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Autore: La Jiky    18/08/2017    1 recensioni
Credo di sapere per quale ragione siete capitati dalle mie parti, in cuor mio la vostra attenzione non può far altro che lusingarmi. Ma temo che il vostro desiderio di conoscere particolari scabrosi e piccanti della mia vita sentimentale non verrà soddisfatto, e credo mai ne parlerò. Ma se la vostra curiosità non si è ancora dissolta e il vostro proposito per la serata è solamente quello di leggere una storia bizzarra, vi consiglio caldamente di continuare con la lettura e vi prometto che non verrete delusi. Il mio intento non è certo quello di ingannarvi o mentirvi, di conseguenza devo prendermi del tempo per premettere alcune cose che renderanno il resoconto che segue più comprensibile a tutti voi.
Innanzitutto, devo informarvi che tutto ciò che riferirò in queste pagine non è frutto della mia vivace fantasia, bensì sono tutti avvenimenti accaduti realmente, che ho potuto vedere coi miei occhi e vivere in prima persona in certe circostanze che fra poco vi narrerò.
Genere: Generale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credo di sapere per quale ragione siete capitati dalle mie parti, in cuor mio la vostra attenzione non può far altro che lusingarmi. Ma temo che il vostro desiderio di conoscere particolari scabrosi e piccanti della mia vita sentimentale non verrà soddisfatto, e credo mai ne parlerò. Ma se la vostra curiosità non si è ancora dissolta e il vostro proposito per la serata è solamente quello di leggere una storia bizzarra, vi consiglio caldamente di continuare con la lettura e vi prometto che non verrete delusi. Il mio intento non è certo quello di ingannarvi o mentirvi, di conseguenza devo prendermi del tempo per premettere alcune cose che renderanno il resoconto che segue più comprensibile a tutti voi.
Innanzitutto, devo informarvi che tutto ciò che riferirò in queste pagine non è frutto della mia vivace fantasia, bensì sono tutti avvenimenti accaduti realmente, che ho potuto vedere coi miei occhi e vivere in prima persona in certe circostanze che fra poco vi narrerò.
Devo anche aggiungere che se siete tra quelle persone che non amano i misteri che rimangono irrisolti, che preferiscono non venire a conoscenza di fatti che non trovano soluzione, che temono e allontanano l’ignoto, allora questo scritto non fa al caso vostro e potrebbe turbarvi. Questo non significa che non possiate proseguire, ma il rischio che correte in queste pagine è quello di passare giorni e giorni ad arrovellarvi il cervello sul tema della mia storia, senza trovare né capo né coda alle vicende.
Dopo queste doverose premesse, permettetemi di presentarmi come si deve. Nelle prime righe della pagine ho accennato alla vostra intrusione nella mia vita sentimentale, e forse coloro che non mi conoscono crederanno che io abbia la presunzione di considerarmi un uomo di tale importanza da poter interessare la vita di altre persone. In realtà appena vi avrò raccontato il mio passato, che fece da preludio agli eventi, mi riconoscerete subito.
Sono un neurochirurgo di fama locale, dedito al mio lavoro e alla mia causa, tanto che oltre al mio regolare impiego nell’ospedale cittadino, ho aperto da qualche anno un mio studio privato in centro. Da qualche anno a questa parte il mio lavoro mi ha sottratto parecchio tempo, dato che, come immagino saprete, in questi ultimi tempi il campo della chirurgia ha subito numerosi tagli da parte dell’amministrazione medica.
