra le braccia fino a quando non avessi smesso di tremare.
Ma Scorpius non era mai stato una persona insistente, quindi mi rivolse un ultimo sguardo e se ne andò senza dire una parola. Come gli avevo chiesto io. Come desideravo.
Mi voltai e mi morsicai la guancia per impedirmi di richiamarlo e di chiedergli di restare con me.
Mi coprii il viso con le mani e aspettai la sensazione familiare di soffocamento che accompagnava l’attacco di panico, consapevole che l’unico modo per farlo passare era viverlo.
 
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Uscii dal bagno con un’espressione il più possibile tranquilla, e per poco non finii per terra. Ero inciampata di qualcosa, o meglio, qualcuno, seduto contro al muro.
«Ma che cavolo…?» esclamai, cercando di non cadere. «Scorpius?»
Scorpius mi sorrise con aria colpevole dal basso verso l’altro e si alzò in piedi. «Mi hai chiesto di lasciarti da sola e l’ho fatto»
Tipico di Scorpius fare quello che gli chiedevi rigirando la situazione a proprio favore. Sperai almeno che non mi avesse sentita piangere.
Iniziai a camminare lungo al corridoio e lui mi venne dietro, mantenendo la mia andatura spedita senza difficoltà.
Fuori era ormai calata la sera e nel castello le torce risplendevano di luce giallastra illuminando le aule e i corridoi. Mi chiesi che ore fossero e mi resi conto di essere affamata: probabilmente avevamo perso la cena.
«Ti avevo detto di lasciarmi da sola» dissi. «Non di aspettarmi fuori dal bagno»
«Questione di semantica» rispose lui e, nonostante stessi fissando ostinatamente davanti a me, percepii un sorriso sulle sue labbra.
«Aspetta, Rose» Scorpius mi prese per il braccio e mi fece fermare.
Io chiusi gli occhi, preparandomi a dare spiegazioni, perché sapevo che aveva capito e che non avrebbe fatto finta di niente.
«Voglio che tu sappia che puoi parlare con me di qualsiasi cosa e che se stai male io voglio aiutarti. Ma non posso farlo se non me ne parli, come non me ne hai parlato due anni fa»
«Non puoi aiutarmi» risposi con voce piatta, fissando il muro dietro di lui, incapace di guardarlo negli occhi. «E non puoi capire»
Scorpius non disse niente e io alzai il capo. Aveva un’espressione illeggibile, ma io sapevo di averlo ferito, e mi odiavo per questo.
Feci per aggiungere qualcosa, ma lui mi precedette.
«Okay, allora parlane con Julia. Ma devi lasciarti aiutare dalle persone che ti vogliono bene»
Annuii e poi ripresi a camminare, ma non feci in tempo ad andare lontano che mi fermai di botto.
«Nella mia testa non c’è mai silenzio» dissi di getto, guardando Scorpius negli occhi. Sentivo i miei iniziare a bruciare ma non mi importava.
«Rose, non devi…»
Ma io non gli diedi retta perché doveva sapere, doveva sapere che cosa lui significasse per me. «È sempre così rumoroso, al punto che a volte non riesco neanche a pensare lucidamente. Ma tu mi dai pace quando dentro di me tutto urla. Prima, ogni cellula del mio corpo desiderava chiederti di restare con me, ma non l’ho fatto. E sai perché? Perché mi vergogno»
Scorpius parve sorpreso. «Rose, non c’è niente di cui vergognarsi»
«E invece sì» continuai io, ormai con le lacrime gli occhi. «Tu sei sempre così integro, e tutto d’un pezzo; sai gestire ogni situazione e non ti lasci mai sopraffare dai ciò che provi. Mentre io sono… il contrario. Mi sento così debole certe volte, e non penso tu voglia stare con una persona debole»
«Rose» disse Scorpius con voce ferma. Mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi. «Tu non sei debole. Sei una delle persone più in gamba che io conosca. Crollare qualche volta non significa non essere forti»
Abbassai il capo, incapace di sostenere il suo sguardo perché le sue iridi verde chiaro mi aprivano un buco nello stomaco ogni volta che mi guardava in quel modo. «Forse non ti è chiaro, e se non lo è, lascia che te lo ripeta: sono innamorato di te» Scorpius mi mise due dita sotto al mento e mi sollevò il viso con gentilezza. «Non voglio stare con un’esatta copia di me stesso… sono un stronzo! Non vorrei mai stare con uno stronzo. Tu hai un’anima meravigliosa e ti amo. Ti amo»
Deglutii a vuoto. «Non sei veramente uno stronzo»
Scorpius mi prese il viso tra le mani e mi baciò prima le lacrime sulle guance e poi le labbra. «Grazie» sussurrai piano mentre mi stringeva a sé come se non volesse lasciarmi andare mai più.
«Per cosa?» chiese lui tra i miei capelli.
«Per aver scelto me»
 