Ma non è la mia brillante carriera che mi ha reso celebre alla nazione intera, bensì un fatto che accadde all’incirca un anno fa. Mi sono sempre considerato un uomo fortunato, con un buon lavoro e una bellissima e talentuosa moglie, che amavo e da cui ero amato a mia volta. Questa convinzione crollò quando una sera tornando a casa dopo la solita pesante giornata di lavoro, speranzoso di riscaldarmi nel mio focolare domestico, trovai che a essere riscaldato dalle cure di mia moglie vi era il mio migliore amico e compagno di avventure giovanili. Ero pronto a sentire le profonde parole di pentimento e di vergogna da parte di entrambi, che invece rimasero in un silenzio che io tutt’ora reputo incredulo. Voi penserete ad un comune tradimento, ma non fu così: venni accusato di vittimismo e puerilità, di essere l’unico colpevole di quel tradimento che si era consumato quasi sotto i miei occhi, come se le persone coinvolte non avessero tenuto conto della mia presenza e del mio peso. A quel punto mia moglie non chiese nemmeno il divorzio, non credo perché le interessasse ancora riallacciare i rapporti o perché ne avrebbe ricavato un vantaggio, ma solamente perché non voleva darsi tanto da fare con un matrimonio che ormai non considerava più e riteneva che ciò che era necessario era proseguire con la propria vita come se nulla tra di noi fosse mai successo. In pratica ero stato una pagina scritta a matita della sua vita, e poi totalmente cancellata, senza alcuna traccia. Così passammo in brevissimo tempo, dall’essere una coppia invidiabile all’essere due semplici conviventi, come ai tempi dell’università, per poi finire con lo scomparire per sempre dalla vita dell’altro, in un modo così silenzioso e definitivo che sembrò una cosa quasi naturale. Nel tempo che trascorsi successivamente con mia moglie non vi fu da parte sua un tentativo di chiedere perdono e tutto sommato anzi si aspettava che fossi io a farmi avanti per primo. Fu il periodo peggiore della mia esistenza, rovinato dal mio desiderio di perdonarla e amarla nuovamente e dalla speranza che lei rinsavisse e tornasse da me, mentre l’unica cosa che mi era concessa fare era assistere immobile e impotente al suo allontanamento fisico e affettivo.
La notizia di un tradimento così clamoroso nei confronti di un medico ben stimato e voluto ci mise ben poco a diffondersi, trasformandosi e mutando di volta in volta, di bocca in bocca. Ne uscii fuori ritratto come una brutale bestia senza cuore e senza scrupolo, ma assolutamente incosciente delle sue colpe.
Ne fui talmente sconvolto che i miei nervi crollarono nel giro di una settimana, facendomi urlare di notte nel sonno e trasformandomi  in un’anima in pena per tutto il resto della giornata. I miei occhi faticavano a restare aperti, i muscoli cedevano sotto ad un peso che stava progressivamente diminuendo.
Contattai un lontano collega psicologo, che dopo ore e ore di sedute mi fece notare i miei continui miglioramenti e mi rimise in condizioni di esercitare di nuovo la mia professione, dandomi così la possibilità di tornare ad un barlume di normale vita quotidiana.
 
Fino a qui scommetto che avrete divorato le parole con una fame verace, e vi comprendo se sarete perplessi nel non trovare una singola nota di stranezza. Ma da questo punto in poi giuro che troverete pane per i vostri denti e resterete meravigliati di quel che vi racconterò.
Questo mio caro amico mi prescrisse alla fine delle sedute un viaggio, che descrisse come depurativo e disintossicante. Mi diede una carta stradale della regione, su cui era cerchiata in rosso una città che si trovava a centocinquanta miglia a nord dal nostro paese: Civita Franca.
Il nome mi era sconosciuto, ma da come mi venne presentata dal mio amico sembrava una semplice cittadina montana restìa dalle comodità tecnologiche, attaccata alle proprie tradizioni e orgogliosa dei suoi paesaggi. Accolsi stupito la proposta del mio collega, soprattutto perché mi aveva indicato una meta precisa verso cui dirigermi, senza darmi alcuna alternativa.
Una settimana più tardi mi trovavo all’ingresso monumentale del piccolo paesello, che si rivelava esattamente come me lo ero immaginato, ovvero un adorabile insieme di casupole di pietra attaccate le une alle altre che formavano un soggetto ideale per una cartolina. Le viette erano lastricate da pietre large e informi, e ogni tanto agli angoli di esse sbucava un allegro chiosco all’aperto o una locanda protetta da un porticato ricoperto di edera. Civita Franca aveva un’impronta tipicamente medievale, ma l’ordine, la pulizia e la presenza di alti lampioni d’ottone ai lati delle strade sdrammatizzavano quest’effetto. L’aria che si respirava era indubbiamente più fresca e pulita e già dopo qualche profondo sospiro le mie stanche membra sembravano rigenerarsi sotto quelle lievi carezze di vento.
Mi ero diretto verso questo adorabile luogo verso l’inizio della primavera, e dalle verande delle finestre si potevano già notare gli albori di una stagione piacevolmente tiepida e vivace. Gli abitanti del paese sembravano inoltre serbare particolare attenzione al tempo e all’atmosfera che circondava la loro zona: durante i primi tempi della mia permanenza, con il coincidere dell’equinozio, non vi era un uomo o una donna che non esponesse fuori dalla porta di casa un vaso di fiori o un cartello con la scritta “Attenzione, è di nuovo primavera!”. La cosa mi incuriosì da subito, chiedendomi per quale motivo enfatizzare a tal punto questa stagione. Insomma, avrei compreso se ci fosse da festeggiare il patrono della città, ma un’intera primavera! E poi non tutti sembravano felici all’idea dello scoccare dell’equinozio; molti erano tesi, preoccupati. Non avrei aspettato molto prima di ricevere qualche risposta, o forse è meglio dire, qualche nuova domanda.
Me lo ricordo bene, era il 29 marzo, una fresca giornata soleggiata, con un cielo terso senza nuvole e nemmeno un filo di umidità. Stavo passeggiando tranquillamente per la via principale, quando decisi di riposarmi e mangiare qualcosa nel piccolo bar sulla piazza. Mentre attendevo il mio ordine, notai una giovanissima coppia che sedeva ad un tavolo poco distante dal mio. Chiunque avrebbe capito che quei due giovanotti erano assieme da poco, la luce nei loro occhi vi posso assicurare che era inequivocabile.
Il dialogo a cui assistetti mi rimase impresso a fuoco nella mente e sono in grado di riportarlo parola per parola anche a voi, talmente surreale fu.
«Ora che è primavera, amore mio, desidero farti una domanda. Mi hai mai tradito?» chiese con leggerezza la ragazza, sorseggiando il suo drink come se nulla fosse.
«Certo, è capitato.» rispose tranquillamente il ragazzo, senza trapelare alcun tipo di agitazione. La ragazza proseguì senza un particolare tono nella voce, senza attendere troppo.
«Già, lo immaginavo. In fondo, mi sembravi molto interessato a quella, qualche settimana fa. È lei la ragazza con cui mi hai tradito?»
«Sì, hai ragione. Sono stato con lei un paio di sere fa. E anche ieri. Ma è stato solo divertimento, solo qualche cosa di fisico. Con te è diverso.»
«Con me è molto diverso, io sono decisamente diversa. La cosa che mi interessa di più chiederti è se sei pentito di ciò che hai fatto.»
Il ragazzo scosse la testa. «Se ciò che intendi è se sono dispiaciuto di averti ferito, un pochino lo sono. Ma se mi stai chiedendo se mai lo rifarei, devo dirti che ho un appuntamento con lei anche domani sera. Lei mi attrae proprio, è come un calamita.»
«Credo di aver capito, basta così. Bene, meno male che è arrivata la primavera, altrimenti chissà per quanto tempo saremmo stati insieme inutilmente. Meglio chiudere, che dici?»
«Che intendi dire?»
«Che non mi piaci più, non mi sei mai piaciuto. Mi sono messa con te quasi per pena e perché mi annoiavo. Ti trovo simpatico e a volte sei molto dolce, ma non sei il mio tipo. Poi con questa storia che mi hai tradito, sarei davvero una cretina a perdonarti. So che probabilmente appena arriverò a casa, scoppierò a piangere e mi butterò sul letto, perché in fondo ci eravamo affezionati. Ma le cose devono andare così.»
«Ah beh, allora sono d’accordo. Proseguire questo tipo di storia non porterebbe a nulla di buono. Probabilmente domani sera, quando sarò con lei, ti penserò e avrò un groppo in gola. E forse potrei capire che sono un coglione, ma per ora lasciamo le cose come stanno e lasciamoci. La verità è la cosa migliore.»
E così dicendo, tornarono a bere le loro bibite, senza proferire parola per tutto il resto del pomeriggio. Nei due non vi erano sguardi di rabbia, o tristezza, al più forse di delusione. I loro toni per tutta la durata della conversazione erano stati pacati, tranquilli, sereni, come se avessero parlato del tempo, come se la conversazione non li riguardasse. Mi venne addirittura da pensare che in realtà quella non fosse altro che una coppia di attori principianti con poco talento, intenta a provare un copione, che però non presenziava sul tavolo. Ciò che si erano rivelati a vicenda era davvero sconvolgente, e lo sarebbe stato per chiunque, ma loro non ne sembravano turbati. La cosa che più mi colpì fu che entrambi non parevano mettere in dubbio le parole dell’altro, come se si fidassero ciecamente. Ma una coppia così tanto fedele, come poteva rivelarsi in questo modo abbastanza meschino e superficiale? E la parola “primavera”, pronunciata due volte dalle labbra della ragazza, mi apparve oltremodo collegata a ciò che era successo, ma nessuno per il momento sembrava in grado di darmi una spiegazione. Tornai nella mia stanza, confuso e in un certo senso ancora scosso.