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«Continuo a non spiegarmi perché abbiano colpito Albus» dissi mentre facevo il solletico a una pera in una natura morta all’inizio del corridoio che portava alla Sala Comune di Tassorosso.
Emma mi aveva insegnato il passaggio segreto che portava alle cucine, ma non avevo mai avuto occasione di andarci -di solito non saltavo mai i pasti- perciò ero curiosa di vedere cosa sarebbe successo.
La pera ridacchiò appena e si trasformò nella maniglia di una porta.
«Wow» fece Scorpius, guardandomi con un pizzico di ammirazione. «Rose Weasley, riservi sempre continue sorprese»
«Questa è la prova che non sai tutto, caro il mio egocentrico» gli rivolsi un ghignò divertito e feci strada attraverso il passaggio nel muro.
Ci ritrovammo in una grande stanza, ampia quanto la Sala Grande, contenente quattro tavoli identici ai tavoli delle Case. Attorno a questi, alcuni elfi domestici si stavano affrettando a preparare la colazione e ricordai di aver letto da qualche parte che il cibo, una volta posto sui tavoli, veniva trasferito magicamente nella Sala Grande.
«Non avevo mai pensato a chi preparasse da mangiare» disse Scorpius, guardandosi attorno con occhi grandi, come un bambino in una fabbrica di cioccolato. «Ma ha senso»
«Benvenuti!» squittì un elfo che indossava minimo dieci berretti e altrettanti calzini. «Sono Dobby. Dobby come può esservi utile?»
«Aspetta» feci io, osservandolo con attenzione e ricordando i racconti dei miei genitori. Zio Harry aveva liberato un elfo domestico di nome Dobby che poi li aveva aiutati a sconfiggere Voldemort, rimanendo ucciso nella seconda guerra magica. «Ti chiami come un elfo che conosco»
 