Per tutto il giorno seguente altri eventi analoghi ebbero modo di stupirmi nuovamente: sentii un dialogo al mercato del pesce tra un venditore di tonno e una grinzosa vecchina, dai toni decisamente più accesi del precedente. «Come diavolo fa anche solo a pensare di mettere questi prezzi per del pesce vecchio e striminzito?! Lei è un maledetto ladro e se pensa di trovare così dei clienti, non ha capito nulla!»
«Sinceramente signora, non mi interessa proprio un cazzo di quel che pensa! Anche io ho una famiglia da mantenere e si fa quel che si può! Se proprio non vuole comprarmi niente, stia zitta e sen ne vada da Paolo, lui ha pescato dei merluzzi decisamente migliori dei miei tonni e sono a buon prezzo!»; poi mi capitò di udire un dialogo decisamente più raccapricciante tra due maestre dell’asilo, all’uscita dei bambini dal cancello. «So che non dovrei dire queste cose Clara, ma tutti questi bambini sono davvero insopportabili; se non fosse per l’ottimo stipendio me ne sarei già liberata! È che sono costretta a stare qui.»
«Ma no, non dire così Anna, sono tutti carini a modo loro. Con la scusa che sono sterile, il pensiero di rapirne uno e tenermelo tutto per me mi ha sfiorato il cervello più di una volta. Ho già pensato che il piccolo Marco potrebbe proprio fare al caso mio.»
Per non parlare del battibecco a cui assistetti in una locanda tra marito e moglie con il tema del gioco d’azzardo, di cui non riporterò nemmeno una parola, altrimenti le mie delicate lettrici non potrebbero proseguire. Dopo la lite tra i due tornarono pace e allegria nel locale e io mi ritrovai a navigare tra i miei pensieri. Com’era possibile assistere a delle conversazioni del genere per una giornata di fila? Sicuramente non era una coincidenza che tutte quante avessero a che fare con pensieri tenuti nascosti e poi liberati tutti all’improvviso. Eppure, nonostante queste discussioni fossero all’ordine del giorno, l’ambiente di Civita Franca non sembrava ricevere nessuno scossone, anzi: tra tutti i paesani scorreva un mite disponibile e solidale, interrotto a tratti da qualche litigio qua e là, ma che non aveva nessun effetto a breve e a lungo termine. Credetti addirittura che il mio vecchio amico mi avesse giocato un brutto tiro e che per divertirsi un po’, mi avesse mandato in una combriccola da circo.
I miei pensieri furono interrotti da il rumore di un bicchiere che si poggiava sul mio tavolo. Alzando lo sguardo, notai che il proprietario di quel bicchiere era un anziano signore ben vestito, con un sorriso cordiale stampato in volto incorniciato da baffi e barba bianca. Con una voca roca ma arzilla mi domandò: «Ho già visto quel cipiglio pensieroso. Non sei di queste parti vero?»
Sorrisi gentilmente di rimando e annuii: «No signore, esatto.»
Il vecchio ometto esplose allora in una risata fragorosa, e in quel momento non avrei mai potuto pensare che il suono di quella risata mi avrebbe fatto da prologo per la spiegazione di tutti i miei dubbi.
«Ah figliolo, non stavo ridendo di te!» cominciò, cercando di riprendere fiato «Stavo ridendo del fatto che probabilmente crederai di essere finito in un covo di matti!»
«Beh, signore, mi sono capitati un certo numero di eventi bizzarri da qualche giorno a questa parte. Mi stavo giusto domandando che cosa potessero significare.»
«Non ti scervellare troppo, non riusciresti a cavarne fuori un ragno dal buco! Non da solo almeno!»
«Allora magari lei sarebbe così gentile da aiutarmi?» chiesi in tono forzato.
«Certamente figliolo. Allora, da dove partire? Nessuno sa da dove questa storia abbia avuto inizio, forse dalla nascita della stessa città. E nessuno sa ancora quale sia la causa, ma durante tutto l’arco della primavera, dal 21 marzo al 23 giugno, tutti gli abitanti nati e cresciuti a Civita Franca sono costretti a dire la verità, che questa sia domandata oppure no, che questa sia voluta o meno.»