«Non credo che abbiamo mai avuto il piacere di incontrarci» Dobby mi guardò con attenzione e poi si rattristì. «A Dobby dispiace non ricordare la signorina. La signorina è molto graziosa, ma Dobby non ricorda»
Oww, pensai. Dobby era davvero carino, volevo abbracciarlo.
«No, hai ragione, non ci siamo mai incontrati» lo rassicurai io. «Sono la figlia di Ron Weasley e Hermione Granger»
Dobby spalancò gli occhi e iniziò a tremargli il labbro inferiore. Temetti di averlo in qualche modo offeso perché i suoi grandi occhioni si stavano riempiendo di lacrime.
«Ron Weasley e Hermone Granger?» sussurrò Dobby. «Hermione Granger è un idolo per noi elfi, è solo grazie a lei che abbiamo dei diritti»
Dobby iniziò a piangere e mi abbracciò, seppellendo il viso contro al mio stomaco. Guardai Scorpius spaventata e iniziai a dargli delle pacche sulla schiena per cercare di consolarlo. Quando finalmente si fu ripreso, mi lasciò andare e mi fece un lungo inchino, tanto che il suo naso sfiorò il pavimento.
«Quale onore, quale onore!» esclamò. «Mia madre mi ha raccontato tante cose sui signori Weasley e sul signor Potter anche! Erano amici di mio padre. È morto durante la seconda guerra magica e non l’ho mai conosciuto. Ma la mamma parla sempre di lui»
Finalmente capii, quello non era il Dobby di cui mi parlavano sempre i miei genitori, era suo… figlio?
Un altro elfo ci raggiunse. Indossava un vestito rosa e un berretto bianco. Sembrava più grande di Dobby ed era chiaramente una elfa.
«Chi sono i tuoi amici, Dobby?» chiese, mettendosi le mani sui fianchi e guardandoci storto. Dedussi che dovesse essere la mamma di Dobby.
«Lei è la figlia di Hermione Granger!» esclamò Dobby.
L’elfa mi guardò impressionata e io arrossii.
«Salve» dissi titubante.
«Io sono Winky» si presentò lei facendomi un inchino profondo. Poi guardò Scorpius. «E lui è?»
«Sono Scorpius» disse Scorpius. «Scorpius Malfoy»
Winky emise un verso strozzato e si portò le mani alla bocca. «Malfoy?»
Afferrò una padella da una mensola e ci si nascose dietro, come se avesse paura di Scorpius. Il sorriso del Biondaccio si spense e mi venne voglia di prendergli la mano.
«È a posto» dissi io. «Non so cosa vi abbiano detto sui Malfoy, ma…»
«I M-M-Malfoy erano i p-p-padroni di Dobby» balbettò Winky, continuando a nascondersi. «Del padre di Dobby Junior»
«Mi dispiace» disse Scorpius, inginocchiandosi davanti a lei così che i loro visi fossero alla stessa altezza. «Mi dispiace per qualsiasi cosa gli abbiano fatto mio nonno e mio padre. Si comportano in modo terribile anche con me delle volte, posso solo immaginare come debbano aver trattato lui»
Winky abbassò finalmente la pentola e si mise a osservare Scorpius.
«Lui non sembra cattivo» disse suo figlio a bassa voce.
Scorpius esitò, e quindi intervenni io. «Scorpius non è cattivo»
Dobby sorrise. «Se lo dice la signorina Weasley, io ci credo, mamma»
Scorpius lo stava guardando con occhi lucidi e potevo leggere sul suo viso il senso di colpa e il disprezzo nei confronti del proprio cognome.
Improvvisamente sgattaiolare nelle cucine non mi pareva più una così buona idea, non se il prezzo da pagare era vedere Scorpius in questo stato: aveva già dovuto affrontare abbastanza per quella giornata.
«Ho un regalo per te, Dobby» disse a un tratto Malfoy. Si tolse velocemente una scarpa e si sfilò un calzino, per poi porgerlo all’elfo. «Ho visto che ti piacciono…» ma non riuscì neppure a terminare la frase che Dobby urlò; gettò le braccia attorno al collo di Scorpius e per poco lo fece cadere per terra.
«Quale onore!» gridò. Si allontanò da Scorpius e prese il calzino. «Me ne mancava uno a righe, vedete? Ne ho due con i pois, ma niente righe. Guarda, mamma! Guarda!»
Scorpius si rinfilò la scarpa e si alzò con un sorriso. «Mi fa piacere che ti piaccia»
Winky sospirò. «Ha la passione dei calzini come suo padre»
Winky andò a rimettere la pentola al suo posto, mentre Dobby prendeva me e Scorpius per mano e ci trascinava verso il tavolo che corrispondeva a quello dei Grifondoro.
«Immagino che siate venuti qui per mangiare qualcosa» disse mentre ci faceva sedere e ci versava del succo di zucca nei bicchieri.
«Sì, abbiamo perso la cena» spiegai io.
«Ma certo!» esclamò Dobby. «Ci pensa Dobby»
Dobby sparì per qualche istante e lo vidi dare ordini a un paio di altri elfi, che indossavano anch’essi sfilze di cappelli, calzini e maglioni colorati.
Scorpius gli lanciò un’occhiata divertita e poi si rivolse a me. Aveva le guance leggermente arrossate e nonostante sembrasse davvero stanco, non aveva più l’espressione distrutta di poco prima.
«Dobby è simpatico» disse. «Se penso a come devono aver trattato suo padre i miei nonni…Non mi stupisco che Winky mi odi»
«Lo so» risposi io, prendendogli finalmente la mano. «Ma non puoi ritenerti responsabile per le loro azioni. E Winky non ti odia»
«Sì, ma fa male comunque sapere la tua famiglia capace di maltrattare una creatura indifesa»
«Era tradizione e…»
Scorpius si mise a ridere, una risata roca e profonda, e mi sistemò una ciocca di capelli dietro all’orecchio. «Grazie, Rose. Ma credo che non ci sia niente che tu possa dire per farmi sentire meglio»
Sbuffai e decisi di cambiare discorso.
«Continuo a pensare a Albus» iniziai. Non volevo parlare di qualcosa di così pesante, ma era la verità: la mia mente sembrava non avere spazio per altro. «Non mi spiego ancora come mai sia stato colpito»
Scorpius ci ragionò per qualche istante. Riuscivo quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello lavorare. «E se non avessero voluto colpire Al? E se avessero mancato l’obiettivo? Magari ero di nuovo io»
Sentii una fitta attraversarmi il petto, perché quell’opzione non era certamente migliore. E poi, proprio mentre stavo iniziando a preoccuparmi di nuovo anche per Scorpius, mi venne in mente che mi era caduto uno zuccotto.
«Scorpius…» dissi. «Mi è caduto uno zuccotto»
Scorpius aggrottò le sopracciglia e mi guardò storto. «Rose, sei sicura di star bene?»
Mi voltai verso di lui così che potessi guardarlo dritto negli occhi. «A Diagon Alley mi è caduto uno zuccotto e Jerome si è chinato a raccoglierlo. Albus era dietro di lui, e se avessero voluto ferire Jerome?»
Scorpius rimase in silenzio qualche istante per metabolizzare la cosa.
«Il nonno di Jerome era un Mangiamorte» disse infine. «Evan Rosier. Era uno dei più fedeli seguaci di Voldemort assieme a mio nonno»
«È chiaro, allora» conclusi io. «Volevano colpire lui! Dobbiamo dirglielo»
Scorpius scosse il capo. «No»
«Ma…»
«Non stasera, Rosie» Scorpius sospirò. «Ha già dovuto affrontare abbastanza, non si merita di sapere che sarebbe dovuto esserci lui al posto di Albus. Non stasera almeno»
«D’accordo» Chiusi gli occhi e poggiai la testa sulla spalla di Scorpius. «Non stasera»
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ehm, salve!
Se ci siete ancora vi voglio tanto bene, perché non me lo merito assolutamente. Sono in ritardissimo, lo so, lo so bene. Ho iniziato una long su Shadowhunters trascurando questa, so anche questo e chiedo scusa.
Manca poco alla conclusione e non so, forse non voglio che finisca e inconsciamente rimando sempre la stesura degli ultimi capitoli. Non che sia una scusante.
In ogni caso stiamo tirando le somme. Spero vi piaccia e che non sia super deludente almeno. :(
Buona serata e a presto –spero!
                
Francesca
  
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