Sgranai gli occhi incredulo, e ci misi un po’ a prendere coscienza dell’informazione. Al vecchio scappò un'altra risatina ma poi continuò a raccontare.
«Capisco che per un forestiero possa sembrare una cosa assurda, ma è la verità… appunto. Se provi a ricollegare tutti i fatti, vedresti che non potrebbe essere altrimenti. È per questa ragione che il paese sembra agghindato a festa e che tutti danno così peso a questo periodo dell’anno. Inoltre ti sarai accorto dei cartelli con scritto “attenzione!” e collegati alla primavera non avrebbero molto senso se non qui a Civita Franca. Se ancora non mi credi, cosa che reputo possibilissima, domani puoi recarti in comune e chiedere di farti vedere il documento che attesta questi particolari fatti con le firme che vanno dal primo re che governava questo paese fino all’attuale sindaco.»
«Tutto ciò è assurdo! Non è possibile a credere a questa storia!»
«Ah a quanto pare sei un uomo di ragione, che non crede a ciò che non vede. Bene allora, ti metterò di fronte un fatto indiscutibilmente vero, a cui no potrai porre alcuna confutazione: la verità è la cosa che più al mondo si fa fatica a dire e che si fa più fatica ad ascoltare, che può distruggere o costruire, e che quasi nessuno hai mai mantenuto vergine dentro di sé. Nonostante ciò so di per certo, che il matrimonio di quei due di poco fa non andrà affatto in crisi, che io domani sarò ancora qui a bere in allegria e che tutto il paese continuerà a vivere in totale serenità. E domani lo potrà vedere con i suoi stessi occhi!»
«Beh.. il suo discorso fila. Per quanto incredibile possa essere, devo darle ragione. Ma come diavolo è possibile una cosa del genere?»
«Diversi studi sono stati compiuti, ma nessuno ha portato ad un esito certo. Le ipotesi però sono molte: alcuni dicono che sia un evento legato al polline, altri che sia a causa del cambiamento delle fasi lunari, altri ancora dicono che sia un particolare gene non ancora scoperto risalente ad un ceppo di antichi abitanti della zona. A mio modesto parere sono tutte frottole inventate! L’unica spiegazione che potrei mai dare è che Dio si è accorto della miseria e della bassezza dell’uomo e ha cominciato a punirlo delle sue colpe partendo proprio da questa città!»
Tralasciai quell’ultima considerazione personale fuori luogo, ma mi concentrai sul resto. Per un neurochirurgo questo genere di stimoli era in ogni modo interessante e stupefacente! Però la curiosità da semplice essere umano prevalse su quella scientifica.
«Civita Franca.. è da questo che deriva il nome? Forse perché dovete essere franchi tra di voi e con voi stessi? All’inizio credevo che riguardasse una qualche invasione normanna, ma penso invece di essermi sbagliato.»
«Sei davvero perspicace giovanotto! La leggenda sulla fondazione della città dice proprio questo. Ah Signore, sono passati tanti anni da quando sono venuto al mondo, e ho sempre vissuto qui. Vedo il paese mutare ogni primavera, e a ogni estate poi tornare normale, con le sue falsità e i suoi intrighi. Ho calcolato che la gente qui ha una vita media di novant’anni circa, e sembrerebbe davvero buona, se non fosse per il fatto che la media è fatta su persone che vivono fino a centotrent’ anni e su altre che a malapena raggiungono i cinquanta. La verità produce un diverso effetto su ciascuno: chi la accoglie a braccia aperte, chi non riesce a digerirla, chi fa fatica ad accettarla ma la rispetta, chi ne viene totalmente sopraffatto… Solo Dio dovrebbe avere l’esclusiva  di conoscere le vere intenzioni e pulsioni dell’uomo, perché solo Lui è realmente in grado di comprenderle. L’essere umano non è altro che un animale a cui è stato il dono della coscienza, che sta sprecando costruendo razzi spaziali e macchine che si guidano da sole, quando le cose che contano per la vita di ognuno sono ben diverse. Le posso garantire, figliolo che io di primavere ne ho passate tante e ho dedotto una cosa: ogni uomo e ogni donna ha la propria verità, e non saranno di certo una leggenda o uno stramaledetto gene a cambiare le cose! Al mondo esistono così tante persone che trovare una verità univoca sarebbe da un proposito da folli: uomini, donne, bianchi, neri, eterosessuali, omosessuali, omofobi, razzisti, pacifisti, cristiani, induisti, atei… provi solo a trovare una cosa che hanno in comune! Gliene chiedo solo una! Ebbene? Glielo dico io, giovanotto: sono tutti esseri umani, perfetti nella loro finitezza, ma decisamente troppo ambiziosi nello sfidare la bilancia della giustizia, che da sempre è imparziale nelle mani di Dio. Quale progetto immisurabile è entrare in confini che non sono valicabili! Tu mi pari un uomo di scienza, e se sei acuto, capirai che il questo discorso si adatta benissimo anche ad una persona non di fede. Dimmi forse, non è forse l’uomo ad aver detto:” la legge è uguale per tutti”? E non è forse stato un gruppo di uomini ad aver deciso cosa rientrava nella legge e cosa no? Cosa avevano questi uomini di così unico da poter prendere questa decisione così fondamentale? Mi risponderai che magari erano uomini più giusti di altri, o che  sono stati forzati dagli eventi. Tutte scuse per farci capire che l’imparzialità dell’uomo non esiste e non è mai esistita. Ognuno fa ciò che crede giusto, ognuno è giudice di se stesso e la nostra area d’azione si deve limitare alla nostra persona soltanto. Il nostro paese ne è un chiaro esempio: se la verità fosse una sola, nessuno litigherebbe. Invece ci sono discussioni ogni giorno, e ognuno difende la propria verità. Figliolo, una cosa ancora ti voglio dire: la nostra condanna non ci cambia nell’essere, ognuno è già condannato ad essere ciò che è. Ecco qual è il nostro reale destino: ammettere agli altri di essere noi stessi, senza freni e senza remore.»
Le parole di quell’uomo mi risuonarono nella testa per giorni e giorni, e ogni tanto mi sovvengono in mente a distanza di anni… Nel periodo subito seguente a quel dialogo, ebbi modo di capire per quale motivo il mio caro amico psicologo mi avesse diretto in quel paesello sperduto di montagna: ero finalmente pronto a comprendere gli oneri e gli onori di coloro che magari non volevano la verità ma erano costretti a subirla, a differenza mia che per tanto tempo l’avevo desiderata, ma sotto certi aspetti non la meritavo.
Divorziai da mia moglie due mesi dopo, e la lasciai senza troppe parole. Avevo capito che in fondo non avevo nulla di importante da dirle. Se vi state chiedendo dove io sia in questo momento, beh… il mio avvocato mi ha consigliato di mantenerlo segreto al momento, finché le acque non si saranno calmate.
 
Spero, dunque, che alla conclusione di questa mia peculiare esperienza personale, il vostro appetito letterario sia stato soddisfatto; se così non fosse devo essermi ritrovato con dei lettori piuttosto avvezzi a queste stranezze, ma spero in cuor mio che la vostra vita sia fino ad ora tra le più tranquille in assoluto. La mia direi che si sta assestando lentamente, e dove mi trovo, per  ora non ho trovato altro che pace. Mi auguro realmente che questo racconto vi possa essere stato di compagnia, ma non vi posso promettere che di qui in avanti avrò modo di scrivere ancora di me. Sicuramente non avrete mie notizie per qualche tempo, almeno fino alla prossima primavera.
 


 
                 
ANGOLO AUTRICE -----
Spero non si veda l’orario di pubblicazione, perché è da pazzi.
In ogni caso, ciao a tutti. Ultimamente mi sono ritrovata a preferire racconti un po’ surreali e a leggere romanzi inverosimili e ne sono rimasta affascinata. Per farvi un esempio pratico di ciò che ho in mente, “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello per citarne uno, o “Il ritratto di Dorian Gray” di Wilde.
È la mia prima esperienza con la scrittura di questo genere, perciò vi chiedo di lasciarmi qualche recensione con qualche consiglio, oppure di farmi sapere se avete trovato errori. Mi piacerebbe anche sapere se avete notato qualche riferimento stilistico e di contenuto con altri libri: se vi va, fatemelo presente! Un’altra cosa che davvero apprezzerei è un suggerimento su altri romanzi di questo tipo!
 Quindi forza e coraggio con i commenti e le recensioni!
Grazie mille per avermi dedicato qualche minuto del vostro tempo e alla prossima!
Ciaooouu!
   
 
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